mercoledì 14 giugno 2017

Frosinone isola felice della partecipazione democratica? Anche no.

Luciano Granieri


Lasciando da parte, per un attimo,  le elezioni amministrative di Frosinone e rivolgendo l’attenzione  agli scenari di  tutta Italia,  salta agli occhi  l’indiscutibile   vittoria del partito astensionista . I cittadini   che hanno deciso di astenersi dalla scelta del sindaco sono pari  il 40% degli aventi diritto. 

Interpretare questo fenomeno non è cosa semplice. Provo a dare una mia valutazione. Sulla base dei dati raccolti dell’Istituto Cattaneo, risulta che  negli ultimi 25 anni, cioè da  quando è in vigore il  modello iper maggioritario per l’elezione diretta  del primo cittadino,   la partecipazione elettorale è crollata dall’82% al 60% attuale . 

Il  depotenziamento ideologico dei partiti, determinato dalla sciagurata stagione maggioritaria, che ha fortemente personalizzato il consenso, si è manifestato in modo ancora più significativo nelle contese locali. I programmi presentati per le amministrazioni delle città si sono concentrati  maggiormente sulla  promozione personale del candidato sindaco. Progetti   determinati  non già da finalità di buon governo del comune, cosa che presupporrebbe approfondite analisi sulla natura urbanistica, sociale ed economica del territorio,  ma da mero marketing elettorale. Come è noto le regole della comunicazione commerciale sono ferree , per cui paga di più promettere la costruzione di  uno stadio piuttosto che la progettazione di un parco fluviale. 

Su queste basi le proposte dei candidati a sindaco si sono rivelate più o meno simili, determinando un appiattimento dell’offerta politica. Non avendo alternative concrete a programmi finalizzati esclusivamente all’ottenimento del consenso, i cittadini più consapevoli e maturati nell’alveo di una solida cultura ideologica e politica,  hanno preferito disertare le urne. Allo stesso modo l’irrilevanza delle opposizioni determinata dalla legge iper maggioritaria per l’elezione del  sindaco, ha limitato ulteriormente la  partecipazione al voto, e alla stessa campagna elettorale. 

Tornando  nella nostra città notiamo, però, che il fenomeno dell’astensionismo è in netta controtendenza rispetto al dato nazionale. A Frosinone hanno votato il 72,5% degli aventi diritto, la percentuale più alta per i comuni capoluogo, insieme con Rieti e Catanzaro. Finalmente una notazione positiva, dopo  tanti guai  che hanno contraddistinto negativamente la nostra città.  Le ultime elezioni amministrative hanno mostrato che il senso  democratico dei frusinati è granitico. Sarà vera gloria?  

Sempre dallo  studio dell’Istituto Cattaneo si rileva che nei 25 anni di contese locali regolate  dalla legge elettorale del “sindaco podestà”, e in modo più significativo nell’ultima tornata amministrativa, il calo di partecipazione si è registrato maggiormente nei  territori in cui più forte era il radicamento dei partiti storici connotati ideologicamente.  E’ il caso, ad esempio, di quelle che una volta erano definite le "città rosse". In altri comuni, invece,  la partecipazione è  ancora elevata. Ciò  perché qui resta  imperante una estesa rete di grandi e piccoli notabili, campioni di preferenze, in grado di portare al voto gli elettori grazie ad incentivi localistici quando non clientelari.  

Credo di non sbagliare inserendo Frosinone nella schiera di questi comuni. La storia della recente campagna elettorale lo dimostra inequivocabilmente. Il sindaco vincente ha assoldato in 9 liste 281 candidati, per lo più appartenenti al sottobosco del notabilato borghese della città. Recettori di quel voto incentivato da interessi personali, assolutamente privatistici, che con il bene comune del capoluogo non hanno  nulla a che fare. Nelle ultime amministrative il fenomeno è emerso più prepotentemente che in passato , ma è facile  constatare come  esso sia ormai storicamente consolidato.

 Anche  le   giunte precedenti,infatti,  sono state elette secondo le medesime dinamiche privatistiche e familistiche  Considerato che la storia degli ultimi  15 anni ci consegna una città sempre più in caduta libera, con livelli di inospitalità, abbandono, degrado  drammaticamente elevati,   consegue che questo modo di eleggere le amministrazioni frusinati  è devastante. 

Per cambiare veramente  verso e orientare le vele al  vento di una  riscossa sociale, culturale  e ambientale è necessario disarticolare la rete dei notabili di piccolo cabotaggio e disconnetterla dal corpo elettorale.  E’ una rivoluzione culturale difficile perché si tratta di educare i cittadini ad un voto consapevole, che veda al centro della scelta il bene della città e non il proprio tornaconto. Una rivoluzione difficile che si scontra con decenni di oscurantismo democratico.  

La vera novità di queste elezioni a Frosinone, però, è determinata proprio dal fatto che forse, per la prima volta, sono entrati in consiglio tre esponenti (Bellincampi ,Mastronardi  del Movimento 5 Stelle e Stefano Pizzutelli della lista Frosinone in Comune) la cui campagna elettorale si è basata fra  l'altro, sulla denuncia del voto privatistico familistico. 

Forse è l’inizio di un cambio di rotta. Ma l’impegno nel solco  di questa rivoluzione culturale,  è al limite dell’impossibilità. Sta ora  alle forze che hanno eletto i tre consiglieri  e ad altri movimenti attivi nel capoluogo cercare di portare avanti questa rivoluzione a cominciare da domani. In consiglio comunale, ma soprattutto nella piazze della città.

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