venerdì 27 gennaio 2017

Da una parte, gli otto uomini più ricchi del mondo. Dall'altra, 3,6 miliardi di poveri

Diego Cruz


Il 16 gennaio scorso uno studio della Oxfam, un'organizzazione no profit che opera in diversi Paesi, ha mostrato la distribuzione della ricchezza nel mondo. Gli otto uomini più ricchi del pianeta, detengono un patrimonio equivalente alla ricchezza totale posseduta dalla metà più povera del pianeta, circa 3,6 miliardi di persone.
Questi otto signori detengono tutti assieme un patrimonio di 426 miliardi di dollari americani. La metà più povera dell'intera popolazione mondiale arriva a possedere appena lo 0,25% di tutta la ricchezza disponibile, stimata in 255 mila miliardi. I dati presentati nell'inchiesta "Un'economia per il 99%" sono stati raccolti da un rapporto del 2016 della banca svizzera Credit Suisse, unitamente alla lista dei super ricchi stilata dalla rivista americana Forbes.
Dal 2015, la parte che rappresenta solo l'1% dell'umanità detiene più ricchezza che tutto il resto della polazione mondiale messa assieme. Sempre nel 2015, le dieci maggiori imprese del mondo hanno fatturato più di 180 nazioni messe assieme.
Questa disuguaglianza è in costante aumento. Dal 1988 al 2011, mentre il reddito del 10% della popolazione mondiale più povera è aumentato in media di 65$, quello dell'1% più ricco è cresciuto di 11.800$, vale a dire 182 volte di più. Negli Stati Uniti, il reddito della metà della polazione più povera non ha subito variazioni, mentre quello dell'1% più ricco è triplicato.
Ma chi sono questo 1%? I 1.810 multimilionari della lista di Forbes sono quasi tutti uomini: l'89%. possiede una fortuna di 6.500 miliardi di dollari, l'equivalente di ciò che appartiene al 70% della popolazione più povera della terra.
Lo studio descrive infine le tante difficoltà incontrate dalle donne, come ad esempio avere e mantenere un posto di lavoro. Le possibilità di una donna di essere inserita nel mercato del lavoro sono del 27% più basse rispetto ad un maschio, e anche quando trovano un impiego, molte volte si tratta di lavoro nero, precario e sottopagato.
 
Un capitalismo più “umano”?Lo studio di Oxfam rappresenta un importante documento di denuncia e mostra bene una delle tendenze centrali del capitalismo: una sempre più crescente concentrazione della ricchezza col conseguente aumento della forbice tra ricchi e poveri. È una risposta precisa a coloro che ancora predicano “il capitalismo come il migliore dei sistemi possibili”. Per quale motivo oltre 700 milioni di persone devono vivere sotto la soglia di povertà in un mondo che produce 255.000 miliardi di dollari di ricchezza? Il problema sta proprio in ciò che viene proposto in questo studio: un capitalismo dal volto “umano”.
Partendo dal principio, più che corretto, che la attuale iper-concentrazione sia insostenibile, la Oxfam propone una serie di misure volte a ridurre tale disuguaglianza, una serie di riforme che conducano ad una “economia più umana”. Tali misure includono una maggiore democratizzazione dei governi e la cooperazione tra gli stessi a favore delle polazioni più povere, che la produzione industriale sia a beneficio di tutti e non solo per il guadagno di pochi, e infine che i grandi patrimoni vengano tassati per combattere l'evasione fiscale.
Come sottolinea lo studio stesso, la Banca mondiale, il Fmi e Barack Obama affermano le stesse cose: bisogna ridurre le disuguaglianze. Allora perché non si riducono? Perchè le differenze aumentano? Perché, al di là delle parole, i governi e queste agenzie multilaterali sono strumenti della borghesia e dell'imperialismo atti a mantenere e perpetrare questa situazione. Chiedere loro di agire contro i loro stessi interessi è come dire ad uno scorpione di pungere sé stesso. Non succederà mai.
I governi non coopereranno mai contro gli interessi di chi rappresentano. Le aziende non andranno mai contro la logica della loro esistenza: la massimizzazione del profitto. Le stesse nazioni non possono cooperare perché gli interessi delle diverse borghesie sono inconciliabili e, di conseguenza, l'imperialismo cercherà sempre di sfruttare i Paesi coloniali e semi-coloniali. Quindi, dobbiamo lottare contro i vari governi per imporgli di adottare misure come la tassazione dei grandi patrimoni e delle transazioni finanziare, come proposto dall'economista francese Thomas Piketty? Sicuramente noi dobbiamo opporci al sistema di tassazione iniquo che penalizza i più poveri e chiedere imposte sulle grandi fortune. Ma questo risolverebbe realmente il problema?
La questione è che Oxfam, Piketty, e altri che propongono un capitalismo dal volto umano (ad esempio la Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, molto dibattuta ad inizio millennio), non toccano il centro del problema: il capitalismo è un sistema economico che funziona sulla base dello sfruttamento di una classe sopra un'altra classe che rappresenta la maggioranza della polazione. La classe lavoratrice, l'unica che realmente genera la ricchezza, contradditoriamente gode solo di un infima parte di ciò che produce. La restante parte è appannaggio esclusivo dell'1% della polazione mondiale.
La crescente disuguaglianza è il riflesso di questa contraddizione. La posizione di Oxfam parte dal presupposto che l'esistenza di padroni e lavoratori sia legittima, o meglio, che sia giusto che alcuni lavorino e altri vivano di questo lavoro. Per loro sarebbe sufficente che i padroni avessero un briciolo di “umana coscienza” e rendessero un poco più sopportabile la vita per tutti i lavoratori.   Un'utopia reazionaria.
Il problema non è una mera redistribuzione del reddito. La tassazione dei grandi patrimoni non risolve il problema e la questione di fondo non è nemmeno il fatto che i ricchi pagano poche tasse. Tutto ciò che i ricchi possiedono, al di là della consistenza del loro patrimonio e delle tasse che pagano, è il frutto del lavoro della classe che sfruttano.
Lo sfruttamento e non la redistribuzione della ricchezza è il vero problema.
Questo sfruttamento non avrà mai fine senza la caduta del sistema su di esso basato: il capitalismo.

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