Una notte nella metà degli anni ’60 squillò il
telefono. Era il mio amico Kinney.
“Vieni da me stasera
c’è qualcuno che voglio farti conoscere. Porta
dei dischi di jazz”.
Con Kinney eravamo
amici fin dall’epoca del college, avevamo conseguito la laurea insieme a Seton
Hall, su nel Jersey un po’ di anni addietro. All’epoca dei fatti entrambi vivevamo e lavoravamo a New York: io abitavo nella parte superiore dell’east side
con la mia compagna, lui, da solo, giù nel
Greenwich Village.
Prima di dirigermi
verso la metropolitana presi con me pochi dischi selezionati da ascoltare insieme a lui, qualcosa di Bud
Powell, di Bird e Chet Baker.
Avevo introdotto con grande entusiasmo Kinney all’ascolto e
alla conoscenza dei grandi del
jazz. E lui piano piano, aveva messo in piedi una
discreta collezione di dischi .
Ci aprì la porta e
invitò me e la mia compagna ad accomodarci. Una volta entrati nell’appartamento
ammirammo una bellissima ragazza nera seduta sul divano.
Ce la presentò orgoglioso dicendo” E’ Yvonne”. Il tono della
sua voce era tipico di qualcuno che si stesse vantando della sua ennesima
conquista sessuale.
Non era solo l’avvenenza di Yvonne che mi colpiva , le storie fra un bianco e
una nera non erano rare nella metà degli anni ’60, soprattutto nel Village , ma
erano sufficienti a creare scompiglio nella tranquilla società americana.
Ovviamente ciò indicava che ormai era in atto un deciso cambiamento culturale e
sociale nel Paese tale da coinvolgere anche i
costumi sessuali.
Il rapporto fra
Kinley ed Yvonne andò oltre la semplice infatuazione derivata dall’attrazione
sessuale. Divennero una coppia stabile.
All’inizio di questa storia Yvonne era una ragazza timida e semplice, fu nel seguire degli anni che
intervenne un’ inaspettato cambiamento.
Da una convenzionale ragazza nera della
middle class borghese si trasformò in una feroce hippie. Cominciò a sostituire i suoi vestiti sobri e
lineari con camicioni usati, vintage e colorati, recuperati negli store del Village.
Indossava pantaloni a zampa d’elefante e sfoggiava ogni sorta di ciondolo e orecchini
etnici. I capelli, prima tenuti lisci, si
trasformarono in una riccia acconciatura
Afro, prima corta e poi sempre più lunga e fluente.
Prese a frequentare le riunioni dei black panther e gradualmente acquisì una vera e propria coscienza politica. Da una
innocente ed ingenua ragazza borghese, divenne una convnita attivista del black power e cominciò a comportarsi di
conseguenza.
Non sopportava la tranquille e ipocrita la middle class americana. Aborriva il tono mite
e "ziotomista" dei neri che accettavano le regole di vita dei bianchi, sperando di spuntare un qualche
diritto civile. Per lei le radici africane del suo popolo conferivano ai neri una incontestabile superiorità culturale rispetto a quella inconsistente dei bianchi americani
.Questa trasformazione la portò a rinnegare tutti gli amici che aveva
conosciuto vivendo con Kinley, a isolarsi da loro per darsi completamente alla
lotta politica.
Nel frattempo l’amore per il jazz di Kinley cresceva sempre
di più, tanto da farlo apprezzare come una vera autorità in materia fra chi come noi
condivideva la sua passione. Oltre ai dischi di Chet Baker , il suo musicista
preferito, arricchì la sua collezione con incisioni di Charlie
Parker, Bud Powell, Thelonious Monk, Lester Young, John Coltrane, Miles Davis ed
altri grandi del jazz.
Yvonne non
sembrava particolarmente attratta dal jazz, per altro la coppia si stava disgregando
ogni giorno di più. Kinney aveva uno spiccato
orientamento intellettuale e nutriva un forte desiderio di crescita
spirituale. Mentre io lo iniziavo al
jazz lui mi introduceva a Alan Watts e
alle tecniche Zen di Huang Po. Certamente Yvonne non era sulla stessa lunghezza
d’onda.
La rottura ad un certo punto apparve inevitabile, le
differenze fra di loro erano diventate incolmabili, ed un giorno lei lo lasciò.
Mentre Kinley era al lavoro lei mise i sui vestiti in una valigia e se ne andò,
non prima di aver razziato la collezione di dischi jazz dell’ormai ex compagno. Lo fece in un modo bizzarro, tenendo fede
alla sua nuova ritrovata identità
afrocentrica.
“Si è portata via tutti i dischi dei musicisti neri, è stata
attenta a prendere ogni loro incisione”
si lamento con me Kinley. “Ora mi ritrovo con una collezione di soli jazzisti bianchi”, aggiunse. Pensai che in fondo in fondo, per lui non era un
così grave danno, visto che il suo musicista preferito era Chet Baker, ma non
ebbi il coraggio di dirglielo.
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