sabato 26 ottobre 2013

Globalizzare le lotte

Luciano Granieri


Alla manifestazione di sabato scorso dei movimenti per la casa, No Tav, no Muos, e dei sindacati di base, ha fatto seguito la protesta  di Lisbona contro le politiche  di austerità  del governo portoghese . Globalizzare le lotte,  contro la globalizzazione dei profitti. Questa è l’unica via.  

Brano   Occupy Wall street dei Modena City Rambelres

Foto  di Stefano Checchi 

venerdì 25 ottobre 2013

Il governo boliviano autorizza i lavoratori a prendere il controllo di aziende chiuse o abbandonate

 Di Alfredo Rada e Richard Fidler fonte: http://znetitaly.altervista.org/


Il 7 ottobre, il Presidente Evo Morales ha emesso un decreto governativo che permette ai lavoratori di stabilire “imprese sociali” in aziende che sono in bancarotta, che stanno per chiudere o che sono chiuse o abbandonate senza giustificazione. Queste aziende, nonostante siano private, saranno gestite dai lavoratori  e abilitate avere   per assistenza governativa.
 Morales ha emesso il Decreto Supremo 1754 durante una cerimonia nel palazzo presidenziale, che segnava il 62° anniversario della Confederazione Generale dei Lavoratori dell’Industria della Bolivia. Il ministro del Lavoro, Daniel Santalla, ha detto che il decreto era stato emesso sulla base dell’articolo 54 della nuova Costituzione della Bolivia che afferma che i lavoratori:
“in difesa dei loro posti di lavoro e  a protezione dell’interesse sociale, possono, in conformità con la legge, riattivare e riorganizzare aziende che sono in bancarotta, che stanno subendo azioni giudiziarie da parte dei creditori o la liquidazione, o che sono chiuse o abbandonate senza giustificazione,e che possono formare imprese comunitarie o sociali. Lo stato contribuirà all’azione dei lavoratori,”
Nelle sue osservazioni al pubblico di parecchie centinaia di membri e di dirigenti dei sindacati, il Presidente Morales ha fatto notare che spesso i datori di lavoro cercano di ricattare i lavoratori con le minacce di chiudere, quando devono affrontare le richieste di stipendi più alti. “Adesso, se vi minacciano in questo modo, l’azienda può anche fallire o chiudere, perché voi diventerete i proprietari, saranno nuove imprese sociali.”
Il ministro del lavoro Santalla, ha osservato che l’articolo costituzionale era stato già usato per     alcune aziende come la Enatex, la Instrabol e la Trabotex, e che altre aziende di quel genere potevano ora  essere fondate  in base al nuovo decreto.
I portavoce delle aziende hanno, prevedibilmente, avvertito che i nuovi piani sarebbero un disincentivo per gli investimenti privati e un rischio per la sopravvivenza delle aziende.
Santalla ha anche detto che le aziende che non si attengono agli obblighi verso i loro dipendenti in base alla legge, perderanno meccanismi preferenziali  per esportare i loro prodotto a mercati gestiti dallo stato. E ha citato alcuni casi recenti nei quali il governo era intervenuto in difesa dei lavoratori vittime dei loro tentativi di formare i sindacati. In uno di questi casi il mese scorso, la compagnia Burger king è stata multata di 30.000 bolivianos (4.300 dollari), le è stato ordinato di riassumere i lavoratori licenziati e di riconoscere il sindacato.
Nell’articolo che segue, Alfredo Rada, Vice ministro della Bolivia per il Coordinamento dei Movimenti Sociali pone all’attenzione verso alcuni importanti sviluppi all’interno del movimento dei lavoratori della nazione, e suggerisce dei mezzi con i quali i sindacati possono essere più efficacemente inseriti nel “processo di cambiamento” che è ora caldeggiato dal governo del MAS-IPSP, il Movimento verso il Socialismo – Strumento Politico perla Sovranità dei Popoli. (Il movimento guidato  di Evo Morales, fondato nel 1998, n.d.t.)

La traduzione dallo spagnolo è mia.
Richard Fidler

La classe lavoratrice e il processo politico in Bolivia
Di AlfredoRada , Rebelión, 8 ottobre  2013
Cinque mesi fa, ero a Tarija per partecipare a un forum dove si discuteva il processo della politica in Bolivia, un processo che chiamiamo Rivoluzione Democratica e Culturale. Uno dei presenti mi ha domandato se era possibile intensificare questa rivoluzione, renderla una rivoluzione economica e sociale, senza la partecipazione della classe dei lavoratori. La mia risposta immediata è stata; no, e ho aggiunto che per consolidare un periodo di transizione verso la costruzione di una nuova forma di  socialismo comunitario è assolutamente necessario che i lavoratori partecipino all’interno del blocco rivoluzionario che ha gestito questo processo di trasformazione iniziato nel 2000 con la cosiddetta “guerra dell’acqua”m quando è iniziato il rovesciamento del neoliberalismo.
E’ stata una domanda molto rilevante, dato che fino a quel momento, il maggio 2013, le mobilitazioni per la Legge sulle Pensioni, richiesta dalla Centrale Operaia Boliviana (COB – Central Obrera Boliviana) in opposizione al governo di Evo Morales erano al culmine [1]. Influenza fortemente dalle tendenze politiche di estrema sinistra organizzate intorno al Partito dei Lavoratori (“Partido de los Trabajadores” – PT), la COB ha commesso un errore monumentale mobilitando i suoi ranghi con discorsi febbrili che chiedevano di sostituire Evo con un “altro governo”, come si era espresso a Santa Cruz un leader degli insegnanti di città.
L’orientamento massimalista ha portato inesorabilmente la COB  alla sconfitta, dato che lo sciopero e le manifestazioni non hanno mai incontrato l’appoggio popolare e alla fine i dirigenti del sindacato hanno fatto marcia indietro con totale scompiglio. La svolta che ha portato alla sconfitta si è originata nella caratterizzazione che fa l’ultrasinistra dell’attuale governo di  “borghese e filo-imperialista,” un inganno semplicistico tipico delle correnti politiche di uno stampo ideologico eccessivamente classista e “operaista” che impedisce loro di comprendere la natura variegata della formazione sociale boliviana, che può essere analizzata soltanto in termini che mettono insieme la nazione e la classe.
L’attuale processo di cambiamento è fatto di uno schieramento dinamico di lotte sociali di classe all’interno del capitalismo che sono unite, talvolta in modo contraddittorio, alla lotta storica delle nazioni indigene contro il capitalismo interno. Quella è la natura dialettica di questo processo in cui le tendenze strutturali anticolonialiste espresse nell’azione politica di classi sfruttate e di nazioni oppresse, rendono possibile la trasformazione rivoluzionaria delle relazioni economiche di sfruttamento, le relazioni politiche di esclusione e le relazioni culturali di oppressione. C’è, tuttavia, sempre il rischio  che questo corso di trasformazioni, come risultato di pressioni esterne, di frammentazione interna o di concessioni programmatiche, si esaurirà o si invertirà.
Passando al conflitto con la COB, in seguito al suo scioglimento,  il governo si è imposto il compito di sistemare i suoi rapporti con i settori della classe lavoratrice mentre allo stesso tempo i ranghi e le fila dei lavoratori iniziavano a saldare i conti  con le dirigenze di ultrasinistra all”interno dei sindacati. Questo è ciò che appena successo nel Sindacato Congiunto dei Lavoratori delle miniere di Huanuni, un’organizzazione emblematica, perché quel distretto, situato nella dipartimento occidentale di Oruro, ha la più grossa concentrazione di proletari dell’intera nazione. I suoi 4.500 minatori, più di un anno fa, hanno eletto una dirigenza sindacale radicalmente contraria al governo.  Questi dirigenti hanno guidato, durante lo sciopero di maggio, il blocco delle strade a Caihuasi e l’esplosione di un ponte situato in quella località. Oggi, indebolita e isolata, quella ultrasinistra per un certo periodo era   nel sindacato di Huanuni,  ha finito con l’essere rimossa da un in incontro generale di massa dei lavoratori, che hanno deciso anche di approvare la costruzione di un nuovo patto di unità politico con il  governo di Evo Morales.
Non c’è dubbio  che questo riposizionamento all’interno del movimento dei lavoratori, avrà un importante impatto sul futuro del Partito dei lavoratori dal momento che quello strumento politico ha ora perduto la sua spina dorsale; gli effetti si faranno sentire anche sull’orientamento della Federazione Sindacale dei Lavoratori minerari della Bolivia.
Guardiamo un altro settore industriale, quello degli operai edili. Questo è uno delle fonti di impiego in più rapida crescita grazie all’espansione degli investimenti pubblici e privati nella costruzione di nuovi edifici. Dovunque nelle città della Bolivia si possono vedere complessi di edifici e di abitazioni in via di costruzione e con questo l’assunzione di molta manodopera  come occasionali o a cottimo. Però i sindacati di questo settore sono deboli e sparpagliati, in parte perché la loro leadership tende a essere controllata dalle grandi imprese di costruzione, ma anche a causa della scarsa regolamentazione esercitata dallo stato.
L’arrendevolezza dei sindacati è cominciata a cambiare al più recente Congresso Nazionale della Confederazione Sindacale dei Lavoratori Edili della Bolivia, che si è tenuto nella città di Santa Cruz. Gli operai edili hanno eletto i nuovi dirigenti del sindacato e hanno deciso l’organizzazione obbligatoria di tutti i lavoratori insegnanti assistenti, nel campo dell’edilizia, sostituendo gli accordi a voce con i capi con contratti collettivi di lavoro in tutti i progetti di costruzione. Questo sarà anche un mezzo di risolvere la situazione dei “lavoratori non ufficiali” che è una delle peggiori eredità del neoliberalismo in un paese in cui meno del  20% dei lavoratori sono riuniti in un sindacato.
I lavoratori delle industrie sono stati uno dei settori più duramente colpiti, decimati dai massicci licenziamenti eufemisticamente definiti “trasferimenti” dal Decreto Supremo dell’agosto 1985. Il settore manufatturiero è stato successivamente soggetto per quasi due decenni alle politiche di flessibilità  del lavoro tipiche del neoliberalismo per ridurre i carichi di spesa e aumentare i profitti del capitale.
Oggi il settore manifatturiero sta subendo una rapida riorganizzazione dei sindacati che ha aiutato a rafforzare La Confederazione Generale dei Lavoratori dell’Industria della Bolivia. Deve essere ancora consolidata l’organizzazione di nuovi sindacati, particolarmente nelle città di El Alto e di Santa Cruz, le due maggiori concentrazioni di fabbriche industriali in Bolivia.
L’importanza data a inserire di nuovo i lavoratori nel processo di trasformazione intorno a un’agenda programmatica comune con il governo Morales, non sta soltanto nel fatto che  aiuterà a mettere insieme una forte base lavorativa, ma anche che rafforzerà le tendenze anti-imperialistiche e rivoluzionarie nel corso del processo. L’agenda programmatica a cui ci riferiamo potrebbe trattare i seguenti aspetti: (1) una nuova legge generale del lavoro che, mentre conserva i progressi già presenti nella legge attuale, garantirà nuovi diritti ai lavoratori; (2) una campagna nazionale di massiccia organizzazione dei sindacati in tutte le industrie che non sono organizzate; e (3) il rafforzamento del settore sociale e comunitario dell’economia, in unione con il settore statale nazionalizzato.

Alfredo Rada è il vice ministro della Bolivia del Coordinamento dei Movimenti Sociali

[1] La COB ha chiesto un aumento per le pensioni statali di 8,000 bolivianos (1.140 dollari) annuali per i minatori e di 5.000 bolivianos (715 dollari) per altri settori. Il governo ne ha offerti 4.000 e 3.200 boliviani, rispettivamente (600$  470$), dicendo che non  avrebbe più rischiato la sostenibilità del suo schema pensionistico.
Il conflitto ha visto: minatori, insegnanti, lavoratori della sanità uscire nelle strade di La Paz, mentre blocchi stradali e scioperi hanno avuto luogo in tutto il paese. La polizia è stata dislocata per interrompere i blocchi a Cochabamba  e a La Paz, e  ci sono stati parecchi arresti e feriti, mentre i lavoratori della miniera di Huanuni gestita dallo stato, si sono uniti alle proteste di La Paz, paralizzando la produzione dello stagno costata diversi milioni di dollari.
Altri settori sociali in Bolivia hanno organizzato contro-proteste in favore del governo. Rappresentanti della Confederazione Sindacale Unica dei Lavoratori Campesini della Bolivia (CSTUCB) e la Confederazione “Bartolina Sisa” delle donne Campesine e Originarie, hanno dimostrato a La Paz per respingere  i blocchi e le mobilitazioni organizzate dalla COB, mentre anche  i lavoratori che coltivano la coca hanno protestato a Cochabamba a favore del governo. A una dimostrazione a La Paz, Morales ha criticato aspramente i capi della COB,accusandoli di essere al servizio dell’imperialismo, del capitalismo e del neoliberalismo.
Dopo 15 giorni di protesta i leader della COB hanno accettato di interrompere lo sciopero per 30 giorni per avere il tempo di analizzare un’offerta del governo di riformare l’attuale sistema di  pensioni. I leader del sindacato hanno trattato per vari giorni a La Paz con funzionari dei ministeri del lavoro e delle finanze, durante i quali il sindacato ha abbassato le sue richieste per le pensioni a 4.900 bolivianos per i minatori e a 3.700 bolivianos per altri settori (rispettivamente 700 $ e 530 $). Resta da vedere se si può raggiungere un accordo permanente.

Rifondazione comunista: ultimo atto?

di Valerio Torre
 
Rifondazione comunista si avvia verso il suo congresso nazionale, fissato per il prossimo dicembre, in una situazione che assomiglia parecchio ad una liquidazione di fatto.
L’ennesima sconfitta elettorale – un elemento dirompente per un partito che negli anni si è costruito avendo come obiettivo prioritario della sua agenda politica il risultato elettorale e educando in tal senso i propri militanti– l’ha definitivamente proiettata nella spirale di una crisi da cui nessuna delle tendenze che fin qui l’ha governata sa come uscire. È possibile che il congresso sancirà questa situazione in maniera irreversibile.
 
I documenti a confronto: l’area Ferrero
La corrente del segretario uscente, Ferrero, brancola nel buio e, nel rinviare di ben dieci mesi dal tracollo elettorale la discussione congressuale per non essere costretta a fare i conti con i catastrofici risultati nella gestione del partito (non solo elettorali, quanto soprattutto politici) ha giocato su più tavoli allo scopo di mostrare a quel che resta del corpo militante – vincolandolo a un attivismo privo di progetto politico – una vivacità che potesse rivelarsi attraente in funzione del prossimo congresso: all’interno del partito, ha impegnato la base nella partecipazione a seminari nazionali sui più curiosi argomenti (1); all’esterno, da un lato ha partecipato (non ufficialmente, come organizzazione, ma individualmente attraverso i propri “colonnelli”) a tutto il percorso che dovrebbe portare alla nascita di Ross@, la nuova creatura di Cremaschi; dall’altro, dopo averla in un primo momento snobbata, Ferrero si è precipitato sulla manifestazione dello scorso 12 ottobre indetta da Landini e Rodotà per non lasciarla nelle mani della corrente di Grassi, che invece aveva in animo di utilizzarla come trampolino di lancio del suo tentativo di avvicinamento a Sel e alla burocrazia Fiom.
L’area Ferrero giunge al congresso con un documento che rappresenta la “summa” di tutte le politiche riformiste che hanno portato il Prc alla pressoché totale liquefazione: si spazia dalla “democratizzazione dell’UE” alla sempiterna “ricostruzione della sinistra d’alternativa”; dall’ossimoro della “rivoluzione democratica” fino – per non farsi mancare nulla, recuperando così un concetto di bertinottiana memoria – alla “disobbedienza”, questa volta ai trattati europei. Con questo fardello di banalità che, più che “aclassiste” sarebbe meglio definire “apolitiche”, il segretario uscente ripropone la sua candidatura alla guida di Rifondazione.
 
L’area Grassi
Grassi, dal canto suo, aveva, subito dopo il tracollo elettorale di febbraio, abbandonato la tolda di comando (2), smarcandosi dalla segreteria dopo la débacle elettorale e reclamando a gran voce le dimissioni di Ferrero e l’immediata indizione del congresso per andare alla conta. Non avendo ottenuto né l’una né l’altra cosa, Grassi ha approfittato di questo lungo periodo precongressuale per atteggiarsi a “opposizione” interna, cercando di far dimenticare di aver governato il partito fino a ieri. Tuttavia, fedele alla sua impostazione togliattiana, non ha inteso presentare un documento contrapposto a quello di Ferrero, bensì due soli emendamenti che però puntano a sostituire il “cuore” della proposta politica del segretario uscente, di fatto vanificandola (3).
Il nodo che, in realtà, divide Ferrero e Grassi è il rapporto con Sel e, attraverso questa, col centrosinistra. Un rapporto che, nella concezione della corrente grassiana, deve essere costruito a partire dall’azzeramento di quanto resta della segreteria uscente.
Ed è proprio questo lo spartiacque su cui si consumerà il congresso e intorno al quale potrebbe giocarsi il futuro della Rifondazione comunista che abbiamo fino ad ora conosciuto.
 
FalceMartello e altri
In questo quadro, cerca di ritagliarsi un piccolo spazio la minuscola corrente interna FalceMartello che, tentando di sminuire le proprie responsabilità sia nella gestione del partito (4) che nelle sue politiche elettoralistiche (avendo dato indicazione di voto per la lista Ingroia), presenta al congresso un documento tutto infarcito di radicalismo verbale ma, in realtà, centrato sull’obiettivo della costruzione, non già di un partito rivoluzionario, bensì di un “partito dei lavoratori”. Obiettivo da raggiungere attraverso la “sfida” alla burocrazia sindacale e politica a rompere col centrosinistra per edificare “una rappresentanza del mondo del lavoro” (5). A ben vedere, si tratta della riproposizione, da parte di questa setta centrista cristallizzata nel suo eterno entrismo in Rifondazione, dell’ormai ventennale politica di ripiegamento strategico sugli apparati del movimento operaio allo scopo di “spostare a sinistra” quelle che invece altro non sono che agenzie della borghesia in seno alla classe lavoratrice: come dimenticare, infatti, che per anni FalceMartello ha sostenuto la stessa identica necessità nei confronti del Pds/Ds, vagheggiando un governo insieme al Prc? E come si potrebbe tacere il più o meno esplicito auspicio della vittoria di Renzi al congresso del Pd, giustificato dall’impressionistica analisi secondo cui essa “accelererebbe dentro e fuori dal Pd la discussione, che è già in corso, sulla necessità di una nuova rappresentanza politica dei lavoratori e sulla sinistra in questo Paese. Discussione alla quale ci dichiariamo assolutamente interessati…” (6)?
Resta da citare, per completezza, la partecipazione alla discussione congressuale di un terzo documento (firmato da Targetti e altri), che opera più che altro come elemento di disturbo e che, rivestito di ripetuti richiami a Gramsci, avanza una confusa proposta dove s’intrecciano togliattismo e pulsioni neostaliniste “di sinistra”.
 
Quali prospettive dal congresso?
Il fatto è che, da quanto si è potuto apprendere dallo svolgimento della discussione precongressuale dei vari Comitati politici federali del Prc, il documento di Ferrero complessivamente inteso (cui cioè si sommano i voti dei grassiani che, come detto, appoggiano il testo del segretario uscente presentando solo emendamenti) appare in calo di consensi: non tanto a vantaggio dei documenti concorrenti, quanto per la vera e propria “liquefazione” del partito. Giungono infatti notizie su votazioni nei Cpf cui prendono parte poche unità dei componenti.
È verosimile, dunque, che il congresso di dicembre sancirà una paradossale situazione in cui nessuna delle tendenze avrà i voti per governare il partito. E se, come è possibile, l’area Ferrero e quella Grassi saranno divise da uno scarto minimo, ogni scenario può materializzarsi: dalla conta finalizzata a una rottura (se non immediata, abbastanza prossima nel tempo) a una tregua armata per traghettare il partito verso le elezioni europee. Come pure non può escludersi a priori una confluenza di voti per consentire all’una o all’altra minoranza di “diventare” maggioranza per governare il partito.
 
Un invito al confronto per un’altra possibilità
Insomma, tutte le ipotesi sono in campo ed è presto per un’analisi più compiuta. Quel che è certo è che i gruppi dirigenti di Rifondazione, nessuno escluso, si lasceranno ancor di più alle spalle un terreno colmo di macerie portandosi dietro la responsabilità storica di aver dilapidato un rilevante patrimonio di militanza.
A ciò che resta dell’attivismo onesto del Prc, a quei compagni che, una volta passato il congresso di dicembre, si sentiranno ancor più delusi e avvertiranno la tentazione di tornare a casa, ci rivolgiamo ancora una volta: non con la supponenza di chi potrebbe dire “avevamo ragione noi”, ma con il rispetto per il travaglio di militanti che avevano in buona fede creduto alle fandonie dei loro dirigenti.
A questi compagni rinnoviamo l’invito a confrontarsi francamente e lealmente con noi, che abbiamo fatto una scelta diversa, difficile e faticosa, quella di costruire nel vivo delle lotte un partito rivoluzionario e un’Internazionale rivoluzionaria democraticamente centralizzata: un compito gigantesco che è solo iniziato e che richiede enormi energie. È l’invito ad avviare, con spirito fraterno, una discussione aperta a partire dall’analisi della crisi della sinistra comunista in Italia e dalla ricerca di una prospettiva realmente anticapitalista.

Note(1) Ad es., “Capire il M5S”, “La forma "partito”, ecc.
(2) Forse preparandosi ad abbandonare, come fanno i topi, tutta la nave che sta affondando. Al momento non è possibile prevederlo, ma al congresso potrebbe profilarsi anche quest’eventualità.
(3) Gli emendamenti sono stati respinti con uno scarto minimo dal Comitato politico nazionale, ma saranno riproposti alla discussione in tutte le istanze congressuali.
(4) Non va dimenticato infatti che, per una seppur breve fase, FalceMartello è stata rappresentata nella segreteria nazionale del Prc.
(5) “Produrre una rottura dei sindacati e della sinistra con il Partito democratico è oggi l’obiettivo principale che deve porsi un partito comunista che non si rassegni a restare nell’anonimato”: così si legge nel documento congressuale di FalceMartello.
(6) FalceMartello n. 256, 11/9/2013, pag. 6.
 

Coraggio riformisti, buttate giù le carte

Luciano Granieri


E votiamola sta’ benedetta decadenza!  Non se ne più dei ricatti, delle ripicche di nani e mezze calze!  Si decida, ma subito,  se Berlusconi deve sloggiare dal seggio senatoriale oppure no. Non se ne può più di subire misere discettazioni sul sesso degli angeli, di sopportare minacce sul destino disgraziato dei precari che rischiano di essere fottuti per i capricci di delinquenti matricolati. 

Lasciamo stare la questione del voto palese o segreto nei riguardi della decadenza di Berlusconi. E’ una discussione sterile utile solo a perdere tempo. Le regole ci sono ed esigono che in caso di giudizio su singoli parlamentari il voto deve essere segreto.  E che segreto sia!  

Dovrebbe nuocere più al puzzone il cui salvacondotto potrebbe e essere messo a rischio da qualche colomba della sua scombicchierata squadra che, nel segreto  delle urne, avrebbe l’opportunità di provare a defenestrare il vecchio  capo, e invece il voto segreto sembra essere temuto maggiormente dal Pd. Tutta “mmuina” perché e evidente che mantenere Berlusconi lì dov’è fa comodo a tutti. Dal presidente della Repubblica,  al Presidente del consiglio, alla criminalità organizzata, alla  maggior parte del Pd.  

Si vuole ancora usare  la stantia contrapposizione berlusconismo-antiberlusconismo  come arma di distrazione di massa, per poter tranquillamente continuare a devastare,  in un assordante silenzio e coperti dalle vicende del lesbico duduismo arcoriano,   lo stato sociale,  a  ridurre in povertà intere frange di società le cui ultime  ed esigue risorse devono essere depredate dalle  associazioni a delinquere liberiste, mai sazie della loro accumulazione. 

Bande    che hanno potenti referenti sia nel Pd che nel Pdl, Riva docet.  Non lo sapevano i disgraziati artefici delle larghe intese che a fine luglio sarebbe arrivato il terzo e definitivo grado di giudizio sull’evasione fiscale fraudolenta di Berlusconi? Non immaginavano gli sciagurati,che il delinquente, anziché ritirarsi  in buon ordine,  avrebbe ricattato tutto e tutti, governo  e maggioranza,   mobilitando  le sue corrotte truppe cammellate, pur di tenere chiuso il cancello che da Palazzo Madama lo avrebbe introdotto a Regina Coeli?   

O lo avevano dimenticato, o confidavano nel potere  di corruzione dell’evasore fraudolento capace di  corrompere  perfino i  giudici della Cassazione, o era già pronto il piano ordito con il Presidente della Repubblica e l’ala riformista dell’inquietante maggioranza , atto a salvare il meschino evasore, corruttore, concessore, e puttaniere. Amnistia, indulto,   saccheggio  della legge Severino il percorso è sconosciuto ma bersi la favola della sua inesistenza  è da sprovveduti.  

Coraggio  liberisti: buttate giù le carte! Votate   con il voto segreto.  Finalmente quando il Senato decreterà la vittoria di Berlusconi  nonostante le sue pendenze con la giustizia, potrà cadere quella patina di ipocrisia che  i riformisti hanno innalzato almeno per schermare le loro sterili discussioni  da congresso e le primarie per il segretario.  Finalmente quel voto certificherà  una volta di più che nessuno ha interesse a sbarazzarsi di Berlusconi . Finirà la recita, il gioco della parti, e finalmente molti militanti del Pd riusciranno a convincersi di essere stati presi in giro e, si spera, non vorranno perseverare nell’errore.



giovedì 24 ottobre 2013

Difesa della Costituzione. Continua la resistenza

Il Comitato in difesa della Costituzione della provincia di Frosinone 



 Dopo il successo  della   manifestazione in difesa della Costituzione tenutasi il  12  ottobre scorso a Roma, cui il Comitato in difesa della Costituzione della Provincia di Frosinone ha partecipato numeroso  e determinato,    emerge  netta la necessità  di promuovere  ulteriori eventi, dibattiti, momenti informativi e di   sensibilizzazione  in difesa della  Costituzione.  Cogliendo  l’invito che dal palco di  Piazza San Giovanni, Stefano Rodotà, uno   degli organizzatori,  ha rivolto ai partecipanti affinchè  dessero un  seguito a quella manifestazione, il Comitato in difesa della Costituzione della Provincia di Frosinone intende pianificare una serie di eventi  ed incontri con la cittadinanza  distribuiti sull’intero  territorio provinciale dedicati alla difesa della Costituzione.  A tale scopo il Comitato invita tutti i membri, e le persone interessate,  alla prossima assemblea che si terrà venerdì 25 ottobre  a partire dalle ore 18,00 presso i locali della Cia in Via Brighindi  a Frosinone.  L’ordine del giorno avrà come argomenti in  oggetto: un consuntivo sulla manifestazione del  12  ottobre, la  pianificazione di un programma di incontri ed eventi da svolgersi nei comuni della Provincia    la  costituzione di un coordinamento organizzativo  stabile e  la nomina   del Presidente.  Il comitato confida in una partecipazione numerosa e propositiva. 

mercoledì 23 ottobre 2013

Quelli che se la cantano e se la suonano

Luciano Granieri




La manifestazione del 19 ottobre sarà riuscita? Non sarà riuscita? Probabilmente fra noi che ce la raccontiamo e ce la suoniamo il 18 e 19 ottobre non possono essere che valutati come un successo. Forse per la prima volta le ragioni del diritto alla casa, al lavoro, all’istruzione, alla salute, alla sovranità dei cittadini sul proprio  territorio,   insieme alle ragioni dei migranti che ogni giorno  subiscono privazioni e soprusi,  si sono imposte tutte insieme  nella  piazza.  Probabilmente c’è stato un primo forte segnale di rottura della guerra fra poveri. Finalmente invece di addossare le colpe della propria precarietà al vicino si è indirizzata la rabbia verso il vero colpevole che è la dittatura ultra liberista messa in atto dai governi europei, compreso quello italiano. Un segnale importante senza dubbio, ma temo confinato fra noi che ce la cantiamo e ce la suoniamo. La contro offensiva, ormai consolidata dell’establishment finanziario, dispiegatasi  con  il solito abnorme arsenale di delegittimazione e derubricazione dei soggetti in piazza da persone che lottano per la giustizia sociale a pericolosi black blok, ha sortito il suo effetto.  Addirittura la paura ha colto anche i manifestanti stessi,  diffidenti e terrorizzati da possibili infiltrazioni di violenti. Chi   non era riconoscibile nel proprio spezzone di corteo era immediatamente sospettato di essere un sabotatore. L a cultura del sospetto ha, in alcuni momenti ingessato la protesta creando delusioni e malumori.  Molti hanno partecipato  spontaneamente rappresentando solo se stessi e hanno dovuto subire l’ostracismo della diffidenza  .  La macchietta andata in scena davanti al ministero dell’ economia  è diventato il solo e unico evento documentato dai media.  Dobbiamo imparare a ribellarci ancora più fermamente allo sconvolgimento della realtà. Perché purtroppo , anche se in misura minore il messaggio prevalente che hanno fatto passare, fra quelli che non se la cantano e se la suonano come noi, è che i soliti guastatori, anche se stavolta  si sono limitati nel mettere a ferro e fuoco la città, hanno comunque danneggiato i negozianti del centro che sono dovuti rimanere chiusi perdendo centinaia di migliaia di euro e hanno deturpato   Porta Pia con le loro tende piene di negri e disadattati.  Il problema  è che la cassa di risonanza della menzogna è suonata da partiti, movimenti e organi di stampa così detti riformisti. L’edizione di domenica di Repubblica è stata scandalosa. Due pagine dedicate allo  scontro davanti al ministero dell’economia  e null’altro. La manifestazione è stata un semplice problema di ordine pubblico. La realtà vera è che per provare ha rompere il muro di indifferenza di quelli che non se la cantano e se l suonano, bisogna sbarazzarsi quanto prima dalla melma riformista  che avvolge nel su pantano buonista ogni tentativo di rivolta. Prima lo si capirà e meglio sarà.

Sanità a Frosinone. Che fare

La drammatica realtà del Pronto soccorso dell’ospedale del Capoluogo si è riproposta, ancora una volta, all’attenzione dell’opinione pubblica con un serrato confronto sulla stampa  e sugli organi d’informazione locali.
     Raccogliendo idee, proposte e sollecitazioni pervenute da più parti, la Consulta della Città, unitamente alle associazioni sottoscritte, ha deciso di convocare un incontro per le ore 16,30 di lunedì 28 ottobre 2013, presso la Casa del volontariato,  in Via Pierluigi da Palestrina (adiacente cinema Arci) – Frosinone scalo. Sono stati invitati:
     il direttore generale ed il direttore sanitario della ASL; i consiglieri regionali;  il Sindaco ed i capigruppo consiliari del capoluogo; il Commissario della Provincia; il Vescovo della diocesi di Frosinone;
 il Presidente dell’Ordine dei medici; i dirigenti sindacali territoriali e di categoria.
     Data l’eccezionale importanza dell’argomento da affrontare, si fa appello al senso di responsabilità di tutti gli invitati affinché assicurino la loro presenza. Non può e non deve mancare il contributo di ciascuno per tentare di porre fine ad una realtà vergognosa.

Frosinone 21 ottobre 2013 

Consulta delle associazioni – Francesco Notarcola; Osservatorio Peppino Impastato – Mario Catania; ass. Mountain Village e ass. Città del sole

Fabio Colasanti; ass. didattica Forming – Riccardo Spaziani e Livio Mazzocchi; Ass. It. Pazienti Anticoagulati –Antonio Marino; ass. Frosinone bella e brutta – Luciano Bracaglia; Coordinamento Salviamo il paesaggio e difendiamo il territorio – Luciano Bracaglia; Cittadinanzattiva Tribunale per i Diritti del Malato – Renato Galluzzi; ass. Oltre l’Occidente – Paolo Iafrate; Ass. It. Familiari Vittime della Strada (AIFUS) e Comitato premio Roberto Cocco per la sicurezza e l’educazione stradale – Franco Cocco; ass. Alle Venti – Amedeo Di Salvatore; ass. AUT Frosinone – Luciano Granirei; Comitato Colle Cottorino –Dario Martini; ass. Madonna della Neve-Colle Cottorino – Fulvio Pica; ass. Amici della Pescara – Bruno Carnevali; ass. Vivere Frosinone – Massimo Terracciano: ass. COFILE –Antonio Mattia; Coord. prov.le acqua pubblica – Severo Lutrario.

martedì 22 ottobre 2013

ACQUA PUBBLICA OVUNQUE NEL MONDO!!! DIFENDIAMO I BENI COMUNI SU TUTTA LA MADRE TERRA!!!

Waterina

Continua la marcia di artisti e attivisti, e dei 100 muli verso Los Angeles, a difesa dell'acqua pubblica e dei beni comuni nella California del Sud!
Ne è protagonista Peppe the Mule, arrivato dall'Italia dei vittoriosi referendum sull'acqua pubblica del 2011:

Richiesta caratterizzazione ambientale per la presenza di PCB ad Anagni-Paliano

Rete per la tutela della Valle del Sacco


Abbiamo invitato i sindaci di Anagni e Paliano a sottoscrivere una richiesta di caratterizzazione ambientale (nell’ambito delle competenze della Regione Lazio e dei fondi assegnati all’emergenza della Valle del Sacco, amministrati dalla Protezione Civile) di parte del territorio dei Comuni di Anagni e Paliano, che possono essere stati interessati da una contaminazione di PCB, già riscontrata in alcuni anelli della catena alimentare (uova e latte ovino).
La richiesta è comunque inviata dalla nostra associazione agli uffici regionali interessati (Ufficio Conservazione Qualitá e Bonifiche Siti Inquinati - Ufficio Valle Sacco - Direzione Regionale Infrastrutture e Ambito Politiche Abitative Area Pianificazione Protezione Civile) e, per conoscenza, alla Procura di Frosinone.
In un’area situata al confine tra i Comuni di Anagni e Paliano sono emersi recentemente valori di positività per PCB in alcuni alimenti di origine animale (uova e latte ovino).
Il rinvenimento dei pericolosi inquinanti ha indotto la ASL di Frosinone e il sindaco di Anagni ad attivare idonee misure di interdizione al consumo di tali prodotti nell’area contaminata. Sono in corso supplementi di analisi da parte di ASL Frosinone e ARPA Lazio.
La storicità della contaminazione per inquinanti congeneri (diossine e PCB) di aree limitrofe induce a considerare indispensabile l’intervento secondo capacità e competenza di tutti gli enti/amministrazioni interessati, nonché la messa in campo di adeguate risorse finanziarie al fine di avviare una capillare rilevazione ambientale, nel pieno rispetto del D.Lgs 152/06, nella fase embrionale del processo di contaminazione; evitando in tal modo le ripercussioni di natura sanitaria-ambientale-economica che la vicenda, tutt’altro che risolta, dell’emergenza ambientale dell’ex SIN “Valle del Sacco” hanno comportato.
La copertura finanziaria per compensare gli oneri derivanti dalle attività di caratterizzazione ambientale può essere garantita dalle provvigioni trasferite, al termine dell’emergenza, dall’Ufficio commissariale alla Regione; per un criterio di continuità tecnica gestionale il Piano della caratterizzazione potrebbe essere messo a punto dall’ex struttura operativa commissariale, oggi nelle disponibilità della regione Lazio. Ciò garantirebbe, oltre che l’omogeneità dello studio ambientale, una gestione oculata delle risorse finanziarie visti i costi sostenuti nel passato per le attività di caratterizzazione attuate secondo procedure di gara, anche europea.
Si riporta di seguito una scheda descrittiva del contesto e dell’opportunità della presente richiesta.

La contaminazione accertata sui prodotti animali
Come riporta la ASL Frosinone (prot. 2639, 01.10.13), è stata riscontrata una importante positività a PCB NDL in 4 prelievi di latte ovino effettuati intorno al 15.05.13.
Rispettivamente:
·         48,4 ng/g (Loc. Castellaccio – Paliano);
·         47,7 ng/g (via Bosco Castello [Santa Maria di Pugliano] – Paliano);
·         45,9 ng/g (via Bosco Castello [Santa Maria di Pugliano] – Paliano);
·         93,4 ng/g (via san Bartolomeo – Anagni [Ovest]).
Successivamente, in 1 campione di uova di gallina prelevato in data 27.07.13 in località via Valle di Dentro (Anagni [Ovest]), situata nel raggio di circa 1-2 km. dai luoghi citati sopra, si è riscontrata una positività ancora più grave (208 ng/g).

Possibili cause aggravanti della contaminazione
In data 19.06.13 si verificava un grave incendio, le cui cause sono oggetto di indagini della Procura di Frosinone, presso lo stabilimento di produzione di CDR di ACEA ARIA sito in loc. Castellaccio (Paliano), comportante la formazione di una densa e molto estesa nube che investiva più direttamente il territorio dei Comuni di Paliano e di Anagni (zona ovest). In risposta a quanto richiesto da una comunicazione ASL Frosinone S.S.O. Igiene e Salute Pubblica – Distretto A (prot. 299, 19.06.13), i sindaci di Anagni e Paliano consigliavano alla popolazione di ridurre l’esposizione alle esalazioni, evitando di soggiornare all’aperto nell’area interessata dalla nube e tenendo chiuse le imposte delle proprie abitazioni; il sindaco di Anagni disponeva inoltre la chiusura del plesso scolastico di San Bartolomeo per il giorno in questione (ord. 120/13). In seguito, in via meramente cautelativa, lo stesso sindaco ordinava il divieto di consumo e commercializzazione di ortaggi, frutta, foraggi, uova e pollame prodotti e/o allevati nelle vicinanze del luogo dell’incendio, per un raggio di circa cinquecento metri dal capannone di ACEA ARIA (ord. Anagni 124/13, 20.06.13; quattro giorni dopo analoga ordinanza era prodotta dal sindaco di Paliano).
Arpa Lazio, come descritto nella relativa Relazione (prot. 0053569, 02.07.13), attraverso l’esame delle centraline dell’aria riscontrava presso le stazioni di rilevamento di Anagni e Colleferro un valore di IPA di gran lunga superiore a quello dei giorni precedenti e successivi e presso la stazione di Ferentino un valore significativamente superiore; tali valori risultavano comunque inferiori a quelli riscontrati nel periodo dell’anno di massimo inquinamento dell’aria per ragioni meteoclimatiche (dicembre/gennaio). Attraverso i dati raccolti da appositi campionatori dell’aria nel periodo 19.06.13-27.06.13, due in località San Bartolomeo (Anagni) e due nel territorio del Comune di Paliano, loc. Colle Grande, Arpa Lazio rilevava inoltre valori inferiori a quelli obiettivo in termini di media annua o comunque non critici per IPA, diossine, furani e metalli pesanti. Per quanto riguarda i PCB, si evidenziavano per loc. San Bartolomeo valori non critici, suggerendo però Arpa Lazio l’opportunità di ripetere i rilevamenti, in assenza di dati storici. Non ci risulta che tali rilevamenti siano stati effettivamente ripetuti. Ma soprattutto, risulta a nostro avviso piuttosto sorprendente che Arpa Lazio non abbia ritenuto opportuno eseguire campionamenti sui terreni.
A seguito della trasmissione della già citata Relazione Arpa Lazio 02.07.13, i sindaci di Anagni e Paliano ritiravano le suddette ordinanze cautelative.
Pervenuti i risultati delle analisi effettuate sui prodotti animali di cui al punto precedente, di conseguenza, in seguito alla succitata comunicazione di ASL Frosinone del 01.10.13, il sindaco di Anagni emetteva ordinanza contingibile e urgente cautelativa (202/13) per impedire l’uso di alimenti contaminati dall’inquinante PCB nelle frazioni comunali di Faito, Valle di Dentro, Ponte del Papa e Pisciarello, prescrivendo per tali luoghi il divieto assoluto di allevamento avicolo all’aperto o dove gli animali possano razzolare nel terreno, nonché l’utilizzazione e il consumo di ortaggi.
Il giorno precedente, 30.09.13, su richiesta del sindaco di Anagni si era tenuto un incontro coinvolgente ASL Frosinone (Dipartimento di Prevenzione, Servizio Veterinario, Servizio Igiene e Ambiente) e Arpa Lazio. Confermata, da parte del Servizio Veterinario della ASL – Distretto A, la presenza di PCB in uova di gallina e latte ovino, si stabiliva che Arpa Lazio avrebbe monitorato i relativi terreni, dietro indicazioni del Servizio Veterinario. Ci risulta che, anche se con grave ritardo rispetto al manifestarsi dell’evento, stiano iniziando in questi giorni i campionamenti.

Storicità della contaminazione
La succitata evidenza sinora disponibile dai campioni animali suggerisce che l’incendio dello stabilimento ACEA ARIA possa aver aggravato, non causato, la contaminazione da PCB; in precedenza nell’area erano già presenti positività, benché note successivamente.
Va ricordato al riguardo che importanti positività alle diossine e ai PCB in campioni animali e vegetali, tra cui uova di gallina, erano già state riscontrate nel corso del 2009, con epicentro loc. “Quattro Strade”, di fronte all’inceneritore di pneumatici e all’impianto produttivo della Marangoni Tyre, teatro di una serie di incidenti (in particolare, fuga di carbon-black dall’impianto produttivo), anche recenti, nonché di ripetuti esposti inoltrati dai residenti e da associazioni ambientaliste. In tale occasione, prima il commissario prefettizio e poi il sindaco di Anagni, disposero una serie di ordinanze (ordd. 49/09 e ss.) analoghe alla succitata n. 124, tuttora vigenti in quanto non è stato comunicato dalla ASL il superamento della situazione di criticità.
Le analisi sulle diossine e i PCB in campioni animali sono costose e l’indisponibilità di adeguate risorse economiche rischiano di causarne l’interruzione. Ricordiamo ad es. che nella nota n. 4552 (10.11.09) di ASL Servizio Veterinario - Distretto A, indirizzata a Comune di Anagni e Difensore Civico, l’Istituto Zooprofilattico Veterinario di Lazio e Toscana si dichiarava non in grado di procedere nelle analisi compiute entro il piano di monitoraggio di latte di massa bovino, in cui era stata riscontrata diossina, in tutte le sue varie componenti, se non opportunamente finanziate.

Alcune ipotetiche cause della contaminazione
Le cause della contaminazione possono essere molteplici, di varia natura e origine ed è probabile che si manifesti un “effetto accumulo”, che solo una caratterizzazione ambientale applicata ad un’area vasta potrà discriminare. Ci limitiamo a suggerire alcune delle fonti in linea teorica interessanti:
·         Autostrada A1 (e in subordine SS Casilina e SS Anticolana);
·         Inceneritore di pneumatici Marangoni Tyre – entro un raggio di circa 2 km. dalle zone contaminate;
·         In subordine al precedente, inceneritori di CDR di Colleferro e inceneritore di biomasse di Bonollo Energia (quest’ultimo opera a temperature in linea teorica incompatibili con la produzione di diossine);
·         Incendio dell’impianto di CDR di ACEA ARIA del 19.06.13.

Imprescindibilità di un monitoraggio in area vasta
A fronte del pericolo per la salute pubblica e della necessità di chiarire in tempi brevi l’estensione e la gravità della contaminazione, il sindaco di Anagni (che tra l’altro ha presentato in questi giorni esposto presso la Procura di Frosinone, denunciando l’inefficienza di alcuni enti preposti ai controlli) si è opportunamente attivato per effettuare un monitoraggio in area vasta, integrante il suddetto in corso sui terreni, coinvolgendo esplorativamente un ateneo universitario del Lazio meridionale con idonee competenze.
Riteniamo essenziale che tale monitoraggio sia invece effettuato da apposito ufficio emergenziale, provvisto di specifici fondi, immediatamente disponibili, destinati alla risoluzione dell’emergenza della Valle del Sacco, in cui rientra pienamente l’area contaminata. È auspicabile, per ovvi motivi, che l’Ufficio regionale si avvalga, oltre che di ASL Frosinone e di Arpa Lazio, della collaborazione degli istituti scientifici nazionali quali ISPRA, ISS, Istituto Zooprofilattico.


Valle del Sacco, 22.10.13

lunedì 21 ottobre 2013

Il 19 ottobre visto con gli occhi di un bmbino

Simonetta Zandiri


Papà ieri mi ha portato a Roma. Mi ha detto “andiamo insieme, devi iniziare a capire anche tu come lottare per il tuo futuro, questa volta tocca a noi, sarà il corteo degli invisibili, degli ultimi!”. Non ho mica capito bene cosa diceva ma ci siamo fatti un sacco di strada per arrivare e poi faceva caldo perché qui al nord mica ci sono 30 gradi a ottobre ma a Roma si, cosi’ avevo i piedi bolliti che manco eravamo partiti. Papà era sempre al telefono, meno male che mamma gli ha regalato l’auricolare sennò non ci arrivavamo mica a Roma. S’è pure arrabbiato tanto e ha cominciato a bestemmiare, diceva “non doveva andare così, cazzo, abbiamo convocato una sollevazione e manco ci proviamo?”. Poi si ricordava che c’ero io allora faceva finta di sorridere ma non riusciva. Io lo conosco mio papà, lui ora non ha più il lavoro perché nella sua fabbrica ha lottato tanto pure per gli altri, poi a lui l’hanno lasciato a casa senza niente e gli altri c’hanno la cassa integrazione e non lottano più. Lui ora è incazzato con il mondo ed è sempre nervoso, pure con mamma litiga sempre e lei gli dice che è colpa sua e che si doveva fare gli affari suoi e pensare a suo figlio, che sono io, così oggi mangiavamo ancora e lei non ci doveva andare da quella snob a fare la servetta. Papà quando lo hanno licenziato è sempre arrabbiato però stiamo tanto insieme, allora io vado con lui alle riunioni e conosco i suoi amici, sono tutti arrabbiati come lui ma c’è sempre qualcuno che parla tanto e così non riescono a parlare tutti, ma questo tizio che parla tanto c’ha pure il lavoro e i soldi allora è lui che poi va alle riunioni e quando torna ricomincia di nuovo a parlare tanto.
Una volta ho chiesto a mio papà come faceva questo tizio ad andare in giro a parlare a nome loro se poi quando si trovavano questo non ascoltava mai nessuno se non la sua voce, e papà si è messo a ridere e m’ha detto “zitto che sei piccolo e non puoi capire”. 
Io sono piccolo perché ho 9 anni, ma mica sono scemo. Lo so pure io chi è quello con il sigaro sulle magliette che mio papà mette sempre, il Che, lo so che era uno che faceva la rivoluzione e l’hanno ammazzato e pure mio papà voleva andare a Roma a fare la rivoluzione.
Pure quando ero piccolo piccolo metteva quella maglia, ma era meno arrabbiato, parlava sempre della rivoluzione ma c’aveva da lavorare e allora ogni tanto faceva le riunioni e poi allo sciopero si andava tutti a Roma che era pure una gita poi c’era anche il concertone e io mi divertivo tanto, pure la mamma era contenta e non doveva fare la servetta. 
Ma la mamma non voleva mandarmi a Roma con papà, si era arrabbiata tanto che mi ha messo pure paura, ma poi quando siamo arrivati a Roma mamma ha chiamato e io le ho detto che c’era tanta gente in giro a passeggio per i negozi, e un sacco di bandiere della Roma appese ai balconi e secondo me mica si faceva così la rivoluzione e lei si è messa a ridere. Lei rideva e papà era sempre più arrabbiato. Per strada ci siamo fermati ed è salito un suo amico, Pino, pure lui era nervoso allora mi sono messo dietro e ho giocato al cellulare, che tanto non capivo cosa dicevano perché parlavano di cose difficili e io la politica non la capisco, ma erano arrabbiati che c’erano i servizi di sicurezza e io mi credevo che parlavano dei poliziotti invece papà quando siamo arrivati me li ha fatti vedere e non erano gli sbirri come credevo perché avevano manganelli in legno con intorno della stoffa rossa, allora mi sono messo a ridere e pure Pino s’è arrabbiato e m’ha detto “ridi, tu, che sei piccolo e non puoi capire”.
Io sono piccolo, gli ho detto, ma non sono mica scemo. Questi non sono poliziotti, sono come te e mica possono fare i poliziotti con te, se tu sei arrabbiato loro sono dalla tua parte, no? Ma lui dice no, questi non sono arrabbiati come me e tuo papà, questi devono fare andare tutto bene. E gli dico “ma se dobbiamo fare una rivoluzione mica può andare tutto bene!” e lui dice “Ma guardati intorno, non lo vedi come siamo? Altro che rivoluzione, qui faremo un’altra scampagnata, con qualche botto qua e là ma solo dove abbiamo già detto che colpiremo e le rivoluzioni non si annunciano, si fanno e basta!”.
Ci siamo messi sul prato e faceva troppo caldo, mi sono tolto le scarpe perché mi sudavano i piedi, poi arrivava la gente, c’erano tante bandiere rosse e io mi credevo che papà era contento di vedere falce e martello ma anche Pino diceva che questi non c’entravano niente e che il corteo era fatto da gente che non si sente rappresentata da nessuno, ma io sono piccolo e queste cose non le capisco.
Poi sono arrivati tanti gruppi e tutti cantavano e urlavano slogan ma solo quando c’erano le telecamere che erano tante, c’erano pure tantissimi di colore con bambini anche piccoli e io ho detto a papà che mica si potevano fare le rivoluzioni portando i bambini sui passeggini e lui m’ha detto che se mi ha portato è perché non si fa nessuna rivoluzione, io mica lo capisco, sarà che sono piccolo forse ha ragione lui.
Vabbè, io sono piccolo, ma se voglio fare una rivoluzione magari a scuola per fare due intervalli al posto di uno, mica avviso prima il preside per dirgli che tra due settimane manderò in tilt la macchinetta delle merendine, altrimenti quello mi mette i soliti secchioni davanti alla macchinetta e poi se cerco di avvicinarmi son mazzate, insomma se voglio fare la rivoluzione e non la posso fare da solo magari chiedo pure agli altri se la vogliono fare pure loro e poi se vedo che siamo in tanti allora ci proviamo ma mica lo diciamo prima al preside perché se abbiamo deciso di fare la rivoluzione è perché al preside l’abbiamo già chiesto e quello c’ha detto che non si possono fare due intervalli e allora ci arrabbiamo tutti, ma se gli altri non si arrabbiano io da solo non la posso fare la rivoluzione allora faccio come tutti e mentre le maestre spiegano mi schiaccio un pisolino o mangio le patatine, insomma me la cavo. Ma papà come se la cava da solo? Lui il lavoro mica ce l’ha, e non è che può comprarmi le patatine, perché ora abbiamo pure lo sfratto, e allora anche se sono piccolo io lo so perché papà è arrabbiato perché lui da solo non se la può cavare perché ora è troppo vecchio e un lavoro non lo trova più e la mamma è sempre più arrabbiata, allora papà credeva che se tanti come lui si mettevano insieme davvero potevano cambiare le cose e lui ha sempre fatto le lotte per gli altri ma oggi non c’è nessuno che le fa per lui e allora lui voleva comunque provarci, ma non glielo lasciano fare.
Alla fine qualche petardo, botti pure forti, corriamo via e Pino dice a papà che dicono che sono stati i fascisti ma papà gli dice che non è vero! Quando siamo tornati poi siamo passati alla stazione e papà si è fermato e si è messo a piangere. Si è seduto vicino a dei barboni, mica erano immigrati, erano come lui e si stavano mettendo i cartoni ed erano per terra, la gente passava e faceva finta di non vederli ma papà e Pino si sono fermati e papà quando ha finito di piangere mi ha detto “siediti qui, è per questo che ti ho portato a Roma oggi, per gli ultimi, gli invisibili. E non erano quelli che sfilavano in quel corteo, gli ultimi sono qua e ora noi stiamo con loro.”
E ora tra gli ultimi ci siamo anche noi, papà. Forse quando saremo di più la faremo insieme la rivoluzione, io sarò grande e potrò capire. Anzi, ho già capito. Perché sono piccolo, ma mica scemo. E la rivoluzione la farò anche per te.

Volevamo stupirvi con effetti speciali

Luciano Granieri

Effetto speciale patriottico






























  Non c’è che dire la giunta Ottaviani  è maestra negli  effetti speciali.  La toccante  suggestione patriottica di Piazza Vittorio Veneto  ha un suo perché.  "Restituiamo la piazza ai cittadini", disse il sindaco appena insediato. E così fu. Il piazzale antistante l’ex palazzo della banca d’Italia è stato pavimentato sostituendo l’asfalto  martoriato dalle righe del parcheggio con un candido piastrellamento  in tono con il colonnato del palazzo della prefettura. Non c’è un po' di verde,  nei gironi d’estate il sole picchia sodo sui passanti, ma vuoi mettere l’effetto dei tre zampilli  d’acqua posti al centro della spianata che di notte s’illuminano di un patriottico bianco-rosso e verde?  Un effetto speciale spettacolare. Soprattutto quando il palazzo della prefettura viene addobbato da un sobrio drappo rosso in occasione di eventi particolari. Il sorprendente effetto  urbanistico-idrico-cromatico costa   280mila euro, più 15mila   per pagare   gruppi di sbandieratori  invitati a celebrare i fasti della nuova  impresa urbanistica. Peccato che nello stesso giorno dell’inaugurazione, oltre agli sbandieratori, si sono presentati  a rovinare  le gesta del sindaco,  i lavoratori della Multiservzi di Frosinone, che proprio dal primo cittadini hanno ricevuto il ben servito, perché dalle  casse comunali,  a prosciugate dalla giunta precedente, a detta dell'assessore al bilancio,  non ci sono  i soldi per i loro stipendi

Effetto speciale mal riuscito
Ma un altro effetto speciale è pronto a dare lustro  alla giunta Ottaviani.  Accade che poco sotto la piazza salotto oggetto della meraviglia patriottica, si sgretoli  la collina che trattiene i binari dello sfigato ascensore inclinato e  il viadotto Biondi,  che  per una parte si sbriciola appresso alla frana.  Enorme impressione desta il crollo, anche perché è parte di una serie di smottamenti che sotto il flagello delle piogge coinvolge tutto il fronte del colle su cui sorge  Frosinone alta. Il popolo vuole una pronta reazione del sindaco il quale si produce in un altro effetto speciale. Lo spritz beton.  Tre tonnellate di cemento incappucciano la sommità della frana perché, si sostiene,  questa costosa asfaltatura  dovrebbe impermealizzare  il terreno e renderlo immune dagli effetti devastanti dell’acqua. Qualcuno fa notare che per ottenere lo stesso risultato magari sarebbe potuto bastare un telo, molto meno costoso e anche molto meno pesante. Ma una semplice siffatta copertura non avrebbe avuto lo stesso effetto mediatico di una imponente colata cementizia, avrebbe dato l’impressione di una giunta comunale dalla manuccia corta anche quando si tratta di salvaguardare la sicurezza dei cittadini.  Improponibile. Vai con lo sprtz beton, vai con un altro effetto speciale.  Si da il caso, però,  che se all’apice di un montarozzo che tende a franare si piazzano tre tonnellate di roba, anziché  rinforzare la base del cocuzzolo predisposto  a scivolare via, il montarozzo in questione continua a disfarsi ed è fortemente probabile che  spacchi anche l’imponente preservativo posto alla sua sommità. E’ ciò che è accaduto. La frana è scesa ancora e lo spritz beton, costato un bel po’ di soldi, si è crepato.  Peccato un effetto speciale uscito un po’ male. Del resto mica tutte le ciambelle escono col buco.



























Effetto collaterale






















E veniamo all’ultimo effetto  che tanto speciale non è, anzi diremmo che è un tantinello vergognoso.  Potremmo intitolarlo “La candela si consuma e il morto non cammina". A fronte dei soldi spesi per  giochi acquatico-luminescenti in biancorossoverde,   a fronte di euro buttati per  inutili spritz beton  buoni solo ad accelerare la frana anziché contenerla, il comune di Frosinone non è in grado di cambiare una lampadina. Quando un semplice lampione tira le cuoia,   l’assessore al bilancio scopre di non avere in cassa nemmeno i soldi per comprare le lampade  di ricambio.  Per cui piano piano, a cominciare da Corso della Repubblica, proprio quella strada che principia dal sontuoso Piazzale Vittorio Veneto,  le strade di Frosinone cominciano ad intristirsi avvolte nel buio causato dai lampioni che si fulminano e che saranno destinati  a restare spenti fino  a quando la salvifica mano di un privato si accollerà l’onore di ricomprare le lampadine.  Ormai, infatti, la giunta Ottaviani non governa più la città. E’ diventato un ufficio  vendite e di consulenza commerciale per quei  privati interessati   a spartirsi, a prezzi stracciati, le spoglie  di Frosinone ,  compresi i cessi dell’aula consiliare. Come al solito la colpa è della giunta precedente che ha lasciato buffi perfino nei confronti degli elettricisti che fornivano le lampade per i lampioni. Certo è però che se si risparmiava su qualche effetto speciale e si prestava più attenzione agli effetti normali, forse oggi non potremmo godere della suggestione luminescente in tricolore, ma almeno le strade sarebbero illuminate.