Ma questa volta non si tratta della legge elettorale italiana, bensì di quella europea, per quanto concerne lo “spazio” italiano. Qualcuno ha iniziato a pensare già a una ennesima riforma. E’ evidente infatti che le elezioni europee del maggio 2019 saranno uno scoglio temibile per il nuovo governo italiano che dovrà nascere, qualunque sia la sua composizione. Bisogna ricordare che alle elezioni europee si voterà col sistema proporzionale vero, con le preferenze vere e con collegi elettorali ampi e non coincidenti con quelli, più o meno provinciali, utilizzati nelle recenti elezioni politiche per la quota maggioritaria ( e tanto meno coi collegi “garantiti” come quelli della Roma-bene e radical-chic), con uno sbarramento al 4%che impedirà di riciclarsi assumendo identità fasulle entro pseudo partitini dell’ 1-2% che si sciolgono subito all’indomani della vittoria elettorale. Per forza di cose lì emergerà quindi una rappresentanza molto più vicina all’ Italia reale, specie se l’affluenza al voto non dovesse esser tanto bassa. Un problema politico non piccolo sorgerebbe allora se la rappresentanza europea fosse molto diversa da quella prodottasi col Rosatellum.
Quindi? Un motivo in più per affrontare seriamente la questione europea? Al di là delle buone intenzioni sembra di no. Cosa c’è di meglio che cambiare anche la buona ( cioè, correttamente rappresentativa) legge elettorale europea a pochi mesi dal voto, per omologarla in qualche modo al Rosatellum ( almeno sulla definizione dei collegi), in barba alle Raccomandazioni del Consiglio d’ Europa ( mai cambiare la legge elettorale entro un anno dal voto) ed in barba alla decenza ? Sembra un destino. Come se chi aspira al potere in Italia avesse sempre bisogno di leggi elettorali difettose, confuse, ad personam ( e auspicabilmente anche incostituzionali).
Ho rinvenuto questo progetto di nuova legge elettorale europea- con tanto di proposta di raccolta di firme- nel testo di un volantino, per altri versi interessante, del Movimento Europeo-Italia ( un movimento i cui rappresentanti e dirigenti credo che in molti casi coincidano con gli iscritti al PD) intitolato L’ EUROPA PIU VICINA A TE- Campagna di sensibilizzazione e raccolta firme, un volantino distribuito ad un Convegno del Movimento Europeo a Viareggio il 6 aprile 2018.
Come ci si propone qui di “avvicinare l’ Europa” ai cittadini italiani? Un comune mortale penserebbe sia possibile farlo non andando a raccontare ai cittadini i “vantaggi” dell’ Europa politica- cioè le “cento cose” che l’ Europa ha fatto bene, per usare la metafora in voga-. Così non si convincerebbe nessuno, escluso le élites dei palazzi-bene che già votano in massa PD o forze europeiste. Credo che bisognerebbe piuttosto spiegare ai cittadini in che senso e in che direzione modificare i trattati e rifondare l’ UE, per far sì che il sistema della moneta unica non metta in pericolo i diritti, la coesione sociale e politica, la collaborazione tra i popoli, che si promuova il progresso economico e il ruolo dell’ Europa nel mondo a partire dal rapporto con coloro che in Europa- non in Italia- chiedono asilo e rifugio. C’è bisogno urgente di Europa e c’è contemporaneamente una crisi epocale della istituzione- Europa.
E invece no. Non è così che si propone di “avvicinare” l’ Europa agli Italiani.
L’ Europa- qui si sostiene- si può avvicinare ai cittadini italiani soprattutto riducendo il gap democratico tra cittadini ed eletti al Parlamento europeo. E come ridurre questo gap, se non attraverso una nuova legge elettorale? Si sostiene infatti nel volantino in questione che “ l’attuale legge elettorale europea si caratterizza in maxi collegi su un sistema e su una base territoriale troppo vasta che impedisce di fatto il rapporto cittadino eletto e favorisce candidature non centrate sulla competenza effettiva ma sulla celebrità mediatica delle persone diminuendo la qualità degli eletti al parlamento….La proposta di legge Barbera Bodrato del 1993 è certamente un utile riferimento normativo per riformare la legge elettorale per il Parlamento europeo mantenendo le circoscrizioni elettorali analoghe a quelle attuali, ma organizzando dei collegi plurinominali di riferimento territoriale regionale o provinciale , dove i parlamentari europei sono eletti sulla base di una lista ristretta e meglio riconoscibile di 6 deputati. Inoltre la legge Barbera Bodrato prevede che i parlamentari candidati europei possano essere disposti su più liste nel territorio nazionale ( sic!) evitando le candidature lumiére in tutti i collegi dei leader di partito!”
Evidentemente il sistema delle liste non bloccate, con preferenze affidate al libero voto dell’elettore, può creare imbarazzo. E allora si dice no al collegio ampio, dove si esprime un voto prevalentemente di opinione. E’ certamente vero che esiste il problema delle “celebrità mediatiche”, nei collegi grandi o piccoli, ma nel collegio ampio vi è anche una selezione più dura, dato che cambia il rapporto elettori-eletti, è necessario raccogliere più voti, succede la stessa cosa che si verifica in un concorso quando i concorrenti sono più numerosi ( ed i partiti sarebbero costretti anche obtorto collo a scommettere sulla qualità delle “celebrità” da selezionare), sì invece ai collegi ritagliati sulle regioni e sulle province , cioè sulle circoscrizioni amministrative, dove esiste già un personale insediato nelle istituzioni, che non è forse “personalità mediatica” ma personalità “localmente” conosciuta e magari anche giustamente apprezzata. Ma qui si tratta di elezioni politiche, non amministrative. Non c’è dubbio che in questo caso la qualità della proposta politica passerebbe in secondo piano, oppure sarebbe acriticamente sottoscritta. E ci si limiterebbe a confezionare proposte del genere : Per un’Europa diversa, per una maggior flessibilità, per una minore austerità, per un ministro europeo dell’economia e delle finanze ( cioè per un ministro delle finanze che finga di essere ministro dell’economia), per una maggior solidarietà. E così via. Quanto questo criterio di scelta possa avere a che fare con un indirizzo politico da dare all’ Europa è incomprensibile. Oppure, ancor peggio, il collegio, ritagliato su base provinciale o regionale, potrebbe servire a facilitare la campagna elettorale dei candidati già deputati europei. Si scrive infatti, un po’ ingenuamente, nel volantino: “Un deputato toscano dovrà ad esempio presenziare anche nelle Marche, nell’ Umbria e nel Lazio il che vale a dire che, considerando gli impegni per le attività parlamentari a Bruxelles e Strasburgo, rende praticamente il deputato un fantasma in molte zone dove è stato votato!”. Vale a dire se non è conosciuto di persona il deputato non può esser votato o, almeno, meglio votare il candidato conosciuto di persona!
L’obiettivo effettivo della “nuova” legge elettorale sembra quello di “neutralizzare” ulteriormente la politicità della rappresentanza e rendere nei fatti più lontani- non più vicini- tra loro i cittadini e l’ Europa, finendo così per approfondire il processo di entropia che corrode la democrazia in Europa. L’ Europa istituzionale sarà allora più vicina soltanto nella realtà virtuale e mediatica, che le oligarchie al potere sono bravissime a produrre. Si potrà infatti dire: Io ho conosciuto di persona il futuro deputato europeo, quindi in un certo senso il potere europeo si è avvicinato a me. L’asserzione è indiscutibile. Ovviamente solo in un senso simbolico e virtuale. Si avvicinano i cittadini all’ Europa virtuale. Non bisognerà lamentarsi se continueranno a diffidare dell’ Europa reale.
Ci sarà qualcuno nel Parlamento attuale che sarà disposto a bloccare questo ennesimo ricorso compulsivo alla modifica estemporanea e frettolosa delle regole elettorali rendendole ad personam, o ad partitum? Se si fosse presentata alle elezioni del 4 marzo una lista apertamente schierata per la democrazia costituzionale non c’è dubbio: questo “qualcuno” ci sarebbe stato. Visto che non è andata così, non ci resta che sperare che questo “qualcuno” venga fuori. E’ certamente molto probabile che questo “qualcuno” esista. L’unico problema è però capire dove sia e chi sia.
Gli italiani dopo le elezioni del 4 marzo 2018 ( e dopo il voto del 4 dicembre 2016) certamente si aspettano un governo “diverso”. Ma la “diversità” non sta nelle persone che compongono la maggioranza- i suonatori possono cambiare, ma la musica può anche rimanere la stessa-, ma , prima di tutto, nell’ attitudine verso la democrazia e la Costituzione. I cittadini comuni specialmente negli ultimi decenni non si sono sentiti rappresentati, perché non erano rappresentati: la legge elettorale incostituzionale dal 2006 in poi ha impedito una rappresentanza autentica e libera. Nessun governo potrà fare rapidamente quanto promesso in campagna elettorale ( anche quando le promesse siano realizzabili), potrà rapidamente realizzare il reddito di cittadinanza, tagliare i vitalizi ai parlamentari, abolire la legge Fornero, introdurre una flat tax ( incostituzionale). Per tutto questo ci vorrà molto tempo. Ma gli italiani non si aspettano tutto e subito. Non sono bambini, né sono rincitrulliti. Si aspettano però realisticamente che si dia un segnale di cambiamento e di vera democrazia. I 5 stelle fino a poco fa si proponevano di realizzare addirittura una forma di democrazia diretta. Ma sembra un secolo fa. Per riavvicinare i cittadini alle istituzioni basterebbe fare due cose, che non costano niente in termini economici: fare una legge che consenta la discussione delle LIP cioè consenta ai semplici cittadini di presentare al Parlamento una legge che in tempi certi e rapidissimi ( con una corsia preferenziale) possa essere discussa, e possa portare, dopo settanta anni, all’attuazione del comma secondo dell’art. 71 della Costituzione, e impegnarsi solennemente a non fare alcuna modifica della legge elettorale, nemmeno di quella europea, a meno di un anno dal voto. Come ci chiede giustamente il Consiglio d’ Europa. Queste potrebbero essere ottime discriminanti per vedere chi può allearsi con chi e per fare chiarezza sulle intenzioni del nuovo Parlamento. Se non si discute di cose simili, di cos’altro discuteranno tra loro i partiti, quando avranno finito di discutere su come discutere e con chi discutere e dovranno cercare invece di costruire una alleanza di governo? Per evitare, se possibile, l’ennesimo governo “tecnico”. In qualche forma i cittadini dovrebbero ricordarlo ai partiti che li rappresentano.
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