lunedì 22 ottobre 2018

Esproprio musicale africano

Luciano Granieri  (liberamente tratto da un racconto di Bob Hecht)





Una notte nella metà degli anni ’60 squillò il telefono.  Era  il mio amico Kinney.

Vieni   da me stasera c’è qualcuno che voglio farti conoscere. Porta  dei dischi di jazz”.

Con Kinney  eravamo amici fin dall’epoca del college, avevamo conseguito la laurea insieme a Seton Hall, su nel Jersey un po’ di anni addietro. All’epoca dei fatti  entrambi vivevamo  e lavoravamo  a New York:  io  abitavo nella parte superiore dell’east side con la mia compagna, lui, da solo, giù nel  Greenwich Village.

Prima  di dirigermi verso la metropolitana presi con me pochi dischi selezionati  da ascoltare insieme a lui, qualcosa di Bud Powell, di Bird e Chet Baker.
Avevo introdotto con grande entusiasmo Kinney all’ascolto e alla conoscenza  dei grandi del jazz.  E lui piano piano,  aveva messo in piedi     una discreta collezione di dischi .

Ci aprì  la porta e invitò me e la mia compagna ad accomodarci. Una volta entrati nell’appartamento ammirammo una bellissima ragazza nera seduta sul divano.
Ce la presentò  orgoglioso dicendo” E’ Yvonne”. Il tono della sua voce era tipico di qualcuno che si stesse vantando della sua ennesima conquista sessuale.

Non era solo l’avvenenza di Yvonne  che mi colpiva , le storie fra un bianco e una nera non erano rare nella metà degli anni ’60, soprattutto nel Village , ma erano sufficienti a creare scompiglio nella tranquilla società americana. Ovviamente ciò indicava che ormai era in atto un deciso cambiamento culturale e sociale nel Paese tale  da coinvolgere  anche  i costumi sessuali.

Il  rapporto fra Kinley ed Yvonne andò oltre la semplice infatuazione derivata dall’attrazione sessuale. Divennero  una coppia stabile. All’inizio di questa storia Yvonne era una ragazza timida  e semplice, fu nel seguire degli anni che intervenne un’ inaspettato cambiamento. 

Da una convenzionale ragazza nera della middle class borghese si trasformò in una feroce  hippie.  Cominciò a sostituire i suoi vestiti sobri e lineari  con camicioni usati, vintage  e colorati, recuperati negli store del Village. Indossava pantaloni a zampa d’elefante e sfoggiava ogni sorta di ciondolo e orecchini etnici. I capelli, prima tenuti  lisci, si trasformarono in una riccia acconciatura  Afro, prima corta e poi sempre più lunga e fluente.

Prese  a frequentare le riunioni dei black panther e gradualmente acquisì  una vera e propria coscienza politica. Da una innocente ed ingenua ragazza borghese, divenne una convnita attivista  del black power e cominciò a comportarsi di conseguenza. 

Non sopportava la tranquille e ipocrita   la  middle class americana. Aborriva il tono mite e "ziotomista" dei neri che accettavano le regole di vita dei  bianchi, sperando di spuntare un qualche diritto civile. Per lei le radici africane del suo popolo conferivano  ai neri una incontestabile  superiorità culturale rispetto a quella inconsistente dei bianchi americani .Questa trasformazione la portò a rinnegare tutti gli amici che aveva conosciuto vivendo con Kinley, a isolarsi da loro per darsi completamente alla lotta politica.

Nel frattempo l’amore per il jazz di Kinley cresceva sempre di più, tanto da farlo apprezzare come una vera autorità in materia fra chi come noi condivideva la sua passione. Oltre ai dischi di Chet Baker , il suo musicista preferito, arricchì la sua collezione con incisioni di  Charlie Parker, Bud Powell, Thelonious Monk, Lester Young, John Coltrane, Miles Davis ed altri grandi del jazz.

Yvonne non sembrava particolarmente attratta dal jazz, per altro la coppia si stava disgregando  ogni giorno di più.  Kinney aveva uno spiccato  orientamento intellettuale  e nutriva un forte desiderio di crescita spirituale.  Mentre io lo iniziavo al jazz lui mi introduceva a Alan  Watts e alle tecniche Zen di Huang Po. Certamente Yvonne non era sulla stessa lunghezza d’onda.

La rottura ad un certo punto apparve inevitabile, le differenze fra di loro erano diventate incolmabili, ed un giorno lei lo lasciò. Mentre Kinley era al lavoro lei mise i sui vestiti in una valigia e se ne andò, non prima di aver razziato la collezione di dischi jazz dell’ormai ex compagno.  Lo fece in un modo bizzarro, tenendo fede alla  sua nuova ritrovata identità afrocentrica.

Si è portata via tutti i dischi dei musicisti neri, è stata attenta a prendere ogni loro  incisione” si lamento con me Kinley. “Ora mi ritrovo con una collezione di soli jazzisti  bianchi”, aggiunse. Pensai  che in fondo in fondo, per lui non era un così grave danno, visto che il suo musicista preferito era Chet Baker, ma non ebbi il coraggio di dirglielo.


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