domenica 28 gennaio 2018

"Per creare occupazione è necessario smantellare un trentennio di pensiero unico basato sul predominio del profitto finanziario contro i redditi da lavoro"

Marina Navarra  Segreteria PRC-SE Frosinone, e RSU USB Sanofi *




E' quanto mai necessario  confrontarci ed avanzare proposte utili a   fermare l’emorragia di posti di lavoro che sta dissanguando il nostro territorio e il Paese in genere . La prima riflessione che mi sorge spontanea è quella di prendere ad esempio la legge  Fornero ,quella sul lavoro 92/2012,  ed il Jobs Act. Non stupitevi perché gli esempi possono essere positivi o negativi. Ebbene per avere una minima possibilità di risolvere la questione occupazionale è necessario fare tutto il contrario di quanto sancito  nella Fornero e nel Jobs  Act.  

Sarebbe però fuorviante  attribuire esclusivamente  a questi provvedimenti la precarizzazione del lavoro e, più in generale  della vita, in corso nella società odierna. Il recente rapporto Oxfam, che mette in evidenza il trionfo della diseguaglianza, mostra  come da  trent’anni a questa parte sia  in atto un furto criminale, da parte della comunità finanziaria,  ai danni della  ricchezza generata   dal  lavoro. Questo trentennio  ha una sua specifica traduzione legislativa   ad iniziare  primo governo  Craxi. E’ da attribuirsi, infatti, al protocollo Scotti del 1984 l’introduzione dei  contratti di solidarietà, dei  contratti a termine , di formazione lavoro. Provvedimenti utili, di fatto, ad una corposa riduzione del costo del lavoro. 

La legge 146 del 12 giugno 1990, poi ,  limiterà  fortemente il diritto di sciopero, ponendo un macigno su quello che era  un'efficace  strumento di rivendicazione per un’occupazione  e  una retribuzione dignitosa, nel rispetto  dell’art.36 della Costituzione. Una prima significativa accelerazione della precarizzazione occupazionale    si realizza  con “l’accordo per il lavoro” del  24 settembre 1996. Di fatto una combutta fra il primo governo Prodi, di centro sinistra e la triplice corporazione sindacale, che darà vita alla legge 196 del 24 giugno 1997, meglio nota come “Pacchetto Treu” dal nome del ministro allora in carica. Si introduce il lavoro in affitto, si estende ulteriormente l’uso dei contratti a termine e a tempo parziale. Lo scopo dichiarato di questa legge è   di favorire l’occupazione determinando la flessibilità in entrata . In realtà si avvia un processo di sostituzione del lavoro a tempo indeterminato con forme di occupazione precaria, guarda caso ciò che riprodurrà, vent’anni dopo l’innovativo Jobs Act.  

Nell’ottobre del 2001 irrompe il libro bianco sul mercato del lavoro concepito dall’allora  leghista  ministro del lavoro Maroni e dal giuslavorista  Marco Biagi. L’accordo darà vita alla legge 30 del 14 febbraio 2013, detta impropriamente “legge Biagi”. Qui si sancisce la definitiva privatizzazione delle agenzie di collocamento, la revisione    della normativa sulla cessione del ramo  d’azienda con  l’ammissibilità della somministrazione di mano d’opera  (annullando la legge  1369/1960 che la vietava) . Lo scopo della normativa è  quello di consentire alle imprese di medie dimensioni di costituire società più piccole con meno di 15 dipendenti  in modo da rendere inapplicabile, le tutele dell’art.18, in vigore  nelle   unità produttive con una pianta organica superiore ai 15 addetti. L’obbiettivo vero della legge Biagi  è quello di aggiungere alla flessibilità in entrata, la flessibilità in uscita attraverso la sterilizzazione dell’art.18. 

Arriviamo alla  legge 138 del 2011 nota anche come “decreto Sacconi”, un attacco devastante al contratto collettivo, nel senso che,  ove si ritenesse necessario, le aziende  possono realizzare  specifiche intese in deroga al CCLN, su materie relative alle modalità di assunzione, disciplina del rapporto di lavoro,   comprese le collaborazioni coordinate continuative e a progetto,   le partite IVA e le   modalità  del recesso dal rapporto di lavoro. 

E arriviamo alla legge Fornero, non quella criminale che ha dato incivile notorietà alla categoria degli esodati, ma la 92/2012, in base alla quale le aziende non hanno  più l’obbligo di indicare la causale per l’eventuale stipula di contratti  a tempo determinato per 12 mesi,  con l’introduzione di una parziale abolizione dell’articolo 18 non più applicabile ai licenziamenti determinati dalle difficoltà economiche dell’azienda.  Una  misura importante perché verrà ripresa dell’attuale ministro del Lavoro Poletti.  Con il decreto n.34  del 20 marzo 2014, la durata dei contratti a termine senza causale viene  prolungata da 12 a 36 mesi, introducendo però la possibilità di rinnovare il rapporto per otto volte, il che significa che ogni 5 mesi il lavoratore è sottoposto alla mannaia del rinnovo di contratto  con il  conseguente aumento del potere di ricattabilità da parte dei padroni. 

 Secondo i dati Istat il milioni di posti di lavoro, contrabbandati dal Pd, sono frutto non già del Jobs Act, ma in gran parte del decreto Poletti e dai particolari criteri di misurazione dell’Istituto di statistica   che considera come posto di lavoro acquisito  ogni contratto di collaborazione, della durata anche di poche ore. Conosco compagni che hanno firmato, in un anno,    decine di contratti di questo tipo, con retribuzione da fame, e che sono quindi,da soli,  unici  destinatari di decine di quei  posti di lavoro compresi nel milione di cui sopra. 

Il Jobs Act, (decreto 23  del 4 marzo 2015) non è che l’indegna conclusione di un processo di  depauperizzazione del reddito da lavoro, con la progressiva riduzione del lavoratore da soggetto concorrente al progresso economico e sociale della collettività  a merce deteriorabile . Il Jobs Act, si è distinto come l’ennesimo  regalo alle aziende che hanno usufruito , in base alla stipula del  contratto a tutele crescenti, di  sgravi fiscali pari a 8mila  euro per ogni addetto assunto in tre anni, salvo poi avere la libertà di licenziare, in virtù dell’abolizione delle tutele dell’articolo 18. Impresa, questa,  non riuscita perfino al governo Berlusconi, stoppato nel suo tentativo da una capacità di mobilitazione sindacale confederale  oggi evaporata e asservita agli interessi dei padroni. 

A fronte di queste nuova, ma vecchia, stagione di precarizzazione, l’Istat certifica che il circa milione in più di posti  di lavoro è esclusivamente composto da contratti a termine, di collaborazione anche della durata di un’ora e con retribuzioni tali da classificare i nuovi lavoratori come nuovi schiavi , mentre invece il saldo delle assunzioni a tempo indeterminato è negativo per circa 20milla unità. Per  fare questi ulteriore regalo ai padroni, dal 2015 ad oggi, sono stati spesi oltre 20 miliardi. Soldi che, se investiti in un programma di investimenti pubblici su aziende  ad alta specificità tecnologica e  orientate verso la pianificazioni di nuove produzioni e servizi, come la green economy e la valorizzazione turistico-paesaggistica, avrebbero realmente procurato nuova e buona occupazione.  

Venendo al nostro territorio posso suggerire, ad esempio,  di investire su impianti utili al riciclo e alla  trasformazione  a freddo dei  rifiuti. Nella Valle del Sacco insistono strutture altamente inquinanti, costose e dalle potenzialità pressoché nulle in termini di creazione di buona occupazione. E’ il caso dell’impianto di incenerimento dei pneumatici della Marangoni. L’azienda ha minacciato di licenziare gli operai , qualora la Regione non avesse rilasciato l’autorizzazione d’impatto ambientale. Utilizzando finanziamenti pubblici, per trasformare quel  malsano bruciatore di gomma in un impianto di trasformazione a freddo dei pneumatici esausti in granulato per asfalti stradali, si sarebbe potuta realizzare  un’attività dalla grande attrattiva economica e creare  posti di lavoro duraturi. 

Nell’ambito della redazione di un piano di rifiuti regionale, attualmente assente,  basato sulla raccolta, riciclo e riuso di materiali  , è possibile pianificare l'installazione nel territorio di impianti finalizzati alla trasformazione della plastica in materiali   utili alla produzione di mobili da giardino o elementi plastici per l’edilizia. Attività non inquinanti  dalle potenzialità economiche enormi e dalla forte attrattiva occupazionale.  

Per attuare questa rivoluzione è però necessario invertire quel percorso che, secondo i dati forniti da Oxfam,  depreda il reddito da lavoro per destinarlo alla speculazione finanziaria. E’ necessario che la ricchezza torni ad essere assicurata dalla produzione di beni e servizi e non dai dividendi azionari. Bisogna smantellare un trentennio di pensiero unico basato sull’ineluttabilità delle leggi del mercato e della valorizzazione del  profitto privato. E’ un’operazione lunga ma che può partire solo da un comune sentire sinceramente anticapitalista. Un comune sentire che spero tutti voi compagne e compagni possiate condividere con me.

 *intervento effettuato  nel corso degli Stati Generali del Lavoro tenutosi a Frosinone sabato 27 gennaio





 a seguire:

Che dicono i lavoratori al tempo del jobsact

Frosinone 27/1/2018. Profondo e costruttivo intervento di Loredana Di Folco nel corso degli stati generali del lavoro. La storica avvocata del sindacalismo di base, da un fatto sociale, l'applicazione del jobsact, affrontato dal punto di vista del diritto, è approdata ad una profonda riflessione sulle dinamiche del rapporto tra capitale e lavoro. Sentiamo questo finale.
video girato dall'associazione Culturale "Oltre l'Occidente"




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