sabato 28 giugno 2014

Come risolvere i problemi della sanità? La parola ai cittadini...ma anche no

Luciano Granieri


La situazione sanitaria della Provincia di Frosinone è drammatica. Quasi ogni giorno il bollettino di guerra dal fronte dell’Ospedale Spaziani, piuttosto che dal S.S. Trinità di Sora, o da altro presidio ospedaliero,  riempie intere pagine dei media locali quando non nazionali. Al grido di dolore di amministratori locali e politici del centro sinistra oggi si affiancano gli alti lai dei novelli paladini della salute Ciociara di provenienza berlusconiana post diaspora. I quali, liberati dal vergognoso fardello della gestione Polverini,  gridano allo sfascio contro la giunta Zingaretti. Presi da una strana amnesia patologica ,  hanno rimosso tutte le malefatte in materia sanitaria, e non solo, perpetrate dalla signora dello shopping in contromano,  della festa del peperoncino raggiunta  con l'elicottero della protezione civile, e del suo porcaio di giunta.  In realtà  anche i presidenti dell’altra sponda politica ci hanno messo del loro.  

Ma non interessa qui il rimpallo delle responsabilità.  In concreto delle urla e degli strepiti di questi soggetti la cittadinanza non ne cava un ragno dal buco.  La situazione sanitaria della nostra Provincia è, e resta, al di fuori di ogni legalità, perché non assicura quel diritto alla salute sancito dalla Costituzione.  Sulla scia del clamore di scioperi della fame e altre eclatanti atti di protesta dei sindaci della zona di Sora, anche nel Capoluogo, grazie in particolare all’interessamento dei consiglieri   di centrosinstra, si è voluto battere un colpo.  

Ecco dunque convocato,  giovedì  26 giugno,  un consiglio comunale aperto a movimenti e associazioni del territorio attive nel campo della sanità.  A fornire risposte alle doglianze dei cittadini  la manager Asl, di nuova e già molto contestata nomina, D.ssa Isabella Mastrobuono. In realtà dal momento che la sanità nel Lazio è commissariata e il commissario è il presidente Zingaretti , la presenza del “capo” della Regione sarebbe stata più consona. 

Come sarebbe stato più consono consentire, visto che il consiglio comunale si fregiava dell’appellativo di “Aperto” , gli interventi dei cittadini ad orari decenti. Non nel cuore della notte quando l’attenzione per colpa o per dolo  va scemando. Il sottoscritto, che pure era iscritto a parlare, ha dovuto rinunciare al suo intervento a causa di un altro impegno. Un impegno che avevo programmato ben due ore dopo l’orario di apertura previsto del consiglio “Aperto”. 

  Ci siamo dunque dovuti sorbire gli interventi del sindaco,  di quel consigliere che chiedeva conto del ridimensionamento di un certo  reparto, del tal altro  consigliere che reclamava  per la ventilata  chiusura di quella particolare unità terapeutica e così via. Nulla di diverso di quanto questi stessi ciambellani comunali  vanno dispensando al popolo  ogni giorno attraverso i media locali, a parte qualche utile richiesta in merito al monitoraggio epidemiologico della Valle del Sacco. 

Abbiamo pure assistito ad una lezione di retorica  in puro stile razziano da parte di un consigliere il cui eloquio  ha spiccato per folclore, con tutto il rispetto per il folk,  ed inconcludenza, e  sopportato  l'auto promozione di un'altro consigliere ginecologo sentitosi offeso nell'orgoglio. Le  giuste lamentazioni sulla insufficienza di posti letto  nella nostra Provincia, nei confronti di Roma ,   e la richiesta di ottenere  maggiori  deroghe al blocco del turn-over   per l’assunzione dei medici,  hanno  avuto le stesse arcinote  risposte dal manager. Di più non si può fare perché la sanità regionale  è commissariata e il piano aziendale deve essere sottoposto alla mannaia del ministero dell’economia. 

Dunque bisogna sopperire con l’organizzazione.  Non si capisce come, una migliore organizzazione possa per incanto risolvere il problema della  mancanza dei posti letto attualmente inferiore a quanto prescritto  dalla legge   (1,8 per ogni 1000 abitanti, in luogo dei 3 previsti).  Ma questa è l’antifona. Nulla di quanto già non si sapesse dunque. L’unica notizia è stata la disponibilità a istituire finalmente il registro dei tumori, a condizione di trovare i 56mila euro necessari all’operazione. La Asl sti’ soldi non ce l’ha per cui,  cari cittadini se lo  volete, il registro, pagatevelo da soli attraverso i tributi locali  E’ questo il senso della richiesta fatta dalla Mastrobuono ai sindaci della Provincia  affinchè finanziassero con soldi comunali l’impresa. 

Tante chiacchiere trite e ritrite ma il nodo centrale non è stato neanche questa volta sviscerato. La questione della crisi sanitaria va affrontata in tutt’altra ottica. La salute è un bene primario che in un paese civile va assicurato comunque, anche a debito.  Poi sarebbe ora di sfatare  il mito che la nostra spesa sociale è talmente alta da produrre un  debito insostenibile.  Sono anni che l’Italia chiude gli esercizi di bilancio  in “AVANZO PRIMARIO”.  Cioè  la partita contabile  fra entrate, in tasse e tributi (comprensive dell’evasione e della corruzione)   e uscite per spese sociali, è in attivo! Il nostro Stato spende meno di quanto incamera. 

Poi però c’è da fare i conti con l’enorme mole di debito finanziario e annessi interessi. Siamo nell’ordine dei duemila miliardi. In tempi di crisi un ente  detentore di titoli  pubblici, soprattutto se si tratta   di un fondo di investimento  privato o di una banca d’affari  , può tranquillamente aspettare di riscuotere qualche cedola se  quei soldi servono ad assicurare la salvaguardia della salute pubblica. Come pure se in un territorio non si riescono ad assicurare i livelli essenziali di assistenza nella sanità pubblica, si limitino o si riducano le convenzioni con le strutture private. 

Ognuno ha il diritto di curarsi come meglio crede, ma se decide di rivolgersi ad una clinica privata lo deve fare senza oneri per lo Stato. I discorsi  sulla riorganizzazione dell’attività sanitaria, sulla lotta agli sprechi,  sulla cattiva gestione, spesso procurata da corruttele e ruberie , oltre che da incapacità, sono tutti giusti, ma costituiscono solo una parte del problema . 

Il dovere imprescindibile è quello di rispettare l’art.32 della Costituzione dove si afferma che :” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti….” Se ciò lo si ottiene con le case della salute, piuttosto che con la riorganizzazione di presidi sanitari e ospedalieri, ha poca importanza, l’importante è che un tale fondamentale diritto necessario allo sviluppo della dignità umana venga assicurato. 

Questo era il contenuto del mio intervento  al consiglio comunale aperto.  Molto aperto alle giaculatorie e mal di pancia, spesso orientati all’ottenimento di un facile consenso, dei vari consiglieri, poco aperto, anzi chiuso e avvolto  nelle tenebre alle istanze dei cittadini.




venerdì 27 giugno 2014

Vada avanti la Legge Regionale per la "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque"

Coordinamento Regionale Acqua Pubblica Lazio



La Legge Regionale per la "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque" vada avanti verso la sua completa attuazione nel rispetto delle autonomie locali e dei cittadini.
 Si è concluso ieri a Poggio Mirteto (RI) il primo incontro del tavolo tecnico tra il Coordinamento regionale acqua pubblica Lazio ed alcuni Sindaci e amministratori locali in rappresentanza del comitato promotore della L.R. 5/2014 per la "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque".
L'obiettivo è quello di arrivare a presentare entro l'anno quegli emendamenti migliorativi della legge che, insieme alle leggi e schemi di attuazione della stessa, allo stesso tempo consentiranno di frenare le capziose e inconsistenti impugnative del Governo Renzi ad uno strumento in tema di risorse idriche tanto innovativo quanto rispettoso delle direttive europee, del referendum popolare del 2011 e delle autonomie locali costituzionalmente tutelate.
Sono sempre di più, infatti, gli Enti locali anche al di fuori dei confini della Regione Lazio che vedono con interesse i possibili sviluppi positivi nell'attuazione della legge regionale 5/2014, tanto che anche la Regione Calabria si appresta a discutere una legge che ricalca quella laziale. Lo stesso Ministro Lanzetta, prendendo atto della volontà di cittadini e comuni di diverse regioni di andare nella direzione della gestione pubblica del servizio idrico, intende convocare entro luglio un incontro con i Coordinamenti per l'acqua pubblica, proprio per discutere i testi di legge in questione.
Ci auguriamo pertanto che l’obiettivo dell’attuazione della legge venga portato avanti in un percorso di lavoro congiunto tra promotori e regione (come concordato con lo stesso Assessore regionale Refrigeri) verso una condivisione d'intenti nello spirito della legge e che, quindi, venga superato e bocciato qualsiasi tentativo di contrasto con la volontà espressa dai cittadini e dagli Enti che ai cittadini sono più prossimi.

Invitiamo tutti gli Amministratori locali a contribuire al tavolo tecnico prendendo contatti con il Coordinamento o con il Comitato promotore della L.R. 5/2014: http://www.acquapubblicalazio.it/contatti/

giovedì 26 giugno 2014

ROMA, 28 GIUGNO, SI APRE IL “CONTROSEMESTRE”

I Gufi Ribelli per un Controsemestre Popolare e di Lotta

Il primo luglio si apre il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, che vedrà Renzi attivo nel portare avanti l’agenda della Ue. Per il 28 giugno è indetta una manifestazione nazionale a Roma contro i Trattati e i diktat dell’Unione Europea, per il lavoro, il reddito, il welfare, il dirtto all’abitare e contro la guerra alle porte dell’Europa. L’11 luglio a Torino contro il vertice europeo sulla disoccupazione. Sei mesi di mobilitazioni.


di seguito il testo dell’appello:
Le elezioni europee hanno visto in Italia un risultato in controtendenza con quelli di tutti gli altri paesi devastati dalle politiche di austerità. Il nostro è il solo paese, assieme alla Germania, dove le forze di governo che hanno approvato e gestiscono il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio hanno avuto successo. Questo non solo,per la passività e la paura che la crisi ha diffuso, ma anche perché sinora il confronto e lo scontro politico nel nostro paese hanno ignorato la questione Europa, salvo eccezioni positive che però sinora non hanno cambiato la tendenza di fondo. I rischi ritorno del nazionalismo, della xenofobia sono un altro frutto amaro delle misure di austerità,
Anche le lotte, a differenza degli altri paesi colpiti dalle politiche economiche della Troika , fin qui sono rimaste sul terreno dello scontro immediato e hanno lasciato sullo sfondo la contestazione dei ferrei vincoli che l’austerità europea ha posto alla democrazia e ai diritti sociali e del lavoro
È ora di superare questa arretratezza italiana, è ora di mettere in campo anche da noi la contestazione nei confronti dell’Unione Europea fondata sui trattati neoliberisti, da Maastricht al Fiscal Compact, e sulle le politiche di austerità, per rompere il dominio sulle nostre vite da parte delle sue istituzioni formali e informali, a cominciare dalla BCE e dalla Troika.
Dal 1° luglio il governo italiano per sei mesi terrà la presidenza dell’Unione Europea. Noi faremo di questo l’occasione per contestare le scelte politiche e le istituzioni dell’UE, vogliamo che in Italia cresca un movimento convergente con quelli di tutti i paesi europei, per costruire un’alternativa politica, sociale ed economica ai Trattati dell’Unione Europea.
Per tutti i centri di potere economico, finanziario e politico il semestre italiano sarà l’occasione per continuare nell’austerità con i suoi terribili vincoli, mascherandola con una finta ridiscussione degli obblighi comunitari. Per il potere sarà l’occasione per rilanciare le controriforme liberiste e autoritarie presentandole con lo slogan “lo vuole l’Europa”.
Per noi questo semestre deve essere l’occasione per organizzare l’informazione e la mobilitazione contro l’UE e l’asservimento del governo ai diktat della Troika, per mobilitarci contro le politiche del lavoro che hanno portato alla riforma Fornero delle pensioni e al Jobs act, tutte ispirate dalla politica di precarizzazione e distruzione dei diritti del lavoro decisa dall’UE. Per mobilitarci contro la disoccupazione di massa, la precarietà, i licenziamenti e le delocalizzazioni. Per dire basta alla schiavitù e alle deportazioni dei migranti. Per fermare le privatizzazioni e la distruzione dei servizi pubblici e dei beni comuni. Per fermare la devastazione ambientale nel nome delle grandi opere. Per fermare gli sfratti e i pignoramenti. In tutti i paesi dell’UE si portano avanti queste politiche, per questo il nostro NO vale per l’Italia e vale per tutti i paesi europei.
Noi vogliamo la fine immediata delle politiche di austerità e rigore e per questo è necessario che crolli tutta l’impalcatura di trattati e vincoli che vengono usati dai governi per sostenere queste politiche di distruzione sociale. Chiediamo e ci mobilitiamo per far si che l’Italia denunci unilateralmente il Fiscal compact e il MES con tutti i regolamenti ad essi collegati, che hanno accentrato il potere decisionale delle politiche pubbliche nelle mani di una oligarchia che risponde solo ai mercati. Chiediamo che venga cancellato il pareggio di bilancio iscritto con i voti del PD e del PdL in Costituzione. Chiediamo la rottura di tutti i vincoli e le compatibilità che nel nome del rigore ci hanno portato a questo disastro sociale. Vogliamo costruire una politica che riconquisti i diritti democratici su tutti i principali strumenti della economia, dalla gestione del debito pubblico all’uso della moneta per varare politiche di espansione dell’occupazione, di riconversione ecologica delle produzioni, per la garanzia dei servizi pubblici e dei diritti sociali, per lo sviluppo del welfare e l’autodeterminazione delle donne.
Noi rivendichiamo Costruiamo la mobilitazione e la lotta popolare per un programma immediato per il lavoro che cancelli la legge Fornero sulle pensioni e tutte le leggi sulla precarietà, che blocchi i licenziamenti nel privato come nel pubblico, che fermi le delocalizzazioni e le esternalizzazioni. Che restituisca salute e dignità al lavoro. Che garantisca un reddito a tutti i disoccupati.
Noi vogliamo costruire Costruiamo la mobilitazione e la lotta popolare per la democrazia, distrutta attaccata dal sistema di potere autoritario ed oligarchico che, nel nome dell’Europa, calpesta gli stessi principi costituzionali con leggi elettorali truffa e nei luoghi di lavoro con accordi come quello firmato da CGIL CISL UIL e Confindustria il 10 gennaio, che viola la Costituzione affermando che solo chi firma gli accordi ha diritto alla rappresentanza.
Noi crediamo sia necessario che il semestre italiano divenga un Controsemestre Popolare e di Lotta nel quale i principi, le istituzioni e i poteri che sono a capo delle politiche d’austerità vengano contestati punto per punto, momento per momento. Costruiamo un fronte ampio delle forze politiche, sindacali e sociali affinché il semestre del governo italiano in Europa diventi un Controsemestre popolare che contrasta con la mobilitazione e la lotta le istituzioni, i poteri dell’UE e le varie politiche di austerità.
Vogliamo riprendere la lotta per la pace e contro la politica di guerra e di riarmo che è perseguita con determinazione sempre più aggressiva da parte dell’Unione Europea subalterna agli Usa e alla NATO. Ora, dopo la Jugoslavia, la UE e la Nato delocalizzano una nuova guerra ai propri confini, in Ucraina.
Proponiamo quindi a tutte e tutti coloro che hanno partecipato alle mobilitazioni di questi anni e che oggi lottano, di costruire assieme un percorso comune per tutti questi sei mesi, nel pieno rispetto, anzi riconoscendo il valore, delle diverse pratiche, esperienze e culture e valorizzando anche l’articolazione delle iniziative. E nella comune forte solidarietà con chi è colpito dalla repressione.
Proponiamo quindi una manifestazione nazionale con corteo a Roma il 28 giugno per inaugurare così il Controsemestre popolare. Vogliamo accompagnare questo appuntamento con incontri e confronti tra tutte le forze e le persone che si oppongono all’austerità, ai Trattati Europei e ai governi che la perseguono.
L’11 luglio saremo in piazza a Torino contro il summit dei governi europei sulla precarietà e la disoccupazione di massa.
Il Controsemestre dovrà continuare con iniziative e confronti, lotte e mobilitazioni sia territoriali che nazionali che percorrano tutti i prossimi mesi. Dobbiamo per la prima volta far davvero sentire in Europa la voce di un popolo che sta con coloro che, a partire dalla Grecia, subiscono e combattono i diktat della Troika. Il Presidente del Consiglio Renzi ci accusa di essere dei “gufi” che si augurano il suo fallimento e quello delle politiche che persegue. Occorre dimostrare che chi lotta non fa sconti a nessuno.

Invitiamo da subito a preparare con assemblee locali unitarie la manifestazione del 28 giugno a Roma, la mobilitazione e corteo di Torino dell’11 luglio e il programma del Controsemestre popolare e di lotta.
  • Unione Sindacale di Base
  • Il Sindacato è un’altra cosa
  • Noi Saremo Tutto
  • Noi restiamo
  • Cub Lazio
  • Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
  • Cobas Sanità Venezia
  • Sindacato di Base Multicategoriale (Trento)
  • Lavoratori Autorganizzati Mef
  • Movimento migranti e rifugiati
  • Militanti Anti TAV (Nicoletta Dosio, Gilberto Pezzoni, Carmine Lavorato, Antonio Zaccaria, Silvano Giai, Paolo Lenzi, Marina Martin, Giuseppe Joannas, Bruno Canu, Giuseppe Alleri)
  • Ross@
  • Partito della Rifondazione Comunista
  • Partito dei Comunisti Italiani
  • Partito Comunista dei Lavoratori
  • Rete dei Comunisti
  • Sinistra Anticapitalista
  • Carc

Bonifiche. Miracolo del Governo Renzi, 30.000 ettari di nuove aree industriali in Sardegna e migliaia in altre parti d'Italia!

Stop Biocidio Lazio e Abruzzo
Coordinamento Nazionale Siti Contaminati
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

E' solo un favore ai vertici militari, si alzano i limiti per l'inquinamento dei suoli di 100 volte.

Il Governo Renzi moltiplica le aree industriali del paese ma l'obiettivo non è creare occupazione ma mettere sotto al tappeto la contaminazione dei suoli delle aree militari alzando anche di 100 volte i limiti di legge.

Il decreto 91/2014 pubblicato ieri sulla gazzetta Ufficiale, chiamato in maniera tragicomica “Ambiente Protetto” dal Ministro Galletti, è un vero e proprio vergognoso colpo di spugna sullo stato di contaminazione delle aree militari del paese. Decine di migliaia di ettari distribuiti in tutto il paese occupati da poligoni militari, campi di addestramento, caserme, e in cui sono state svolte per decenni attività che possono aver liberato sostanze pericolose (si pensi ai continui brillamenti di cariche nei poligoni) ora vengono equiparati ad aree industriali per i quali la legge prescrive soglie di contaminazione molto più alte. 

Il decreto prevede, infatti, che nelle aree militari si deve far riferimento ai limiti della colonna B della tabella relativa alle soglie di contaminazione dei suoli del decreto Legislativo 152/2006, quella relativa alle aree industriali, e non già alla colonna A, quella con i limiti per le aree residenziali e a verde.

Per fare un esempio, nelle aree a verde la soglia per il Cobalto è 20 mg/kg mentre per le aree industriali è 250 mg/kg, più di 10 volte. Per la sommatoria dei composti policiclici aromatici (tra cui diversi tossici e/o cancerogeni) addirittura il limite per le aree industriali è più alto di 100 volte (1 mg/kg contro 100 mg/kg). Il benzene, cancerogeno di prima classe per lo IARC, ha un limite più alto di venti volte (0,1 mg/kg contro 2 mg/kg). Per il tetracloroetilene, un altro sospetto cancerogeno e tossico per il fegato, il limite è 40 volte più alto.

Il tutto in aree che spesso appaiono come ampie zone verdi coperte da macchia mediterranea e boschi! Si pensi a Capo teulada e Quirra (Perdasdefogu) in Sardegna oppure a Monte Romano in Lazio (vasto 5000 ettari!).

Il Decreto di fatto impedirà l'alienazione delle aree militari a favore di regioni e comuni che li richiedono da tempo per un loro uso civile perché si prevede che in tal caso si debba tornare a considerare  la tabella A, quella con i limiti più stringenti. A quel punto chi sarà così incauto da proporre di spendere centinaia di milioni di euro per le bonifiche in presenza di una legge che consente di rispettare la legge con limiti molto più elevati e senza spendere

mercoledì 25 giugno 2014

La lettera di Lavagno, Pilozzi e Zan a Vendola con cui lasciano il gruppo di Sel e il partito

 E PILOZZI SALI' SUL BULLDOZER

Illustrazione a cura di Luciano Granieri
fonte :http://ilmanifesto.info/
La lettera. Contrari alla lista Tsipras, favorevoli a un approccio "laico" con il governo Renzi-Alfano, sostenitori del socialismo europeo. Tre deputati lasciano Sel e si iscrivono al gruppo misto.

La  let­tera inviata da Fabio Lava­gno, Naz­za­reno Pilozzi e Ales­san­dro Zan a Nichi Ven­dola per comu­ni­care la deci­sione di lasciare il Gruppo par­la­men­tare e il partito
Caro Nichi,
ti comu­ni­chiamo, non senza tri­stezza, la deci­sione di lasciare Sini­stra Eco­lo­gia Libertà e il suo gruppo alla Camera dei Depu­tati, per riap­pro­priarci della libertà del dub­bio, della valu­ta­zione cri­tica, fuori dalla con­for­tante sicu­rezza dei no a pre­scin­dere in cui siamo caduti.
La nostra scelta avviene den­tro a un qua­dro com­ples­sivo che trae le sue ori­gini dalle molte inver­sioni di rotta, troppe, rispetto al pro­getto ori­gi­na­rio in cui abbiamo cre­duto.
Abbiamo pro­fuso tutti gli sforzi neces­sari per­ché Sel potesse tra­sfor­marsi in un par­tito di sini­stra moderno, demo­cra­tico, utile alle esi­genze sociali più stringenti.

Negli ultimi mesi Sini­stra Eco­lo­gia Libertà ha abbrac­ciato posi­zioni in cui non rico­no­sciamo più la nostra cul­tura poli­tica, la stessa con cui anni fa abbiamo con­tri­buito alla co-fondazione del par­tito e che poneva un obiet­tivo che a tutt’oggi con­si­de­riamo essen­ziale: quello di essere sini­stra di governo. Cre­diamo che, abdi­cando a que­sto ruolo, si rischi, pro­gres­si­va­mente, di appro­dare a un atteg­gia­mento poli­tico mino­ri­ta­rio quando, invece, le esi­genze del Paese sono altre.
Siamo ancora con­vinti che la strada giu­sta da per­corre sia quella che accetta la tran­si­to­rietà del nostro pro­getto, per intra­pren­dere un cam­mino verso la rico­stru­zione di un campo largo del cen­tro sini­stra.
Non abbiamo con­di­viso le acce­le­ra­zioni verso un pro­getto, come la Lista Tsi­pras, che ha can­cel­lato cin­que anni d’impegno per rico­struire una sini­stra che sce­gliesse il par­tito socia­li­sta euro­peo come ter­reno di confronto.

Rite­niamo neces­sa­rio un approc­cio laico nel rap­porto con il Governo, fon­dato sulla valu­ta­zione nel merito dei sin­goli prov­ve­di­menti, con­ti­nuando a mani­fe­stare, quando neces­sa­rie, le cri­ti­che ma evi­tando un’opposizione pre­giu­di­ziale. Vogliamo met­tere al primo posto le per­sone con i loro biso­gni e con le loro ambi­zioni. Vogliamo con­tri­buire a costruire una strada comune con que­sti uomini e donne che ci chie­dono di stare al loro fianco prima ancora che di restare all’opposizione parlamentare.
Il voto favo­re­vole della mag­gio­ranza dei par­la­men­tari sul decreto Irpef è stata una scelta che segnala la nostra cul­tura poli­tica, quella che sfida l’Esecutivo ad assu­mersi la respon­sa­bi­lità di andare avanti sul con­tra­sto delle disu­gua­glianze. Quanto avve­nuto nel Gruppo par­la­men­tare e nel par­tito intorno a quel decreto non è che la scin­tilla che ha ampli­fi­cato in maniera espo­nen­ziale le diver­genze interne e, ine­vi­ta­bil­mente, ha spinto ognuno di noi a rifles­sioni e deci­sioni sof­ferte, dif­fi­cili ma ormai neces­sa­rie e improcastinabili.
La nostra volontà è quella di tenere fede all’obiettivo che ci ha spinto a tro­vare, anni or sono, in Sini­stra Eco­lo­gia e Libertà la nostra casa. Una casa alla quale dob­biamo molto, che tut­ta­via oggi non sen­tiamo più come nostra. Sen­tiamo il timore di affron­tare il con­fronto e la sfida dell’egemonia poli­tica e cul­tu­rale e spesso, troppo spesso, siamo stati alla fine­stra a guar­dare senza poter, in modo con­creto e pro­po­si­tivo, con­tri­buire al cam­bia­mento che i cit­ta­dini ci chie­dono a gran voce.
Per que­ste ragioni e per­ché rite­niamo neces­sa­rio rimet­terci in cam­mino con­di­vi­diamo la scelta di alcuni nostri depu­tati di abban­do­nare SEL. Ci uniamo a loro in que­sto per­corso sicu­ra­mente dif­fi­cile ma siamo sicuri così di svol­gere al meglio il nostro com­pito di rap­pre­sen­tanti del popolo.
Ti salu­tiamo con affetto e rico­no­scenza per aver con­di­viso un per­corso tanto impor­tante in Sini­stra Eco­lo­gia e Libertà.
Fabio Lava­gno
Naz­za­reno Pilozzi
Ales­san­dro Zan



Sopraintendenza archeologica Finalmente qualcosa si muove. Era ora.

Francesco Notarcola – Presidente Consulta delle associazioni della città di Frosinone



Finalmente qualcosa si muove. Era ora.
Da anni le associazioni denunciano comportamenti e decisioni della Soprintendenza Archeologica per il Lazio mai messe in discussione dagli amministratori locali.
Infatti gli amministratori che si sono succeduti, negli ultimi venti anni, alla guida del Capoluogo, hanno sempre accolto senza alcuna obiezione le decisioni della Soprintendenza anche quando i fatti necessitavano approfondimenti, trincerandosi dietro l’ “insindacabilità”  delle decisioni dell’ente sovraordinato.
A partire dagli anni novanta in diverse aree della città (Fontanelle, via Aldo Moro-ascensore inclinato, De Matthaeis, via Vado del Tufo, Selva dei Muli) sono stati rinvenuti beni archeologici che testimoniano insediamenti nella Città, riferibili a un arco temporale che va dalla preistoria fino all’epoca romana. A tutt’oggi la Soprintendenza, organo preposto alla tutela, valorizzazione e fruizione dei beni, non ha proceduto alla completa catalogazione dei reperti e tutela dei siti.
 Non ricordiamo che la stessa abbia mai preso alcuna iniziativa di valorizzazione dei suddetti beni, né promosso eventi che divulgassero e informassero la cittadinanza.
E’ corretto non aver catalogato i reperti rinvenuti al fine di far conoscere alla collettività quali e quanti siano stati? Dove sono le relazioni finali e i giornali di scavo compilati da tutti gli archeologi che hanno diretto gli scavi nella nostra Città per conto della Soprintendenza?
In particolare da anni le attenzioni delle associazioni si sono concentrate sull’area archeologica attigua alla Villa Comunale ed è stato elaborato un dossier su quanto avvenuto in quella zona.
Nel 2008 la Soprintendenza ha autorizzato la realizzazione di un parcheggio a raso con delle prescrizioni sui resti archeologici delle Terme Romane in attesa dei fondi per la loro valorizzazione e riscoperta. In seguito all’azione delle associazioni sono stati apposti i vincoli diretto e indiretto nell’area in cui è stato rinvenuto l’impianto termale di epoca romana.
 Nel 2011 sono iniziati gli scavi archeologici nell’area attigua a quella in cui sono state ritrovate le Terme Romane, la particella 159 interessata dall’iniziativa edificatoria I Portici. Proprio al confine con il parcheggio che copre le Terme Romane, all’inizio della particella 159, è rimasta un’area non scavata dalla Soprintendenza archeologica.   Dove sono gli esiti delle indagini geognostiche che sarebbero state effettuate sulla particella 159? Se in quell’area si estendessero le strutture delle Terme Romane, ciò consentirebbe l’estensione del vincolo indiretto e quindi l’inedificabilità dell’area.
Alla luce dei recenti avvenimenti, riportati dalla stampa locale, riguardo le indagini della Magistratura verso alcuni funzionari della Soprintendenza ai beni archeologici, invitiamo il Sindaco del Capoluogo, deputato a tutelare gli interessi della cittadinanza, a valutare l’opportunità di chiedere nuovi accertamenti sulla porzione della particella 159 non oggetto di scavo e sul rilascio del nulla osta archeologico sull’intera area.
E’ sempre più viva la necessità di attuare i punti della  DELIBERA COMUNALE N.32 del 14 settembre 2011, proposta da associazioni e cittadini,  votata all’unanimità che prevedeva, al quarto punto, di “costituire, senza oneri per l’Ente, una commissione di esperti, anche con la partecipazione di rappresentanti dell’associazionismo di tutela dell’Ambiente e del Territorio che, in collaborazione con i funzionari di zona della Soprintendenza e del locale Museo Archeologico, possa esercitare azioni di verifica del territorio, al fine di arginare eventuali fenomeni di saccheggio e distruzione del patrimonio archeologico”.

Frosinone 25 giugno 2014-06-25

martedì 24 giugno 2014

Cambiare è possibile

Simonetta Zandiri


Rabbia, impotenza, frustrazione. Sfoghi contro "la massa di coglioni" che ha eletto "ladri, disonesti, etc etc etc". Insulti, più o meno coloriti, verso questo o quel partito. Cosi' il problema resta altrove, la soluzione rimandata a nuove urne. L'impotenza è il mezzo con il quale possiamo giustificarci quotidianamente perché se la causa è altrove la soluzione non dipende da me. Semplice. 
E se non fosse cosi'? Sarà anche vero che una "massa" (ma pur sempre una minoranza, se vi prendete la briga di fare i conti veri di queste fantomatiche urne) ha scelto potenti con questo o quel simbolo (fa poca differenza, direi). Sarà anche vero che è là che vengono prese certe decisioni che ricadono su tutti noi, collettivamente e individualmente. Ma c'è un'altra verità che ci dimentichiamo di osservare perché quella sarebbe uno schiaffo alla nostra ingenuità ed alle nostre colpe, o quanto meno alla nostra RESPONSABILITA', anche questa individuale e collettiva. Il POTERE è qualcosa che esercitiamo o subiamo quotidianamente, entra in gioco nelle relazioni sul posto di lavoro (o alla ricerca di un lavoro), in quelle in famiglia o tra amici. La lotta contro OGNI FORMA DI POTERE è quotidiana. E richiede un profondo esame di coscienza, perché spesso siamo noi gli oppressori e qualcuno è inevitabilmente oppresso, ma DA NOI, QUI E ORA e non altrove o alle urne. Leggo, ad esempio, molti status di uomini indignati e sconvolti per i recenti casi drammatici di omicidio, vittime donne e bambini. Poi mi chiedo: ma questi uomini indignati, quando si trovano in situazioni di palese ingiustizia nei confronti di una donna, magari sul posto di lavoro, che fanno? Perché è li' che potrebbero fare la differenza, non al GOVERNO, non aspettandosi nuove leggi, ma AGENDO con un senso di GIUSTIZIA APPLICATA INDIVIDUALMENTE nei contesti collettivi nei quali ne sorga la necessità. Per mia esperienza gli ABUSI DI POTERE hanno mille forme, e mille volti e il più delle volte hanno il volto di persone che apparentemente sono impegnate "contro", ma poi nella realtà sono complici, omertosi, o a loro volta squallidi e più o meno consapevoli oppressori.
Il cambiamento è possibile, ma solo quando smetteremo di credere che qualcun altro, o altrove, possa farlo al posto nostro.
Quando ne diventiamo consapevoli davanti a noi si apre una sfida estremamente delicata, perché dobbiamo prima di tutto avere la forza di sottoporre noi stessi ad un giudizio ma il passo successivo è belissimo: perché è la certezza che cambiare sia, semplicemente, POSSIBILE.  Proprio quello che ci spingono a non pensare.

Voti uno eleggi due

Luciano Granieri

Vogliamo parlare del casino che stanno combinando, su mandato di Renzi, la Boschi, Calderoli,  la Finocchiaro e tutti gli altri appresso,  nel violentare le istituzioni  dello Stato repubblicano  sbeffeggiando la Costituzione? 

Anche no…... O forse si?  Direi che ci sono alcuni capisaldi  nel guazzabuglio  del nuovo senato  di alto spessore istituzionale .  Uno fra tutti. Il principio del” voti uno ed eleggi due”. In tempi di crisi come questi  non può essere sottovalutata una simile offerta speciale. Pensa che fortuna si  va a votare credendo  di eleggere un consigliere regionale o un sindaco  e, se si è fortunati, ci  si ritrova ad aver eletto un consigliere, un sindaco  e un senatore in un sol colpo. Se non è efficienza elettorale questa?  

Senza contare che in caso di inasprimento della crisi si potrebbe ampliare il sistema. Ad esempio  si potrebbe immaginare che alle elezioni di condominio l’eletto andrebbe ad  occuparsi del condominio in questione, diventerebbe  sindaco, consigliere regionale , ma anche deputato  e magari se proprio non c’ha un cazzo da fare perfino  senatore. Anzi direi  di  includere fra gli incarichi ottenuti  anche la mansione di CT della nazionale di calcio considerate  le dimissioni di Prandelli.  

Peccato che questo sistema non sia  propriamente in linea con i principi Costituzionali . Infatti l’art. 48 parla di voto eguale. Embè il voto di chi ha eletto un sindaco e un senatore non è tanto uguale a quello che ha eletto solo il sindaco. Il principio “voti uno eleggi due” va esteso a tutti “e che sso’ sti favoritismi- come diceva il buon vecchio presidente dell’Avellino Calcio Antonio Sibilia-  i guanti o li compramm  a tutti o a nisciuno, pecchè i tene da purtà solo u’ purtiere?” 

Ma c’è un'altra bella pensata  ed è quella di evitare agli italiani la fatica di mettersi a raccogliere la firme qualora a qualche buontempone venisse in mente di promuovere una legge di iniziativa popolare.  Già prima della proposta di riforma era difficile raccogliere 50.000 firme  per far approdare una legge alle Camere . Metti fuori il banchetto, magari c’è pure il sole cocente, o piove, rompi i coglioni alla gente per spiegargli che forse  una norma sul salario minimo garantito sarebbe più che necessaria ( su questa legge di iniziativa popolare, qualche anno fa   sono state raccolte 70.000 firme). 

Oggi nella riforma del Senato le firme necessarie per presentare la legge aumentano  da  50.000 a 300.000 così anche i pasdaran della partecipazione   sono serviti. Poi   per tagliare definitivamente la testa al toro, nel caso in cui si riuscisse a mettere insieme trecentomila anime di buona volontà e portare la proposta in Parlamento,  questo  non sarà più obbligato a discuterla e votarla. Qualora ci fosse ancora qualcuno con la fissa della partecipazione attraverso la proposta di leggi di iniziativa popolare è meglio che si levi dalla testa questa stupidaggine. I referendum da tempo ormai  non ci risultano.  Tanto agli italiani fa fatica partecipare. 
Molti di loro preferiscono atteggiarsi a  democratici andando a votare una volta ogni tanto  per il cazzaro di turno, basta che sia uno  nuovo per provare se funziona. 

Resta da capire che c’entra la riforma della legge d’iniziativa popolare con il nuovo senato. Ma le cose da capire sono molte.  Un solo  elemento emerge con chiarezza  in tutta la strategia che riunisce la falsa abolizione  delle province e la forma del nuovo senato, e cioè la volontà di evitare al cittadino la scocciatura  di votare.  Meno si vota, meglio è,  meno si è costretti a inventare leggi elettorali che dietro l’illusione di assicurare la rappresentanza nascondono la solita vecchia solfa per cui  si fa in modo di eleggere chi aggrada al manovratore.  

Mi pare che sia tutto. Ah no dimenticavo la vecchia storia  dell’immunità parlamentare colpevolmente introdotta nella nuova  proposta. Introdotta da chi non è dato sapere. La cagnara che ne è scaturita non è altro che il solito gioco delle parti scatenato per nascondere le altre brutture antidemocratiche contenute in questo pastrocchio. 

Lo ribadisco una volta per tutti i padri costituenti hanno pensato la Costituzione per  persone per bene e non per la marmaglia che calca la scena odierna. L’articolo 68, quello che sancisce la prerogativa dei parlamentari  di non rispondere  delle opinioni espresse,  ha la finalità di permettere la libera professione delle idee del parlamentare,   anche se ciò dovesse prefigurare un reato d’opinione .  

La questione morale spetta ad un altro articolo,  il 54, nella quale si sancisce  che tutti i cittadini ai quali sono affidate funzioni pubbliche  hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore. Un dispositivo che dovrebbe permettere alla politica stessa autonomamente,   se praticata da persone per bene,  di cacciare chi si comporta con disonore , senza arrivare una volta intervenuta la magistratura,  a chiamare in causa l’immunità parlamentare.  Se non si applica l’articolo 54 poi c’è poco da denunciare il protagonismo politico della magistratura. 

Comunque il misfatto sta per compiersi. Entro i primi di luglio la legge dovrebbe andare in discussione alle camere. Sicuramente sarà migliorata da molti emendamenti. In ogni caso, una volta passata alla Camera sarà il Senato a correggere le scorie rimaste ……già ma quale Senato?

Battaglia legale contro la tritovagliatura nella discarica di colle Fagiolara: udienza del TAR LAZIO il 26 giugno 2014

Rete per la Tutela della Valle del Sacco e Comitato Residenti Colleferro

Il 26 giugno 2014 il TAR del Lazio si pronuncerà sulla richiesta di sospensiva avanzata dalla Rete per la Tutela della Valle del Sacco (Retuvasa) e dal Comitato Residenti Colleferro (CRC), che hanno presentato ricorso sul metodo della tritovagliatura mobile, autorizzato dal Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, per il prosieguo del conferimento di rifiuti tal quale, mediante sminuzzamento, presso la discarica di colle Fagiolara a Colleferro.

Tra i motivi dell’impugnazione la proroga di un sistema estremamente dannoso come evidenziato dalla normativa europea, che ritiene il sistema della tritovagliatura inadeguato per la salvaguardia della salute dell’uomo e dell’ambiente, oltre che inidoneo a garantire un ciclo virtuoso dei rifiuti, in quanto non avviati al riuso, recupero e riciclaggio.

Il TAR del Lazio si è già pronunciato in merito alla questione in occasione del ricorso contro il Piano Rifiuti emanato dalla giunta Polverini, definendo il sistema fuori norma rispetto alle Direttive europee. Nella stessa decisione si poneva in risalto anche la transitorietà della Circolare dell’allora ministro Prestigiacomo del 2009, che permetteva l’utilizzo della tritovagliatura solo temporanemente, fermo restando, a regime, l’obbligatorietà di rispettare le Direttive Comunitarie.

La questione viene definitivamente chiarita dalla Circolare del ministro Orlando del 6 agosto 2013, che allinea le nostre normative a quelle europee e definisce illegale il sistema di triturazione, illegalità ribadita successivamente anche da ARPA Lazio, quando è stata chiamata a pronunciarsi sulla rispondenza delle discariche regionali alla citata circolare ministeriale.
                                                               
In questo quadro normativo, la giunta Zingaretti, su proposta dell’assessore Michele Civita, e dietro richiesta della società regionale Lazio Ambiente SpA, gestore della discarica, il 27 febbraio 2014  mantiene aperta la discarica di tal quale, concede di fatto un’ulteriore proroga di sei mesi e autorizza la tritovagliatura, che tra l’altro veniva effettuata già dall’aumento di volumetria autorizzata dalla Giunta Marrazzo.

In questa partita il Comune di Colleferro entra in gioco adducendo “superiori” motivi economici, disinteressandosi del fatto che la semplice riduzione di volumetria tramite trituratore è causa certa di pericoli per l’ambiente e la salute dell’uomo, come ampiamente dimostrato dai risultati del rapporto ERAS.
Al di sopra di tutto la Giunta Comunale pone gli interessi di pochi e nomina un legale per appoggiare ad adiuvandum la Regione Lazio, dimostrando “coerenza” e confermando di  preferire il denaro alla salute dei cittadini. Come sempre nasconde le sue gravi responsabilità in materia di salute pubblica dietro le (false) esigenze di bilancio. Basti ricordare come l’Amministrazione Comunale non abbia utilizzato lo stesso metro di intervento per sostenere la Regione Lazio e le Associazioni locali contro il declassamento della Valle del Sacco da Sito di Interesse Nazionale a Sito di competenza regionale.

“Tutti sappiamo che lo smaltimento dei rifiuti in discarica è considerato dall'art. 4 della direttiva quadro dell’Unione europea  (2008/98/CE) come l’ultima opzione nella gerarchia dei rifiuti, che è orientata alla prevenzione, riciclaggio e riutilizzo dei rifiuti stessi. In questo contesto anche l’impianto di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) previsto come l’ennesima soluzione di un problema inesistente, diventa obsoleto all’interno di una visione virtuosa a lungo termine nella gestione dei rifiuti. Sulla stessa linea oggi contrastiamo l’illegittimità dell’ordinanza Zingaretti sulla proroga alle attività nel sito di Colleferro e ne chiediamo l’annullamento” precisa Alberto Valleriani, presidente della Rete per la Tutela della Valle del Sacco.

“Noi vogliamo che cessi ogni forma di tolleranza verso una discarica illegale che riceve rifiuti indifferenziati e non trattati, in violazione delle vigenti disposizioni europee. Il sistema della tritovagliatura è privo dei presupposti per garantire la sicurezza dell’ambiente e della salute umana”, commenta Ina Camilli, rappresentante del Comitato Residenti Colleferro.

A questo punto spetta al TAR del Lazio porre fine ai conferimenti illegali di rifiuti tal quale e pronunciarsi definitivamente sul merito della tritovagliatura, accogliendo la richiesta di sospensiva presentata dai proponenti. Qualunque sia la decisione, questa verrà protocollata presso la Corte di Giustizia Europea che il 19 giugno scorso ha avviato le fase delle udienze in merito alla causa contro l’Italia sulla mancata selezione dei materiali o stabilizzazione prima del conferimento nelle discariche del subATO di Roma e Latina e sul fatto che nel Lazio non è stata creata una rete integrata e adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.
Qualora il nostro paese venisse condannato, la Regione Lazio sarà responsabile del pagamento di una multa salata, come sempre prelevata dalle tasche dei cittadini.



Colleferro, 24 giugno 2014

lunedì 23 giugno 2014

Appello di solidarietà internazionale.

UCIZONI (Unione delle comunità indigene della zona nord dell'Istmo Messico)


Enedina Rosas e Juan Carlos Flores, leader comunitari dello Stato de Puebla (Messico) sono stati incarcerati in seguito ad una denuncia della transnazionale italiana Bonatti Spa. La procedura penale 121/2014 è stata iniziata dal Giudice penale de Atlixco per il reato di opposizione alla realizzazione di un'opera pubblica e di furto aggravato.

Enedina è una signora de 60 anni, Presidente del Comissariato ejidal del pueblo indigeno de San Felipe Xonacayucan, che si é opposto alla costruzione di un gaseodotto sulle sue terre. Il 17 marzo scorso si è messa a capo della sua gente per sfrattare pacificamente i lavoratori della transnazionale italiana BONATTI SPA che erano entrati su queste terre per realizzare i lavori senza il permesso della comunità. Per questi fatti un impiegato l'ha denunciata per avergli rubato, a quanto sembra, due telefonini... Enedina é stata incarcerata il 6 aprile 2014 ed é ancora rinchiusa nel carcere di Atlixco, Puebla.
Juan Carlos Flores è un mediattivista, militante per i dritti umani e studente di Giurisprudenza che ha accompagnato la lotta dei popoli indigeni che difendono le loro terre contro il Progetto Integrale Morelos. Un progetto affidato alle imprese Abengoa, Elecnor e Bonatti e che consiste a realizzare un gaseodotto e due centrali termoelecttriche, nella zona del vulcano Popocatepetl. Juan Carlos è stato arrestato il 7 aprile scorso quando si presentò nella sede della Comissione dei Dritti Umani per sporgere una denuncia per la detenzione arbitraria de Doña Enedina. Juan Carlos é rinchiuso nel carcere de Cholula, Puebla.

Enedina e Juan Carlos fanno parte del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra y el Agua (Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell'Acqua) di Morelos, Puebla e Tlaxcala, organizzazione comunitaria che ha subito una forte repressione per aver richiesto il rispetto delle terre e dei Diritti dei popoli indigeni e contadini. 
Lanciamo un appello di solidarietà alle organizzazioni, ai collettivi e alle persone che si oppongono agli abusi che commettono le imprese transnazionali affinché si uniscano alla lotta per la liberazione di Doña Enedina e Juan Carlos e per frenare il megaprogetto che sta minacciando la vita di più di 80 comunità rurali del Messico.


Per avere più informazioni : 
fsjuan@hotmail.com
Carlos_beas@hotmail.com

domenica 22 giugno 2014

Dal carcere di Cuneo

Lettera di Francesco dal carcere di Cuneo
10/6/2014,
Cuneo.
Sono 27 gli episodi incriminati, attraverso cui le autorità, il 3 giugno scorso, hanno spiccato 17 arresti, 12 in carcere e 5 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora e 4 divieti di dimora da Torino e 4 obblighi di firma. Sotto inchiesta è finita la lotta contro gli sfratti, sviluppatasi nelle strade di Porta Palazzo, Aurora e Barriera di Milano a Torino.
Il racconto che emerge nelle pagine contenenti gli appunti degli imbrattacarte di Questura, Procura e tribunale non è certo molto avvincente e non riesce neanche lontanamente a descrivere i contorni di questa lotta. Sarebbe del resto stolto attendersi qualcosa di diverso da questi grigi scribacchini.
Spulciando però tra le 200 e rotte pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, si scopre che anche un uomo di tribunale può scrivere qualcosa degno di nota.
Scrive infatti il GIP: «L’effetto di tale plurime, concertate azioni oppositive è stato, sostanzialmente, quello di privare di autorità e di forza esecutiva le decisioni giudiziarie […], vanificando le condizioni essenziali al mantenimento dello stato di diritto e costituzionale».
Parole che, tradotte in una lingua umana, sottolineano come questa lotta abbia impedito a ufficiali giudiziari e forze dell’ordine di buttare in mezzo a una strada decine e decine di uomini, donne e intere famiglie. Come stabilito da qualche giudice torinese. E così facendo, nel suo piccolo, ha messo in discussione alcuni dei valori fondanti di questa società come la proprietà privata e il monopolio della forza da parte dello Stato. Nelle strade di questo pezzo di Torino si è respirata insomma un’aria un po’ diversa dalla solita asfissiante normalità. Una normalità scandita da centinaia e centinaia di sfratti l’anno che assegnano a Torino il vergognoso titolo di “capitale italiana degli sfratti”. Una normalità caratterizzata dall’arroganza degli ufficiali giudiziari che, forti del sostegno di Carabinieri e Polizia, svolgono senza esitazione il loro infame e servile lavoro. Una normalità in cui chi non può o non vuole più pagare un affitto dovrebbe accettare a testa bassa la propria sorte, affidarsi agli assistenti sociali e poi aspettare, pazientemente, la lotteria in cui si assegnano le case popolari, sperando che venga pescato il proprio bussolotto. E nel frattempo arrangiarsi come possibile, dormendo in macchina o sul divano di qualche conoscente, accettando magari di dividersi, nel caso delle famiglie, in attesa di tempi migliori.
Questa lotta ha invece un po’ sconvolto questi ruoli e, picchetto dopo picchetto, assemblea dopo assemblea, sempre più uomini e donne hanno scoperto che non c’è nulla da vergognarsi nel far presente pubblicamente la propria situazione, che facendolo non si è più soli, e che resistere è possibile.
Nel corso della lotta cresce così la determinazione, il coraggio, la sensazione che si può osare. L’asticella di ciò che si può pretendere si sposta allora sempre più in alto, e per diversi mesi durante i picchetti non ci si preoccupa più del rischio che lo sfratto venga eseguito, ma di quanto tempo si riuscirà a strappare all’ufficiale giudiziario. Proroghe di qualche settimana, che fino a poco tempo prima sarebbero state accolte con entusiasmo ora non bastano più. Si pretende di poter restare a casa propria per due, tre, quattro mesi, così da poter organizzare con più serenità la propria vita.
E la forza accumulata nel corso di questa lotta consente di prendersi questa serenità. Ma consente anche di far fronte alla prima contromossa delle autorità cittadine: concentrare nello stesso giorno – il terzo martedì del mese – diversi sfratti, per dividere chi resistere e aver così facilmente la meglio su di loro. Chi lotta riesce invece ad organizzarsi e difendersi ogni terzo martedì, barricandosi con cassonetti davanti ai portoni e chiudendo intere strade per tenere lontane le forze dell’ordine. E queste barricate non sono un efficace strumento di resistenza, ma diventano un po’ il simbolo di questa lotta e spiegano cosa accade molto più chiaramente di mille volantini. E se, come sottolinea il GIP, gli ufficiali giudiziari hanno iniziato a non girare più volentieri per le strade di Barriera di Milano per sfrattare una parte dei suoi abitanti, beh questo non può che rallegrare il cuore di molti. Una volta tanto la paura ha cambiato di campo.
Quest’inchiesta è solo l’ultima iniziativa intrapresa a livello giudiziario contro questa lotta. La primavera scorsa, dagli uomini di tribunale fu estratto dal cilindro un articolo che, dopo esser stato testato qui, verrà utilizzato sempre più sistematicamente anche altrove, il 610, l’incidente di esecuzione. Con il 610, gli ufficiali giudiziari, di fronte a un picchetto, rimettono la procedura di sfratto nelle mani di un giudice che fissa un’altra data che non deve essere però comunicata allo sfrattando. Così lo sfratto diventa uno sgombero, le forze dell’ordine possono agire praticamente indisturbate, e chi ha uno sfratto vive nell’angoscia quotidiana di non sapere neanche fino a quando potrà avere un tetto sopra la testa.
Inutile sottolineare che questo cambiamento ha creato non pochi problemi alla lotta. La resistenza agli sfratti è comunque continuata cercando di escogitare nelle assemblee nuove strategie per mettere i bastoni tra le ruote ai signori della città. E continuerà di certo dopo questi arresti, come mostra la contestazione alla sede degli ufficiali giudiziari del 4 giugno, l’occupazione del 12 e la manifestazione del 14. Perché le lotte non si arrestano.
Un ultimo pensiero non può poi non andare ai dirigenti del PD, che si sono subito felicitati di quest’operazione giudiziaria. Anche in questo caso la loro ostilità non può che rallegrarci, e del resto crediamo di essere in buona compagnia. Perché il Partito Democratico, come mostrano le tante iniziative, di giorno e di notte, nelle piazze e davanti alle loro sedi, non fa certo schifo solo a chi lotta contro gli sfratti.
Francesco
Per scrivergli:
Francesco Di Berardo C.C. via Roncata, 75 - 12100, Cuneo.

Appello per uno spezzone sulla Palestina al corteo del 28 giugno a Roma

E' stato deciso di lanciare un appello perchè al corteo del 28 giugno (che inaugurerà il controsemestre popolare e di lotta contro i diktat dell'Unione Europea, per il lavoro, il reddito, il welfare e contro la guerra) ci sia uno spezzone che sottolinei quanto le politiche dell'UE siano negative per il popolo palestinese e complici dell'occupazione israeliana.

La complicità e l’omertà dell’Unione Europea con le politiche aggressive e discriminatorie di Israele sono quotidiane, e di fatto l’Ue riconosce e sostiene l’occupazione israeliana della Palestina e delle terre arabe. In questi anni l’Ue non ha mai fatto seguire atti concreti alle timide aperture messe in campo da organismi internazionali come l’ONU a favore dei diritti del popolo di Palestina.
Al contrario, l’Ue e i Paesi aderenti continuano a firmare accordi commerciali e di cooperazione con lo stato di Israele, nonostante la crescita di un movimento per la campagna BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) che, sulle orme di quanto accaduto in Sud Africa, di mese in mese vede aumentare il suo prestigio e le adesioni. L’alleanza fra Unione Europea e Israele, del resto, non è congiunturale: dietro questa amicizia ci sono interessi strutturali dettati da un neocolonialismo – guidato dagli Stati Uniti - sempre più aggressivo, che non può prescindere dal suo avamposto in quella regione.
Ogni giorno inoltre ci giunge notizia di bombardamenti e di azioni di guerra da parte dell’esercito di Tel Aviv, che abbatte case, scuole, ospedali, e distrugge infrastrutture, molte delle quali costruite proprio con i contributi dell’Unione Europea. Eppure il silenzio è assordante.
Come assordante è il silenzio delle istituzioni europee sulle migliaia di prigionieri politici palestinesi costretti contro ogni legalità internazionale nelle galere israeliane perché colpevoli solo di lottare per la propria indipendenza e per la propria dignità.
Proprio in questi giorni è in atto uno sciopero della fame drammatico contro la detenzione amministrativa (ovvero la carcerazione senza accuse né processo), che rischia di portare alla morte decine di uomini e donne palestinesi.
PER DIRE NO A QUESTE POLITICHE. In sostegno dei giusti diritti del popolo palestinese. Per dare voce ai prigionieri politici palestinesi. Per un pieno sostegno alla campagna di Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni verso Israele. Contro ogni forma di neocolonialismo e di occupazione militare della Palestina,
il 28 giugno scendiamo in piazza a Roma, all’interno del corteo per il “controsemestre popolare”, costruendo un grande spezzone di solidarietà con il popolo palestinese.
Appuntamento alle ore 15 in piazza della Repubblica (lato Basilica Santa Maria degli Angeli)
Maurizio Musolino, Gustavo Pasquali, Bassam Saleh, Blanca Clemente, Lucio Vitale, Savina Tupputi, Marta Turilli, Nabil Kher, Stefania Limiti, Loretta Mussi, Nino Lisi, Rossella Palaggi, Salameh Ashour, Andrea Piccinini, Goretta Bonacorsi, Marcella Masperi, Enzo Infantino, Flavio Novara, Mirca Garuti, Ma’moun Barghouti, Tonia De Guido, Francesco Maringiò, Alessandra Capone, Stephanie Westbrook, Yousef Salman, Sergio Cararo, Bruno SteriGiorgio Forti , Amedeo Traversetti , Annamaria Iantosca, Patrizia Serafini, Paola Requisini, Antonia Sani ,

Verso il 28, oggi più che mai

Collettivo Militant

Sembra impossibile crederci, ma quella del 28 giugno prossimo sarà la prima manifestazione contro l’Unione Europea e le sue politiche neoliberiste fatta in Italia nel corso di questi vent’anni. L’assenza di una presa di posizione netta contro questo sistema di sviluppo politico-economico ha determinato un vuoto politico come sappiamo occupato oggi dal M5S, dalla Lega e dall’astensionismo. Soprattutto, la perdita di credibilità totale della sinistra di classe all’interno delle proprie fasce sociali di riferimento, quelle più colpite da questo processo politico. A forza di trincerarsi dietro a fumose ed equivoche posizioni “contro l’austerità”, “la crisi”, o peggio ancora scimmiottando slogan interclassisti d’oltre oceano, la differenza di posizioni e di prospettive tra la sinistra radicale e il resto del panorama politico si è andata via via assottigliando. Tutte le forze politiche, di sinistra, di centro o di destra, si sono dette in questi anni contro crisi e austerità. Non comprendere che una retorica comune avrebbe prodotto una scomparsa delle posizioni di sinistra era francamente difficile immaginarlo. Eppure è avvenuto proprio questo. Se le parole d’ordine dei movimenti e del PD si confondono in una generica avversione all’austerità, senza indicare i responsabili di questa, non era difficile intuire che il consenso di parte della popolazione sarebbe andato verso chi, da una posizione di potere, sembrerebbe combattere tali politiche riuscendo in qualche risultato concreto. Se il nemico è l’austerità, meglio chi mette nelle tasche dei lavoratori 80 euro di chi non ha alcun potere di migliorare effettivamente le condizioni di vita della gente. E’ chiaro allora che il problema non è “l’austerità”, “la crisi” o “le banche”, ma quella costruzione politica che produce tali conseguenze.
L’annullamento del vertice contro la disoccupazione giovanile dell’11 luglio non può che dare centralità alla manifestazione del 28 quale unico momento nazionale, prima della pausa estiva, di opposizione politica al regime renziano-europeista attualmente egemone. Nonostante ciò, la costruzione del 28 sconta dei limiti tali per cui questo non può essere considerato che una prima tappa di un percorso che urge allargare, sia in senso quantitativo che qualitativo. Sebbene questa manifestazione costituisca il primo passo del controsemestre popolare, quindi un momento non fine a se stesso ma che apre (o, per meglio dire, vorrebbe aprire) una stagione di lotte che abbia come tema centrale l’opposizione alla UE, le forze in campo non bastano. Prima di tutto, parte di queste sono le stesse che hanno decretato la scomparsa della sinistra “radicale” dal panorama sociale e politico nazionale, abbandonando ogni ipotesi antagonistica e conflittuale a favore della rappresentanza parlamentare/mediatica di gestione sociale della crisi. In secondo luogo, la costruzione del controsemestre non può che porsi su un piano di inclusività politica, che aggreghi forze anziché porre paletti, e soprattutto aggreghi forze vive e non ceto politico in cerca di riposizionamento. Proprio per questo, o il controsemestre agirà su di un piano conflittuale, mettendo in pratica tale volontà d’opposizione, o fallirà nel suo intento. Sarà proprio il conflitto a stabilire la possibilità di allargamento e operare una sana selezione delle forze che lo andranno costruendo. Se infatti si rimarrà sul piano delle idee e delle sfilate pacificate, questo non potrà che costituire quel brodo da sempre foriero di tentennamenti, riformismi, inconsistenti fraseologie rivoluzionarie, vetrina di dirigenti politici che non rappresentano nessuno se non loro stessi e le miserie da cui provengono.
Siamo dunque consci dei limiti di questo percorso, ma nonostante tutto crediamo sia oggi necessario tentare questa strada. L’Italia si sta sempre più caratterizzando come unico paese europeo senza alcuna opposizione di sinistra alla UE. E’ necessario riempire questo vuoto, prima che questo venga occupato, anche da noi, dall’estrema destra, ritrovandoci con una forza al 20% che prende voti sfruttando la percezione di contrarietà popolare verso l’Unione Europea. Siamo di fronte ad una sfida importante e difficile. Percorrerla significa giocarci tanto, non lo neghiamo, soprattutto perché siamo fra i diretti organizzatori. Ma sarebbe peggio continuare ad aspettare un cambiamento che fatica ad arrivare, lamentandoci dell’assenza di un discorso politico senza mai provare ad operare un salto di paradigma. Ma serve un passo indietro di tutti per farne due avanti, tutti assieme.