sabato 3 giugno 2017

Elogio del batterista ancestrale

Luciano Granieri




Da ragazzini  nelle band ( alla mia epoca si chiamavano “complessi”), il batterista era come il portiere nel calcio.  A pallone il più scarso si metteva in porta, così come nei complessi il meno dotato si metteva a percuotere caccavelle e vecchie cazzarole. 

La vera fortuna del batterista era possedere  la batteria così, come per il ragazzino scarso a giocare a pallone, la differenza la faceva il possesso del  pallone. Non essendoci ancora le salette di prova, se volevi suonare dovevi andare a casa dal batterista, il quale, non potendo  per evidenti motivi logistici spostare tamburi e cimbali  era costretto ad ospitare gli atri . Come dunque non far suonare uno che ti metteva a disposizione il  garage,   inimicandosi tutto il vicinato costretto a sopportare il casino?  

Ecco perché, conscio di una partecipazione musicale non propriamente legata alle doti tecniche , il batterista, si proponeva  come una figura secondaria. In verità,  per esperienza personale,  posso dire che quando con altri tre coraggiosi  amici musicisti ci mettemmo  in testa di fare le cover…. (pardon allora non si chiamavano così), i pezzi di gruppi come gli Area o Napoli Centrale il mio ruolo di drummer non fu così semplice. Provate voi ad andare appresso a gente come Giulio Capiozzo o  Franco del Prete, ce l’avete presente l’intro di “Campagna” di James Senese e soci? Se non ce l’avete presente cliccate QUI

Al di là di queste reminiscenze giovanili  è un fatto che nei maggiori gruppi rock a farla da padrone sono chitarristi, cantanti, tastieristi. Il batterista viene spesso ricordato più per eccessi avulsi dal contesto musicale.  Facciamo qualche esempio, lo sapete come si chiama il batterista dei Rolling Stones? Certo che lo sapete, sto cazzeggiando è …….azzo devo andare su Wikipedia…..perchè….non me lo ricordo……ah  si è Charlie  Watts. Se  però dico Mick Jagger e Keith Richards,  la botta di notorietà degli Stones sale alle stelle.

 E di Ringo Starr ne vogliamo parlare? E’ sicuramente più noto per essere uno dei fab four    che non per i suoi paradiddle.  Lo stesso dicasi per Nick Mason batterista dei Pink Floyd, più famoso per la sua collezione di Ferrari che per il suo modo di ricamare groove.  Di John Bonham, sponda Led Zeppelin,  e Keith Moon, sponda Who, rilevanti sono le torture che i due infliggevano ai loro fusti e alle loro pelli. Alcuni  passaggi ritmici possono essere apprezzabili, ma niente a che vedere con lo spolvero riconosciuto ai rispettivi compagni chitarristi Jimmy Page e Pete Townshend

Ci sono delle eccezioni, il rock è un campo talmente sconfinato! Ad esempio non mi toccate Ian Paice dei Deep Purple. E' un rutilante  propulsore ritmico, vera spina dorsale di una band dai valori tecnici assoluti.  Ritchie Blackmore,  Jon Lord, Ian Gillan, Roger Glover, ma anche Dave Coverdale e Glenn Hughes, parliamo di sontuosi rocker fra cui Paice, non solo non sfigurava, ma spesso emergeva. Avete presente il timing  di You fool No One? Se non l’avete presente cliccate QUI. E  non toccatemi Carl Palmer, un batterista che già il nome della band poneva al pari degli altri due virtuosi suoi compagni  Keith Emerson e Greg Lake (Emerson Lake and Palmer appunto). E di Franz di Cioccio della Pfm,  o Michi dei Rossi delle Orme ne vogliamo parlare?  Favolosi, ma ce ne sono tanti altri,   il  discorso potrebbe continuare a lungo. 

Comunque,  sia come sia,  il batterista è stato sempre considerato un po’ un  "caciarone". Anche nel jazz .  Fino ad un certo punto però. Fino a quando, cioè, negli anni ’40 dal Minton’s Playhouse di New York non emerse  Kenny Clarke. Dopo di lui la   batteria non fu più la stessa, così come dopo il Be Bop, cui Kenny Clarke  era autorevole esponente,  il jazz non fu più lo stesso. Da Clarke, passando per Max Roach, Buddy Rich, Art Blakey, il drummer  divenne un elemento creativo fondamentale, come dimostreranno i sommi Elvin Jones, Tony Williams e Jack DeJohnette.  Guarda caso due su tre (Williams e DeJohnette) protagonisti delle memorabili ritmiche di Miles Davis.  Elvin Jones, invece fu trascinatore della ritmica di John Coltrane, per anni sassofonista di Miles Davis.  Come la metti la metti Davis   c’entra sempre. Per avere testimonianza dell’assoluto valore creativo di questi musicisti potrebbe bastare la performance di Elvin Jones in My Favorite Things con John Coltrane. L’avete presente? Se non l’avete presente cliccate QUI

Comunque batteristi di tutto il mondo uniamoci! Siamo un po’caciaroni ma è il nostro modo  essere ancestrali, primitivi non lo dico io, ma lo afferma nientepopodimeno che  Carl Jung  il  fondatore della Psicologia  Analitica  il quale  scrisse: “Il suono del tamburo, che non parla il linguaggio della testa, si appella ad un livello ancora più profondo rispetto a quello del cuore. Parla il “più antico linguaggio del ventre e del plesso solare” proveniente direttamente dagli strati    più profondi dell’animo umano,  il livello degli antenati ancestrali e i livelli sottostanti”.  
Chiaro No?

E per non farci mancare niente ecco a noi  Tullio De Piscopo e Billy Cobham.

Good Vibrations



Ilva: respingere con la lotta e l’unità i licenziamenti per i profitti!

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Lo sciopero del 1 giugno degli operai dell’Ilva di Taranto, contro i primi 6.000 “esuberi” previsti dal piano industriale di Arcelor Mittal per rilevare l’acciaieria, ha messo in crisi il disegno antioperaio spalleggiato dal governo Gentiloni-Renzi.
I governi a guida PD, come quelli delle destre, hanno sempre seguito una sola politica: scaricare sugli operai e sui lavoratori i costi dei piani di “rilancio”, liquidare i loro diritti, comprimere il salario, privatizzare e svendere le aziende strategiche per garantire i voraci interessi dei grandi capitalisti italiani e stranieri.
Per i magnati dell’acciaio e i loro governi amici non basta che gli operai siano torchiati come le olive, che subiscano quotidianamente gli incidenti e la nocività del lavoro salariato, che siano bastonati ogni volta che alzano la testa. Ora devono anche essere sbattuti in mezzo a una strada, in una regione in cui la disoccupazione è al 22%, per assicurare quote di produzione e relativi profitti.
Ma la disastrosa situazione dell'azienda non è dovuta a colpe degli operai, bensì a criminali strategie aziendali dovute alla voracità di profitto dei padroni dell'Ilva, che per anni hanno calpestato le più elementari regole di sicurezza, avvelenando operai e cittadini.
Con lo sciopero e la mobilitazione di massa, gli operai Ilva hanno chiarito che non si rassegnano alla disoccupazione e alla fame, che respingono il ricatto.
La lotta degli operai Ilva è la lotta di tutti i lavoratori per impedire i licenziamenti per i profitti, i “licenziamenti di borsa” decisi dalle multinazionali e appoggiati dai governi borghesi.
Questa lotta va estesa e proseguita senza cadere nelle illusioni riformiste e senza lasciarsi ingannare dalle promesse elettoraliste!
Riprendiamo fiducia nella nostra grande forza, difendendo in maniera intransigente i nostri interessi: nessun posto di lavoro deve essere perso, nessuna fabbrica deve essere chiusa, no ai tagli del salario, salute e l’ambiente devono essere garantiti!
Chiamiamo tutti gli sfruttati alla costruzione del fronte unico operaio dal basso, con propri organismi (Comitati, Consigli, etc.) per difenderci dall’offensiva padronale e governativa, dalla complicità e dai cedimenti dei partiti borghesi e dei burocrati sindacali, che già frenano la lotta.
Uniamo in solo fronte, in una sola vertenza le lotte che padroni, governo e i loro lacchè vogliono mantenere divise. Basta con la divisione fra sfruttati!
E’ ora di costruire lo sciopero generale nazionale per il lavoro, per il pane, contro i sacrifici e le spese di guerra! E’ ora di occupare le fabbriche che chiudono e licenziano!
Il problema non è sindacale; il problema è politico. Non riguarda solo gli operai dell'Ilva, non riguarda solo le città di Taranto e di Genova, ma l'intera società italiana: se l’economia fondata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione per far arricchire sempre più un pugno di parassiti deve continuamente distruggere forze produttive, se pone a una comunità di lavoratori e di cittadini l'alternativa di morire di cancro o morire di disoccupazione e di miseria, vuol dire che questa economia è marcia fino alle midolla e deve essere distrutta da una rivoluzione che abbia il proletariato come  protagonista.
Operai, lavoratori, prendiamo nelle nostre mani questa grande questione sociale, prepariamo le condizioni della vittoria della rivoluzione socialista. Si uniscano fin d'ora i proletari più consapevoli e avanzati con i coerenti comunisti in un'organizzazione politica che non abbia solo il nome, ma la sostanza, la linea politica, il programma e la combattività di una vera forza comunista basata sul movimento operaio. Costruiamola insieme!

venerdì 2 giugno 2017

Il blues è donna

Luciano Granieri


Gertrude "Ma" Rainey"


Lady Sings  the Blues. Viene subito in mente il disco di Billy Holiday pubblicato dalla Clef Record nel 1956. In realtà Lady Day non ha cantato molti blues , si ricordano solo tre brani del genere  da lei interpretati.

 E’ innegabile però come  l’icona del blues sia  donna e  nera. La caratteristica creativa unica del blues è la facilità di connessione emotiva fra chi canta e chi ascolta. Dunque i profondi travagli del popolo nero, comprendenti  tutti gli aspetti di una vita   gravata dal peso della schiavitù e della segregazione, grazie al blues, passavano di ghetto in ghetto, creando una formidabile  dinamica di condivisione e consapevolezza del proprio stato di oppressione.  Condizione che travalicò  la precarietà sociale  dei neri, per abbracciare gli oppressi di tutte le razze. 

Una condivisione non già  portatrice di inutili lamenti, ma generatrice di sentimenti di rivalsa, quando non di vera e propria ribellione. La durezza della vita della piantagione, del  ghetto, delle periferie derelitte,  emergeva compiutamente  anche attraverso il canto dei sentimenti  più intimi,  compresi  risvolti sentimentali spesso debordanti in vero e propria narrazione erotica. 

Nell’ottica del borghese bianco americano, il blues era una sorta di espressione esotica, volgare magari, ma affascinante. Si andava nei locali di Harlem a sentire quegli starni essere  scuri , che mugolavano le loro lamentazioni, e quando a cantare era una  ragazza nera avvenente, pulsioni pornografiche  prendevano il sopravvento sull’esotismo. Ecco perché la donna nera che canta il blues è diventata un idolo epico. Una donna nera che cantava il blues doveva essere per forza, nell’immaginario del borghese maschio bianco,  una puttana e su di essa  si concentravano gli sprezzanti strali di una categoria atavicamente maschilista,  razzista e vigliaccamente  voyuerista . 

Ma questo è solo uno dei motivi, il più degradane,  per cui il blues  è  declinato al  femminile.  Infatti l’espressività del canto  di una donna, è   sicuramente più efficace, rispetto ad un cantante uomo,   nell’ esprimere certe contorsioni emotive, e  anche più cruda nel lanciare l’invettiva verso chi si sente superiore, per razza, censo e genere.  

Chi erano dunque le donne del blues che agli inizi diffusero questa musica molto più degli uomini? Partiamo dalla mamma di tutte le cantanti. Gertrude “Ma” Rainey . Una veterana degli spettacoli di cabaret itineranti nell’America dei primi del ‘900 del secolo scorso. Gertrude  cantava in una compagnia itinerante  messa insieme  con il  marito, i Rabbit for Ministrels. Il repertorio era tratto dal patrimonio nero del sud, canti da circo  o tradizionali, ballate, ma soprattutto blues accompagnati con il banjo. 

“Ma” Rainey, in possesso di una voce possente,  non affidava  mai all’immaginazione il significato delle sue liriche blues, sapeva toccare il cuore con storie malinconiche ma anche passionali. Quando i Rabbit for Ministrels, 1910 giunsero a Chattanooga in Tenesse, nel corso di  un’esibizione all’Ivory Theatre s’imbatterono in una ragazzina di nove anni in possesso di una voce particolarissima.  Si trattava di Elisabeth (detta “Bessie”) Smith. 

La bambina era nata da una famiglia poverissima,  e a 9 anni  cercava di guadagnare qualche soldo esibendosi all’Ivory. “Ma” Rainey, giovanissima anche lei, aveva solo 22 anni,  scritturò immediatamente la piccola Bessie come cantante bambina.  Iniziò così la turbolenta carriera di colei che sarà definita l’imperatrice del blues.  Bessie si esibì dapprima con il pianista Clarence Williams e poi via via con musicisti sempre più famosi  fra cui Louis Armstrong e Fletcher Henderson. Considerata però “volgare” , agli inizi ebbe difficoltà a realizzare  le prime incisioni. Ma quando fu ingaggiata dalla “Columbia” grazie al fiuto del discografico Frank Walker, con i suoi utili di vendita, riuscì a raddrizzare la  grave crisi  economica della casa discografica, giunta sull’orlo del fallimento.  

A poco più di vent’anni era un’artista dal successo straripante, poteva chiedere millecinquecento dollari per ogni esibizione, mentre  solo dieci anni prima era una ragazza prodigio che ballava e cantava in uno spettacolo di Ministrels per un dollaro al giorno.  Brani come: Back Water Blues, Rainey Weather Blues, Cemetery Blues, fra gli altri,  diventarono classici del genere.  


Bessie Smith

Scrive Paul Oliver nella sua  storia del blues: “Con tutta probabilità  Bessie non sarebbe stata una così grande cantante  se non avesse avuto una via tanto drammatica e amara”. Dal denaro infatti essa non trasse la felicità. Dilapidava fortune in stravaganze e gin. La curva calante della sua carriera non tardò ad arrivare  e con essa avrebbero avuto vita  registrazioni come “Empty Bed Blues” il blues del letto vuoto, che all’epoca si poteva considerare indirizzato ad un  mercato  oggi probabilmente definito pornografico. Cinque mesi dopo incise “Poor Man Blues” il blues del poveruomo.  Un brano inserito a tutti gli effetti  nel filone della critica alla società del tempo . La depressione ormai  alle porte della nazione nordamericana contribuì a spingere Bessie sulla strada del declino .   Il critico Carl Van Vetchen  avrebbe detto di lei: “ .... una donna che apre il suo cuore con il coltello fino a metterlo in mostra perché noi tutti lo vedessimo…” 
Mamie Smith



Un’altra grande ambasciatrice del blues fu Mamie Smith,  cantante e ballerina di vaudeville. Nel 1920 fu la prima artista  ad incidere  brani di blues,  Crazy Blues e It’s Right Here for You, registrati per la Okeh. Il disco riuscì a vendere oltre un milione di copie in meno di un anno, diventando così un formidabile  veicolo di diffusione del blues in tutta l’America. Molte altre grandi interpreti  donne, fra le quali ricordiamo  Ida Cox, Clara Smith,  Victoria Spivak, SophieTucker, contribuirono ad una imponente diffusione del blues tanto che, non ce ne vogliano i vari Muddy Watrs, o Big Bill Broonzy, è corretto rilevare come senza ombra di dubbio  il blues sia  donna. Una forma musicale tipicamente matriarcale e anche per questo rivoluzionaria.






Back Water Blues Bessie Smith and James P. Johnson
Good Vibrations,






Non possiamo accettare schiaffi alla democrazia

Domenico Gallo, Alfiero Grandi


Abbiamo sempre chiesto che la nuova legge elettorale venisse approvata da una ampia maggioranza del parlamento, questa condizione sembra avverarsi, insieme al definitivo abbandono dell'Italicum, degno erede del Porcellum. L'Italicum descritto come la legge elettorale piu' bella del mondo ha battuto un record unico, è stata approvata ricorrendo a voti di fiducia ed altri trucchi ma non e' mai entrata in vigore. Un vero ed inutile spreco.

La nuova legge elettorale ha un impianto proporzionale e anche questo è positivo ma non è il sistema tedesco come si vuole fare credere. Questo perché in Germania la legge elettorale prevede che gli elettori possano votare in modo diverso, con due voti, uno per i candidati nel collegio uninominale e uno per le liste di partito del proporzionale. 

E' un punto decisivo che di fatto premia i partiti più forti a danno dei piccoli, aggiungendosi alla soglia del 5%, che favorisce ulteriormente le formazioni politiche maggiori. Il voto unico condiziona fortemente la libertà di scelta degli elettori nel collegio uninominale, mentre nel proporzionale non vi è alcuna libertà di scelta perché si vota su liste bloccate. In sostanza i parlamentari saranno tutti nominati dai capi partito e gli elettori non avranno alcuna possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

Chiediamo con forza che anche in Italia gli elettori possano votare come in Germania in modo distinto, con due voti, uno per i collegi uninominali e uno per le liste dei partiti nel proporzionale; chiediamo che le liste dei partiti non siano bloccate e che i parlamentari siano eletti sulla base delle indicazioni degli elettori.

La richiesta che facciamo con forza é di chiudere la serie dei parlamenti non rappresentativi, in nome dell'esigenza di dare autorevolezza ai rappresentanti che debbono rispondere del loro operato agli elettori, non ai capi partito.

Per queste ragioni, che riteniamo decisive, prenderemo tutte le iniziative necessarie per propugnare la modifica della legge elettorale in discussione ora alla Camera e continueremo al Senato se il testo non verrà cambiato.

La nostra autonomia, dimostrata durante la campagna per la vittoria del No, ci consente di apprezzare le novità ma anche di denunciare con forza trucchi e storture di questa proposta di legge. I difetti non sono marginali ma riguardano aspetti che riteniamo fondamentali per un corretto rapporto tra eletti ed elettori.

Per questo facciamo appello ai Comitati, ai cittadini alla mobilitazione a sostegno dei diritti di partecipazione dei cittadini e ricordiamo che questo parlamento di nominati dovrebbe evitare di tradire ancora una volta il rapporto con gli elettori.

Non possiamo accettare schiaffi alla democrazia, per questo invitiamo tutti ad aderire alla manifestazione nazionale promossa dalla Cgil il 17 giugno per denunciare il trucco di un governo e di una maggioranza che prima abrogano le norme sui voucher per paura di una nuova sconfitta referendaria e poi, scaduto il termine del referendum, li reintroducono facendosi beffe dei cittadini e della Costituzione.

La Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla costi quel che costi.

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Frosinone

2_giugno

Nessuno più di Sandro Pertini e dello spirito che ha lasciato in eredità al nostro popolo, è in grado di richiamarci al dovere ed alla necessità di salvaguardare questo patrimonio straordinario.
Non c'è retorica nel dire che solo grazie alla Repubblica nata dalla lotta partigiana e dal risveglio degli Italiani, siamo diventati nuovamente, dopo secoli di servitù e di divisioni fratricide, uno dei più importanti punti di riferimento del mondo intero.
Lo siamo sul piano culturale, per il patrimonio che conserviamo (spesso non come dovremmo) ma anche per quello che produce la nostra intelligenza e la nostra intellettualità; lo siamo sul piano giuridico ed etico, per i principi che portiamo con noi e per la continua elaborazione e pratica del diritto che fa scuola nel mondo (con suoi problemi e le sue degenerazioni, ma resta sostanzialmente esemplare); lo siamo sul piano umano, che non concede egemonia ai razzismi ed agli sciovinismi di vario genere, sebbene alimentati e sostenuti da una battente propaganda dei media che cercano più il gossip che la verità (100.000 hanno sfilato nella marcia per l'accoglienza, 150 - senza mila - nella contromanifestazione razzista di Milano); lo siamo in campo economico e produttivo, con le nostre capacità e con il nostro potenziale industriale, nonostante il macello degli ultimi dieci anni fra crisi finanziaria e inadeguatezza delle classi dirigenti; lo siamo sul piano istituzionale, che nonostante i tentativi di sterilizzazione dei dispositivi della rappresentanza, a volte anche ben riusciti, e l'occupazione sistematica delle sedi di dibattito e di decisione da parte di soggetti e gruppi che troppo frequentemente mostrano caratteristiche più adatte a mercati di bassa rilevanza che alla gestione progressiva di un Paese civile e nobile come l'Italia, resistono e consentono di guardare al futuro.
Questa non è l'Italia che si voleva nel '46, e non è quella di cui ci accontentiamo. Ma è un'Italia che può e deve essere portata avanti, migliorata, ristabilita sui suoi binari per percorrere ancora lunghi tragitti nella conquista di sempre più alti e più utopistici traguardi di civiltà, di umanità, di progresso.

Grazie a tutti i Costituenti, alle donne a agli uomini che votarono, e a quelli che si assunsero il compito entusiasmante e terribile di gettare le basi per un ordine nuovo. 

giovedì 1 giugno 2017

Quando la questione di genere diventa una questione politica e sociale interna alla contraddizione capitale-lavoro

Piattaforma Comunista 

SOLIDARIETA' CON LE OPERAIE DI POMIGLIANO
BASTA CON LE RAPPRESAGLIE DI GENERE E ANTISINDACALI
TUTTE/I A NOLA IL 20 GIUGNO!

OTTO MARZO CONTRO IL MODELLO-MARCHIONNE: NOI CI SAREMO ! 



Perché siamo di fronte non solo ad un gravissimo episodio di repressione antisindacale ma sopratutto ad una ‘mirata repressione di genere’: un vero e proprio oltraggio alla ricorrenza internazionale dell’Otto marzo ed alla libertà di espressione delle donne! 

La vicenda è relativa allo sciopero di 3 ore dello scorso 8 marzo al reparto-confino WCL di Nola ed alla concomitante assemblea del Comitato Mogli Operai in occasione della giornata internazionale della donna dove le operaie FCA di Pomigliano e Nola denunciarono pubblicamente il modello-Marchionne “prefigurante il dominio del capitale sul lavoro e la trasformazione in tal senso dell’intera società con la progressiva eliminazione della democrazia sindacale e politica e dei diritti dei lavoratori, nonché di quelli sociali, civili e costituzionali”: info www.comitatomoglioperai.it 

I fatti: all’indomani dell’8 Marzo la FCA cambiò senza motivazione i turni di Antonietta e Carmela (entrambe operaie Fiat con 27 anni di anzianità e da 8 anni trasferite a Nola, iscritte a Slai cobas ed attiviste del Comitato Mogli Operai), esponendole a seri problemi familiari nonché a quelli relativi allo spostamento casa-lavoro per l’inesistenza di servizi di trasporto pubblico e aziendali tra residenza e posto di lavoro. L’intento repressivo è evidenziato dal fatto che in questi anni l’azienda ha sempre adottato l’accoppiamento per lo stesso turno di addetti ed addette automuniti con quelli sprovvisti o impediti all’utilizzo di propri mezzi di trasporto come nel caso di Antonietta e Carmela. Il provvedimento viola inoltre lo stesso Contratto di Lavoro di FCA che testualmente recita: “E’ condivisa la volontà di riconoscere ampia attenzione ai problemi degli spostamenti casa-lavoro che hanno rilevanti effetti sull’equilibrio complessivo del benessere del lavoratore e sulla possibilità di conciliare esigenze e tempo di vita e di lavoro”. 

Il 20 giugno, al tribunale di Nola, si terrà la causa di Antonietta e Carmela contro la FCA di Pomigliano, denunciata per repressione di genere ed antisindacale: un contenzioso senza precedenti giuridici dall’alto valore simbolico perché vede le donne operaie ed il loro Otto marzo scontrarsi col modello-Marchionne. 

Le implicazioni politiche, sociali e culturali sono evidenti, come evidente è lo scontro tra chi oggi vorrebbe riportarci tutti, uomini e donne, indietro di 100 anni, sottoponendoci alla moderna schiavitù economica, e chi vuole riorganizzare le ragioni dei lavoratori e far ‘pesare’ nuovamente la classe operaia perché quando  si abbassa la democrazia nei luoghi di lavoro si abbassano anche i diritti sociali e quelli civili. 

Oggi che le multinazionali (col gruppo Fiat Chrysler a fare da ‘apripista’ in Italia, USA ed Europa) esercitano una forte influenza extraparlamentare sugli Stati e sulle istituzioni globali attraverso il divide et impera per il controllo sociale inducendo razzismo e frammentazione contrattuale ed elementi funzionali di contrapposizione generazionale, sociale e di genere; oggi che la mercificazione dei diritti dei lavoratori e dei diritti sociali sta producendo conseguenze ancora più devastanti sulla condizione delle donne italiane ed immigrate costrette a pagare giorno dopo giorno prezzi sempre più alti nella moderna società capitalistica: 

NOI CI SAREMO !

Con la Raggi finiranno i rifiuti in Ciociaria.

Ufficio Stampa del Deputato Luca Frusone Movimento 5 Stelle


Frusone (M5S) “Con la Raggi finiranno i rifiuti in Ciociaria. Dati alla mano da quando abbiamo vinto a Roma i conferimenti dei rifiuti che arrivano in provincia sono diminuiti e presto si metterà fine a questa pratica”
Conferimenti_Roma_a_Frosinone_prima_e_dopo_Raggi_1

Già dall’anno scorso la questione dei rifiuti di Roma ha tenuto banco per tutta l’estate e ora nuovamente se ne parla con gli avversari politici pronti ad attaccare i 5 Stelle sulla questione. Roma conferisce alla SAF di Colfelice ormai da tanti anni, già dal 2012, ma la questione è diventata pubblica solo quando la Raggi è diventata la Sindaca della Capitale. Proprio su questo aspetto si sofferma il Deputato 5 Stelle Luca Frusone – “Finalmente Roma riduce i rifiuti che manda fuori e si prepara ad essere autonoma. Per 20 anni a Roma hanno buttato tutto in discarica e non hanno costruito impianti per trattare l’indifferenziata. Una volta chiusa la discarica, non sapevano come smaltire i rifiuti e quindi, già da prima di Alemanno, hanno fatto accordi per portarli un po’ ovunque in Italia e una piccola parte all’estero. Però stranamente chi oggi blatera sui rifiuti di Roma, non ha mai detto nulla quando a mandarli in Ciociaria erano proprio i loro sindaci. Abbiamo ereditato una situazione disastrosa che non si risolve in pochi mesi né in un anno ma già abbiamo invertito il trend.” – Il Deputato pentastellato però preferisce parlare numeri alla mano –“In questo mese ho sentito così tante stupidaggini dette da alcuni esponenti locali, utili solo a far capire che di rifiuti non ne sanno nulla, che ho ritenuto opportuno, proprio per smentire tali falsità, farmi dare i dati dei conferimenti in SAF dall’Assessore Montanari di Roma, per far capire che Roma stessa non ha alcuna intenzione di continuare a pagare altri per far trattare i propri rifiuti e che anzi, fra un paio di anni sarà autonoma. Lo testimonia il fatto che i rifiuti conferiti nella nostra provincia stanno diminuendo. Infatti confrontando i 5 mesi prima dell’insediamento della Raggi avvenuto a giugno 2016 e i primi 5 mesi del 2017, quindi nel periodo in cui si parlava di emergenza rifiuti e giravano carnevalesche maglie gialle, si vede che il flusso dei rifiuti è diminuito del 20%. Una cifra enorme dovuta al fatto che finalmente i pochi impianti che Roma ha, stanno lavorando seriamente nonostante ci siano stati diversi atti di sabotaggio. La media delle tonnellate giornaliere è scesa dopo un periodo di assestamento iniziale e non appena la Capitale creerà i 3 impianti per l’organico che ha già in cantiere, questa cifra calerà drasticamente con l’obiettivo di non far uscire più nulla da Roma. Quindi meno rifiuti da trattare e meno da bruciare anche per la Ciociaria”. – Il Deputato non risparmia alcune osservazioni sullo stato della Provincia in materia dei rifiuti – “Una delle cose più tristi di queste strumentalizzazioni è che si devia l’attenzione dagli affari che riguardano la nostra provincia che, in quanto a raccolta differenziata, è a livelli bassissimi, una delle peggiori del Lazio. Salvando alcuni Comuni virtuosi, siamo ad una media di differenziata di appena il 34% producendo 120 mila tonnellate l’anno, mentre a Roma sono riusciti a salire in quest’anno ad un 43% avendo però a che fare con una quantità di rifiuti 13 volte superiore alla nostra. Insomma la barzelletta del bue che dice cornuto all’asino. Dati questi numeri impietosi e visto che Roma fa più differenziata di noi, forse la Provincia dovrebbe concentrarsi più sui nostri problemi, e a chi continua a parlare di Roma per nascondere i danni che ha fatto in tutti questi anni, ci spiace avergli tolto anche questa argomentazione, non sia mai volessero iniziare a fare il bene dei ciociari.

Ma quale sistema tedesco, siamo al 'FURFANTELLUM'

 Legge elettorale - Acerbo (Prc): "Ma quale sistema tedesco, siamo al 'FURFANTELLUM'!!!"


Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea, dichiara: 

"Con l'emendamento Emanuele Fiano, depositato ieri sera alla I Commissione Camera, si formalizza la proposta della nuova legge elettorale voluta da PD, Forza Italia, Lega e M5S.
Nonostante il coro quello proposto non è il sistema elettorale tedesco al quale non ci opporremmo.
C'è una duplice impostura: il sistema è maggioritario camuffato da proporzionale. Non si dà la possibilità - come avviene in Germania - di votare in due schede diverse candidato uninominale e lista proporzionale e tra collegi uninominali, liste proporzionali bloccate e pluricandidature,  per l'elettore capire chi elegge sarà un rebus. Insomma avremo di nuovo un parlamento di nominati.
Persino l'uninomale è truffaldino perchè in realtà il candidato più votato in un collegio potrebbe non essere eletto e chi lo ha votato in realtà contribuisce a eleggere il listino bloccato.
Aggiungiamo che lo sbarramento unico al 5% al Senato è contrario alla lettera dell'art. 57 della Costituzione che dispone quella Camera sia eletta su base regionale.
Siamo di fronte a una legge abborracciata fatta solo per spartirsi i seggi blindati tra segreterie di partito e Casaleggio associati. Il solito accordo tra imbroglioni che contraddice mesi di battaglie a difesa della rappresentanza diretta tra elettore ed eletto e della partecipazione democratica e il voto referendario.
Rifondazione comunista/Sinistra europea non può che esprimere contrarietà e invitare alla mobilitazione contro questa nuova legge truffa in difesa della Costituzione repubblicana".

mercoledì 31 maggio 2017

Sistema proporzionale alla tedesca in salsa italiana, l'ennesima presa in giro

Luciano Granieri


Finalmente questo Parlamento si appresta ad occuparsi dell’unica vera questione che avrebbe dovuto affrontare in base alla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale. Quel pronunciamento,  come molti ricorderanno, sanciva l’incostituzionalità  della legge elettorale , definita Porcellum , decretando l’illegittimità dell’attuale Parlamento  eletto con quella normativa. Ad esso si richiedeva di rimanere in carica  esclusivamente  per gestire l’ordinaria amministrazione, in modo da assicurare  continuità legislativa, e di definire al più presto una  nuova legge elettorale rispettosa della sentenza 1/2014. 

Come è andata a finire lo sappiamo. Il Parlamento, illegittimo, ha legiferato ben poco, lasciando al Governo la responsabilità di una mole di disastri istituzionali inenarrabili.  Fra cui, una riforma costituzionale, fortunatamente bocciata dagli Italiani, e una nuova legge elettorale, cassata,  in parte, ancora una volta, dalla Corte Costituzionale. In verità la legge detta Italicum, smozzicata e mutilata dai rilievi dei giudici costituzionali, avrebbe comunque consentito il ritorno alle urne, ma con una disomogeneità di sistema fra Camera e Senato. Quel Senato   la cui elezione diretta non era più  prevista nel pasticcio costituzionale ordito da Renzi e dalla Boschi e rigettato dal popolo italiano . 

Dunque fare la legge elettorale. Ma  dal momento che la finalità di  assicurare rappresentanza,  così come previsto dalla  Costituzione, non è stata mai minimamente perseguita dalle forze politiche, le quali avevano in mente dispositivi atti solo a favorire la propria parte,  non si è  mai cavato un ragno dal buco  almeno fino a qualche giorno fa. Quando la necessità del voto anticipato  è diventata interesse comune ai maggiori schieramenti, Pd, Movimento 5 Stelle, Forza Italia.  

Un voto anticipato non utile a rimuovere un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, ma a perseguire determinati interessi di bottega. Renzi, una volta tornato al timone del suo partito, non vede l’ora di prendersi la rivincita rispetto alla debacle referendaria, ma soprattutto vuole evitare che il suo governo s’intesti una legge di bilancio lacrime e sangue, elettoralmente mortale nel caso si arrivasse a fine legislatura con voto a febbraio 2018. Il M5S scalpita   da sempre per una consultazione anticipata, indipendentemente dal tipo di legge elettorale che ne determinerà le regole. I Forzisti, alla luce dei consensi non più rilevanti, verrebbero tagliati fuori dai giochi nel caso si rinnovasse la stagione maggioritaria. Una   riedizione del patto del Nazareno, in base al quale  l’adozione del proporzionale,  agognato  da Forza Italia,  si otterrebbe   in  cambio del via libera al voto anticipato  voluto  da  Renzi, è stato il grimaldello  che ha sbloccato lo stallo. 

In definitiva, si sta arrivando, anche se con molto ritardo,  alla concretizzazione della sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, seppur  con motivazioni che non hanno nulla da spartire con pratiche  di correttezza istituzionale. Inoltre l’adozione di un sistema proporzionale dovrebbe soddisfare chi come noi, del comitato per la  democrazia costituzionale, ha sempre individuato questo sistema come il migliore per garantire la rappresentanza.  

Si è quindi  scelto il modello elettorale tedesco per dare corso a questo nuovo afflato   proporzionale. Ma siamo sicuri che sia così efficace nell’assicurare la corrispondenza fra il risultato elettorale e l’assegnazione dei seggi, soprattutto in presenza di una soglia di sbarramento al 5% che escluderebbe le piccole formazioni pure rappresentanti di una parte di elettorato? E soprattutto siamo sicuri che l’applicazione del modello tedesco in Italia  non crei pasticci? 

La legge elettorale teutonica prevede l’elezione di metà del Parlamento con un sistema maggioritario  attraverso  collegi uninominali, e l’altra metà con una contesa  proporzionale cui concorrono liste bloccate. L’elettore vota per il candidato nel collegio uninominale e per una lista inscritta  nella parte proporzionale. Di fatto saremmo all’ennesima riproposizione di un Parlamento composto da nominati. 

Comunque la  combinazione fra parlamentari eletti con il maggioritario uninominale e quelli eletti con il proporzionale deve rispecchiare esattamente i risultati espressi, in percentuale,  dai cittadine nelle urne. Dal  momento che  tutti gli eletti nel maggioritario devono entrare in Parlamento, potrebbe verificarsi il caso in cui un partito, a seguito di un particolare successo ottenuto nei collegi uninominali, possa presentare un numero di parlamentari (fra quelli usciti dal maggioritario e quelli ottenuti con il proporzionale) superiore alla effettiva quota  di rappresentanza sancita dal voto. In questo caso gli altri partiti, potranno ottenere un numero di eletti  in più , tali da ristabilire le esatte quote proporzionali sancite  dal risultato elettorale. Il numero dei Parlamentari infatti, nel  Bundestag è variabile.  

In Italia, invece, il numero di deputati e senatori è fisso. Dunque come ovviare a questo piccolo problema?  Privilegiare la parte uninominale prevedendo l’ingresso in Parlamento di tutti gli eletti nei collegi, sacrificando la quota di eletti nel  proporzionale, come preferirebbe il Pd?  Oppure rendere preminente la parte proporzionale escludendo quindi una parte di  eletti nei collegi uninominali come vorrebbero  Forza Italia e Movimento 5 Stelle ai quali piacerebbe anche un premio di governabilità? 
La faccenda, come si vede è lungi dall’essere risolta.  

Eppure il referendum del 4 dicembre ha espresso una verità semplice e fragorosa. I cittadini italiani,sono stufi di questi giochetti e  vogliono esercitare, a pieno, il loro diritto di concorrere alla vita politica del Paese. Il referendum del 4 dicembre ha inoltre svelato come gli stessi cittadini  non tollerino più un coinvolgimento elettorale finalizzato alla sola ratifica di decisioni prese sulle loro teste da consorterie e comitati elettorali. 

Dove sta scritto che una legge elettorale debba assicurare rappresentanza e governabilità? La governabilità deriva direttamente dal senso di responsabilità degli eletti, e non da artifici  che modifichino la corrispondenza numerica fra risultato delle urne e numero di seggi. Continuiamo dunque a spingere per una legge elettorale proporzionale pura, senza sbarramenti di sorta. E’  necessario altresì  battersi per ripristinare un finanziamento pubblico  dei partiti  uguale per tutti, in modo da assicurare che i consensi si acquisiscano esclusivamente per la bontà dei programmi, delle idee, e non per sovraesposizione mediatica o attraverso costose campagne di marketing elettorale.  

Insomma il referendum del 4 dicembre ha detto che siamo stufi di sorbirci la democrazia del più forte.  La democrazia è comunque  assente in un sistema in cui a dettare legge è sempre il più potente. 

TUTTE E TUTTI SIAMO IL FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA

Forum Italiano dei movimenti per l'acqua

TUTTE E TUTTI SIAMO
IL FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA



A pochi giorni dal sesto anniversario della vittoria referendaria per l’acqua bene comune, stiamo assistendo non solo alla pervicace non attuazione di quella decisione popolare sovrana, bensì all’attacco diretto a chi quell’esperienza ha promosso, costruito, fatto vivere in maniera reticolare in tutti i territori del paese, fino a farla divenire maggioritaria a livello nazionale.

Dietro un’astratta e malintesa idea di legalità, l’Amministrazione comunale di Roma Capitale ha difatti sgomberato l’edificio del Rialto, sede storica del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e di tante altre realtà associative, cittadine e nazionali.


Vogliamo dirlo con grande chiarezza: quello che sta succedendo al Forum italiano dei movimenti per l’acqua riguarda tutte e tutti.


Perché è un luogo che tutte e tutti abbiamo attraversato, imparando a conoscerci reciprocamente e a lavorare assieme, mettendo le nostre differenze al servizio di un grande obiettivo comune.

Perché è un luogo dentro il quale abbiamo sperimentato e praticato una straordinaria esperienza di partecipazione dal basso, che ha attivato milioni di persone in ogni territorio del paese, con l’entusiasmo di chi può finalmente cambiare il presente e costruire un futuro diverso.

Perché è un luogo dentro il quale è stata aperta la breccia dei “beni comuni” dentro il muro decennale del “pensiero unico del mercato”, della riappropriazione sociale dentro la mercificazione della vita, della condivisione orizzontale dentro il sistema della competizione individuale.

Dentro l’esperienza del movimento per l’acqua, si è mossa una nuova generazione di attiviste e di attivisti, capace di guardare il mondo dalla parte giusta e di saperne comunicare l’orizzonte a tutte le persone, fuori dai grandi mass media, senza padrini politici né risorse economiche.

Chiudendo la sede del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, la giunta di Roma Capitale non sgombera soltanto un ufficio, alcune scrivanie, qualche computer, colpisce direttamente l’esperienza collettiva di tante donne e uomini che lì hanno imparato ad affrontare il mondo con la mente e con il cuore, seguendo l’incomprimibile desiderio di volerlo cambiare.


Non ci sarà nessun orizzonte per chi costruisce un deserto sociale chiamato legalità.


Per questo saremo tutte e tutti presenti il 12 e 13 giugno, sesto anniversario della straordinaria vittoria referendaria per l’acqua e i beni comuni, alle iniziative del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

Ci saremo per dire che nessuno sgombero potrà fermare un’esperienza, che nessuna procedura burocratica può bloccare un cammino comune, che nessun potere può fermare la potenza di chi non crede che questo sia l’unico mondo possibile.


Saremo tante e tanti. Liberi, trasparenti e sempre in movimento. Come l’acqua.


Appuntamento davanti al portone del Rialto sgomberato (Via di S.Ambrogio, 4):

- Lunedì 12/6, ore 12.30 - Conferenza stampa

martedì 30 maggio 2017

Tutto va bene?

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Frosinone


A Frosinone la campagna elettorale sta degenerando progressivamente verso pratiche inaccettabili per chiunque pensi la politica come espressione di civiltà e non come scontro gladiatorio.
L'escalation delle provocazioni dell'estrema destra, culminate (finora) in quella che essi stessi definiscono "irruzione" nel Palazzo della provincia, le loro minacce apertamente annunciate sui loro mezzi di comunicazione, le marce notturne in formazione militare, con schiamazzi e slogan nel centro della città, la pretesa di uso della forza per rivendicare posizioni politiche, fino all'aggressione (non si è capito bene da parte di chi, ma confidiamo che sia fatta chiarezza dagli organi competenti) ai danni della candidata a Sindaco D.ssa Giuseppina Bonaviri, cui va tutta la nostra vicinanza e solidarietà umana e politica, al di là del tema elettorale, questa escalation assume toni e rischi sempre più gravi.
Le minacce nei nostri confronti trovano la nostra più completa insensibilità, dato che nella nostra concezione della democrazia politica e dello stato di diritto riteniamo che unici depositari del diritto di usare la forza, e comunque a certe condizioni, siano le forze dell'ordine, ossia lo Stato. Troppo facile reclutare qualche muscoloso giovanotto privo di scrupoli e di princìpi etici, e convincerlo che mostrare la forza sia motivo di orgoglio e che sia possibile prendere il potere tacitando gli altri a suon di "calci e cazzotti", come leggiamo dai commenti su certi siti. Assai più impegnativo è confrontarsi davvero e non sbrigativamente con i problemi reali della gente, senza slogan e proclami per lo più inconsistenti o falsi: clamorosa l'insistenza sull'affermazione che l'ANPI camperebbe con soldi pubblici, e la brusca esortazione di "andare a lavorare". L'ANPI prende un irrisorio contributo da parte dello Stato, ridotto più volte negli ultimi venti anni, e che ammonta oggi a 65.000 Euro (non ci paghi un impiegato), mentre la sola gestione degli sterminati archivi di interesse nazionale e internazionale che ha in custodia ne costa diverse centinaia di migliaia. Tutto il lavoro che l'ANPI riesce a svolgere è dovuto esclusivamente alle migliaia di volontari che si impegnano spendendo le loro forze, il tempo ed i soldi per custodire, tutelare e diffondere per la loro parte una cultura civica ed una disciplina democratica che ad alcuni ancora sfugge. Ma, sia chiaro una volta per tutte, lo fanno completamente a loro carico. Sarebbe invece istruttivo verificare la qualità delle attività in vario modo finanziate alla galassia dei neofascismi da parte della Repubblica italiana antifascista come Costituzione vorrebbe.

Per quanto ci riguarda, sappiamo bene di essere vulnerabili, ci attrezziamo e alleniamo alla politica nelle biblioteche e nelle pubbliche discussioni, non nelle palestre. Ma sarà assai difficile, e finora è stato impossibile, fermare le nostre idee, la nostra concezione umana della società, fatta di diversi con uguali diritti, purché rispettino essi stessi i diritti degli altri. Il resto non è politica, è ordine pubblico e deve gestirlo chi ne ha l'autorità.
Quello che ci chiediamo, però, è a che punto sia la garanzia di tranquillità e sicurezza per i cittadini normali, quelli cioè che sentono il dovere civico di impegnarsi, pacificamente e senza tornaconti né economici né di pezzettini di potere, nella costruzione di una civiltà democratica partecipata, fondata sui valori del rispetto e dell'autonomia, della libertà e della tolleranza.
Per questo abbiamo chiesto un incontro urgente al Prefetto, al fine di ottenere dall'Autorità notizie rassicuranti circa il controllo del territorio e la garanzia del normale svolgimento della vita sociale e civile.

Fraterni saluti.
 

La Sinistra a Frosinone, comizio in sostegno della lista Frosinone in Comune, Stefano Pizzutelli Sindaco.

  Paolo Ceccano Segretario Provinciale Prc – SE
                                                                                        
  Francesco Smania Segretario Circolo Prc – Se Frosinone

Il PRC federazione di Frosinone organizza un incontro con la cittadinanza a cui partecipa il Segretario Nazionale Maurizio Acerbo, Antonio Ingroia Presidente Nazionale di Azione Civile, Stefano Fassina Parlamentare Sinistra Italiana e  il candidato a Sindaco della lista Frosinone in Comune Stefano Pizzutelli.
Mercoledì 31 maggio alle ore 18,30 in largo Turriziani (Frosinone Alta) , saranno esposti i temi programmatici della coalizione della Sinistra che invita al voto libero espressione di una volontà di superare l’esperienza negativa della giunta Ottaviani. Ma occorre anche arginare sia l’insipienza e l’inconsistenza programmatica del PD, partito sempre più inadeguato a dare risposte concrete alla domanda di cambiamento che si leva da parte della cittadinanza e sia la deriva protestataria dei Cinquestelle.
Il PRC invita tutta la cittadinanza a partecipare all’iniziativa in cui si impegna la massima espressione organizzativa proprio perché ritiene molto importante queste elezioni il cui esito può rappresentare anche una possibilità di dimostrare che si può cambiare.

Il PRC invita ad un voto libero, un voto a Frosinone  in Comune e al candidato a sindaco Stefano Pizzutelli.


La legge elettorale deve rispettare la Costituzione

Comitato per la democrazia costituzionale



Dopo il referendum del 4 dicembre che ha confermato il modello di democrazia costituzionale consegnatoci dai Costituenti, dopo due dichiarazioni di incostituzionalità che hanno verificato l’illegittimità sia del porcellum che dell’italicum, è indispensabile che la prossima legge elettorale sia coerente con i principi e i valori della Costituzione.

Il sistema elettorale

-         deve restaurare la sovranità del cittadino elettore
-         deve restituire ai cittadini il potere di concorrere a determinare la politica nazionale mediante un Parlamento composto da rappresentanti liberamente scelti
-         deve ricondurre i partiti alla loro funzione costituzionale di canali di collegamento fra la società e le istituzioni, piuttosto che di strutture di potere autoreferenziali

In questi giorni alla Camera si stanno compiendo le scelte decisive sulla legge elettorale che incideranno per lungo tempo sulla qualità della democrazia italiana. Queste scelte devono avvenire attraverso un dibattito pubblico e trasparente e i partiti debbono rendere conto delle loro scelte. Non possiamo accettare trucchi o sotterfugi che manipolino la volontà popolare.
Dobbiamo vigilare per evitare che venga varata una nuova legge truffa.
 Gli elettori hanno il diritto di decidere da chi vogliono essere rappresentati e il loro voto deve essere libero ed uguale negli effetti. L’Italia ha bisogno che la rappresentanza del popolo italiano sia reale e non alterata da leggi bugiarde.

Questo è indispensabile per ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche, per evitare lo svuotamento della democrazia garantita dalla Costituzione, per evitare derive autoritarie e personalistiche.

PENSIONI: DUE PESI, DUE MISURE...

Umberto Franchi       


Tra le tante ingiustizie sulle pensioni c' e' ne una che è veramente odiosa , questa:
Un pensionato per avere il diritto a percepire la detrazione per il coniuge a carico ( circa 50 euro mensili) , il coniuge non deve superare le 2.880 euro annui , altrimenti se supera detta cifra perde il diritto con una perdita di 600 euro annui;
conosco il caso di una signora che percepiva una pensione di 220 euro mensili per un totale annuo di circa 2.700 euro e quindi il marito percepiva le detrazioni sulla sua pensione per in valore di 600 euro annui ed in più poteva recuperare le detrazioni per spese mediche della moglie sulla denuncia del 730.

Ma il genio di Renzi, con una atto di governo di 3 anni fa, gli ha dato la 14° mensilità per un valore di 420 euro annui, splafonando così i 2.880 euro e perdendo il diritto ad avere i 600 euro annui di detrazioni più le deduzioni per spese mediche. Così la famiglia di questa signora pensionata a 220 euro mensili con la 14° mensilità a saldo ci rimette oltre 200 euro annui.
Sono decine di migliaia i casi come quello di questa signora, ma al momento della legge sulla 14° mensilità e nemmeno ora, a nessuno nel nostro parlamento e' venuto in mente che si stava consumando l'ennesima ingiustizia verso i poveri pensionati aumentando (con un emendamento) la la cifra annua da 2.880 euro a 4.000 (ipotesi) così da continuare ad avere diritto alle detrazioni del coniuge .

Oggi invece veniamo a conoscenza che il parlamento (a maggioranza) ha votato un emendamento a firma della deputata PD Gasparini che prevede di aumentare la pensione di reversibilità per i congiunti dei parlamentari, addirittura del 20%.
La deputata piddina ha detto: "È ingiusto che i congiunti dei parlamentari finiscano per fare la sguattera o il giardiniere".
Ora a parte fare le pulizie o il giardiniere è un lavoro dignitoso come un altro... probabilmente essa non conosce le sofferenze di chi lavora perché probabilmente non ha mai lavorato... e nemmeno quelle dei pensionati poveri... quindi offende chi la mantiene in parlamento... oltre alll'offesa della deputata, dalla casta parlamentare che ha votato l'emendamento , arriva uno schiaffo ai cittadini italiani che vivono con pensioni da fame come quella della signora che ho sopra citato .

È una vergogna e una presa in giro, il solito tentativo della casta di crearsi una corsia preferenziale, di approvarsi un privilegio che è negato ai comuni mortali

Ma credo che il problema dipenda anche dal fatto che fino ad oggi è mancata una vera opposizione capace di proporre e combattere per la giustizia sociale in parlamento e nel Paese !

Ma fino a quando ?...