di Adriano Lotito
(candidato premier per
Alternativa Comunista)
Ecco ci risiamo! Gli ideologi di una presunta "democrazia
popolare" ci spiegano che devono essere i “cittadini” a “decidere le regole del
lavoro e dei licenziamenti” (Travaglio), dimenticando forse l’esito reale del
referendum su acqua e nucleare dello scorso anno. E così, eccoci qua a parlare
nuovamente di referendum, questa volta sui temi del lavoro. Lo scorso mese il
comitato referendario ha depositato le firme raccolte per i due quesiti
referendari alla Corte di Cassazione. Questi due quesiti hanno l’obiettivo di
ripristinare l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori nella sua versione originale
e di abrogare l’art.8 del decreto-legge n.138 (la manovra Sacconi dell’estate
2011). Dal momento che riteniamo la verità essere sempre rivoluzionaria, abbiamo
la premura di schiarire la confusione di queste eminenze del clero intellettuale
ed evitare che si producano altri equivoci in grado di sviare il conflitto
sociale verso mete compatibili con l’ordine di cose esistente.
La sconfitta del percorso referendario del giugno 2011 Il referendum “vittorioso” del giugno 2011 è stato palesemente calpestato da amministrazioni e governi regionali, come dimostrano le tariffe sull’acqua rimaste invariate nella Puglia di Vendola, e occultato negli ultimi decreti sulle liberalizzazioni del governo Monti. E' un fatto! Ma leggiamo direttamente cosa c’è scritto sul Forum dei movimenti per l’acqua bene comune, che il 25 e 26 gennaio ha lanciato una mobilitazione nazionale contro il nuovo metodo tariffario dell’acqua: “Il 28 Dicembre 2012 l'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas ha approvato il nuovo Metodo Tariffario Transitorio 2012-2013 per il Servizio idrico Integrato sancendo, nei fatti, la negazione dei Referendum del giugno 2011, con cui 27 milioni di cittadini italiani si erano espressi per una gestione dell'acqua che fosse pubblica e fuori dalle logiche di mercato. Già il Governo Berlusconi, solo due mesi dopo i referendum, aveva varato un decreto che, reintroducendo sostanzialmente la stessa norma abrogata, avrebbe portato alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. Tale decreto è stato poi dichiarato incostituzionale. In egual modo l'Autorità vara una tariffa che nega, nello specifico, il secondo referendum sulla remunerazione del capitale e lascia che si possano fare profitti sull'acqua, cambiando semplicemente la denominazione in “costo della risorsa finanziaria”, ma non la sostanza: profitti garantiti in bolletta” (1).
Se passiamo al nucleare, pochi sono a
conoscenza del fatto che anche dopo il referendum del 1987, e ancora dopo quello
del 2011, in Italia sono rimasti in servizio 4 reattori nucleari (due in
provincia di Milano, uno in provincia di Roma e uno a Pavia) (2). Il nostro
Paese è ancora lontano dall’essere denuclearizzato. Diversi siti fanno i conti
con una quantità di scorie radioattive che complessivamente si aggira sui
60-100mila metri cubi. I lavoratori italiani pagano ancora il nucleare in
bolletta: per lo smantellamento delle scorie radioattive i contribuenti pagano
circa 300-400 milioni di euro ogni anno (3).
Il nuovo referendum sul “lavoro”: il ricorso illusorio alla “iniziativa popolare”Oltretutto c’è da considerare che il referendum dell’anno scorso aveva un carattere chiaramente interclassista, dal momento che bere acqua a prezzi ragionevoli e vivere in uno spazio non radioattivo è un interesse comune agli operai come ai padroni. Diverso significato ha un referendum che a parole pretende di essere "di classe": è un referendum perdente in partenza, come già fu nel caso del referendum sull'estensione dell'art. 18, perché è illusorio (e truffaldino) dire che la maggioranza dell'elettorato si pronuncerà a difesa dell'articolo 18, anche per i mezzi che ha a disposizione la borghesia per contrastare l'esito del referendum stesso.
Le forti potenzialità espresse dal voto del
12 e 13 giugno 2011 sono state forse organizzate in una lotta prolungata e di
massa che continuasse aldilà del voto referendario? Domanda retorica, certo che
no! Perché non sarebbe stato nell’interesse di quelle forze politiche che hanno
organizzato (pilotato) la campagna referendaria. Quel referendum è servito, ma
non alle masse popolari schiacciate da crisi e privatizzazioni, non al movimento
di base che in quei giorni volantinava per le strade di tutto il Paese, bensì è
servito a rilanciare mediaticamente quelle forze riformiste (Sel e Rifondazione)
e populiste (Idv), in vista delle amministrative di Milano e Napoli (che infatti
videro il “successo” di Pisapia e De Magistris).
Oggi come ieri quelle stesse forze lanciano
il referendum sui temi del lavoro; oggi come ieri il progetto referendario non
mira a realizzare gli interessi reali dei lavoratori e delle lavoratrici, ma
serve unicamente al rilancio elettorale della socialdemocrazia in vista delle
prossime elezioni politiche; oggi come ieri la giusta rabbia sociale delle masse
viene deviata, calpestata e strumentalizzata dalle burocrazie di partiti (e
movimenti) per una poltrona al prossimo governo (Vendola), per una misera
percentuale elettorale (Ferrero) o per un briciolo di visibilità mediatica. Per
la conservazione di qualche privilegio (concreto o astratto che sia) queste
forze sono disposte ancora una volta a nutrire le masse popolari di false
illusioni nei confronti degli istituti formali della democrazia borghese.
Contro gli attacchi al mondo del lavoro, solo la lotta paga! Ma non è con una crocetta sul Sì che si respingono gli attacchi alla classe lavoratrice, ma organizzando una lotta di massa ad oltranza, costruendo lo sciopero generale, bloccando totalmente la produzione, occupando fabbriche, scuole e università; in altri termini: lottando per rovesciare questo assetto istituzionale compatibile con le logiche di mercato e per costruire un governo dei lavoratori e per i lavoratori! Un progetto (rivoluzionario) che né Vendola, né Ferrero (ma certo neppure il sedicente "trotskista" Ferrando) sono intenzionati a costruire! Non è con i referendum che si respingono gli attacchi della Troika, del governo Monti e dei padroni, ma con le lotte e le mobilitazioni di massa! Il nostro impegno va quindi prima di tutto nella costruzione delle lotte dei lavoratori che anche nel nostro Paese si vanno diffondendo pur tra i mille ostacoli rappresentati dai giochi di prestigio della sinistra politica e sindacale. Lotte che vogliamo costruire in un rapporto unitario anche con quegli attivisti della sinistra che in buona fede si sono impegnati nella raccolta di firme per il referendum, con intenzioni soggettive opposte ai burocrati che il referendum hanno promosso.
A voi il referendum, ai lavoratori la lotta
di classe!
2) http://www.enerblog.it/i-4-reattori-nucleari-ancora-in-servizio-per-la-ricerca-in-italia.html
3) http://www.cadoinpiedi.it/2011/06/15/scorie_nucleari_in_italia.html
3) http://www.cadoinpiedi.it/2011/06/15/scorie_nucleari_in_italia.html
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