da Korvo Rosso
sabato 5 marzo 2011
We Divest
di Rabbi Alissa Wise
Dear Luciano,
Earlier this week, I was reminded of one of my first lessons in effective organizing: boycotts, divestment campaigns, and government sanctions work.
I think it’s time to use these tools to bring an end the Israeli occupation of Palestine. Don’t you? It’s time to take the future into our own hands. Please join me in saying, "We divest."
Click here to ask one of the world's largest retirement funds to divest from Israel's occupation.
In solidarity,
Dear Luciano,
Earlier this week, I was reminded of one of my first lessons in effective organizing: boycotts, divestment campaigns, and government sanctions work.
A quick flip through any book on effective social change will show you:
- In Alabama in 1955 it was the Montgomery Bus Boycott.
- In 1965 in Delano, California, it was the United Farm Workers’ strike and call for boycott of California grape growers.
- And in 1985, it was Artists United Against Apartheid organizing in Sun City, South Africa.
I think it’s time to use these tools to bring an end the Israeli occupation of Palestine. Don’t you? It’s time to take the future into our own hands. Please join me in saying, "We divest."
Click here to ask one of the world's largest retirement funds to divest from Israel's occupation.
The divestment campaign targeting TIAA CREF, one of the world’s largest retirement funds, is growing and thriving—over 20,000 petition signatures, dozens of in-person actions in the past 9 months, and over 20 organizational endorsers including the US Campaign to End the Occupation, Friends of Sabeel North America, Israeli Committee Against Home Demolitions, the US Palestinian Communities Network, and the Palestinian Boycott National Committee.
Over the next four months the campaign is heading into high gear and is announcing the launch of www.WeDivest.org, the online clearinghouse for the campaign to demand that TIAA-CREF divest from the Israeli occupation.
The launch of this website coincides with the beginning of an action-packed Spring signature drive on the campaign. The signature drive will culminate in the annual CREF shareholder meeting this July where we will deliver the many thousand petition signatures we’ve gathered. Be a part of making history.
Over the next four months there will be myriad opportunities to be part of the signature drive campaign all to be found on www.WeDivest.org.
As Martin Luther King Jr. reminded us during the many boycott efforts of the American Civil Rights Movement—the arc of history is long, but it bends toward justice. Be a part of the bend toward justice in Palestine/Israel—and tell TIAA-CREF to divest from Israel's occupation.In solidarity,
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All’inizio di questa settimana mi sono ricordata di una delle prime lezioni in merito alla effettiva organizzazione: della campagne di disinvestimento, boicottaggio, del lavoro delle sanzioni al governo. Un rapido excursus attraverso alcuni libri sui reali cambiamenti mostrerà come :
- In Alabama nel 1955 c’era il boicottaggio al Montgomery Bus
- Nel 1965 a Delano, California ci fu lo sciopero dei Contadini Uniti che invitavano a boicottare i coltivatori d’uva della California
- E nel 1985 c’erano gli Artisti Uniti Contro l’Apartheid che si mobilitarono a Sun City, Sud Africa.
Questi movimenti hanno avuto successo perchè invece di raccontare al popolo di aspettare che i leader di governo facessero le cose giuste, diedero alla gente potenti strumenti che avrebbero potuto usare per porre fine all’ingistuzia . Qui. E ora.
Credo sia venuto il momento di usare questi strumenti per porre fine all’occupazione di Israele in Palestina.
Unitevi a me nel dire : Noi disinvestiamo
Cliccate per chiedere ad una delle più grandi compagnie di gestione di fondi pensione a disinvestire dall’occupazione di Israele.
La campagna di disinvestimento che ha come obbiettivo la TIAA CREF, una delle più grandi finanziarie del mondo nella gestione dei fondi pensione sta crescendo e prosperando – una petizione che ha raccolto oltre 20.000 firme, decine di azioni di militanti susseguitesi negli ultimi nove mesi oltre 20 associazioni organizzative compresa la Campagna Statunitense per la fine dell’occupazione, gli amici di Sabeel Nord America, Il comitato israeliano contro la demolizione delle case, la rete satunitense delle comunità palestinesi e il comitato nazionale palestinese per il boicottaggio .
Nei prossimi quattro mesi la campagna si svilupperà verso un livello più alto, consistente nell’annuncio dell’ apertura del sito www.WeDivest.org, il sito online della campagna per chiedere alla TIAA CREF di disinvestire dalla occupazione di Israele.
Il lancio di questo sito web coincide con l’inizio di una azione incentrata sulla raccolta di firme per la campagna di primavera. Questa raccolta di firme avrà il suo culmine in occasione del meeting nazionale degli azioniste della TIAA-CREF che sarà il prossimo luglio dove noi consegneremo le molte miglia di firme raccolte sulle petizione. Prendi parte al corso della storia .
Nei prossimi quattro mesi ci saranno miriadi di opportunità per prendere parte alla campagna di raccolta firme tutto si può trovare su www.WeDivest.org.
Come Martin Luther King Jr. ci ha ricordato durante i molteplici sforzi di boicottaggio del Movimento americano per i diritti civili – L’arco della storia è lungo ma curva verso la giustizia. Sii parte della curva verso la giustizia nel conflitto Israelo Palestinese e chiedi alla TIAA-CREF di disinvestire dall’occupazione di Israele.
In solidarietà
Rabbi Alissa Wise
Per aderire alla campagna, cliccare sulle frasi in violetto del testo inglese.
venerdì 4 marzo 2011
FROSINONE E' ANTIFASCISTA
da Rete Antifascista antirazzista del Basso Lazio.
Siamo lieti di annunciare che nella seduta del consiglio comunale dell 2 marzo scorso, l'assise ha approvato la mozione che segue, presentata dal Consigliere Francesco Smania della Lista la Sinistra di Frosinone. Fortunatamente le istituzioni della nostra città, a differenza di sedicenti democratici che in nome di Voltaire scambiano la libertà di pensiero con un attentato alla Costituzione, hanno mostrato una grande sensibilità democratica e rispetto vero per la Carta Costituzionale.
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Siamo lieti di annunciare che nella seduta del consiglio comunale dell 2 marzo scorso, l'assise ha approvato la mozione che segue, presentata dal Consigliere Francesco Smania della Lista la Sinistra di Frosinone. Fortunatamente le istituzioni della nostra città, a differenza di sedicenti democratici che in nome di Voltaire scambiano la libertà di pensiero con un attentato alla Costituzione, hanno mostrato una grande sensibilità democratica e rispetto vero per la Carta Costituzionale.
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Presentazione di Mozione al Consiglio Comunale:
Proposta di mozione presentata dal Cons. Francesco Smania avente come oggetto “Pronunciamento da parte del Consiglio Comunale sulla difesa dei valori di uguaglianza e antifascisti della Costituzione, da qualche tempo minacciati, anche nella nostra città, da tentativi di revisione storica”.
PREMESSO CHE
-Proprio perchè il frequente disinteresse e a volte connivenza delle istituzioni ha determinato il prolifeare di movimenti e opinioni di stampo neofascista con conseguenti stati di tensione sociale, vogliamo che la stessa indifferenza non si verifichi anche a Frosinone
CONSIDERATO CHE:
- la legge n.645 del 1952, norma attuativa della XII diposizione transitoria e finale (comma primo della Costituzione) Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 giugno 1952, n. 143.
Punisce “Chiunque promuove, organizza o dirige associazioni, movimenti o gruppi di persone non inferiori a 5, che perseguono finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica, o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione, o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito, o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.
-al di la delle imposizioni di legge la Costituzione italiana è una costituzione compiutamente antifascista non perchè è stata scritta da antifasciti desiderosi di vendicarsi dei torti subiti ma per voltare definitivamente pagina rispetto alla triste esperienza del fascismo e della guerra.
- per tali scopi i Costituenti hanno sentito il bisogno di rovesciare completamente le categorie che caraterizzano il fascismo. Come il fascismo era alimentato da spirito di fazione ed assumeva la discriminazione come propria categoria fondante (sino all’estrema abberrazione delle leggi razziali), così la Costituzione ha assunto l’eguaglianza e l’universalità dei diritti dell’uomo come fondamento del suo ordinamento.
- l’antifascismo non risiede solo nella XII disposizione transitoria e finale che vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista, ma sta anche e soprattutto nei fondamenti e nell’architettura del sistema costituzionale i cui principi sono antitetici a quelli proclamati o praticati dal fascismo e quindi impedisce che forze caratterizzate da cultura e aspirazioni antidemocratiche possano avere agibilità e leggittimità all’interno del sistema stesso.
TUTTO CIO’ PREMESSO
CHIEDO CON FORZA CHE QUESTO CONSIGLIO
- prenda una sua posizione a riguardo accogliendo la mia richiesta di negare il permesso allo svolgimento per ora e per il futuro di qualunque manifestazione od attività che si rifacciano al fascismo o che vengano organizzate da soggetti fascisti. Il minimo comune denominatore tra i valori ed i diritti sanciti dalla costituzione è l’antifascismo, se cade questo cade tutto. I valori inalienabili della Costituzione sono : difesa del diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, alla libertà di culto e delle diverse tendenze sessuali. La difesa di questi elementi equivale alla difesa della libertà e della dignità delle persone: proprio ciò che invece il fascismo cerca di calpestare e di annullare. Per questo i sempre più diffusi tentativi di restaurazione dell’ideologia fascista, che godono tra l’altro dell’appoggio politico ed economico della parte più gretta e pericolosa della destra al governo, rappresentano un grave pericolo che sarebbe un errore imperdonabile sottovalutare.
Videocon, Arancia Metalmeccanica
Partito della Rifondazione Comunista
Circolo Spartacus di Frosinone
Domenica 6 marzo, durante la mattinata dalle ore 10,00 alle 13,00, in largo Turriziani all’interno del mercatino domenicale e nel piazzale del Sacro Cuore il Prc di Frosinone organizzerà due spazi nei quali si svolgerà una sottoscrizione per aiutare economicamente gli operai della Videocon condannati a pagare una multa di 3750 euro per aver occupato l’autostrada A1 nel corso delle loro manifestazioni di protesta in difesa del posto di lavoro. Tutti coloro che daranno il loro contributo per questa giusta causa avranno in cambio una retina di arance biologiche provenienti dalla Sicilia, coltivate e raccolte senza sfruttamento dei lavoratori. Chi crede come noi che la difesa del proprio posto di lavoro non debba essere condannata è invitato a dare il proprio contributo per aiutare questi lavoratori che dopo essere stati sfruttati dai vari padroni che si sono succeduti alla guida della fabbrica, ora vengono anche perseguitati dalla legge. Si ricorda che si tratta di operai in cassa integrazione, e che la cifra della multa che è stata loro comminata rappresenta il guadagno di diversi mesi. Fidiamo nella solidarietà dei cittadini.
Frosinone, 04-03-2011
Andrea Cristofaro (segretario del circolo Prc di Frosinone)
Tutta casa letto e Chiesa
I Commedianti presentano
“TUTTA CASA, LETTO E CHIESA”
di Franca Rame e Dario Fo
Regia di Luciano D'Arpino
con Francesca Di Fazio
Luci e suoni: Maurizio Trasolini
Frosinone, teatro Arci 6-7-8 marzo 2011
domenica alle ore 18, lunedì e martedì alle ore 21
PRESENTAZIONE
Dopo il grande successo ottenuto dai primi due spettacoli della rassegna il “Teatro teatrale” (Il papiro del Cosa e Arrevoglie glie sbracone) i Commedianti per il terzo appuntamento si cimentano con due mostri sacri del teatro contemporaneo. Dario Fo e Franca Rame. <Tutta casa, letto e chiesa – afferma il regista Luciano D'Arpino – è un monologo comico-grottesco sulla condizione femminile. Si ride, si pensa, si denuncia. E’ la dimostrazione di come si possa fare del teatro d’attualità senza cadere nella trappola dello spettacolo a tesi>.
Franca Rame lo ha sempre presentato così: “Lo abbiamo scelto apposta: prima di tutto perché noi donne sono duemila anni che andiamo piangendo e questa volta ridiamo insieme e magari ci ridiamo anche dietro, e poi perché un signore che di teatro se ne intendeva molto, certo Molière, diceva: Quando vai a teatro e vedi una tragedia, ti immedesimi, partecipi, piangi, piangi, piangi, piangi, poi vai a casa e dici: come ho pianto bene questa sera! E dormi rilassato. Il discorso politico ti è passato addosso come l’acqua sul vetro. Mentre invece per ridere ci vuole intelligenza, acutezza. Ti si spalanca nella risata la bocca, ma anche il cervello e, nel cervello, ti si infilano i chiodi della ragione!
Ci auguriamo che questa sera qualcuno se ne torni a casa con la testa inchiodata!”
“TUTTA CASA, LETTO E CHIESA” è un testo teatrale di straordinaria attualità; dal debutto a Milano, alla palazzina Liberty, nel 1977, è diventato un cult e viene tuttora rappresentato in diversi Paesi del mondo.
Giù le mani imperialiste dalla Libia!
Dichiarazione della lega internazionale dei lavoratori - quarta internazionale
Muammar Gheddafi sta rispondendo con la violenza militare all'insurrezione contro la sua dittatura che dura da 42 anni. La guerra civile sta facendo migliaia di vittime.
Gheddafi sta usando l'artiglieria pesante e l'aviazione contro le città delle quali ha perso il controllo e contro i quartieri della capitale che ancora sono nelle sue mani ma nei quali si sono prodotte mobilitazioni contro di lui. Gheddafi non sta utilizzando la sua macchina militare solo contro le masse che si sono armate per rovesciarlo ma anche contro la popolazione inerme nello stile del "migliore" Hitler. Ha minacciato diverse città di bombardamenti aerei se non mostreranno un appoggio incondizionato alla sua persona. Centinaia di migliaia di tunisini e di lavoratori immigrati di altri Paesi sono in fuga dai massacri che il dittatore sta scatenando. Ma, nonostante la brutale reazione di Gheddafi, l'insurrezione ha preso il controllo di gran parte del Paese e le milizie popolari stanno serrando i ranghi per dirigersi su Tripoli per cacciare il dittatore. Gheddafi continua a sferrare duri contrattacchi, non c'è nulla di definito, ma sembra che stia perdendo la guerra.
Gheddafi sta usando l'artiglieria pesante e l'aviazione contro le città delle quali ha perso il controllo e contro i quartieri della capitale che ancora sono nelle sue mani ma nei quali si sono prodotte mobilitazioni contro di lui. Gheddafi non sta utilizzando la sua macchina militare solo contro le masse che si sono armate per rovesciarlo ma anche contro la popolazione inerme nello stile del "migliore" Hitler. Ha minacciato diverse città di bombardamenti aerei se non mostreranno un appoggio incondizionato alla sua persona. Centinaia di migliaia di tunisini e di lavoratori immigrati di altri Paesi sono in fuga dai massacri che il dittatore sta scatenando. Ma, nonostante la brutale reazione di Gheddafi, l'insurrezione ha preso il controllo di gran parte del Paese e le milizie popolari stanno serrando i ranghi per dirigersi su Tripoli per cacciare il dittatore. Gheddafi continua a sferrare duri contrattacchi, non c'è nulla di definito, ma sembra che stia perdendo la guerra.
L'imperialismo è stato alcuni giorni in silenzio all'inizio dell'insurrezione libica per passare poi, visto che Gheddafi non riusciva a fermare l'insurrezione, a chiedergli di smettere di usare la violenza e di negoziare con l'opposizione. E solo ora, quando vede che la rivolta può essere vincente, sta affermando che Gheddafi deve lasciare il potere e deve essere giudicato. La Libia è un importate esportatore di petrolio e gas, principalmente in Europa e negli Stati Uniti. Dobbiamo inoltre ricordare che l'imperialismo e in particolare quello europeo hanno sostenuto Gheddafi negli ultimi anni. Gheddafi e la sua famiglia hanno forti intrecci con la borghesia europea alla quale sono legati in molteplici affari e proprietà. Per questo in tutti questi anni la borghesia imperialista ha chiuso gli occhi ignorando repressione e torture.
Davanti alla forza dell'insurrezione l'imperialismo ha avuto bisogno di prendere le distanze da Gheddafi sperando di trovare una soluzione negoziata. In Egitto l'imperialismo ha i suoi diretti sottoposti nell'esercito, che è rimasto intatto e con il quale sta tentando la smobilitazione in modo che si possano mantenere i patti che legano l'Egitto all'imperialismo e per garantire l'esistenza di Israele. Essendo rimasta intatta la principale istituzione dello Stato borghese, l'esercito, finanziato dagli Stati Uniti per anni, l'imperialismo non ha ritenuto necessario l'intervento armato in Egitto. Inoltre l'imperialismo ha di fronte in Egitto un'opposizione al regime che non si è posta come obiettivo la distruzione di questo esercito. E' l'opposto di ciò che sta succedendo in Libia.
Davanti alla forza dell'insurrezione l'imperialismo ha avuto bisogno di prendere le distanze da Gheddafi sperando di trovare una soluzione negoziata. In Egitto l'imperialismo ha i suoi diretti sottoposti nell'esercito, che è rimasto intatto e con il quale sta tentando la smobilitazione in modo che si possano mantenere i patti che legano l'Egitto all'imperialismo e per garantire l'esistenza di Israele. Essendo rimasta intatta la principale istituzione dello Stato borghese, l'esercito, finanziato dagli Stati Uniti per anni, l'imperialismo non ha ritenuto necessario l'intervento armato in Egitto. Inoltre l'imperialismo ha di fronte in Egitto un'opposizione al regime che non si è posta come obiettivo la distruzione di questo esercito. E' l'opposto di ciò che sta succedendo in Libia.
In Libia l'esercito è stato distrutto, settori dei soldati e degli ufficiali disertano passando dalla parte dell'insurrezione. I mercenari stranieri, con buoni salari, difendono Gheddafi; mentre il resto dell'esercito (di leva) si è dissolto ed è passato con gli insorti, essendo crollata la struttura di comando. Con gli insorti ci sono migliaiaia di civili che hanno preso le armi dell'esercito e si sono organizzati per farla finita con la dittatura: è proprio a queste milizie che si stanno unendo soldati e ufficiali.
Neppure i politici, funzionari governativi e diplomatici, che hanno rotto con Gheddafi sono la direzione della rivoluzione. Molti di loro hanno passato tutta la vita accanto a Gheddafi e lo hanno abbandonato solo quando hanno visto che la brutalità della risposta del loro capo non serviva a porre fine all'insurrezione. Quando hanno cercato di creare un governo provvisorio, come ha fatto l'ex ministro della Giustizia di Gheddafi, sono stati immediatamente sconfessati dalla resistenza.
Neppure i politici, funzionari governativi e diplomatici, che hanno rotto con Gheddafi sono la direzione della rivoluzione. Molti di loro hanno passato tutta la vita accanto a Gheddafi e lo hanno abbandonato solo quando hanno visto che la brutalità della risposta del loro capo non serviva a porre fine all'insurrezione. Quando hanno cercato di creare un governo provvisorio, come ha fatto l'ex ministro della Giustizia di Gheddafi, sono stati immediatamente sconfessati dalla resistenza.
Questo è il vero problema che ha l'imperialismo: la rivoluzione può rovesciare Gheddafi avendo distrutto l'esercito, con il popolo in armi e senza una chiara opposizione borghese pro-imperialista di ricambio. Una rivoluzione in Libia che si produce nel mezzo della rivoluzione araba in corso. Una vittoria delle masse in queste condizioni mette in pericolo l'intero controllo dell'imperialismo nella regione. Per questo l'imperialismo ha cominciato a intervenire.
Per essere chiari, se realmente l'imperialismo avesse voluto aiutare la resistenza (come dice) le avrebbe fornito armi, ma quello che vuole è impedire il trionfo delle masse libiche e che siano loro a controllare il Paese.
Per essere chiari, se realmente l'imperialismo avesse voluto aiutare la resistenza (come dice) le avrebbe fornito armi, ma quello che vuole è impedire il trionfo delle masse libiche e che siano loro a controllare il Paese.
Il massacro che sta scatenando Gheddafi e lo sdegno internazionale che ha suscitato vengono utilizzati dall'imperialismo per giustificare un intervento armato. Questa intervento militare è già cominciato: navi da guerra degli Stati Uniti si stanno posizionando davanti alle coste della Libia. Obama e Clinton stanno progettando di chiudere lo spazio aereo in Libia col consenso dell'Onu. Ciò significherà che gli aerei della Nato potrebbero entrare in Libia per distruggere l'aviazione con la scusa che potrebbe essere utilizzata per bombardare la popolazione civile. L'imperialismo, principalmente gli Usa, ha iniziato a fare dichiarazioni in cui si afferma che la comunità internazionale deve intervenire per evitare un bagno di sangue e deve farlo nel nome della pace. Stanno anche agitando lo spauracchio di Al Qaeda, paventando che possa arrivare a controllare aree della Libia, la stessa cosa che sostiene Gheddafi.
Questo tipo di dichiarazioni l'imperialismo le fa per giustificare, anche attraverso l'Onu, l'invio di caschi blu per "garantire la pace" e naturalmente per ricostruire uno Stato semicoloniale o ricostruirlo direttamente come una colonia. L'occupazione della Libia non viene scartata e diviene ancor più probabile in quanto l'imperialismo agita lo spauracchio di una lunga guerra civile in questo Paese o denuncia che con la caduta di Gheddafi potrebbe esserci un vuoto di potere. Se l'imperialismo riesce ad occupare la Libia potremmo trovarci di fronte a una nuova colonia, come Haiti, controllata dalle truppe al servizio dell'imperialismo.
Fidel Castro, Chavez e Daniel Ortega tentano di giustificare il loro sostegno a Gheddafi dicendo che l'imperialismo è contro Gheddafi e se invade la Libia lo fa perché gli è contro. Quando quel che accade è esattamente il contrario, l'imperialismo ha sostenuto Gheddafi e se arriverà ad invadere la Libia sarà per difendere gli accordi che aveva con Gheddafi e per cercare di controllare il Paese. E' vergognoso che questi dirigenti che vogliono apparire come i rappresentanti della sinistra continuano a difendere un macellaio che era amico dell'imperialismo. La verità è che Gheddafi è il Somoza (il dittatore del Nicaragua rovesciato dalla rivoluzione sandinista) o il Batista (il dittatore rovesciato dalla rivoluzione cubana) della Libia.
Questo tipo di dichiarazioni l'imperialismo le fa per giustificare, anche attraverso l'Onu, l'invio di caschi blu per "garantire la pace" e naturalmente per ricostruire uno Stato semicoloniale o ricostruirlo direttamente come una colonia. L'occupazione della Libia non viene scartata e diviene ancor più probabile in quanto l'imperialismo agita lo spauracchio di una lunga guerra civile in questo Paese o denuncia che con la caduta di Gheddafi potrebbe esserci un vuoto di potere. Se l'imperialismo riesce ad occupare la Libia potremmo trovarci di fronte a una nuova colonia, come Haiti, controllata dalle truppe al servizio dell'imperialismo.
Fidel Castro, Chavez e Daniel Ortega tentano di giustificare il loro sostegno a Gheddafi dicendo che l'imperialismo è contro Gheddafi e se invade la Libia lo fa perché gli è contro. Quando quel che accade è esattamente il contrario, l'imperialismo ha sostenuto Gheddafi e se arriverà ad invadere la Libia sarà per difendere gli accordi che aveva con Gheddafi e per cercare di controllare il Paese. E' vergognoso che questi dirigenti che vogliono apparire come i rappresentanti della sinistra continuano a difendere un macellaio che era amico dell'imperialismo. La verità è che Gheddafi è il Somoza (il dittatore del Nicaragua rovesciato dalla rivoluzione sandinista) o il Batista (il dittatore rovesciato dalla rivoluzione cubana) della Libia.
Di fronte a un possibile intervento militare dell'imperialismo in Libia, salutiamo con favore il fatto che la resistenza abbia chiarito che non accetta alcun tipo di intervento imperialista. A Bengasi, quando hanno sentito le dichiarazioni di Hillary Clinton, sono apparsi grandi cartelli con parole d'ordine contrarie all'intervento degli Stati Uniti.
Per farla finita con Gheddafi il popolo libico può e deve contare sull'aiuto di tutto il popolo arabo, prima che l'imperialismo riesca ad intervenire per impedire la sua vittoria. Abbiamo già visto la solidarietà che si è manifestata in Tunisia e in Egitto. Ora è necessario che all'insurrezione, oltre che cibo e farmaci, possano arrivare armi e munizioni, che si organizzino milizie armate arabe, dell'Egitto e dalla Tunisia, per combattere al fianco dei loro fratelli libici.
Per farla finita con Gheddafi il popolo libico può e deve contare sull'aiuto di tutto il popolo arabo, prima che l'imperialismo riesca ad intervenire per impedire la sua vittoria. Abbiamo già visto la solidarietà che si è manifestata in Tunisia e in Egitto. Ora è necessario che all'insurrezione, oltre che cibo e farmaci, possano arrivare armi e munizioni, che si organizzino milizie armate arabe, dell'Egitto e dalla Tunisia, per combattere al fianco dei loro fratelli libici.
La vittoria della rivoluzione in Libia sarà una vittoria della rivoluzione araba, una vittoria che darà nuovo impulso alle rivoluzioni in corso e sicuramente produrrà nuove mobilitazioni in altri Paesi. Inoltre, per le sue caratteristiche, la rivoluzione libica, che è andata molto più al fondo nel distruggere l'esercito, può portare avanti l'insieme della rivoluzione araba, mettendo in discussione il controllo imperialista della regione e in particolare i governi e i regimi provvisori di Egitto e Tunisia, che cercano di stabilizzare la situazione dopo la caduta dei dittatori.
Noi, lavoratori e masse popolari del mondo, dobbiamo essere al fianco della rivoluzione libica contro la dittatura di Gheddafi e impedire che l'imperialismo possa invadere questo Paese. E' necessario che nei Paesi imperialisti demistifichiamo la campagna propagandistica che stanno facendo per giustificare l'intervento militare, mobilitandoci contro i governi che preparano piani d'occupazione della Libia.
Noi, lavoratori e masse popolari del mondo, dobbiamo essere al fianco della rivoluzione libica contro la dittatura di Gheddafi e impedire che l'imperialismo possa invadere questo Paese. E' necessario che nei Paesi imperialisti demistifichiamo la campagna propagandistica che stanno facendo per giustificare l'intervento militare, mobilitandoci contro i governi che preparano piani d'occupazione della Libia.
(traduzione dallo spagnolo di Giovanni “Ivan” Alberotanza)
Spegnere il fuoco con la benzina
di Luciano Granieri
Come è ormai evidente a tutti dopo svariate analisi, considerazioni, valutazioni dei misuratori economici, la crisi non è affatto conclusa. Anzi la smania capitalista di voler risolvere il crack usando le armi che l’hanno provocato, acuisce ancora di più gli effetti nefasti che si riversano su lavoratori, disoccupati, insegnanti, ricercatori. Risolvere con artifizi finanziari e speculativi i problemi che proprio la finanza e la speculazione hanno creato è da mentecatti, oppure è da furbi. Infatti, proprio in nome della crisi che diminuirebbe la nostra competitività sui mercati, si è approfittato per ridurre ulteriormente salari, diritti, accesso ai servizi pubblici fondamentali come scuola e sanità. Sono passate bestialità come il piano Marchionne e lo statuto dei lavori del Ministro Sacconi. Insomma si è continuato ancora di più a rubare ai poveri per dare ai ricchi. Il risultato è che chi aveva la yacht da 40 metri ora può acquistarne uno da 50, chi aveva a malapena il reddito necessario per sopravvivere, oggi non ha nemmeno quello. Tutto ciò in nome di una competitività che per le persone normali, significa competere contro il tempo per arrivare a fine mese con un misero stipendio. Ciò detto troviamo utile ogni contributo e discussione che si attivi su tali questioni, per cui con molto piacere abbiamo partecipato all’assemblea pubblica organizzata dal coordinamento provinciale dell’Unione Sindacati di Base (Usb) che ha voluto riunire, sindacati, associazioni, cittadini e amministratori locali, per un’analisi del problema e una sua eventuale proposta di soluzione. L’11 marzo scorso, ci siamo ritrovati, presso il salone di rappresentanza della Provincia di Frosinone a dibatterne con Paolo Sabatini dell’Esecutivo Confederale Nazionale USB , Severo Lutrario del coordinamento Acqua Pubblica della provincia di Frosinone, nonché membro dell’esecutivo provinciale USB , Francesco Notarcola, presidente della consulta delle associazioni di Frosinone e due amministratori locali Francesco Trina Assessore Provinciale per le attività produttive, e il sindaco di Frosinone Michele Marini. In particolare Trina aveva il compito di illustrare le conseguenze della crisi sul tessuto produttivo provinciale e le eventuali misure che la Provincia ha messo o metterà in atto per ridurne gli effetti, mentre il Sindaco Marini doveva spiegare le conseguenze dei tagli effettuati dal governo sulle risorse destinate ai comuni. Le analisi sono state totalmente concordi. Si è certificata una devastante crisi che attanaglia in modo selvaggio la nostra provincia. Si è altresì certificato che le conseguenze ricadono esclusivamente sul lavoro dipendente e, ancora, si è accertato che Province e Comuni , privati progressivamente dei fondi statali , costretti inoltre ad anticipare somme dovute dalla Regione, poco possono fare. Tutti d’accordo dunque? Sull’analisi si, è il rimedio che non ci convince , soprattutto ascoltando le ricette proposte dell’Assessore Trina. Nell’esposizione del programma provinciale per limitare gli effetti della crisi, Francesco Trina ha posto soluzioni trite e ritrite, sintomo che la questione non è ancora chiara o non vuole essere percepita. Abbiamo sentito discettare di masterplan, di microcredito, di finanziamenti agevolati il tutto per consentire a chi è senza lavoro o è in cassa integrazione di aprire un’attività propria, con l’aiuto di consulenti messi a disposizione della Provincia. Ve lo immaginate un dipendente della Multiservizi che non percepisce gli stipendi arretrati perché fagocitati dai voraci manager pagare anche la rata di un ulteriore finanziamento , o un cassaintegrato della Videocon che, oltre alle bollette e la multa per occupazione dell’autostrada, deve farsi carico di un altro esborso per l’apertura di un’attività dal futuro incerto? Non sarà il caso di rivedere il sistema e mettere qualche soldo in più nelle tasche dei lavoratori ? Attraverso le maggiori entrate di una “PATRIMONIALE” ,ad esempio. Oppure, rimanendo a livello locale, cosa impedisce di effettuare degli incroci fra le utenze, le proprietà e la denuncia dei redditi di un cittadino per scoprire se esiste evasione fiscale? La crisi si è determinata per colpa di quegli stessi istituti che dovrebbero erogare il microcredito e il finanziamento per consentire l’apertura delle nuove imprese di cui parla Trina. E’ chiaro o no che non si può spegnere l’incendio con taniche di benzina? Affinché chi deve intendere intenda, per ribadire ancora una volta che la crisi la devono pagare i veri colpevoli e non le vittime diventa necessario e fondamentale scioperare e scendere in piazza l’11 marzo prossimo affianco dell’USB . Cominciamo a prendere in mano il nostro futuro !!!!!
Di seguito alcuni interventi :
giovedì 3 marzo 2011
Briganti
di Giovanni Morsillo
Caro Luciano,
a proposito del post da voi pubblicato (giustamente e doverosamente) a firma dell'Ass. "20 Ottobre" riguardante la conferenza sul brigantaggio che si svolgerà ad Arce, vorrei esprimere qualche considerazione personale, pur non essendo esperto di storia né avendo altro titolo che quello di cittadino meridionale figlio di emigrati al nord.
Le tesi sviluppate nel documentario che verrà presentato, e che ho avuto la fortuna di vedere in una precedente iniziativa, tesi legittime e legittimamente discutibili, sebbene offerte al pubblico in modo frammentario hanno un filo conduttore che le rende organiche. Tali tesi, infatti, tendono a sostenere che il brigantaggio fu una guerra civile (tesi ripetuta con troppa sicurezza anche nel post della "20 Ottobre") di resistenza all'occupazione piemontese del Regno di Napoli.
Ora, siamo tutti consapevoli che il Risorgimento assunse caratteri rivoluzionari solo in parte e quasi solo al Nord, sebbene l'accoglienza popolare ai garibaldini sia stata tutt'altro che ostile, basta dare uno sguardo alle cronache sui fatti di Palermo e via via risalendo lo Stivale. Certamente una guerra di ocupazione, di liquidazione del vecchio regime borbonico, non fu organizzata dalle masse contadine del mezzogiorno; altrettanto sicuramente le politiche di spoliazione e di segregazione del Sud da parte del Regno d'Italia sono documentate sia dalle analisi di meridionalisti seri come Guido D'Orso o Giustino fortunato, o ancora dalle inchieste governative e non dell'epoca successiva, e del resto non si sono arrestate nemmeno con la fine del Regno e la caduta del fascismo.
Tuttavia, questo non basta a definire il brigantaggio come forza rivoluzionaria o anche solo resistente nel senso di una coscientizzazione meridionalista dei contadini del Sud. Ad esempio, se nel filmato si enunciano (anche con qualche esagerazione di alcuni intellettuali intervistati) le grandezze borboniche, peraltro con una lettura parziale (ad esempio: è verissimo che la prima ferrovia italiana, se così si può dire, è la Napoli-Portici, ma come tutti sanno non fu ideata e costruita per la mobilità dei sudditi e nemmeno delle merci, ma semplicemente per il divertimento del re), ma si tralascia in buona parte il fatto che i cosiddetti combattenti del brigantaggio furono non solo ben visti, ma potentemente foraggiati oltre che dalla Casa Reale come ovvio, da potenze straniere interessate per diverse ragioni al mantenimento dello statu quo, prima fra tutte lo Stato Pontificio. E sembra anche non siano esistiti il sanfedismo e la cruenta repressione dei giacobini a Napoli; Luisa Sanfelice è forse una leggenda? Lo Stato borbonico era davvero così benevolo con i suoi sudditi? Le ricchezze enormi di cui dispooneva e di cui ancora oggi vediamo le fastose vestigia, erano a disposizione del popolo?
Parlare quindi del processo unitario come guerra di annessione nell'interesse della borghesia emergente del Nord è scontato e non aggiunge nulla a quanto i libri di testo dicono ampiamente, per tacere degli storici. Accreditare il brigantaggio come lotta rivoluzionaria o resistente dei contadini del Sud è quanto meno impreciso.
Non so se le tesi che verranno espresse nel convegno saranno dello stesso tenore, ma la presentazione che ne fa la "20 Ottobre" non fa credere diversamente.
In ogni caso, il brigantaggio fu subìto dai contadini poveri, non certo sostenuto volontariamente. Le bande che scorrazzavano per le nostre montagne e campagne erano interessate a ben altro che la liberazione del Sud, agivano per fini propri e terrorizzavano le popolazioni. Il contorno di superstizione religiosa, di venerazione del re e di attaccamento alla terra non ne modificano la sostanza di ladroni senza scrupoli, il che ovviamente non assolve i piemontesi di alcuna delle loro malefatte ( a cominciare da quelle contro gli stessi garibaldini e contro Garibaldi in prima persona).
Leggere in questo modo la storia, però, presta il fianco inopportunamente alle tesi antiunitarie non solo del leghismo ignorante, ma anche di un certo clericalismo militante (CL) che da decenni va sostenendo che il Risorgimento e l'Unità d'Italia siano stati in realtà una criminale guerra coloniale e basta. Sul "e basta" direi che si deve riflettere molto.
Mi scuso per l'eccesiva schematicità della nota, ma la materia ha richiesto sforzi e pubblicazioni di ben altro livello, e non pretendo certo io di chiarire le cose. Sento però il bisogno di invitare tutti, per la serietà di ognuno degli illustri e qualificati partecipanti alla manifestazione, a non concedere nulla al romanticismo se si vuole fare un lavoro utile a chi voglia comprendere e non solo eccitarsi.
Saluti meridionali.
Giovanni.
mercoledì 2 marzo 2011
Concorrenza Sleale
da il Coordinamento Nazionale della Freedom Flotilla Italia
Lo Stato di Israele spende ogni anno milioni di euro per promuovere la propria immagine nel mondo e, nel contempo, diffamare gli avversari e, in generale, chi dissente dalle sue politiche. L’aspetto propagandistico è molto importante per un Paese che si trova a dover fronteggiare l’ostilità di gran parte dell’opinione pubblica internazionale, nonostante le ingenti risorse di cui dispone e la collaborazione di molti opinion makers legati alle lobbies israeliane.
Dopo l’aggressione alla Striscia di Gaza ed il massacro dei nove attivisti della Freedom Flotilla, l’immagine dello Stato di Israele nel mondo si è ulteriormente deteriorata, rafforzando le campagne di boicottaggio già in atto da alcuni anni. Consapevoli di questa realtà, le autorità israeliane hanno aumentato gli investimenti sul terreno della propaganda e della disinformazione, con una particolare attenzione verso le nuove tecnologie comunicative, come internet ed i social network. Gli elementi di fondo della grancassa israeliana sono rimasti sostanzialmente quelli di sempre: rappresentazione di Israele come baluardo della democrazia occidentale in un mondo arabo in preda al fondamentalismo, giustificazione del genocidio palestinese in nome della lotta al terrorismo e diffamazione di critici ed avversari, sistematicamente presentati come antisemiti, senza riguardo nemmeno per i numerosi Ebrei contrari all’occupazione ed alla repressione dei Palestinesi.
Israele, dunque, impegna risorse notevoli, sia finanziarie che umane, per contrastare gli avversari delle proprie politiche, ricorrendo senza scrupoli ad ogni forma possibile di mistificazione e diffamazione. Per esempio, non potendo negare l’assassinio dei nove attivisti della Freedom Flotilla, la propaganda israeliana ha cercato di farli passare per terroristi o fiancheggiatori del terrorismo: ricordiamo qui la vicenda della parlamentare italiana Fiamma Nirenstein, che per mesi ha detto e scritto che l’associazione turca IHH, cui appartenevano gli attivisti assassinati, era un’organizzazione terroristica riconosciuta, messa al bando dalla Germania e inserita nella black list del Dipartimento di Stato U.S.A. Smascherata in una conferenza stampa dagli attivisti della Freedom Flotilla Italia, che hanno dimostrato come l’organizzazione fuorilegge in Germania e negli U.S.A. fosse in realtà una formazione tedesca, che con l’associazione umanitaria turca IHH aveva in comune solo l’acronimo, la (poco) onorevole Nirenstein si è ben guardata dallo scusarsi per le sciocchezze che aveva diffuso a piene mani, ma, almeno, ha cambiato argomenti.
A parte gli alti e bassi dal punto di vista dell’efficacia, l’impegno israeliano contro i critici è obiettivamente ragguardevole. Non si capisce, quindi, perché ci sia gente che tenta di rubare il lavoro a chi già lo svolge con tanta dedizione e competenza.
Doversi misurare con la propaganda israeliana è un fattore che ogni attivista solidale con la Palestina ha sempre messo in conto. Diversamente, da quando è iniziata la preparazione della partecipazione italiana alla nuova Freedom Flotilla, che il prossimo maggio punterà nuovamente verso Gaza assediata, è iniziato “anche dentro ambiti di movimento” un lavoro – fantasioso ma certosino – di diffamazione dell’iniziativa, che aiuta e aiuterà parecchio la black propaganda israeliana, proprio perché animata da soggetti diversi, tutti interni – o ritenuti tali – al movimento di solidarietà con il popolo palestinese. Nell’ordine, la neonata Freedom Flotilla Italia è stata velatamente o apertamente accusata di:
§ collaborazionismo con il governo turco nella repressione dei Curdi, a causa della presenza nella coalizione internazionale della Freedom Flotilla 2 dell’associazione turca IHH;
§ agire nel solo interesse di Hamas e del fondamentalismo islamico;
§ essere infiltrata dai fascisti;
§ essere finanziata da non si sa chi;
§ essere finanziata dai fascisti, attraverso un’associazione di estrema destra guidata da personaggi coinvolti nell’arruolamento di mercenari per guerre e regimi di diversi Paesi.
Per la verità, qualcuno (sempre da “sinistra”) ha adombrato anche un interessamento verso la Freedom Flotilla da parte di Al Qaeda, ma questa versione non è andata oltre il sussurro da corridoio, mentre tutto il resto è stato veicolato con migliaia di e-mail, comunicazioni più o meno “confidenziali”, interventi in riunioni, ecc.
A promuovere e condurre questa capziosa campagna diffamatoria sono forze e soggetti diversi, ma tutti, ufficialmente, solidali con il popolo palestinese: si tratta principalmente di esponenti di ONG finanziate sia da governi di sinistra che di destra (a seconda di chi governa, ovviamente), ma non mancano i settori “antagonisti” un po’ troppo islamofobi o semplici scriteriati appassionati del gossip.
Questo intenso lavorio ovviamente non ha né fermato e nemmeno rallentato la crescita della coalizione italiana per la Freedom Flotilla 2, ma ha provocato un comprensibile malessere ed una certa confusione in alcune aree di movimento.
Ora, a noi piace essere chiari: i nostri obiettivi e finalità sono indicati nel Manifesto della Freedom Flotilla 2, nel quale, fra l’altro, si può leggere che “Ci riconosciamo nei valori fondamentali dell’antifascismo, della solidarietà e del diritto all’autodeterminazione dei popoli”. La Freedom Flotilla è un’iniziativa della società civile internazionale in solidarietà con la società civile palestinese, dunque senza sponsorizzazioni politiche e/o governative, né in Italia, né altrove. I fondi per la realizzazione dell’iniziativa provengono (in Italia come in Francia, in Canada, in Spagna e in tutti i Paesi che parteciperanno) da donazioni, cene sociali, concerti e sottoscrizioni effettuate in diverse occasioni, naturalmente anche da parte di decine di migliaia di cittadini di religione musulmana e persino di pelle scura, i quali – a nostro modesto avviso – hanno gli stessi diritti di quelli di pelle bianca che professano altre religioni o non professano alcuna religione.
Detto questo, ci sentiamo in dovere di lanciare un appello ai nostri denigratori “di movimento”, coerentemente con le nostre convinzioni sociali ed umanitarie. Per favore, smettetela di alimentare un meccanismo che semplifica il lavoro agli apparati ideologici e propagandistici israeliani! A fare questo lavoro ci pensano già Fiamma Nirenstein, Pierluigi Battista, Magdi Allam, che non sanno più cosa inventarsi. E allora, perché vi inventate tutto voi?
Per quanto ci riguarda, questo è un passo e chiudo.
In solidarietà,
il Coordinamento Nazionale della Freedom Flotilla Italia
I briganti, patrioti o delinquenti?
di Oreste Della Posta
Nell’ambito dei festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia le Associazioni “20 ottobre” e “Progresso e Solidarietà” organizzano presso la sala consiliare del comune di Arce, l’evento-dibattito: “I briganti, patrioti o delinquenti?”. La manifestazione, che si terrà il 5 marzo prossimo alle ore 17,00, sarà coordinata da Luisa Carducci — associazione «Progresso e Solidarietà» e sarà introdotta dal sindaco di Arce Roberto Simonelli. Sono previsti gli interventi di Brigida Fraioli — assessore alla cultura del comune di Arce, Oreste Della Posta — associazione «20 ottobre», Pierluigi Moschitti e Vincenzo Di Brango — studiosi di storia e Romeo Fraioli — centro studi «B. Nardone».
È prevista la proiezione del documentario, a cura di Vincenzo Di Brango, “Terra è Libertà” che ricostruisce, con un taglio storiografico non coerente all’epopea risorgimentale ufficiale, gli eventi storici che vanno sotto il nome di “unità d’Italia”, prima fra tutte la sanguinosa guerra del brigantaggio che sconvolse il paese per oltre un quinquennio. Il documentario, presentato in anteprima all’università “La Sapienza ” di Roma il 6 dicembre 2010, è stato poi riproposto in diverse sedi tra cui quella dei “Quaderni Calabresi” di Vibo Valentia e del circolo “Amici miei” di Londra. Sarà un occasione per discutere anche della nostra terra che fu coinvolta direttamente nella guerra civile di quegli anni e alimentò il brigantaggio post-unitario con personaggi ancora nella memoria di molti, da Luigi Alonzi (Chiavone) di Scifelli a Domenico Coja (Centrillo) di Cardito, da Domenico Rossini di Roccasecca a Bernardo Colamattei di Colle San Magno, dalla corposa compagine di Sant’Apollinare (Valente, Costantino, Caronte e gliu Zelluso) alle interessanti figure femminili di Rosa Cedrone da San Donato Valcomino e Maria Capitanio di San Vittore del Lazio.
Il titolo "Terra è Libertà” scaturisce dalle osservazioni che l’avv. Nicola Lombardo (impersonato da Ivo Garrani nel commovente film di Florestano Vancini “Bronte, cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato”) presidente del municipio di Bronte, fervido democratico, rappresenta ad una ingenua camicia rossa garibaldina poche ore prima di essere fucilato nel “nome di Garibaldi” da parte delle truppe al comando del genocida Nino Bixio.
“Per i contadini del sud, della Sicilia, la terra è il pane, la terra è libertà!” dice Lombardo e fu proprio in nome della libertà rappresentata dalla promessa di terra che molti patrioti del meridione sacrificarono la loro vita combattendo coloro che invece giunsero al sud per una guerra sporca, fuori dal diritto internazionale, per consolidare il potere liberale che avrebbe fatto del Piemonte un posticcio Stato italiano. Si tratta di un documentario di 56 minuti che, utilizzando molta della filmografia esistente, di registrazioni di trasmissioni televisive (passate spesso in silenzio o nelle ore meno abbordabili per gli utenti tv), ricostruisce il doppio binario su cui si sono snodate le vicende risorgimentali relative all’Unità d’Italia; ossia quel Risorgimento che già dai moti del 1848 ha registrato il popolo come elemento essenziale della lotta sociale senza che le sue esigenze di eguaglianza e libertà trovassero consacrazione nell’esito della lotta e quel Risorgimento avocato dalla massoneria liberale tramite il braccio armato di Cavour e dei Savoia. Per questo la guerra civile degli anni successivi ai finti plebisciti, per questo la rivolta dei contadini (che gli scrittori salariati infamarono con il nome di briganti per citare Gramsci), rappresenta una tappa fondamentale nel patrimonio culturale di questo paese che viene ancora tenuta nascosta, rimossa e taciuta.
È previsto anche un intermezzo musicale con canzoni legate alla tradizione brigantesca e contadina.
martedì 1 marzo 2011
Terrorismi
di Giovanni Morsillo
Israele, poliziotti brutali: bimbo strappato alla madre
Israele, poliziotti brutali: bimbo strappato alla madre
Guardatevi questo filmato. Non è certamente uno dei più cruenti fra quelli che provengono dai Territori. Però ispira pensieri ugualmente sofferti. Forse perché la vittima è un bambino. Ma magari i poliziotti, che ne sanno più di noi, lo conosceranno come capo riconosciuto di qualche fazione di dinamitardi arabi, oppure si sarà macchiato di qualche colpa gravissima, tale da richiedere mezzi di correzione così energici. Sapranno, i poliziotti israeliani, che lui rappresenta un serio pericolo per la stabilità del Medio Oriente, o magari anche solo per lo Stato di Israele assediato dai fanatici, o forse solo per i poveri coloni insediatisi in quelle terre aride che non si chiamano più nemmeno con i loro nomi, ma semplicemente "Territori Occupati".
Eppure, sebbene la legge, pur dura sia la legge, non ci sembra accettabile un trattamento del genere, e non solo per il fatto in sé. Perché se si arriva a questo in modo così sfacciato, vuol dire che l'ambiente ha maturato condizioni di vita disumane, la segragazione e lo scontro sono abituali, e quella gente, che per l'età che dimostra è nata e crasciuta senza conoscere un giorno di pace (o di tregua vera), è abituata a cose che l'uomo non dovrebbe neanche immaginare.
E poi, la realpolitik di un Paese che passa per essere pragmatico, dovrebbe prevedere che se quel bambino avrà la ventura di sopravvivere alle angherie che affronterà crescendo, sarà assai difficile sperare che possa votarsi alla lotta per la democrazia, al confronto civile, alla costruzione di rapporti di convivenza pacifica. A naso, diremmo oggi che le probabilità che si vesta di tritolo e si faccia esplodere in un supermaket siano molto, molto preponderanti.
Nell'attesa la madre, la sorella, gli amici ed i parenti respinti dai poliziotti cosa penseranno? dove cercheranno conforto alla loro disperazione?
III Assemblea Nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori autoconvocati contro la crisi
da Coordinamenti e dei comitati dei lavoratori e lavoratrici autoconvocati contro la crisi.
III Assemblea Nazionale dei Coord e de comitati, delle delegate e delegati, delle lavoratrici e dei lavoratori autoconvocati contro la crisi
Nel 3 incontro Nazionale, riuniti a Roma nel nuovo teatro Colosseo, abbiamo assistito ad un evidente salto di qualità e di partecipazione, rilanciando la necessità di un rinnovato e radicale protagonismo di classe, emerso negli oltre 30 interventi di lavoratori e lavoratrici.
All’assemblea hanno preso parte più di trecento delegati e lavoratori che hanno voluto in tal modo sollecitare la massima unità e la massima incisività nella lotta contro il modello Marchionne che, dopo Mirafiori e Pomigliano, sta estendendosi oltre la stessa Fiat. Quel modello, con il pretesto della crisi e della concorrenza globale, punta allo smantellamento dei diritti e delle tutele sindacali e vuole riportare la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori indietro di un secolo.
La denuncia del piano Marchionne come unico modello di gestione della crisi, ha visto la necessità del rilancio della piattaforma di lotta sulla quale chiedere una mobilitazione vasta e unitaria contro queste politiche antipopolari:
- .Blocco dei licenziamenti, delle chiusure delle fabbriche, delle esternalizzazioni, dei tagli all’istruzione, alla ricerca e alla spesa sociale;
- · lotta all’aumento dei ritmi e alla produttività;
- · contro le speculazioni edilizie e finanziarie, principali cause di chiusure e delocalizzazioni;
- · per la distribuzione del lavoro: “lavorare meno lavorare tutti” a parità di salario; per l’accesso e la continuità del reddito;
- · per la stabilizzazione di tutti i precari|e e gli atipici, cancellazione delle leggi sulla precarietà
- · per dire No all’eliminazione del CCNL e alla ristrutturazione dei diritti di tutto il mondo del lavoro;
- · Per una effettiva reale e diretta rappresentanza sindacale dei lavoratori in ogni luogo di lavoro, tutti eleggibili tutti elettori;
- · Contro la Bossi-Fini, per l’estensione dei diritti ai lavoratori migranti
- · Ritiro del collegato al lavoro e della Riforma Gelmini.
- · Contro lo statuto dei lavori, per la difesa dello statuto dei Lavoratori
L’assemblea, inoltre, invita tutti i movimenti sindacali, sociali, ambientali che si oppongono all’offensiva padronale e governativa a individuare un percorso comune che costruisca tempestivamente, al di là delle ambiguità, delle timidezze e dei continui rinvii della Cgil, una giornata di lotta e di mobilitazione nazionale e una grande manifestazione a Roma.
Per questo proponiamo a tutti i soggetti interessati, un percorso dal basso e partecipato finalizzato alla costruzione di una assemblea nazionale che lanci la mobilitazione.
Infine, ribadiamo la necessità di costruire coordinamenti locali e\o rafforzare e sviluppare quelli già esistenti, per costruire un coordinamento nazionale effettivamente rappresentativo di tutti i territori e che possa sviluppare il conflitto di classe in tutto il paese per contribuire alla costruzione di un vero sciopero generale e generalizzato unitario e dal basso.
lunedì 28 febbraio 2011
Un giorno senza di noi
di Luc Girello
Appuntamento insieme, italiani ed immigrati, il 1 marzo a Piazza Navona a partire dalle 18.00.
A Roma, come in molte altre città d'Italia, il Comitato Primo Marzo ha organizzato un sit-in, per il 1° marzo 2011 dal respiro europeo, non solo in sintonia con la Francia, che con la Journée sans immigrés, 24h sans nous ha ispirato la manifestazione ma anche con la Spagna, la Grecia e gli altri Paesi che si stanno via via attivando.
Oggi, più che mai la nostra attenzione non può distogliersi dalle tragedie che intorno al nostro Paese si stanno consumando, di cui vittime sono primi fra tutti donne, bambini e uomini di altri paesi.
Una giornata per tenere alta l'attenzione su tematiche ancora irrisolte: il tema del lavoro, del permesso di soggiorno, del lavoro nero gestito dai caporali, la necessità che gli immigrati residenti abbiano gli stessi diritti dei cittadini italiani, il diritto di voto, il riconoscimento del diritto di scegliere dove vivere e lavorare, una scuola multietnica e non discriminante e discriminatoria, la tutela ed una legge per l'accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo
Scendere in piazza, e manifestare, indossando qualcosa di colore giallo (il colore della manifestazione), di mobilitarsi anche scegliendo di scioperare o astenendosi dal lavoro per un periodo di tempo più limitato, astenersi dagli acquisti, discutere nei luoghi di lavoro e di aggregazione sociale, far sentire la propria voce in qualsiasi maniera, questo l'invito che gli organizzatori rivolgono a tutti chiedendo di essere protagonisti e di sostenere le mobilitazioni del primo marzo.
Il brano è “Campagna” di Napoli Centrale, qui eseguito in modo mirabile da Daniele Sepe. La traccia è tratta dal CD Fessbuk buonanotte al manicomio. Per i palati fini segnaliamo che all’interno del brano Sepe improvvisa sul pezzo di Herbie Hancock e Jaco Pastorius “Chameleon”