LA RIVOLUZIONE SOLCA IL MEDITERRANEO E L’EUROPA

da lega Internazionale dei Lavoratori  - Lit



Dopo Ben Ali, Mubarak e Gheddafi,
cacciamo Berlusconi con lo sciopero generale prolungato e l’assedio dei palazzi!
 
 
Dopo Tunisia, Egitto, l’ondata rivoluzionaria sta colpendo gran parte dei Paesi dell’area mediterranea e mediorientale. Yemen, Algeria, Bahrein (domani l’Arabia Saudita?) sono in questi giorni scossi da imponenti manifestazioni popolari che assumono sempre di più un carattere rivoluzionario. Le cronache ci informano che carri armati e pallottole non fermano le rivolte né ad Algeri né a Manama (capitale dello Stato fantoccio del Bahrein). Ma è la Libia che in queste ore rappresenta la punta più avanzata dell’insurrezione che sta sconvolgendo tutto il mondo arabo. Come quello di Ben Ali e Mubarak, anche il regime di Gheddafi, che fino a pochi giorni fa sembrava potesse durare in eterno, vede la sua esistenza a rischio. Nonostante la pesante repressione da parte del governo – attuata grazie all’impiego di truppe mercenarie e con l’ausilio di caccia bombardieri – la rivolta non si piega.
 
Sono molti gli interessi dei Paesi imperialisti in questa regione: dal controllo del Canale di Suez in Egitto agli affari delle multinazionali (Eni in testa) nella gestione di gas e petrolio nella regione libica (la Libia è il primo fornitore di petrolio dell’Italia). Non solo: il governo libico controlla fette consistenti dei mercati europei. Basta pensare al ruolo che gioca la finanza libica in Italia: Tripoli è il primo azionista di Unicredit e controlla consistenti quote azionarie anche in Finmeccanica, Eni e Telecom Italia. Non è un caso che da parte delle principali potenze imperialiste europee e americane vengano solo timidi appelli a Gheddafi a “non esagerare” con la forza (quando il dittatore libico vanta 10 mila morti per mano della repressione!). Nulla di cui stupirsi: il capitalismo internazionale sa che la rivoluzione può minacciare anche i suoi interessi e i suoi affari. Non a caso, i governi italiani di entrambi gli schieramenti hanno sempre siglato accordi con la Libia, legittimando tra l’altro la dura repressione dei migranti da parte della guardia costiera libica.
 
Soprattutto, il vento della rivoluzione soffia anche in Europa. In Grecia, dove le barricate per le strade delle principali città sono all’ordine del giorno, in occasione dell’ultimo sciopero generale (23 febbraio) i manifestanti hanno assediato il Parlamento. Gli slogan urlati dai manifestanti e impressi sugli striscioni si richiamavano alla rivoluzione in Nord Africa: “Dopo Ben Ali e Mubarak ora tocca a Papandreu”. E’ uno slogan che dobbiamo riprendere anche noi in Italia. Non si fermano gli attacchi di governo, padronato e burocrazie sindacali agli operai, ai precari, agli immigrati. Ora più che mai è urgente l’indizione dello sciopero generale. Ma un solo giorno di sciopero generale non basta: occorre costruire uno sciopero generale prolungato fino alla cacciata di Berlusconi. Le masse arabe ci danno l’esempio: solo con la forza delle masse proletarie potremo piegare governo e padronato. 

venerdì 25 febbraio 2011

ARMI ITALIANE IN LIBIA NEL 2009 SENZA ALCUNA AUTORIZZAZIONE UFFICIALE

da www.articolo21.org



“Nel 2009 l’Italia ha triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere ad uso militare della ditta Beretta. E’ anche con queste armi che l’esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione”. Questa la denuncia documentata dalla Rete Italiana per il Disarmo e dalla Tavola della Pace che chiedono al governo Berlusconi di rispondere urgentemente in merito. Si tratta di armi che – come ha confermato direttamente a Rete Disarmo un funzionario del Ministero degli Esteri di Malta sono “di provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese”. Anche perché (conferma la stessa fonte) nel piccolo stato insulare non son presenti fabbriche di armi e munizioni. 
Il Ministero degli Esteri maltese ha precisato poi che “come confermato dall’ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo libico” e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi “l’autorizzazione al traffico - comprese quelle doganali - sono state rilasciate senza problemi”. 
Ma dalle Relazioni della Presidenza del Consiglio italiano sull’export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all’esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo. 
“La notizia è certa e documentata” – afferma Giorgio Beretta di Unimondo e analista della Rete Disarmo. Il Rapporto dell’Unione Europea sull’esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l’anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro. 
Si tratta di armi della categoria ML 1 e cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati)”. 
Da nessun rapporto ufficiale della Presidenza del Consiglio (quelli dovuti per la legge 185 sull’export di armamenti militare) si evince che ci sia stata una qualche autorizzazione in merito. Anche i dati dell'ISTAT (che riportano tutte le esportazioni di armi italiane ad uso civile) non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia; per quell’anno si parla solo di 390.584 di euro di Armi, munizioni e loro parti ed accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture. “E allora i casi sono due: o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l’autorizzazione del Governo italiano (ma allora avrebbero dovuto essere bloccate dalle dogane maltesi) o – come è più probabile – vi è stata un’autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle Relazioni al Parlamento né all’Unione Europea” – conclude Beretta.

Un valore così alto di armi leggere potrebbe significare (lo testimoniano i controvalori di forniture simili recentemente fatte proprio verso la Libia) centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate. In pratica proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta. Secondo quanto dichiarato ad EU Observer da una fonte diplomatica dell’Unione europea (esperta delle documentazioni di autorizzazione per l‘export militare) tratterebbe di armi provenienti dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta di Gadone Valtrompia (Brescia). La ditta italiana ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che “non risponde nel merito dei singoli trasferimenti”
“I fatti che oggi denunciamo sono di una gravità inaudita – afferma Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Se ancora ieri chiedevamo al Governo e al Parlamento di fare chiarezza e di bloccare la vendita di armi italiane alla Libia oggi non possiamo che provare un grande senso di vergogna e di dolore. Il Governo deve dare subito delle spiegazioni su una situazione così problematica. 
Com’è potuto accadere? Chi sapeva? Chi ha taciuto? In quanti altri traffici siamo coinvolti? Il Parlamento deve intervenire subito. Mi auguro che nessun telegiornale, in particolare della Rai, il nostro servizio pubblico, si permetta di censurare questa denuncia e al contrario decida di chiedere conto ai principali responsabili della politica italiana” – conclude Lotti.

Questo caso di triangolazione, su cui chiediamo che sia fatta piena luce a breve, non è l’unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro paese. “Nello stesso 2009 come ricostruito da un’inchiesta di Altreconomia poi rilanciata da altri organi di stampa - aggiunge Francesco Vignarca 
coordinatore della Rete Disarmo- la Magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di Kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all’esercito di Gheddafi”. Anche in quel caso si utilizzava (in maniera però pienamente illegale) la triangolazione verso paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere. 
“Qui invece ci troviamo di fronte o ad un’autorizzazione rilasciata con leggerezza e in qualche misura schermata dal passaggio a Malta (tanto è vero che anche i dati europei nei sono stati  tratti in inganno) oppure una vera e propria omissione per favorire il regime di Gheddafi, considerato ormai amico e funzionale alla nostra politica estera”. Quello che sicuramente si evince da  questo caso è la necessità di un controllo ferreo su tutte le forniture di armamenti come Rete Italiana per il Disarmo chiede da anni al Governo: “controlli che non devono ridursi a procedure formali ma devono essere sostanziali e ponderati, con prese di posizione forti anche negando contratti di vendita, perché qui ci troviamo di fronte ad armi e non caramelle. Armi che poi sono responsabili delle uccisioni e dei massacri che tutti vediamo e condanniamo in questi giorni”.

Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace esprimono quindi la loro preoccupazione anche per quanto riguarda la possibile modifica della nostra legge sull’export di armi a seguito del recepimento di alcune Direttive Europee (alcune di queste procedure sono ora in discussione al Parlamento inserite nella “legge Comunitaria”). “Non vorremo che con le nuove regole ed autorizzazioni ed una procedura di controllo ancora più debole quando si tratta di fornire armi attraverso partner europei (come ad esempio Malta) l’esempio di triangolazione di armi leggere verso la Libia sia solo il primo di tutta una serie di trasferimenti problematici di armi italiane” - commenta infine Giorgio Beretta.

“Lavoro, diritti e dignità: è ora di unire le lotte”

da USB Unione Sindacati di Base Coordinamento provinciale di Frosinone


Ai lavoratori pubblici e privati, precari, disoccupati, studenti, pensionati,
utenti dei servizi e alle loro associazioni, alle associazioni per la tutela
del territorio e della qualità della vita, a tutti coloro che sono interessati

La Confederazione U.S.B., in vista dello sciopero generale proclamato per l’11 marzo p.v.. organizza per mercoledì 2 marzo 2011 alle ore 17.00, in Frosinone, presso il salone di rappresentanza dell’Amministrazione Provinciale in piazza Gramsci un’

ASSEMBLEA PUBBLICA
dal titolo

“Lavoro, diritti e dignità: è ora di unire le lotte”

Perché di fronte ad una crisi economica e produttiva che si traduce in cassa integrazione, mobilità e disoccupazione; di fronte all’aggressione ai diritti e alle tutele del lavoro, di fronte all’attacco ai salari, sia dei dipendenti pubblici che di quelli privati, di fronte ai tagli alla spesa pubblica, alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali, che significano tagli all’occupazione e tagli ai servizi, di fronte alla privatizzazione dei servizi pubblici e alla mercificazione dei diritti e dei beni comuni, occorre unire le lotte in una vertenza generale che indichi un’altra idea di paese e un’altra strada per uscire dalla crisi.

Introdurranno:

- Paolo Sabatini                    Esecutivo Confederale Nazionale U.S.B.
- Francesco Notarcola         Presidente della Consulta delle Associazioni di Frosinone
- Severo Lutrario                   Coordinamento Acqua Pubblica della Provincia di Frosinone e Esecutivo Provinciale U.S.B.

Sono stati inviati ad intervenire:
Michele Marini                     Sindaco di Frosinone, per parlare sulle difficoltà che incontrano gli enti locali in ordine ai tagli delle risorse disponibili a seguito delle politiche di bilancio del  governo, con particolare riguardo alle possibili ricadute sui servizi erogati ai cittadini dal Comune di Frosinone, sia direttamente e sia attraverso le esternalizzazioni
Francesco Trina                     Assessore Provinciale alle Attività Produttive, sulla crisi del tessuto produttivo provinciale e sulle iniziative istituzionali già in campo o programmate in relazione alla gravità della situazione.

Seguirà il dibattito


TUTTI SONO INVIATI AD INTERVENIRE

Chi comprende e chi no

di Giovanni Morsillo

Gita vietata a studente down ma i compagni si ribellano


Il link che riportiamo sopra riguarda una notizia così bella da essere insolita.
Una intera classe di studenti di un Istituto Comprensivo della Calabria ha rifiutato di andare in giat scolastica perché la dirigente scolastica ne aveva impedito la partecipazione ad un loro compagno affetto da sindrome di Down. La dirigente ha motivato la decisione (del tutto arbitraria e fuorilegge, oltre che  a nostro avviso immorale) con l'incapacità ad apprendere del giovane. 
Ma i giovani non hanno accettato quello che i docenti avevano subìto, non hanno permesso che questa dirigente da campo di sterminio insultasse la dignità del loro compagno. Questo gesto fa strame per una volta di una lunga serie di pregiudizi che nel nostro Paese da qualche tempo la fanno da padroni: non solo si oppone allo sciovinismo tardo-nazista della dirigente pubblica, non solo per questo stesso motivo difende la Costituzione nello spirito e nella lettera, ma questo atto dei giovani studenti calabresi riscatta dal luogo comune i "terroni" ormai divenuti sinonimo di felloni, individualisti, egoisti quando non addirittura tutti delinquenti senza distinzione.
Bravi, ragazzi, ancora una volta, bravi!
Adesso però una proposta: si premino questi giovani, si incoraggi la loro scelta, la loro determinazione, il loro esempio di impegno solidale concreto in modo altrettanto concreto. Qualche proposta: 
1) Inviamo una petizione al Ministro dell'Istruzione, per quanto arrangiato sia, per un premio anche simbolico a quella classe (ad esempio una dotazione di libri contro il razzismo e per la solidarietà alla biblioteca della scuola cui appartengono, una targa da pochi euro da far affiggere d'autorità nell'ingresso della stessa, un libro a ciascun ragazzo, una copia del "Manifesto della Razza" del '38), oltre ovviamente alle sanzioni ai sensi di legge che sacrosantamente spettano alla dirigente che le ha conquistate sul campo;
2) Invitiamo i ragazzi in blocco a trascorrere una breve vacanza gratuita nei nostri territori, magari con la sponsarizzazione (intesa come aiuto logistico) di qualche agenzia sensibile alla civiltà. Questo come risarcimento della società civile alla loro rinuncia e come valorizzazione del loro gesto attraverso incontri a tema che potrebbero essere organizzati nel corso del soggiorno;
3) In subordine, proponiamo alle scuole del territorio di organizzare incontri o scambi con i giovani protagonisti della vicenda.
 
Può sembrare banale e sentimentale, è ovvio. Lo scopo, però, non sarebbe quello di strumentalizzare (a che fine, poi?) la vicenda, né di mitizzare queli ragazzi ed il loro sano gesto: al contrario, si umanizzerebbe e renderebbe normale (non banale) un comportamento di cui tutti avvertiamo il bisogno e che tutti dovremmo contribuire a stimolare.
 
Se ci sono idee migliori (chissà quante ce ne saranno), tiriamole fuori, ma soprattutto realizziamone qualcuna. Quei ragazzi devono sentire che hanno fatto quello che si deve fare.
Un saluto solidale



Cinque radar israeliani per contrastare gli sbarchi d'immigrati da Otranto a S. Antioco

da Il Minatore Rosso



Cinque radar israeliani per contrastare gli sbarchi d'immigrati da Otranto a Sant'Antioco.
Anche se il Comando generale della Guardia di finanza mantiene il riserbo sulle località prescelte per installare i cinque radar a microonde, tre di esse sono note. Si tratta di Gagliano del Capo (Lecce), Siracusa e dell’isola di Sant’Antioco in Sardegna. Nel Salento l’impianto sorgerà in un terreno di 300 mq ubicato tra le località “Sciuranti” e “Salanare”, all’interno del perimetro del parco naturale Otranto – Santa Maria di Leuca – Bosco di Tricase. In Sicilia, il radar sarà installato a Capo Murro di Porco presso la stazione di sollevamento fognario del Comune di Siracusa, zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed archeologico e prospiciente l’oasi marina protetta del Plemmirio, istituita nel 2005. Il terzo impianto sarà creato invece all’interno dell’ex stazione radio militare di Sant’Antioco di proprietà della Regione Sardegna, in località Capo Sperone – Su Monti de su Semaforu. Si tratta di una splendida area costiera ricadente nel parco di “Carbonia ed Isole Sulcitane”, dove sono presenti pure fabbricati particolarmente significativi dal punto di vista storico-culturale ed architettonico. Solita colonizzazione della Sardegna !!!!!!!

Meccanismo di entrata di nanoparticelle nel corpo umano

da ANTONELLO TIDDIA Rsu Carbosulcis Disarmiamoli Sardegna



In questo mio articolo , voglio spiegare in modo dettagliato ,cosa sono le nanoparticelle, che sono nell’aria nel Poligono di Quirra e zone adiacenti per i vari esperimenti militari che sono stati attuati negli anni.. Il tutto conferma che la Sardegna è ed è sempre stata colonizzata per esperimenti ed altro che hanno dato e stanno dando gravi problemi di salute ai cittadini sardi.
- Nei residui di esplosioni sono contenute le microscopiche particelle ;
- Viene contaminato l’ambiente ;
- Le nanoparticelle passano attraverso l’atmosfera e i cibi ;

Inquinamento ambientale
- Sistema respiratorio ;
- Circolazione sanguigna .

Cibo contaminato
- Sistema digestivo ;
- Circolazione linfatica .

I detriti non filtrati da fegato e reni possono depositarsi nella prostata.

Queste sono le cause degli esperimenti militari fatti in Sardegna dalle grandi Aziende di morte come Finmeccanica od Avio…. La Sardegna è sempre stata terra di conquista, voglio ricordare anche i danni provocati all’ambiente ed ai cittadini da parte della grande industria in tutta la Sardegna . Invito tutte /i i sardi ad uno scatto d’orgoglio e di cercare tutti insieme di cambiare lo stato attuale delle cose.



mercoledì 23 febbraio 2011

Valerio Vive

di Fausta Dumano



22 febbraio 1980 una data che ha segnato la mia generazione,una data nel cuore, l' omicidio di VALERIO VERBANO,un omicidio anomalo, perchè non fu ucciso per strada, ma volutamente dentro casa sotto gli occhi dei genitori CARLA VERBANO in questi anni non si è mai arresa , ha continuato a cercare la verità, circondata dagli amici di VALERIO .Una donna straordinaria, un gigante, nonostante il suo fisico così minuto.Blocco notes, macchinetta fotografica, anche quest' anno la redattrice di Aut è andata all' appuntamento''VALERIO è VIVO E LOTTA INSIEME A NOI'' Monte bianco, una frenesia, un mordicchiare di unghie, ricordi strozzati di una generazione, quest' anno non aspetto giù per strada , salgo al 4 piano ho promesso alla signora VERBANO, le foto e la rivista CULTURA E DINTORNI, non è la prima volta che varco le scale, ma l' emozione è sempre uguale, entrare dentro significa entrare nel libro che ha scritto''Folgorante sia la fine”ogni oggetto parla maledettamente di lui, manifesti, foto, persino il divano, tutto è fermo a 31 anni fa......Carla ha iniziato la sua giornata presto tra interviste e impegni burocratici con la sorpresa di una svolta nelle indagini,due avvisi di garanzia............mentre parlo con CARLA,una sigaretta ,arrivano i primi fiori e con i fiori una piacevole sorpresa, accanto alla mia generazione, i giovani di ieri quelli con i primi capelli bianchi e le prime rughe del tempo , tanti giovani di oggi......tanta gente, nonostante il giorno feriale,lavorativo, la certezza di essere tanti ,quando non riesci ad incontrare le compagne che dovevi vedere.Il corteo si snoda nel quartiere per poi confluire nella palestra dove ATTRICE CONTRO reciterà.

ZUT!!!!!

di Luciano Granieri



Zut, in francese vuol dire, più o meno, accidenti. Mai esclamazione fu più azzeccata per il gruppo Zut4. Infatti il quartetto composto da Enrico Zanisi al pianoforte, Giacomo Ancillotto alla chitarra, Falvio Perrella al contrabbasso e Mattia Di Cretico alla batteria esprime un linguaggio musicale che lascia lo spettatore veramente a bocca aperta. La forma delle esecuzioni ha indubbiamente una radice jazzistica, ma il dipanarsi dei brani assume sempre colori diversi, ora riecheggia, il rock, ora il blues fino ad arrivare ad arrangiamenti progressive. Gli Zut4 sono un gruppo che ha caratteristiche molto particolari tanto che non è possibile inserirli in uno stile definito. Abbiamo ascoltato i quattro giovani musicisti a “Oltre l’Occidente” in L.go Aonio Paleario a Frosinone, e come detto l’effetto è stato veramente sorprendente. Il quartetto usa nelle improvvisazioni non solo ritmica, armonia e fraseggio , ma è molto attento anche alla timbrica al colore dei suoni. C’è la ricerca maniacale dell’ equilibrio fra perfezione della forma e qualità della  trasmissione emotiva. Il risultato è straordinario, esecuzioni armonicamente perfette con arrangiamenti sontuosi  rovesciano sul pubblico una marea di “sensazioni ed emozioni” come  direbbe la nostra redattrice e amica Fausta. Per capire meglio quanto stiamo dicendo consigliamo di ascoltare il brano Trip. Ogni singolo musicista contribuisce a questo stato emotivo perché unisce alle ottime capacità di fraseggio anche un  talento particolare nel creare pathos allo stato puro. Come non apprezzare ad esempio le incredibili sonorità che Giacomo Ancillotto tira fuori dalla sua chitarra usando con perizia filtri, sustainer,suoni campionati,  oppure le pause e le accelerazioni ben calibrate di Enrico Zanisi al pianoforte, o anche l’incredibile capacità di Mattia Di Cretico nel creare tappeti ritmici suggestivi con le spazzole e ancora la miscellanea di suoni che Flavio Perrella trae dal suo contrabbasso interagendo con l’archetto agli arpeggi proposti  da Ancillotto. In ogni caso  quando c’è da “tirare” nei brani più jazzistici il quartetto va che è una meraviglia. “Monk’s Dream” è una favolosa interpretazione del linguaggio di Thelonius Monk. Partendo dallo stile scarno del pianista di Rocky Mount, le improvvisazioni si evolvono in un susseguirsi di misure frenetiche ma sempre molto raffinate. La domanda sorge spontanea:  come si sono formati questi straordinari talenti? Ognuno ha maturato  il proprio linguaggio creativo passando attraverso molteplici tappe formative molto diverse e variegate fra di loro, con un unico comune denominatore lo studio della  composizione e dell’arrangiamento. Ad esempio Enrico Zanisi, dopo essersi diplomato con lode a vent’anni in pianoforte presso il conservatorio dell’Aquila, ha intrapreso un  intenso percorso di studi jazzistici  presso il Siena jazz’s cool e come pianista jazz ha vinto il Premio Nazionale di composizione esecuzione pianistica in ambito jazz “Franco Russo” , ha conseguito una borsa di studio per frequentare il corso annuale di jazz presso la Università Berkley di Boston.  Flavio Perrella, nostro concittadino, si è diplomato  al conservatorio Licinio Refice di Frosinone ha studiato con due mostri sacri del contrabbasso come Gianluca Renzi e Stefano Cantarano  ,quest’ultimo  noto ai naviganti di AUT per la sua collaborazione al CD di Gerardo Iacoucci "Omaggio a Lennie Tristano. Flavio ha anche maturato un esperienza a Cuba suonando salsa con il gruppo cubano CINCO , ha collaborato  con jazzisti del calibro di Javier Girotto  e accompagna  anche il nostro amico cantautore Federico Palladini. Mattia Di Cretico inizia a studiare la batteria a 15 anni. Nel 2002 entra all’università della musica di Roma dove oltre a perfezionare la tecnica sulla batteria studia pianoforte complementare, armonia, composizione e arrangiamento. Frequenta il triennio jazz al conservatorio Licinio Refice di Frosinone (tanto per cambiare) . Ha lavorato per il cinema come controfigura e consulente musicale nel film di Riccardo Milani “Piano solo”  tratto dal libro di Walter Veltroni. Giacomo Ancillotto inizia a studiare la chitarra a 14 anni con due maestri quali  Fabio Zeppetella e Andrea Avena Tra il 2008 e il 2009 frequenta il “In.Ja.M. International Jazz Master Program, Master of Higher Education in Jazz Improvisation Techniques” a Siena Jazz in cui ha l’opportunità di studiare e approfondire tecniche di arrangiamento e composizione con i Maestri Bruno Tommaso e Tomaso Lama studia,  informatica musicale con i maestri Franco Fabbrini e Roberto Nannetti . Nel 2008 consegue la laurea in Jazz al conservatorio Licinio Refice di Frosinone (guarda chi si rivede) tesi di laurea “Analisi Musicologica del jazz” con il maestro Eugenio Colombo, votazione 110/110;  è consulente musicale e autore di colonne sonore per la casa cinematografica “Shortvillage”. Come si intuisce non è poi una sorpresa se la varietà e poliedricità espressiva di questi  ragazzi lascia il pubblico a bocca aperta. Il gruppo non è sfuggito a Fabrizio Bosso. Il trombettista piemontese di fama internazionale ha voluto suonare con gli Zut4 nel 2008 a Barga jazz e al Jammin Festival . Dunque non stupitevi se nell’ascoltare gli Zut4 anche voi esclamerete “ZUT!!!”  Buona Visione.










martedì 22 febbraio 2011

Indovina cosa c'è sotto

da http://frosinonebellaebrutta.blogspot.com



Per chi non lo sapesse, in quell'area, tra via Giacomo De Matthaeis e la Villa Comunale, c'è un importante impianto termale di epoca Romana.
Gran parte dei ritrovamenti archeologici risulta oggi ricoperta da parcheggi sia pubblici che privati che comunque ne hanno garantito la conservazione.
Siamo venuti a conoscenza dell'importante iniziativa immobiliare che si sta avvalendo di un concorso internazionale di idee denominato "I PORTICI", finalizzata all'edificazione di un complesso polifunzionale "Residenza, commercio, Spazi pubblici" ed i dettagli di tale iniziativa, sono consultabili all'indirizzo  
http://www.iportici.info
Nell'incontro di oggi , organizzato da una moltitudine di associazioni e cittadini, ci si è posti l'obbiettivo di raccogliere il maggior numero di firme da apporre ad un documento che condivideremo ed invieremo agli organi competenti, per esprimere preoccupazione per la futura integrità dei resti archeologici presenti nell'area e quindi chiedere che questi siano debitamente tutelati nella loro completezza. Si desidera che tale patrimonio sia adeguatamente valorizzato per l'importanza che esso riveste dal punto di vista archeologico ma soprattutto culturale, storico ed identitario per la città di Frosinone.
Potete leggere la lettera integrale di seguito





11 MARZO: E' L'ORA DELLO SCIOPERO GENERALE!

UNIONE SINDACALE DI BASE  Coordinamento provinciale di Frosinone

Ai lavoratori, precari, disoccupati, utenti dei servizi e alle loro associazioni



La fase politica e sociale che stiamo attraversando si colora ogni giorno di più di tinte fosche.

La crisi economica e sociale, nonostante le sirene rassicuratrici, continua a mordere con ferocia immutata e le politiche economiche messe in campo dall'Europa e da Tremonti, sono servite solo a  salvare le banche attraverso un massiccio impiego di risorse pubbliche che ha fatto lievitare il già enorme debito pubblico.
La “seconda fase” che l'Unione Europea e Tremonti si apprestano a varare l'11 e 12 marzo è il piano di rientro di quello stesso debito, rientro operato, come nelle migliori tradizioni e nella storia di centocinquanta anni di crisi capitalistiche,   attraverso ulteriori e drastici tagli alla spesa pubblica e dunque allo stato sociale, ai servizi pubblici e al pubblico impiego.
I lavoratori e i sempre più vasti strati della popolazione condotti sull'orizzonte della povertà si troveranno ad affrontare un ulteriore passo nella precarizzazione della loro esistenza, da una parte con la prosecuzione dello smantellamento delle tutele economiche, normative e previdenziali del lavoro e dall'altra attraverso lo smantellamento dei servizi pubblici e la mercificazione dl beni comuni con la riduzione dei diritti, come quello alla scuola, alla salute, alla mobilità, all'assistenza sociale, ridotti in bisogni da soddisfare come clienti sul mercato.
Se tutto questo è un processo che sembra avanzare inesorabile ormai da almeno due decenni, se nell'ultimo decennio è la stessa Banca d'Italia a calcolare in oltre 3.000 €uro l'anno l'impoverimento medio dei lavoratori dipendenti, la “Fabbrica Italia” di Marchionne, il “Collegato lavoro” passato senza colpo ferire in Parlamento, il blocco quadriennale degli stipendi dei pubblici dipendenti, lo scippo del salario accessorio degli stessi pubblici dipendenti operato, come ennesima tappa del suo virulento attacco, da Brunetta insieme a Cisl. Uil e Ugl col “patto” appena sottoscritto, il taglio orizzontale ed indiscriminato delle risorse destinate agli enti locali e dunque ai servizi ai cittadini, il cosiddetto “federalismo municipale” che comporterà ulteriori tagli, i tagli della Gelmini alla scuola pubblica e all'Università, i tagli alla Sanità, la privatizzazione dei servizi pubblici locali imposta dal decreto Ronchi che impone l'ingresso nelle aziende e la gestione dei privati entro il 31 dicembre 2011 (e solo per citare le principali) rappresentano un insostenibile salto nel baratro.
Di fronte a tutto questo le istituzioni e la politica, al di là di qualche dichiarazione strumentale e di maniera, nulla dicono e nulla fanno e tutto il dibattito politico e mediatico si avviluppa sulla nudità della satrapìa cui è stato ridotto un Paese privato – ammesso che ne sia mai stato dotato (la storia d'Italia è una sequela di scandali e ruberie dagli anni '60 dell''800!) - di un'etica pubblica come di un'etica privata.
La violenza dello scontro istituzionale, peraltro alimentata dall'ideologia pericolosamente eversiva del satrapo Berlusconi,  unita alla concrete condizioni di sofferenza  di vasti strati di una popolazione che non trova nella politica istituzionale la rappresentanza dei propri bisogni, rischia di precipitare il Paese in una  crisi dagli esiti non preventivabili.
Non solo, la cosiddetta opposizione istituzionale e politica sulle questioni economiche, sociali e politiche nulla  mostra ed ha da dire. Nel momento in cui Berlusconi, nel tentativo di uscire dal “cul de sac”  in cui si è infilato e di ricompattare i referenti sociali del suo governo, Confindustria in primo luogo, lancia “la frustata all'economia” a partire dalla “Fabbrica Italia” di Marchionne, nessuna voce si è levata a contestarne il senso, la direzione e il verso.
Sul piano sindacale, mentre da una parte assistiamo alla compromissione irreversibile di Cisl e Uil alle logiche, alle pratiche e alle finalità governative e padronali, la Cgil, costretta oggi a confrontarsi con la questione della democrazia sindacale che per due decenni a contribuito a determinare in primo luogo a danno 
del sindacalismo di base, non si risolve a proclamare quello sciopero generale che pure la stessa Fiom invoca da mesi.

Di fronte a tutto questo, non è più eludibile e rinviabile una grande mobilitazione dal basso che sappia riconnettere le resistenze e le lotte che comunque in questi mesi percorrono il Paese.
E' questo il senso dello Sciopero Generale proclamato dalla Confederazione U.S.B. e da altre organizzazioni del sindacalismo di base per  l'11 marzo: dare voce e spazio al disagio e alla domanda di giustizia sociale che si alza dal Paese reale, con l'obiettivo di riconnette le lotte sul posto di lavoro dei lavoratori e quelle dei cittadini, lavoratori anch'essi, per il diritto alla casa, alla salute, all'istruzione pubblica, ai servizi sociali, alla mobilità, ai servizi e all'assistenza sociale, alla cultura. Uno sciopero generale, in sostanza, che vuole essere generalizzato e che non è concepito come un punto d'arrivo ma come un passaggio, una tappa necessaria e indispensabile per costruire tra i lavoratori e tra i soggetti sociali colpiti dalle politiche economiche e sociali del governo, dell'Europa dei capitali e di tutti i poteri forti, l'opposizione sociale e di massa a queste politiche, per un'idea di società in cui il lavoro torni ad essere il valore fondante nella giustizia e nella solidarietà.
Se queste considerazioni sono valide in generale, assumono un particolare valore su un territorio, come quello della provincia di Frosinone, particolarmente colpito dagli effetti di una crisi che si vanno ad assommare al tracollo già conclamato di un modello di sviluppo palesemente fallimentare. Un modello di sviluppo che si lascia alle spalle una provincia in una pesante fase di deindustrializzazione, che agli scheletri dei capannoni industriali dismessi, accompagna un territorio inquinato e contaminato, un tessuto sociale degradato e corroso dall'intreccio perverso tra affari politica ed istituzioni.
Un territorio che nello stabilimento di Piedimonte San Germano ha la prossima tappa della strategia  di Marchionne, con la sua liquidazione del Contratto nazionale di lavoro, la messa a profitto della stessa incolumità fisica dei lavoratori alla catena;  “incatenati” cioè al totem di una produttività slegata da qualunque piano industriale, da qualunque investimento ed innovazione sul prodotto. Con la cancellazione delle RSU e di quella stessa democrazia truccata che, pur assicurando in barba al voto dei lavoratori una rendita di posizione a cgil, cisl e uil, ha consentito sino ad oggi ai lavoratori di imporre nelle trattative il loro punto di vista eleggendo i delegati del sindacalismo di base.
Un territorio in cui il ricorso alla Cassa Integrazione, anche massicciamente in deroga,  segnala la gravità della crisi cui non vengono proposte risposte in termini di alternative economiche e produttive, ma solo la truffa dei corsi di riqualificazione, funzionali esclusivamente all'ingrasso dei corsifici.  Una crisi per la quale dovranno essere affrontate le conseguenze della drastica riduzione per il 2011 dei finanziamenti a disposizione, riduzione che lascia ai lavoratori dell'industria come unica prospettiva l'alternativa tra la mobilità – per chi ce l'ha – e la generalizzazione della “modernità” del modello Marchionne.
Un territorio che, perduta ogni identità culturale e vocazione economica e sociale, si propone, con un velleitarismo inconsistente, come piattaforma logistica emblematicamente riassumibile nell'inesausto tentativo di far decollare, per i fini meramente speculativi delle imprese, della politica e delle istituzioni, il progetto dell'Aeroporto di Ferentino come terzo o quarto scalo del Lazio, nonostante l'inconsistenza sul piano dell'efficacia del progetto ed i serissimi problemi ambientali che si determinerebbero.
Un territorio che, perduta ogni identità culturale e vocazione economica e sociale, sembra pronto ad offrirsi come discarica della regione e non solo, con la mega discarica di Colfelice e le tre grandi linee di incenerimento di San Vittore nel Lazio, a poche centinaia di metri dal confine con la Campania. Con i tentativi di realizzare l'inceneritore per materiali speciali dentro lo stabilimento Ceat di Anagni e il progetto del più grande impianto d'Europa di smaltimento di amianto a Villa Santa Lucia.
Un territorio dove i tagli alla spesa sanitaria della Polverini si traducono immediatamente nello smantellamento della sanità pubblica con la negazione programmatica del diritto all'assistenza sanitaria dei cittadini e la perdita del lavoro di centinaia e centinaia di lavoratori del settore, in primo luogo precari. Dove, con il puro e semplice taglio di ospedali, reparti, posti letto, operato senza alcuna razionalizzazione o, almeno, riorganizzazione dell'esistente, è messa concretamente a rischio la vita stessa dei cittadini. I tagli infatti sono effettuati in assenza di un piano organico fondato sulla efficacia e l'efficienza, che per il servizio sanitario pubblico dovrebbero significare garantire ad ogni cittadino il diritto alla salute e alla migliore assistenza possibile. Nella sostanza la salute e la vita stessa dei cittadini vengono subordinati alle logiche di compatibilità economica di un sistema che si è pesantemente indebitato proprio per favorire quella sanità privata che, con la ritirata del pubblico, sulla salute e sulla vita dei cittadini farà mercato.

Dove i tagli alla scuola pubblica compromettono il diritto all'istruzione per i giovani cui viene negato il diritto stesso a programmare un futuro. Giovani a cui non si vogliono fornire gli strumenti per quella  cultura che sola li può fare cittadini titolari di diritti; e a cui si vogliono fornire solo ”istruzioni per l'uso” utili a trasformarli in clienti docili ed acritici di un market mediatico in grado di dettare modelli, aspettative e consumi. Una scuola che nello spudorato richiamo al “merito” fatto da una classe politica che si seleziona col “bunga bunga”, nasconde la restaurazione del più feroce classismo che, negando alla grande massa della popolazione l'accesso ad un'istruzione di qualità, punta a selezionare da subito le future classi dirigenti dalle attuali classi dirigenti.  Tagli alla scuola pubblica che producono ancora la perdita del lavoro per centinaia di lavoratrici e lavoratori, a partire dal personale che, precario, ha assicurato il servizio per anni ed anni, sia come docente, che come amministrativo , che come ausiliario.  Tagli che mettono a rischio anche i posti dei dipendenti delle  cooperative che eseguono le pulizie nelle scuole (oltre 600 in provincia di Frosinone) che rischiano il licenziamento al termine di questo anno scolastico e, nella migliore delle ipotesi, un aumento vertiginoso dei carichi di lavoro per chi resta al lavoro.

Dove la privatizzazione del servizio di pubblico trasporto, nelle ferrovie in primo luogo, se ha comportato una caduta verticale delle condizioni di lavoro dei lavoratori, a partire da quelle relative alla sicurezza sul lavoro,  ha comportato anche un aumento esponenziale dei costi, in particolare degli abbonamenti dei pendolari, lavoratori e studenti, paragonabile solo al degrado del servizio che, alle condizioni indecenti dei vagoni, assomma l'incredibile circostanza per la quale i tempi di percorrenza dei treni locali regionali sono praticamente gli stessi di cinquant'anni fa.
Dove i tagli economici alle regioni e agli enti locali, unito al blocco del “turn over”, si traducono immediatamente e direttamente nella contrazione dei servizi erogati ai cittadini, dagli asili nido ai centri diurni per anziani, con particolare riferimento ai servizi sociali destinati alle fasce più deboli della popolazione (anziani, bambini, non autosufficienti, ecc.), il cui diritto all'assistenza è sempre più subordinato alle esigenze di bilancio e che, con l'introduzione di ticket sempre più onerosi, rischiano di essere derubricati da “cittadini” cui deve essere soddisfatto un diritto, in “clienti” che devono pagarsi il soddisfacimento di un bisogno. Con le lavoratrici e i lavoratori del settore che se lamentano inaccettabili ritardi (anche di sei mesi) nella liquidazione degli stipendi, dall'altra vedono ridursi le ore di lavoro se non viene addirittura messa in discussione la sua prosecuzione. Con il sistema degli appalti al massimo ribasso che molto spesso li fa cadere nelle mani di cooperative, nei fatti assolutamente estranee a qualunque logica di cooperazione, senza alcuna capacità economica e patrimoniale, fatto questo che fa sì che ogni disservizio o ritardo imputabile all'appaltante o all'appaltatore finisce per essere scaricato sulle spalle di chi lavora.
Dove la privatizzazione di un bene comune, come l'acqua, ha prodotto un drastico peggioramento della  qualità del servizio, la drastica caduta degli investimenti e delle manutenzioni con il conseguente  peggioramento della qualità dell'acqua erogata  e l'aumento esponenziale delle interruzioni nell'erogazione, delle riduzioni del flusso e degli allagamenti per le rotture sia nelle rete di distribuzione che in quella fognaria. Dove i mancati interventi e la mancata manutenzione degli impianti di depurazione (è il gestore, nel 2008, a dire che solo poco più del 20% del territorio provinciale è servito da depuratori regolarmente funzionanti!) hanno avuto un ruolo non secondario nello stato di inquinamento dei corsi d'acqua della provincia e nelle condizioni della Valle del Sacco.  Privatizzazione che ha prodotto un aumento esponenziale delle tariffe, tale da renderle insostenibili per le famiglie mono-reddito e per i pensionati e che sono state decise in palese violazione della normativa di riferimento, tanto da essere oggetto di un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Frosinone che vede sia i vertici di allora della società che i vertici istituzionali in carica all'epoca cui pesa in capo la richiesta di rinvio a giudizio per truffa, abuso d'ufficio, distruzione di documenti e produzione di documenti falsi.
E da tutto questo che nasce l'appello rivolto a tutti, lavoratori, precari, disoccupati, studenti, utenti dei servizi e associazioni che li organizzano perché, tutti insieme, si faccia dello sciopero generale dell'11 marzo un primo momento di rilancio a tutto campo del conflitto sociale nel Paese, per riaffermare come irrinunciabili i diritti, la democrazia, i salari e la dignità di tutti e di ciascuno.

lunedì 21 febbraio 2011

Assemblea nazionale autoconvocata di delegate/i , Rsu Rsa


Il 26 febbraio a Roma

Assemblea nazionale autoconvocata

di delegate/i, Rsu e Rsa

per uno sciopero generale e generalizzato

contro Governo e Confindustria

Dopo la resistenza sui tetti e nelle mille vertenze sparse contro chiusure aziendali, ristrutturazioni e licenziamenti, la giornata del 28 gennaio ha visto scendere in piazza in decine di manifestazioni in tutta Italia, migliaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori metalmeccanici, affiancati da tantissimi giovani e da altrettanti lavoratori di tutti gli altri settori, facilitati nella loro mobilitazione dalla felice decisione di alcuni sindacati di base di generalizzare a tutte le categorie con un proprio sciopero l’iniziativa della Fiom.

Questa importante convergenza è un primo segnale che va valorizzato, pur nel rispetto delle legittime differenze sindacali, con la messa da parte di divisioni e “patriottismi” di sigla di fronte alla brutalità di questa offensiva padronale che vuole azzerare i diritti conquistati con decenni di lotte e che vuole eliminare ogni forma di rappresentanza conflittuale.

In tutti i cortei è risuonata la rivendicazione di un grande sciopero generale unitario contro Governo, Confindustria e contro i tagli imposti dall’Unione europea. A molte di queste manifestazioni hanno preso parte, in maniera unitaria, anche le delegate e i delegati autoconvocati che stanno promuovendo da giorni un appello per uno sciopero generale e generalizzato e per un incontro nazionale autoconvocato di delegate/i, rsu, rsa e comitati di lavoratori che non hanno possibilità di una rappresentanza classica (precari, immigrati, ecc…).
Per questi motivi vi invitiamo a firmare questo appello e a diffonderlo in ogni angolo del paese, in ogni azienda, settore o sindacato tra le lavoratrici ed i lavoratori che lo condividono (vedi l'elenco delle/dei prime/i firmatari/e).

Ma una firma non basta a fermare l’offensiva padronale. Dobbiamo incontrarci e costruire punti di convergenza utili alla mobilitazione, alla resistenza alla crisi e alla costruzione dal basso dello sciopero generale e generalizzato di cui c’è bisogno.

Diamo appuntamento a tutte e tutti per una grande 
a pochi minuti dalla fermata "Colosseo" della Metro B (vedi mappa)
per comunicarci l'adesione o il sostegno all'assemblea del 26, o per ogni altra comunicazione: mail:scioperogenerale@gmail.com