giovedì 1 marzo 2018

Per chi votare il 4 marzo? I consigli del redattore di Aut.

Luciano Granieri





Il 4 marzo è alle porte e come tutti (mica ci si deve sempre distinguere!)  anche il sottoscritto si produce nel suo appello a coloro che si recheranno alle urne sabato prossimo. Tanto per cominciare, pur considerando l’astensionismo una scelta politica legittima, a patto di mettere  a verbale il rifiuto  delle schede, a mio giudizio disertare la cabina non è produttivo. Lo sarebbe se esistesse un quorum di partecipazione,al di sotto del quale   le elezioni  non fossero    valide , ma ciò non è.  Il voto sarà legittimo anche se si recassero al seggio  solo tre persone.   Dunque restare a casa il 4 marzo farebbe solo il gioco di chi mira al disincanto dei cittadini per  fare ciò che vuole. Andate quindi   alla urne.

Per chi votare ?  Considerati i programmi da libro dei sogni presentati dagli schieramenti, faccio prima a dire chi non votare.

Non votate  candidati di quei partiti che nel 2012 hanno inserito il pareggio di bilancio in Costituzione. Come Coordinamento Democrazia Costituzionale ci stiamo impegnando a raccogliere le firme per una legge d’iniziativa popolare che rimedi a questo ossimoro costituzionale.

Dal momento che stiamo promuovendo la raccolta firme per  altre due leggi d’iniziativa popolare, tese a modificare la normativa così detta “Buona Scuola” e la legge elettorale  incostituzionale “Rosatellum”  , in base alla quale eleggeremo un Parlamento illegittimo, non votate  formazioni i cui candidati hanno approvato  le suddette leggi . Di conseguenza le vostre preferenze   non andranno  neanche a chi ha votato le due leggi elettorali precedenti cassate dalla Corte Costituzionale : “Il Porcellum e l’Italicum”

La battaglia referendaria in difesa della Costituzione, cui abbiamo partecipato vittoriosamente con forza ed impegno,  spinge a non votare  i candidati che hanno licenziato  la riforma costituzionale voluta da J.P. Morgan , opportunamente e sonoramente rifiutata dai cittadini.

Non votate  formazioni i cui candidati, in qualità di presidenti della  Camera e del Senato, nella legislatura uscente, hanno operato scandalose  forzature istituzionali per far approvare la già citata riforma costituzionale, rigettata dal popolo, e leggi elettorali incostituzionali. Ricordo che l’attuale “Rosatellum” è passato con ben 8 fiducie fra Camera e Senato.

Non votate  gruppi  i cui candidati hanno approvato  il jobs act, legge sul lavoro filo padronale responsabile dell’attuale dilagare del precariato e della povertà. Né votate  formazioni i cui candidati hanno approvato norme cassate dalla Consulta,come buona parte della legge  Madia sulla riforma dei servizi pubblici. 

Non votate partiti che  non si sono impegnati per la ripublicizzazione dei servizi essenziali alla vita come l’acqua, pur avendone avuto  l’opportunità (vedi la sindaca Raggi a Roma detentrice della maggioranza azionaria in Acea) Né votate  partiti che, a livello regionale, hanno svenduto la sanità pubblica ai privati, e in attuazione dei vari decreti sblocca Italia, hanno  contribuito ad un’ ulteriore  deterioramento ambientale del nostro territorio.

Non votate partiti che sul finire di questa legislatura, per becero calcolo elettorale, si sono rifiutati di portare in aula lo Ius  Soli.

Che il vostro voto  non vada a chi per  risolvere la questione dell’ immigrazione,  ha fatto accordi con i peggiori delinquenti d’istanza in Libia ed in Turchia, in modo da evitare di far partire gli immigrati verso le nostre coste costringendoli ai lager libici e turchi. Guardatevi  bene dal votare qui partiti nelle cui fila militano i sindaci sceriffi, che in ottemperanza della legge Minniti, cacciano dalle loro comunità poveri ed immigrati. 

Non votate i fascisti di qualsiasi millennio, né i razzisti, né coloro i quali  fomentano la guerra fra poveri.

Non votate chi ,in nome dell’Unità Europea ,  accetta le politiche di austerity  imposte dall’oligarchia economica di  Bruxelles , funzionali alla completa espropriazione di beni e servizi da parte del capitale finanziario ai danni della collettività pubblica.

Non votate chi, per salvare le banche stanzia  in un quarto d’ora 20miliardi di euro e per elargire un’elemosina di 300 euro medi ad una parte delle  famiglie più povere fa un’enorme fatica a tirare fuori un miliardo  e settecento mila euro.

Non votate alcuna formazione che non ponga alla base del proprio programma una seria e fattiva lotta al capitalismo.

Detto    questo fatevi due conti e capirete per chi votare  e per chi voterò io  il prossimo 4 marzo.

Buon Voto a tutti.

mercoledì 28 febbraio 2018

Appello CDC voto 4 marzo

Coordinamento Democrazia Costituzionale




Con il voto del 4 marzo finisce una legislatura da archiviare come una delle peggiori della storia della Repubblica. Ci si sorprende della transumanza di parlamentari da una parte all'altra, ma se i parlamentari venissero scelti dai cittadini e non nominati dai capi partito questo fenomeno non ci sarebbe. 
Dall'entrata in vigore del Porcellum si sono susseguite tre legislature, una peggio dell'altra. Purtroppo anche quella che sta per iniziare avrà parlamentari eletti con una pessima legge elettorale, approvata a scatola chiusa con ben 8 voti di fiducia, che ha imposto di nuovo l'elezione dei parlamentari sulla base della fedeltà ai capi impedendo ai cittadini di sceglierli.
Eppure il tentativo di manomettere la Costituzione, con metodi e contenuti stravolgenti della Costituzione del 1947, si è infranto sul voto dei cittadini che il 4 dicembre 2016 al 60 % hanno detto No. Il governo pensava di ottenere un plebiscito e invece ha perso clamorosamente.  
Ritorna, tuttavia, in molti programmi elettorali la volontà di non tenere in considerazione la volontà popolare espressa con il voto del 4 dicembre. Per questo, pur comprendendo la sfiducia ed il disagio di fronte alla crisi di una politica e di una classe dirigente, non è tempo di stare alla finestra: il colpo di mano realizzato nel 2012 con la riforma dell’art. 81 potrebbe ripetersi se non ci sarà in Parlamento il massimo numero possibile di parlamentari fedeli alla Costituzione. L'astensione può solo agevolare i responsabili del tentativo di manomettere la Costituzione e dell'approvazione di questa legge elettorale
Il Coordinamento invita gli elettori e le elettrici a non votare i partiti e i parlamentari che hanno tentato di manomettere la Costituzione e approvato questa legge elettorale.
Chi ha voluto questa legge elettorale si è reso responsabile di una grave ferita democratica, mentre oggi è prioritario superare l'abisso di sfiducia tra rappresentanti e rappresentati, che rischia di diventare una vera e propria delegittimazione dell'istituto parlamentare, centrale nella nostra Costituzione. 
Questi apprendisti stregoni rischiano di far fare un salto all'indietro alla democrazia del nostro paese come delineata nella Costituzione, aprendo la strada a nuove tentazioni revisioniste come, ad esempio, una delle diverse forme di presidenzialismo, di cui la destra parla apertamente.
Dobbiamo utilizzare tutti gli spazi democratici per modificare in profondità questo sistema elettorale: ricorrendo alla Corte costituzionale, promuovendo la proposta di legge elettorale di iniziativa popolare su cui è iniziata la raccolta delle firme e che verrà presentata entro l'estate al Senato, usando lo spazio del nuovo regolamento che obbliga a esaminare entro tre mesi le leggi di iniziativa popolare, infine - se non resteranno alternative - ricorrendo al referendum per abrogare la sostanza di questa legge.
Il Coordinamento per la democrazia costituzionale, erede del Comitato per il No, chiede il sostegno dei cittadini alla campagna forte e serrata già iniziata per raccogliere le firme necessarie a sostegno di tre proposte di iniziativa popolare: nuova legge elettorale proporzionale con parlamentari scelti dai cittadini, modifica dell'art 81 della Costituzione per eliminare l'obbligo del pareggio di bilancio e per la salvaguardia dei diritti fondamentali, una vasta riforma della scuola cambiando radicalmente la legge 107. 
Inoltre il coordinamento è impegnato ad affermare i valori della Costituzione, puntando a ribaltare scelte sbagliate come l'ulteriore tentativo di svuotare l'articolo 11 (l'Italia ripudia la guerra) e ribadendo una netta discriminante antifascista che è fondamento della nostra Costituzione e della nostra democrazia nata dalla Resistenza.

Marina Boscaino “ Una Legge d’Iniziativa Popolare contro la deriva della scuola pubblica”



Intervista a cura del coordinamento scuole 27 maggio 


Si definisce semplicemente “una militante della scuola pubblica”. Marina Boscaino da oltre 20 anni coniuga l’attività di docente di Italiano e Latino in un liceo classico di Roma “senza distacchi”- precisa- con un impegno politico a favore della scuola. Un compito accompagnato da un’intensa attività pubblicistica sui temi legati al sistema di istruzione, iniziato nei primi anni Duemila, collaborando con l’Unità diretta prima da Furio Colombo e poi da Antonio Padellaro e successivamente scrivendo per altre testate (Manifesto, MicroMega e Fatto Quotidiano). Oggi è attiva sui blog de “Il Fatto Quotidiano e di “MicroMega”. Già presidente della associazione  nazionale “Per la scuola della Repubblica”, Boscaino da diversi anni gira l’Italia per far conoscere la LIP, una legge d’iniziativa popolare che si propone di scrivere dal basso un testo di legge condiviso sulla scuola, in contrasto con le riforme calate dall’alto da oltre un ventennio, che hanno provocato, come scrive Boscaino sul suo Blogil progressivo smantellamento della scuola della Costituzione”. E se il ruolo dell’istruzione risulta depotenziato, le conseguenze sono preoccupanti per tutti perché “a  una scuola debole corrisponde una società più debole.




L’intervista

Marina Boscaino, ci può spiegare cos’è la LIP, che ha  anche definito un progetto per la scuola della Costituzione?
“La LIP è un modo per non dire solamente dei no, ma anche dei sì.  LIP sta per Legge d’Iniziativa Popolare. E’ un tentativo assembleare, democratico e partecipato per fare una proposta operativa di una parte del mondo della scuola, per proporre un’alternativa alla deriva neoliberista che ha colpito la scuola negli ultimi 25 anni,  non solo da adesso con la riforma di Renzi”
Come e quando è nata la LIP?
“La LIP non nasce adesso, ma all’epoca della riforma Moratti. Allora si scrisse un testo, si crearono addirittura 100 comitati territoriali sparsi in tutta Italia, si raccolsero 100mila firme, ma la LIP non fu mai calendarizzata per la discussione in Parlamento. E quando questo accade alle leggi di iniziativa popolare, dopo due legislature decadono.”
Quindi  la LIP decadde...  
“Si, ma quando arrivò Renzi nel 2014 ed il ministro Giannini parlò di due gambe del sistema dell’istruzione pubblica: statale e paritaria, capimmo che dovevamo ritirare fuori la LIP perché, tra l’altro, il testo dà una buona enfasi al tema della laicità della scuola. La scuola italiana, volendo restare nell’ambito della Costituzione, è costitutivamente laica!”
Come vi siete mossi per riproporre la LIP?
“Non c’era tempo per  raccogliere di nuovo le firme, quindi abbiamo chiesto ad alcuni parlamentari di adottarla come disegno di legge. Così il testo fu abbinato in discussione parlamentare con la legge 107 (la cosiddetta Buona Scuola n.d r). La 107 è però passata con voto di fiducia nel 2015, bloccando la discussione parlamentare e così la LIP è nuovamente decaduta.”
A quel punto cosa avete fatto?
“Abbiamo pensato di riattualizzare il dispositivo perché dal 2006, anno in cui era stata redatto il testo, al 2015 è successo di tutto: basti solo citare la riforma Gelmini e la 107. Abbiamo riattivato il percorso assembleare di partecipazione, sono rinati dei comitati LIP, adesso ne abbiamo 45, e abbiamo rivisitato il testo: ci siamo occupati della catastrofe della legge 107/2015  ma anche degli altri interventi altrettanto catastrofici intervenuti nel frattempo.”
 Come?
“Abbiamo rimesso mano ad alcuni elementi della legge che, secondo noi, andavano ritoccati. I punti che riguardano la laicità, la democrazia scolastica ed i suoi organi collegiali, l’autonomia e il dimensionamento scolastico.”
 A che punto è oggi la LIP?
“L’8 settembre abbiamo depositato il testo in Cassazione e da giovedì 9 febbraio iniziamo a raccogliere le firme. Dobbiamo raccogliere 50mila firme in 6 mesi, un impegno  quindi meno oneroso, ad esempio, della raccolta di firme per i referendum contro la legge 107, obiettivo mancato di poco, una delusione che ancora mi fa male.”
Sì,ma, firme a parte, che garanzie ci sono che il testo venga davvero discusso in Parlamento? 
“Il regolamento del Senato, rivisto in extremis dall’ultima legislatura, prevede che le leggi d’iniziativa popolare debbano tassativamente passare in Commissione che le deve licenziare, in un modo o in un altro, entro i tre mesi dal deposito. Quindi se riusciamo a raccogliere le firme, la Lip verrà discussa. Poi è chiaro che il vero punto  interrogativo è da quale Parlamento...”
 Cosa rappresenta per la scuola di oggi questo testo?
“E’ uno dei tanti modi per riaprire il dibattito sulla scuola. Il testo non è il migliore del mondo, la Lip non è la cosa più risolutiva, né è l’ipotesi più di sinistra o altro.  Ma noi ci crediamo perché il testo rimane nell’alveo del dettato costituzionale che per noi, che ci siamo tanto impegnati nella battaglia per il no al referendum costituzionale, è un elemento identitario importante.”
 La battaglia per il referendum ha costituito quindi un punto di svolta...
“Sì, è stata importante sia la spinta  della campagna referendaria per il no che la partecipazione di tanti docenti ai comitati per la democrazia costituzionale. Non a caso, la raccolta di firme per la LIP della scuola è abbinata ad altre due raccolte di firme: una per una legge di iniziativa popolare sull'articolo 81 della Costituzione ed un’altra sulla legge elettorale, in un'ottica di comune e coerente intervento su tre temi che hanno particolarmente sofferto di imposizioni di matrice neoliberista e di compressione di spazi di democrazia.”


martedì 27 febbraio 2018

Iniziano i corsi dell'Università Popolare di Veroli.

Luciano Granieri



A partire dal prossimo mese di marzo, avrà  inizio il progetto “Corsi per  te”, primo ciclo di seminari organizzato dall’Università Popolare di Veroli. Nata da un’idea di Mario Catania, già membro dell’Osservatorio Peppino Impastato, con la collaborazione di altre associazioni e del Comune di Veroli , l’Università Popolare di Veroli, intende aprire  la collettività  a conoscenze specifiche, che professionisti, insegnanti, donne e uomini di cultura , intendono condividere, per l’appunto, con  il popolo. Così come accadeva alla fine del 1800, quando  istituzioni popolari simili  s'incaricavano di istruire un numero sempre crescente di cittadini in disagio economico,  allo scopo di   trasmettere quelle  conoscenze e saperi  necessari a  realizzare completamente una dignità sociale uguale per tutti. 

Spesso nei nostri interventi di carattere politico  abbiamo sottolineato come nell’attuale società a capitalismo maturo, la sciagura maggiore è quella di non saper più condividere. L’individualismo sfrenato - inoculato dalle ragioni del mercato  nelle dinamiche sociali,  per rendere gli individui sempre più soli, indifesi e concorrenti l’un l’altro nella promozione di quell’orrendo totem liberista  definito come capitale umano  - ha prodotto effetti devastanti. 

Il concetto di messa in comune, di mutualismo è un retaggio del passato.  Constatare come il continuo ed inarrestabile allargarsi  delle diseguaglianze  porti alla barbarie non basta, se non si pongono in essere azioni concrete per incidere su tali squilibri. Non solo redistribuzione del reddito, ma anche messa in comune di risorse.  Questo potrebbe essere un primo significativo  passo contro la barbarie ed  è  ciò che intende perseguire l’Università Popolare di Veroli.  

Conoscenze e saperi sono le risorse che i docenti,  coinvolti nel progetto ,  intendono condividere con la popolazione.  Dalla storia alla psicologia, dalla Costituzione Italiana, alla storia dell’arte, all’archeologia, passando per l’informatica, le lingue straniere, le arti, letteratura, musica, teatro, danza,   tradizioni locali, l’Università Popolare di Veroli si propone di  mettere a disposizione di tutti, senza distinzione di censo,  e  di grado d’istruzione, un patrimonio di conoscenze utile al pieno sviluppo della persona umana come da art. 3 della Costituzione. 

L’interazione che si vuole creare intende travalicare il rapporto fra docente  e discente.  Non è solo la messa in comune di conoscenza, ma anche la condivisioni di passioni, di pensieri, di opinioni.  L’obbiettivo è quello di costruire un luogo comune di socializzazione, una nuova agorà, così come è descritto nell’opuscolo di presentazione del progetto.  

Immagino la nascita di una nuova Congo Square,  la piazza di New Orelans dove, fra la metà e la  fine dell’’800  del secolo scorso, gli schiavi neri africani si riunivano con i loro strumenti a percussione ed incontravano  gli immigrati europei , i loro strumenti a fiato, la tradizione bandistica militare, tipica dei Francesi giunti in epoca napoleonica, e  lo straordinario patrimonio del melodramma italano. Tutti insieme in quella piazza posero le basi per la  nascita di una forma musicale assolutamente originale e rivoluzionaria, il jazz.  

Per questo ho risposto con entusiasmo all’invito di Mario Catania di partecipare al progetto e lo ringrazio per avermi concesso questa opportunità . Anzi sono orgoglioso di comunicare e condividere la mia passione per il jazz e la storia americana del ‘900, con tutti coloro che vorranno partecipare ai miei incontri.  Ma soprattutto mi preme invitare la collettività tutta  a frequentare  i  seminari. Non mi resta, quindi,  che augurare un grosso in bocca al lupo a tutti, docenti e partecipanti.  Vi aspetto numerosi all’Università Popolare di Veroli.

Per accedere al programma dei corsi clicca QUI

Sapere è libertà e bellezza.

Università Popolare di Veroli


L’Università Popolare di Veroli è una Associazione di diffusione culturale e di formazione permanente che ha scopi culturali e scientifici, sportivi e socio assistenziali. Essa vuole essere una agorà che contrasti l’indifferenza verso il sapere e la conoscenza  che dia nuovo vigore ai valori che sostengono  la dignità umana, il bene comune, la collettività e la comunità. In Italia le prime Università Popolari furono organizzate alla fin del 1800. Il disagio economico rendeva difficile a gran parte della popolazione acquisire quelle conoscenze elementari che avrebbero consentito   di  vivere e di lavorare meglio. Le Università Popolari, iniziarono ad impegnarsi non soltanto istruendo un numero sempre crescente di cittadini di ogni età e condizione sociale, ma anche coinvolgendo professionisti  ed illustri uomini di cultura che desideravano offrire parte del loro tempo e delle loro competenze in questa impresa che appariva loro come una sfida affascinante e per l’epoca portatrice di cambiamenti. Nelle Università Popolari, non veniva fatta alcuna distinzione di condizione sociale , e non venivano considerati i livelli di istruzione pregressa , in modo da garantire a chiunque intendesse seguire le lezioni una piena partecipazione. Con questo spirito, e con lo spirito di Don Milani, diamo inizio a questa impresa.

Notizie Informative Generali:

UPVer – Università Popolare di Veroli

Sede legale: Piazza Palestrina 8  Veroli (FR)

Telefono: 0775 230827 / 327 1832476 / 347 6679525

Segreteria : dal lunedì al venerdì ore 17,00 / 18,30


Il calendario dei corsi:





lunedì 26 febbraio 2018

Attacco frontale alla Costituzione Ma stavolta nessuno risponde

Umberto Baldocchi





 Bisogna ormai ammettere che iniziativa potenzialmente opportuna, ma purtroppo insufficiente, è stata quella di chiedere la sottoscrizione di un documento di fedeltà alla Costituzione ai candidati alle elezioni dei partiti più vicini all’area dei Comitati che hanno difeso la Costituzione.  Al di là delle dichiarazioni pronte di fedeltà poi il confronto elettorale è andato avanti per una strada che sempre meno ha avuto a che fare con l’attuazione ed anche con la difesa dei valori costituzionali per quasi tutte le forze politiche in campo. Ma anche chi non ha prodotto  proposte poco realizzabili e  demagogiche ( come invece ha fatto la Destra ), o poco chiare e confuse ( come hano fatto i 5 stelle), cioè gli “altri”  ( la parte più vicina ai Comitati) hanno presentato proposte minimaliste e simboliche, che non incidono sulla realtà, oppure proposte piuttosto generiche ed onnicomprensive di difesa dei valori costituzionali. Nessuna forza politica ha “tenuto il punto”, ha cioè costretto a toccare i punti essenziali della vera agenda politica ( quella che si aprirà il 5 marzo). Che non sta tanto nel sapere chi governerà, ma nel sapere cosa farà chi governa.   Ciò che si è evitato accuratamente è stato proprio il principale elemento attorno a cui confrontarsi, il problema dei problemi, quello del reperimento delle risorse, ovvero il problema dei vincoli interni ed internazionali esistenti. Quello che chiama in causa le regole europee- la “democrazia” europea-  e la Commissione che, non a caso, ha cominciato a lanciare avvertimenti non molto rassicuranti.  

  Nessuna forza politica lo ha fatto? Se escludiamo chi propone l’ “uscita dall’ Europa” che è slogan non proposta, una forza politica ha affrontato il problema. Lo ha fatto la Lista Bonino-Tabacci, + Europa, una lista  che ha un programma chiaro, dettagliato, ben costruito.

Per caso ho trovato il programma su Internet. Ne ho letto alcune parti e sono rimasto allibito. Quasi da non credere a ciò che si legge.  Le richieste del documento della  JP Morgan del 2013 in confronto sono richieste timide e moderate. Fake news? Programma finto?  Mi augurerei di sì, ma purtroppo credo sia vero il contrario.   Eccone un piccolo stralcio tratto da:  Programma di + Europa, pag. 8, Capitolo + Sostenibilità, Debito e spesa pubblica:

“Il debito pubblico italiano, stabilizzatosi negli ultimi anni intorno al 132% del prodotto interno lordo, è diventato una zavorra insostenibile per l’economia del paese. La spesa per interessi, pari a 66 miliardi nel 2016 (circa l’8% del totale delle spese), è un macigno nel bilancio dello Stato che determina uno spiazzamento delle risorse nell’economia. Inoltre, l’elevato stock di debito rappresenta una minaccia per la stabilità dell’intera area dell’euro e uno dei principali ostacoli al processo di integrazione delle politiche di bilancio a livello europeo.
Per affrontare il problema proponiamo il congelamento della spesa pubblica in termini nominali per la durata della prossima legislatura insieme a una rimodulazione delle tasse con taglio delle aliquote sui redditi di persone e imprese e riduzione della spesa fiscale: in tal modo si realizzerebbe una redistribuzione di risorse dal pubblico al privato e dalle rendite all’economia produttiva.  Congelare la spesa nominale significa fissarne un limite invalicabile per cinque anni, il che comporta una riduzione della spesa stessa misurata sul PIL se inflazione e crescita economica sono positive. Occorre quindi tagliare uscite correnti e agevolazioni fiscali per compensare l’aumento inerziale dei costi delle pensioni, intervenendo sulla spesa corrente sulla base delle linee guida degli ex commissari alla spending review. Tra i sussidi da tagliare, molti dei quali sotto forma di spese fiscali, includiamo quelli dannosi all’ambiente e quelli non giustificabili da fallimenti del mercato né da politiche organiche per la competitività. La lotta all’evasione deve proseguire, con il vincolo di destinarne i proventi alla riduzione delle imposte e non all’alimentazione di nuova spesa corrente”


Se questo è davvero il programma di + Europa, alcune cose mi sembrano chiare.

  La COSTITUZIONE ITALIANA è di nuovo sotto attacco, nei suoi principi essenziali. Ma questa volta nel silenzio di tutti, e non in nome del mercato, della governabilità, della stabilità, dell’ordine, del capitalismo, delle grandi banche, ma in nome dell’ Europa, o di ciò che si vuole far passare per Europa, e per  UE, nel mondo del nuovo “pensiero unico europeista”.  La Costituzione è attaccata stavolta in nome di valori che appartengono alla sinistra, a chi è antifascista, a chi è federalista e democratico,  più che alla destra, in nome di valori che richiamano altre epoche storiche, altri leader politici, e successi economici e sociali veri, non successi percepibili solo attraverso raffinati indicatori statistici confezionati allo scopo.    

  Perché si può affermare che è attaccata la Costituzione ed in particolare tutta la parte III, I Rapporti Economici, oltre al primo, al secondo ed al terzo articolo dei principi fondamentali ?  Perché qui, a differenza di quanto fa la Destra, non ci si limita a  promettere una generica flat tax il cui livello va regolato sulla sua compatibilità con gli altri vincoli costituzionali. La lista Bonino non ha la prudenza di Brunetta.  Al principio della flat tax essa  aggiunge serenamente ed esplicitamente   un principio inusitato, che va oltre quello di pareggio di bilancio, cioè l’incredibile limite della spesa pubblica,  che si vuol  bloccare addirittura sui valori nominali- e quindi si vuol far diminuire in proporzione inversa all’indice di inflazione-  e per un periodo quinquennale. Si introduce cioè un imnedito principio inderogabile che distrugge la vera inderogabilità costituzionale quella dell’articolo 2, quella dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale che sono richiesti alla Repubblica. Si rovescia cioè la priorità costituzionale, modificando la variabile indipendente.  

Ma la detassazione produce altri effetti a cascata che qui, onestamente, non si nascondono.    Il   taglio delle aliquote IRPEF e della tassazione alle imprese – da cui dovrebbe rinascere miracolosamente l’occupazione secondo le fallimentari ricette monetariste, come se la crisi nascesse dal lato dell’offerta e non da quello della domanda -  renderà inevitabile- si ammette-  la “redistribuzione delle risorse dal pubblico al privato”, cioè la svendita massiccia  dei settori non ancora privatizzati- scuola, sanità, imprese appetibili, beni demaniali , beni patrimoniali pubblici disponibili e indisponibili ecc.-  la cui gestione corrente potrebbe diventare insostenibile, perché stretta tra  l’incudine e il martello,  tra blocco della spesa e taglio delle tasse.  Si potrà finalmente attaccare , come chiede il Fiscal Compact, che non è ancora diritto europeo- e ciò forse inquieta Juncker-  lo stock del debito pubblico, secondo il dogma indiscutibileun dogma pare accettato da tutti- per cui il gap tra il livello attuale del rapporto debito/PIL  e il 60% va ridotto di un ventesimo l’anno. E l’ Italia si potrà comportare come l’artigiano impoverito ed oberato di debiti che, per pagare il debito arretrato, vende tutti i suoi strumenti di lavoro.

  Il taglio delle aliquote IRPEF dovrebbe certo  magicamente spostare risorse “dalle rendite all’economia produttiva”, anche se qui non si spiega cosa potrebbe davvero garantirlo, nel caso che le “rendite” offrano quella remunerazione  che l’economia produttiva non può fornire di fronte alle diminuite capacità di spesa, cioè di fronte all’impoverimento complessivo del paese. Diminuire la spesa di uno stato non è infatti come diminuire le spese della nota “casalinga di Voghera”; nel caso della casalinga di Voghera  si consegue un risparmio e si accantona denaro, se c’è un reddito in famiglia, nel caso dello Stato meno spesa vale meno reddito, cioè meno soldi per tutti, meno risparmio.  

Tutto questo causerà un aumento dei costi pensionistici, ovviamente a pensioni inalterate e senza modifiche alla legge Fornero, anche qui gli estensori del programma sono piuttosto realisti. Per loro però non c’è problema, il rimedio è a portata di mano :  basta tagliare “uscite correnti e agevolazioni fiscali” e il gioco è fatto. Se mancano i soldi per le pensioni cioè si possono usare le detrazioni per spese sanitarie della popolazione “ricca”,cioè quella dotata di abitazione propria che non sia una capanna. Ed il sistema funziona. Si aiutano gli ultimi prelevando risorse dai “penultimi”, magari giustificando il tutto con la manipolazione di una citazione evangelica, per la verità in questo caso un po’ difficile da trovare. Quali articoli della Costituzione si salvano allora da questo assalto all’arma bianca? Difficile dirlo.

Altre risorse- come avviare nuovi investimenti ?- si potranno reperire “tagliando i sussidi”. Ma, attenzione, non tutti i sussidi. Qualche sussidio va salvaguardato. Vanno salvaguardati quelli che sono “giustificati” dai “fallimenti di mercato” e dalle “politiche per la competitività”, cioè quelli che servono a salvare banche fallite o a elargire sconti fiscali a imprenditori che non avrebbero altro modo per rimanere nel mercato, perché non in grado di “competere”.   
Niente insomma deve tornare nelle tasche dei cittadini o produrre servizi per i cittadini! Se non fosse ancora ben chiaro, si precisa che “i proventi della lotta all’evasione” devono andare alla detassazione e non alla spesa corrente.

    Su tutto questo non mi sembra che i candidati vicini ai Comitati del NO dicano una sola parola. Per la verità anche il PD tace prudentemente, mirando evidentemente ad un fascia di elettorato diversa.  E’ vero, non molti avranno letto questo “illuminante” programma, ma in una cosa la lista Bonino ha ragioni da vendere, nella centralità della questione europea. Questo probabilmente pagherà elettoralmente. Ed anche penalizzerà chi non lo ha fatto. Io non appartengo a coloro che ritengono gonzi gli Italiani al momento del voto. Credo che gli Italiani si sforzino di valutare, ovviamente sulla base degli strumenti che hanno.

   Anche se si tratta di elezioni nazionali, l’ Europa era un argomento importante di cui discutere in campagna elettorale, se non altro per i vincoli che da essa derivano alle politiche interne e per l’intreccio ormai inscindibile tra sistemi politici nazionali e sistema UE. Ed anche perché il primo atto del nuovo governo sarà proprio il confronto con l’ Europa.

   L’ UE è oggi in fortissime difficoltà, l’ UE ha meno popolarità dell’ euro, anche nei paesi come la Grecia. Le politiche europee  di austerità sono fallite ed i loro stessi promotori ora chiedono cambiamenti “sociali”, Juncker stesso propone riforme , anche se si tratta di riforme che servono a consolidare i rapporti di forza vigenti ( come saranno le riforme dei Trattati con le “clausole passerella”) oppure a rafforzare il potere delle strutture finanziarie ( come sarebbe il ministro europeo dell’ economia e della finanza, in una UE in cui, come noto,  sono competenza comune le finanze, ma non l’ economia) .

   L’  UE è oggi , un ordine giuridico-politico senza vere politiche pubbliche, un sistema che genera un’entropia delle democrazie nazionali  e si fonda sulla disconnessione tra responsabilità politica e rappresentanza democratica ( Bruxelles può imporre  quello che i governi rappresentativi non possono imporre ).  Di qui i nazionalismi più o meno xenofobi o razzisti che prosperano in Europa, di qui la fuga della “Brexit” e la ribellione della Catalogna, di qui i nuovi muri che sono favoriti  dalla globalizzazione selvaggia, senza che l’ordine europeo trovi o cerchi di trovare  gli strumenti per far valere lo Stato di diritto, per far valere i diritti ( un sistema di asilo comune come vorrebbero i trattati sembra irrealizzabile), per rafforzare o salvare la democrazia. In Italia poi la particolare debolezza di una politica senza potere genera  il desiderio di un potere senza politica, che, purtroppo, proprio da noi, ha un modello esemplare nel fascismo e nella figura di Mussolini che per questo acquista incredibile e assurda “popolarità”.  Un fascio-razzismo che non si può combattere solo con le manifestazioni che pure sono necessarie.

Il cuore del dibattito politico in Europa non è tra chi vuole l’ UE  e chi non la vuole ( che pure è il lepenismo), non è tra europeisti e populisti ( questo è un “teatrino politico”), il vero e serio dibattito  è  tra chi vuole cambiare l’ Europa, mutualizzando ad esempio il debito pubblico e facendola finita con la demonizzazione di uno strumento essenziale per costruire lo Stato moderno ( appunto il debito pubblico)  e chi vuole mantenere lo status quo, per non mettere a rischio le rendite finanziarie. Le proposte di Macron non sono le proposte della Merkel. L’ Italia, che evita di scegliere e di pronunciarsi e non solo di formulare una propria posizione autonoma,  se prevalesse la scelta di più Europa ( e non quella di un’altra Europa) rischia di divenire l’ultimo vagone ( e quello più sgangherato ) del treno tedesco proprio nel momento in cui questo arranca ed è in difficoltà.  Aiutare chi è in difficoltà può dare potere contrattuale maggiore? Forse sì, potrebbe essere questa una tentazione, ma questa strategia miope ha purtroppo precedenti tragici. La storia , è noto, non si ripete. O meglio, se si ripete, si ripete la seconda volta come farsa. Ripetere oggi  l’austerità ultraliberista montiana-forneriana  in versione Bonino-Tabacci sarebbe oggi una farsa disastrosa.   Queste cose andrebbero dette agli elettori, cioè ai veri sovrani. Se si vuole ancora difendere la Costituzione.

Umberto Baldocchi

domenica 25 febbraio 2018

Valle del Sacco. Una Valle Incostituzionale.

Luciano Granieri, Comitato 4 dicembre per la Costituzione per la Provincia di Frosinone.


Mercoledì 21 febbraio, “Potere al Popolo” ha presentato i suoi candidati alla Camera, al Senato e alla Regione, presso Colleferro, in piena Valle del Sacco. Insieme a Gualtiero Alunni e Marina Navarra, candidati al Senato,  e Paolo Ceccano candidato alla Camera è stato invitato anche il sottoscritto in qualità di membro del Comitato 4 dicembre per la Costituzione della Provincia di Frosinone, sezione locale del Coordinamento Democrazia Costituzionale. 

Avrei dovuto parlare del rapporto fra degrado ambientale e Costituzione, proprio perché l’area di Colleferro,e di tutta la Valle del Sacco,  è una fra le più inquinate  d’Italia, tanto da essere stata classificata come sito d’interesse nazionale (SIN) per l’elevato livello d’inquinamento. Tale classificazione presuppone uno stanziamento di fondi dedicato alla bonifica e alla tutela del territorio, programma inattuabile per il semplice fatto che, prima di bonificare, bisognerebbe fermare l’inquinamento, evento tanto desiderato quanto disatteso. 

Nel corso della presentazione dei candidati di “Potere al Popolo” il dibattito previsto non si è potuto svolgere perché non è stata concessa l’autorizzazione all’utilizzo di sistemi d’amplificazione, per cui ho trascritto alcune  dichiarazioni . Su quanto hanno dichiarato Marina Navarra  e Gualtiero Alunni abbiamo riferito in altro POST. Di seguito vorrei riportare alcune riflessioni che avrei sottoposto ai cittadini qualora fosse stato possibile utilizzare il megafono.



La Valle Incostituzionale.

L’area di Colleferro e di tutta la Valle del Sacco è di fatto incostituzionale. Citare il secondo comma dell’art.9 viene naturale. E’ evidente che in questo pezzo d’Italia il paesaggio non è per nulla tutelato. Ma la grave condizione ambientale, determinata da politiche dissennate in atto da decenni, tese a sottomettere la tutela della salute dell’aria, della terra, dell’acqua,  e quindi dei cittadini, alla logica del profitto , si pone contro diversi articoli della  Costituzione a cominciare dall’art.2. 

Qui si afferma che “La Repubblica  -cioè quel variegato soggetto composto dallo Stato ma anche da noi cittadini-   riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità……”  Quali  sono  i diritti inviolabili? Come brillantemente illustrato, in un recente convegno organizzato dall’Anpi  della Provincia di Frosinone, dal costituzionalista Professor Gaetano Azzariti, la classificazione di tali diritti ha costituto il fulcro del costituzionalismo moderno. 

Già nella Magna Charta Libertatum del 1215 , accettata da Re Giovanni d’Inghilterra, troviamo il concetto di Habeas Corpus, con il quale si tutela  l’inviolabilità della persona.  Nel 1776 dopo la  rivoluzione americana,  la  dichiarazione d’indipendenza dei diritti di Filadelfia sancisce che  l’uomo nasce con dei diritti innati che sono  di per se evidenti (eguaglianza nella vita, nella libertà, nella  ricerca della felicità).Qui si va oltre il concetto di inviolabilità, anzi la si qualifica meglio. Alcuni diritti sono inviolabili perché sono innati, cioè ci spettano per il solo fatto che siamo venuti al mondo. 

Per altro la dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini, redatta in Francia  nel 1789 rivendica la necessità di una Costituzione per sancire   una divisione dei poteri,  in modo che essi non ostacolino l’assicurazione dei diritti fondamentali. All’epoca  di quel documento i  poteri erano rappresentati dai Sovrani, dai Re.Oggi dopo le rivoluzioni liberali i poteri sono molto diversi. C’è un potere diffuso, in particolare,   che domina  sui  poteri formali  quelli pubblici, è il potere privato e del mercato .  

Quando  prevale un potere che limita l’assicurazione dei diritti, a partire da quelli innati, una Costituzione cessa di esistere.  Ciò sta accadendo nel nostro Paese, in particolare nelle zone di degrado ambientale come la Valle del Sacco. Una colonizzazione industriale privata, per altro finanziata con denari pubblici,  basata sullo sfruttamento del suolo, devastatrice di ecosistemi idrici, causa di un inquinamento sempre più pesante,  è la potente dimostrazione di come il potere del mercato prevalga sui diritti, soprattutto su quelli innati che l’art.2 della Costituzione definisce inviolabili.  

La  dittatura  del mercato  si fa beffe anche del secondo comma del medesimo articolo in cui si sancisce che la Repubblica” richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Come si fa ad assicurare l’inviolabilità della persona umana,  in un territorio in cui innumerevoli studi epidemiologici (ERAS, S.E.N.T.I.E.R.I) dimostrano che nella Valle del Sacco le cause di morte per tutte le malattie sono più che doppie rispetto alla media italiana?  Come si fa ad assicurare l’eguaglianza nella ricerca della felicità, quando la gente non ha i soldi per curarsi dalle malattie che inevitabilmente contrae in un sito così inquinato? 

Ecco allora che anche la vicenda della Valle del  Sacco, e di Colleferro, si risolve in primo luogo battendosi riaffermare il rispetto  della Costituzione. Questa lotta ha subito un’accelerazione significativa  e positiva  con la vittoria referendaria che ha impedito la costituzionalizzazione del potere del mercato.  Ma non è che il primo passo. Bisogna, ad esempio,   correggere la modifica dell’art.81 della  in cui si introduce la supremazia delle ragioni del bilancio su quelle sociali.  

E’ indubbio che "Potere al Popolo", si genera in gran parte  dalla lotta referendaria contro la deforma  pretesa, invano,  dalla J.P. Morgan.  Molti dei   candidati della nostra Provincia    fanno parte del Comitato 4 dicembre per la Costituzione di Frosinone (Carla Corsetti, Marina Navarra, Paolo Ceccano) e  si sono battuti con noi nelle piazze in difesa della Costituzione. 

Ma,  soprattutto,  i candidati di "Potere al Popolo" hanno ben presente che per  riqualificare la nostra Costituzione è necessario combattere quel potere che nega i diritti innati, inviolabili, il potere del mercato. Delle forze che sono nate dalla battaglia contro la riforma Renzi Boschi,  Potere al Popolo è l’unica, che pone alla base della liberazione dei diritti sanciti dalla Carta una lotta dura e senza quartiere alla dittatura del Capitalismo.  Per questa condivisione d'intenti  ho partecipato volentieri al loro evento di Colleferro.