sabato 31 marzo 2018

Diversi morti , centinaia di feriti negli scontri fra Palstinesi e le truppe di difesa israeliane, durante la protesta del grande ritorno

R.T. news. traduzione Luciano Granieri


 Secondo quanto riportato dai media almeno 12 (15 ad oggi ndt) persone sono rimaste uccise e più di altre 500 (1.000 ndt)  sono rimaste ferite  durante gli scontri  fra dimostranti Palestinesi   le truppe israeliane lungo il confine fra Israele e la striscia di Gaza.

Il ministro  della Salute Palestinese ha dichiarato che gli incidenti sono avvenuti mentre  centinaia di stavano manifestando  venerdì pomeriggio . Le truppe di difesa israeliane hanno sparato contro i dimostranti, proiettili ricoperti di gomma e lacrimogeni, mentre le proteste erano ancora in atto.

In migliaia si sono radunati lungo il confine per  le  sei settimane del  Grande Ritorno . La dimostrazione di massa era in atto da venerdì  quando i Palestinesi avevano organizzato la grande marcia del ritorno per  commemorare la giornata della terra,   ricordare i sei civili disarmati uccisi nel 1976 dall’esercito israeliano.































Hamas ha dichiarato che  almeno 100mila Palestinesi hanno partecipato all’imponente manifestazione di venerdì . La protesta ha coinciso con la lunga settimana di festa  per la Pasqua Ebraica periodo in cui solitamente aumentano le tensioni in una  regione già instabile.  

La manifestazione delle sei settimane è stata indetta per reclamare  il diritto dei profughi palestinesi a ritornare in ciò che oggi è Israele. La manifestazione fa parte di una protesta più ampia che culminerà in Maggio, quando Israele  festeggerà il 70° anniversario dell’indipendenza,  evento considerato invece dai Palestinesi come  (Nakba) il giorno della catastrofe.

Alcune tendopoli sono state allestite  da attivisti Palestinesi appoggiati da fazioni di Hamas e Fatah in cinque aeree lungo il confine. In esse sono attive presidi medici,  punti d’informazione, servizi igienici, erogazione di acqua potabile  ed erogazione di elettricità.


La marcia dei Palestinesi lungo il confine con Israele
Abbiamo schierato più di 100 tiratori scelti che sono stati richiamati da tutte le unità militari, in primo luogo dalle forze speciali”. Ha dichiarato il comandante generale delle forze di difesa israeliano Gadi Eisenkot a Ynet news. “ Se le vite sono in pericolo è permesso aprire il fuoco”.


Un funzionario di Hamas ha avvertito che ci saranno reazioni a provocazioni di Israele. “Non vogliamo assistere a bagni di sangue, solo per una pacifica protesta” ha dichiarato a Isral  Hayom. “Se ci sono  provocazioni daparte di Israele e se gli Israeilani  deliberatamente  fanno  del male ai manifestanti o alla nostra gente, organizzeremo una decisa risposta”



giovedì 29 marzo 2018

Morti sul lavoro ed immigrazione due pesi e due misure.

Luciano Granieri




Esiste una schema di collegamento  fra notizia e propaganda che da anni si ripete, sempre uguale, e che si è intensificato durante la recente campagna elettorale. Il paradigma è il seguente: ogni evento criminoso, o anche semplicemente di piccola delinquenza, commesso da un immigrato apre le edizioni di tutti i telegiornali, con ampi servizi e analisi sulla presunta invasione di irregolari.  Alla fine dei  Tg, i successivi talk show politici presentano come ospiti, i vari Salvini, Meloni, pronti a farneticare su espulsioni epurazioni e respingimenti. Negli stessi talk show il controcanto alla canea razzista e fascista è affidato a gente tipo Minniti o Di Maio, i quali dicono le stesse cose dei loro interlocutori, ma le ammantano di perifrasi un po’ meno crude. Il concetto è lo stesso: fuori gli immigrati dall’Italia perché delinquono di default. 

In occasione di fatti particolarmente efferati, come l’uccisione di  Pamela Mastropietro,  per la quale sono stati accusati due Nigeriani, il tam tam mediatico è stato assordante.  Tralasciando tutta la storia del decerebrato Luca Traini - che credeva di giustiziare la razza bianca facendo tiro al bersaglio su gente di colore , il cui gesto ha suscitato reazioni antifasciste e antirazziste bollate per lo più come  vecchia ferraglia ideologica  e represse dalla polizia -   abbiamo assistito, proprio negli ultimi giorni di campagna elettorale, alle ospitate della Meloni accompagnata in studio dalla mamma di Pamela Mastropietro, la ragazza barbaramente uccisa a Macerata.   Come se la vittoria alle elezioni del fascio-leghismo potesse far ritornare in vita Pamela. 

Non sappiamo cosa abbia mosso una madre presumibilmente distrutta dal dolore per la perdita così violenta della figlia ad essere co-protagonista di un episodio di squallida campagna elettorale, ma è un fatto che lo schema di collegamento  fra notizia e propaganda ha funzionato benissimo, visti  i successi elettorali di forze come la Lega e il M5S abili a cavalcare, l’una per tradizione, l’altra per convenienza il “dalli al nero”.  

Eppure esistono fenomeni  drammatici la cui portata di lutti e tragedie è molto più grave degli immigrati che delinquono.  Le stragi consumate nei luoghi di lavoro,ad esempio, con 617 vittime accertate nel 2017 e le 148, anzi 149 decedute dal gennaio 2018, non meriterebbero uguale  attenzione?  Perché non si usa lo stesso paradigma? Cioè apertura dei Tg su tragiche notizie  di fatti come quello accaduto ieri al porto di Livorno  -dove hanno perso la vita due operai, Nunzio Viola di  52 anni e Lorenzo Mazzoni di soli 25,   o  oggi dove a morire è stato un elettricista 56enne folgorato da una scossa mentre lavorava  alla manutenzione della linea ferroviaria -   approfondimenti sulle cause di queste stragi e,  a seguire, nei talk show proteste,  analisi e proposte per  mitigare questa piaga.  

Non si tratta di fare campagna elettorale, ma di ricordare a tutti i cittadini che la piaga delle morti sul lavoro esiste, è  più che mai purulenta e meriterebbe da parte dei politici, un impegno infinitamente superiore a quello profuso  per dare addosso agli immigrati. C’è  però un problema enorme. Se a discutere di immigrazione ci vanno Salvini, Meloni, Minniti e Di Maio, a condannare le morti sul lavoro chi ci mandiamo?  Renzi, Poletti, Bersani,   che hanno  distrutto ciò che rimaneva di un programma di diritti già devastato da predecessori di centro sinistra?  Oppure ci mandiamo i dirigenti sindacali della triplice, che hanno firmato  contratti capestro completamente sbilanciati a favore dei padroni come mai s’era visto nella storia sindacale?  

Questo è il punto, ed è anche la ragione per cui il mondo del lavoro ha definitivamente voltato le spalle ad una sinistra ormai composta da soli  imbroglioni. Ma la piaga delle morti sul lavoro resta e bisogna affrontarla. Forse mettendosi in mente che è ora di finirla con le grandi regalie   a chi un’occupazione  te la  elargisce e te la toglie  a proprio piacimento, come fosse un premio o un elemosina   e cominciare a pretendere che, il lavoro torni ad essere l’elemento su cui è basata la nostra Repubblica, così come sancisce l’articolo uno della Costituzione.  Se i rappresentanti del popolo non ci sentono è ora che il popolo capisca e si mobiliti.

mercoledì 28 marzo 2018

Contro il pareggio di bilancio in Costituzione

Alfonso Gianni


Domenica scorsa a Frosinone è stato allestito un primo banchetto raccolta firme, la campagna proseguirà nelle prossime settimane.


Dal voto sono ormai passate due settimane e si stanno moltiplicando gli interventi dell’Unione europea, e in subordine della Confindustria nostrana, per influire sulle politiche economiche e di bilancio che il futuro governo dovrà assumere. La novità, peraltro relativa (si ricorderà la famosa lettera della Bce del 2011 che ha direttamente condizionato e ispirato le politiche dei governi successivi), è rappresentata dal monito lanciato dal commissario della Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, nel corso dell’audizione al Parlamento europeo, direttamente all’Italia rea di avere un livello elevato di debito pubblico. Naturalmente Moscovici afferma che “la Commissione Ue non vuole entrare nel processo democratico italiano o chiedere riforme che siano impopolari” secondo un classico esempio di excusatio non petita accusatio manifesta.  
Come è noto sono in corso da tempo trattative tra il governo italiano e le autorità di Bruxelles per garantire al nostro paese una certa tolleranza o flessibilità che dir si voglia sui nostri conti pubblici. Finora senza successo, visto che Bruxelles pretenderebbe dal nostro paese un’ulteriore correzione per il raggiungimento dell’obbiettivo di medio termine nel quadro dei principi del pareggio di bilancio, che dovrebbe aggirarsi attorno allo 0,5%-0,6% del Pil, il che equivarrebbe ad una cifra in termini reali tra gli 8,5 e i 12 miliardi di euro. Non proprio bruscolini. A questo si aggiunge l’entrata a gamba tesa di Moscovici, cui si adegua immediatamente la Confindustria, per bocca del presidente Vincenzo Boccia che pretende un governo “responsabile”. Sullo sfondo stanno le dichiarazioni di Christine Lagarde, direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale che, a sua volta, si attende dall’Italia “una prova di realismo”.  Il giornale della Confindustria, Il Sole 24 Ore dedica una intera pagina all’argomento nella sua edizione del 28 marzo, sottolineando come le parole di Moscovici vadano intese come una pressione più o meno diretta nei confronti persino di Sergio Mattarella.
Secondo l’articolista del Sole, Lina Palmerini, il Capo dello Stato potrebbe farsi forza di quanto sta scritto nell’attuale articolo 81 della nostra Costituzione. Il testo è stato modificato nel 2012, ai tempi del governo Monti e per iniziativa del Partito democratico, quando è stato inserito il principio del pareggio di bilancio, pudicamente chiamato “equilibrio”. Una norma assurda, in quanto di colpo si escludeva un’intera teoria economica e una prassi, da Keynes in poi, che prevedeva la possibilità di finanziare interventi pubblici produttivi anche in deficit, in quanto capaci di incrementare il Pil e quindi ridurre il suo rapporto con il debito. Del resto anche economisti di scuola non propriamente keynesiana hanno dimostrato che l’incremento della spesa pubblica, se bene allocata, senza sprechi e soprattutto in settori innovativi, è più efficace nel contenimento del debito pubblico che non la diminuzione della stessa. Il moltiplicatore keynesiano è molto più performativo che non le politiche di austerità. Basta guardare l’esperienza europea e italiana in particolare durante l’attuale crisi per rendersene conto.
L’attuale testo dell’articolo 81 prevede un certo limitato grado di flessibilità ma solo “al verificarsi di eventi eccezionali”. Su questo corre il debole filo della trattativa con Bruxelles. Ma l’intervento di Moscovici e più indirettamente della Lagarde tendono a spezzare quel filo, costringendo il nostro paese nuovamente nel letto di Procuste dell’austerità.
Per tutte queste ragioni è necessario cancellare la modifica costituzionale introdotta nel 2012 e ribadire che le leggi di bilancio sono sottoposte alla soddisfazione dei diritti fondamentali delle persone e non viceversa. Ed è quanto si propone di fare una proposta di legge di iniziativa popolare lanciata dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, sulla quale si stanno raccogliendo le 50mila firme necessarie per presentarla alle nuove camere. Da qui a luglio ogni persona può firmare.

video satirico di Luciano Granieri

La Regione Lazio dà avvio alla cessione delle propria quota azionaria all’interno di Lazio Ambiente Spa


Rifiutiamoli: Restiamo al nostro posto!
"Chiunque veda come prospettiva di investimento il rilancio degli inceneritori, dovrà fare i conti con i cittadini di Colleferro e della Valle del Sacco"


La Regione Lazio, con la determina del 6 marzo scorso, ha dato avvio alla cessione delle propria quota azionaria all’interno della società Lazio Ambiente SpA. Nello stesso procedimento è contenuta, inoltre, la cessione della quota di AMA in Ep. Sistemi, la società che gestisce una delle due ciminiere di Colleferro Scalo.
Due sono i lotti previsti per la procedura di vendita: con il lotto 1, la Regione si congeda in via definitiva da Lazio Ambiente, cedendo integralmente tutte le sue quote, per un valore a base d’asta superiore a 28 milioni di euro. Con questa cessione, si è dato parallelamente avvio anche alla dismissione di quel 60% detenuto dalla Regione all’interno di Ep. Sistemi. Con il lotto 2 invece si determina la cessione del restante 40 % detenuto da Ama con la ciminiera di Ep. Sistemi, per un valore a base d’asta che supera i 2 milioni di euro.
Un bando di gara europeo, quello che viene delineato dalla Regione, in cui non sono ammesse offerte in diminuzione rispetto alla base d’asta e dove sarà premiato il rialzo.
La scadenza per la presentazione delle offerte è fissata per il 6 giugno 2018 con apertura delle buste il 28 giugno.
 
Due inceneritori, alcuni immobili e la gestione della discarica. Questo di fatto, sarebbe ciò che Lazio Ambiente offre oggi al mercato, considerata anche l’imminente costituzione di un nuovo consorzio dei Comuni per la gestione dei rifiuti della Valle del Sacco.
 
Gli inceneritori sono fermi da circa 14 mesi e necessitano di fondi non indifferenti per la loro ricostruzione, tenendo conto che il light revamping (ammodernamento parziale) già previsto dalla Regione era un palliativo, rispetto alle somme realmente necessarie per ricondurre gli impianti a un regime ottimale e conforme alle Migliori Tecniche Disponibili secondo i dettami normativi.
 
La discarica di Colle Fagiolara non permette introiti da tempo ed al momento è stata affidato a TERNA l’incarico per lo spostamento dell’elettrodotto posto all’interno del perimetro del sito, ad un costo di 812.000 Euro. Tra l’altro ci risulta che la Regione Lazio nella ricapitalizzazione predetta aveva impegnato solamente 500.000 Euro dei 5,3 milioni previsti, per l’intervento complessivo sulla discarica. Mancherebbero all’appello circa 300.000 Euro che, viste le casse perennemente in rosso di Lazio Ambiente SpA, ci chiediamo da dove verranno prelevati.
 
Chiunque abbia intenzione di acquisire le due società e chiunque veda come prospettiva di investimento il rilancio degli inceneritori, dovrà fare i conti con i cittadini di Colleferro e della Valle del Sacco che in cinquemila hanno manifestato la loro opposizione al riavvio degli impianti a luglio 2017. Da circa quattro mesi il movimento Rifiutiamoli ha stabilito un presidio permanente a ridosso dell’unica via di accesso agli impianti, fermando, in più di un’occasione, il trasporto di materiali destinati al Revamping.  L’amministrazione locale a sua volta, da tempo, si è dimostrata contraria al riavvio degli inceneritori in tutte le sedi, partecipando anche al blocco dei mezzi.
 
Nonostante tutto questo, nonostante le rassicurazioni dell’Amministrazione regionale, nonostante il procedimento di bonifica in corso presso il Ministero dell’Ambiente, nonostante il piano dei rifiuti ormai scaduto, nonostante le proposte, gli incontri, le iniziative, i proclami dell’ex Assessore regionale all’Ambiente dobbiamo constatare che la Regione Lazio non ha mutato il suo orientamento rispetto alla volontà di riavviare e completare il Revamping degli inceneritori e non ha avanzato proposte alternative condivisibili in materia di gestione regionale del ciclo dei rifiuti. 

Attendiamo con pazienza di conoscere i nostri prossimi potenziali interlocutori, se ce ne saranno. Di sicuro ci troveranno al nostro posto.
 


martedì 27 marzo 2018

L’importanza dello sciopero del 23 marzo in FIAT-FCA

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia


La giornata di lotta degli operai FIAT-FCA (sciopero degli stabilimenti del gruppo e presidio all’entrata dello stabilimento di Pomigliano) realizzata il 23 marzo trascende l’ambito settoriale e apre un nuovo periodo di lotta, contenendo insegnamenti ed elementi di significato politico che vanno compresi e fatti propri da tutti i proletari.
Partiamo dai fatti. Di fronte al taglio della produzione e occupazionale deciso dalla FIAT-FCA, gli operai di diversi stabilimenti, costituitisi in Coordinamento di Operai Autorganizzati FIAT-FCA, hanno proclamato 8 ore di sciopero per ogni turno di lavoro (indetto e sostenuto dal SI Cobas e da altre realtà sindacali di base) e una manifestazione nazionale davanti allo stabilimento di Pomigliano “per rivendicare garanzie occupazionali, condizioni di vita e di lavoro migliori, salari adeguati a una vita più dignitosa”.
Nonostante le difficoltà (i magri salari, il sabotaggio padronale del sindacalismo di classe, le menzogne e le rappresaglie, l’espulsione dalle fabbriche degli operai più combattivi), l’adesione operaia all’appello per una lotta unitaria lanciato dal Coordinamento è stata significativa: hanno partecipato allo sciopero migliaia di operai degli stabilimenti di Melfi, Termoli, Pomigliano, Cassino e Mirafiori, fra cui iscritti e delegati della FIOM. Concreta solidarietà è giunta dai facchini e dagli autisti della logistica, da lavoratori dell’ILVA di Taranto e da disoccupati, oltre a gruppi di militanti. Sono stati realizzati picchetti ai cancelli e le strade attorno allo stabilimento sono state bloccate. Un risultato mai raggiunto negli ultimi anni.
La giornata del 23 marzo ha rotto la lunga “pace sociale” in FIAT-FCA, ha chiuso con mesi di promesse e illusioni elettorali, segnando il ritorno al collegamento e alla lotta di un settore decisivo della classe operaia. Marchionne, i capitalisti, i loro servi, i politicanti della famelica borghesia e dell’avida piccola borghesia, si accorgeranno che d’ora in avanti sarà più difficoltoso far passare i licenziamenti, i tagli ai salari, il super-sfruttamento e la cassa integrazione (che è in esaurimento). L’esempio dello sciopero contribuirà allo sviluppo della resistenza di classe, che sotto l’offensiva capitalistica raggiungerà nuovi livelli.
Le posizioni prese dagli operai promotori dello sciopero e la realizzazione della lotta, con la presenza di diverse sezioni del movimento operaio, sono state un buon esempio della messa in pratica della parola d’ordine del fronte unico di lotta proletaria, dell’unità di azione realizzata sulla base della difesa intransigente degli interessi e dei diritti degli sfruttati. Un’unità che supera ogni meschina logica di tessera sindacale, di divisione fra fabbriche e settori, fra operai italiani e immigrati, basata sulla consapevolezza di essere tutti proletari che vogliono lottare contro il proprio nemico di classe, il capitalismo. Ogni passo in avanti del fronte unico è un progresso per l’intera classe operaia.
Gli operai FIAT-FCA hanno condotto una lotta dal basso e in maniera indipendente dai bonzi sindacali (confederali e non) e dalle forze della “sinistra” borghese. In particolare, lo sciopero è stato una risposta contundente sia al collaborazionismo aperto, sia a quello subdolo dei burocrati FIOM, sia alle posizioni settarie e autoreferenziali di taluni sindacati di base che rifiutano l’offerta di lotta comune favorendo la divisione di classe.  
Lo sciopero del 23 marzo ha inflitto un duro colpo a tutti costoro e ha chiarito che disporre di un’alternativa sindacale di classe non significa rinchiudersi nel proprio recinto, ma utilizzare questi strumenti per favorire la lotta dell’insieme del movimento operaio, rompere l’accerchiamento, diffondere la propaganda di classe in settori operai sempre più ampi, alzando le bandiere di lotta più classiste, conseguenti e rivoluzionarie.
Siamo all’inizio di una nuova fase politica in cui è evidente un’ulteriore svolta verso la reazione politica e l’offensiva capitalistica. Tutti i dati ci dicono che gli antagonismi di classe si svilupperanno. L’esperienza di questa lotta educherà e spingerà alla mobilitazione gli altri operai ancora passivi e demoralizzati, contribuirà alla ripresa della lotta operaia, favorendo lo sviluppo di un autentico sindacato di classe, che sia nelle mani degli operai.
Noi comunisti (marxisti-leninisti) plaudiamo alla giornata di sciopero e di mobilitazione del 23 marzo, ne traiamo i dovuti insegnamenti e sosteniamo lo sviluppo della lotta contro la FIAT-FCA, lavorando per lo sviluppo della coscienza e dell’organizzazione di classe.
Dalla giornata del 23 marzo esce rafforzata la convinzione di quanto sia necessario per la classe operaia, in vista dell’acutizzazione di tutte le contraddizioni del capitalismo, darsi un proprio partito indipendente e rivoluzionario. L’esperienza dimostra che senza questo partito la classe operaia non può partecipare alla lotta politica e non può prendere il potere per abbattere il sistema di sfruttamento e di oppressione esistente.
Impedire la formazione di questo partito è il punto centrale della lotta della borghesia contro gli operai. Di conseguenza, la questione su cui dobbiamo concentrare i nostri sforzi è oggi quella dell’unità dei comunisti e degli operai d’avanguardia in un’organizzazione capace di fondere il socialismo scientifico e il movimento operaio.

lunedì 26 marzo 2018

Il naufragio dell'Europa come Patria dei diritti

La lettera di padre Alex Zanotelli.


Sono indignato per quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi verso i migranti, nell’indifferenza generale. Stiamo assistendo a gesti e a situazioni inaccettabili sia a livello giuridico, etico ed umano.

E’ bestiale che Destinity, donna nigeriana incinta, sia stata respinta dalla gendarmeria francese. Lasciata alla stazione di Bardonecchio, nella notte, nonostante il pancione di sei mesi e nonostante non riuscisse quasi a respirare perché affetta da linfoma. E’ morta in ospedale dopo aver partorito il bimbo: un raggio di luce di appena 700 grammi! 
E’inammissibile che la Procura di Ragusa abbia messo sotto sequestro la nave spagnola Open Arms per aver soccorso dei migranti in acque internazionali, rifiutandosi di consegnarli ai libici che li avrebbero riportati nell’inferno della Libia.
E’ disumano vedere arrivare a Pozzallo sempre sulla nave Open Arms Resen, un eritreo di 22 anni che pesava 35 kg, ridotto alla fame in Libia, morto poche ore dopo in ospedale. Il sindaco che lo ha accolto fra le sue braccia, inorridito ha detto: ”Erano tutti pelle e ossa, sembravano usciti dai campi di concentramento nazisti”.
E’ criminale quello che sta avvenendo in Libia, dove sono rimasti quasi un milione di rifugiati che sono sottoposti - secondo il Rapporto del segretario generale dell’ONU, A. Guterres - a “detenzione arbitraria e torture, tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale, a lavori forzati e uccisioni illegali.” E nel Rapporto si condanna anche ”la condotta spregiudicata e violenta da parte della Guardia Costiera libica nei salvataggi e intercettazioni in mare.”
E’ scellerato, in questo contesto, l’accordo fatto dal governo italiano con l’uomo forte di Tripoli, El- Serraj (non c’è nessun governo in Libia!) per bloccare l’arrivo dei migranti in Europa.
E’ illegale l’invio dei soldati italiani in Niger deciso dal Parlamento italiano, senza che il governo del Niger ne sapesse nulla e che ora protesta.
E’ immorale anche l’accordo della UE con la Turchia di Erdogan con la promessa di sei miliardi di euro, per bloccare soprattutto l’arrivo in Europa dei rifugiati siriani, mentre assistiamo a sempre nuovi naufragi anche nell’Egeo: l’ultimo ha visto la morte di sette bambini!
E’ disumanizzante la condizione dei migranti nei campi profughi delle isole della Grecia. “Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi - ha detto l’arcivescovo Hyeronymous di Grecia a Lesbos - è in grado di riconoscere immediatamente, nella sua interezza la “bancarotta dell’umanità.”
E’ vergognoso che una guida alpina sia stata denunciata dalle autorità francesi e rischi cinque anni di carcere per aver aiutato una donna nigeriana in preda alle doglie insieme al marito e agli altri due figli, trovati a 1.800 m, nella neve.
Ed è incredibile che un’ Europa che ha fatto una guerra per abbattere il nazi-fascismo stia ora generando nel suo seno tanti partiti xenofobi, razzisti o fascisti.

“Europa , cosa ti è successo?”, ha chiesto ai leader della UE Papa Francesco. E’ questo anche il mio grido di dolore. Purtroppo non naufragano solo i migranti nel Mediterraneo, sta naufragando anche l’Europa come “patria dei diritti”.
Ho paura che, in un prossimo futuro, i popoli del Sud del mondo diranno di noi quello che noi diciamo dei nazisti. Per questo mi meraviglio del silenzio dei nostri vescovi che mi ferisce come cristiano, ma soprattutto come missionario che ha sentito sulla sua pelle cosa significa vivere dodici anni da baraccato con i baraccati di Korogocho a Nairobi (Kenya). Ma mi ferisce ancora di più il quasi silenzio degli Istituti missionari e delle Curie degli Ordini religiosi che operano in Africa. Per me è in ballo il Vangelo di quel povero Gesù di Nazareth: ”Ero affamato, assetato, forestiero…” E’ quel Gesù crocifisso, torturato e sfigurato che noi cristiani veneriamo in questi giorni nelle nostre chiese, ma che ci rifiutiamo di riconoscere nella carne martoriata dei nostri fratelli e sorelle migranti. E’ questa la carne viva di Cristo oggi.

Alex Zanotelli
Napoli, 24 marzo 2018

domenica 25 marzo 2018

C'è chi firma le Lip, chi aspetta che cuocia il ragù napoletano e chi continua a cuocere nella sua brodaglia.

Cronaca di una tranquilla domenica di raccolta firme per le leggi d'iniziativa popolare

Luciano Granieri.



All’indomani dell’elezione dei Presidenti di Camera e Senato, nel Transatlantico Frusinate, così una volta veniva definito il tratto di C.so della Repubblica, antistante L.go Turriziani, il popolo sovrano esercitava la sua prerogativa di soggetto democratico. Cioè poneva la propria firma su due Leggi d’Iniziativa Popolare. Leggi che, in base al nuovo regolamento del Senato, modificato dall’ex Presidente Grasso, e prendendo per buone le promesse fatte  dal nuovo Presidente della Camera Roberto Fico nel discorso d’insediamento , sicuramente saranno prese in esame,  quanto meno dalle commissioni parlamentari preposte. 

Mentre sui giornali e sui social impazzavano commenti più o meno nauseati , più o meno entusiasti  sui  neo eletti Presidenti di Camera e Senato, sul futuro del connubio governativo, il movimento Lip Scuola, il Coordinamento Democrazia Costituzionale sezione 4 dicembre di Frosinone, l’Anpi  sezione di Frosinone, attraverso i loro militanti,  Enza Belli, Luciano Granieri, Simone Campioni, proponevano  alla tranquilla movida domenicale, di supportare attraverso la firma, una legge sulla scuola, basata su principi esattamente opposti alla 107 renziana. Un dispositivo  fondato  su  una organizzazione collegiale, su principi di apertura a tutti gli studenti in modo egualitario senza distinzioni di censo, e provenienza,  basata insomma sul rispetto dell’articolo 3 della Costituzione in base al quale la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociali che impediscono la piena realizzazione della persona umana.  

Ai  tranquilli, ma  interessati , cittadini frusinati è stato chiesto di apporre una firma anche per  un’altra Legge d’Iniziativa Popolare, il cui obbiettivo è togliere il pareggio  di bilancio in Costituzione, perché è evidente che, se si devono garantire i diritti inviolabili della persona, come sancito dall’art.2 cost.,  l’interesse della Persona   deve venire prima  di ogni logica di bilancio o ragione finanziaria. 

In aggiunta a queste due leggi, è stato chiesto di firmare una petizione  da indirizzare alle istituzioni, affinchè, nel rispetto della XII  disposizione transitoria e finale della Costituzione, della legge Scelba, e della legge Mancino, non sia permesso a chi si dichiari apertamente fascista e nazista di manifestare nelle piazze e men che meno di  presentarsi alle elezioni.  

Mentre  nel transatlantico istituzionale, ancora si sta elucubrando sulla formazione del Governo , nel transatlantico frusinate è già attiva  l’azione legislativa. Diverse persone hanno firmato, si sono informate,   hanno chiamato altri a firmare. Come prima uscita non ci possiamo lamentare. Ringraziamo il consigliere comunale  Daniele Riggi che ha provveduto  all’autenticazione delle firme.  

 Prima di concludere devo una spiegazione . La zona di C.so Della Repubblica, vicino a L.go Turriziani si chiamava transatlantico proprio perché i cittadini di Frosinone li si riunivano per discutere di politica, un po’ come avviene fra i parlamentari nel transatlantico del Palazzo. E ancora oggi,  il confronto fra la cittadinanza in questo logo  è ben vivo. Spesso chi organizza banchetti come quello di oggi, diventa una sorta di confessore  dei delusi della politica, o bersaglio delle invettive di coloro i quali si sentono arrabbiati per  esiti elettorali indesiderati . 

Così è capitato anche oggi.  Un esponente locale  di Mdp (quelli sfanculati da Renzi per l’intera scorsa legislatura, che in vista delle elezioni hanno pensato bene di uscire dal Pd per fondare….pardon "SFONDARE" Liberi e Uguali) ha chiamato al cellulare  l’autenticatore Riggi chiedendo fino a che ora  sarebbe stato possibile firmare. Fino all’una l’avremmo aspettato, già perché i militanti ad una certa ora hanno fame e la favolosa pasta al ragù napoletano riservata al sottoscritto, non avrebbe potuta aspettare oltre. 


All’una e dieci non vedendo nessuno abbiamo cominciato a sbaraccare, quando il soggetto in questione, esponente locale  di Mdp, si è presentato.  Abbiamo recuperato i moduli, ma anziché apporre il proprio sigillo sotto le Lip, il personaggio si è inalberato sostenendo che non avrebbe firmato nulla perché se la sinistra si è divisa e ha ceduto i propri voti a Grillo, la colpa è di bolscevichi come il sottoscritto.    Gentaglia che ha  sempre remato contro l’unità pronta a spaccare ogni proposta minimamente unitaria attraverso un linguaggio vetero comunista che ormai la gente non capisce più. 

In effetti, la gente ha capito talmente bene l’operazione di cannibalizzazione del progetto LeU, ordito dai vari D’Alema, Bersani, Grasso, che nelle urne non ha proprio avuto cuore di segnarli. Dopo un po’ di insulti rivolti a quelli del Brancaccio a esponenti locali di Sinistra Italiana ,  ho realizzato  di essere stato, secondo il tizio di Mdp,  l’unico responsabile della debacle elettorale di D’Alema e compagni. 

Una cosa però mi è rimasta oscura. Perche se il suddetto pisquano non aveva intenzione di firmare le Lip, ha chiesto fino a che ora saremmo rimasti li? Chissà  voleva forse sfogare la sua frustrazione insultando qualcuno?  Lo ignoro, comunque la  ricca carne del ragù napoletano stava cuocendo da ieri ed era ora che il suo sapore impreziosisse il sugo dei paccheri,  altri scarti  invece stanno ancora cuocendo nel loro brodo e nessuno intende interromperne la cottura.