sabato 31 gennaio 2015

Oggi a Gratosoglio, contro il fascismo e per gli spazi sociali!

fonte: http://milanoinmovimento.com/


Una giornata intensa per le vie del quartiere Gratosoglio, periferia sud di Milano e da tempo oggetto dei tentativi strumentali di Forza Nuova di far leva sul malcontento che in esso serpeggia. Un banchetto di raccolta firme contestato e neutralizzato, un presidio antifascista numeroso e rumoroso che diventa poi corteo e, snodandosi per le vie del quartiere, rilancia la battaglia per gli spazi sociali e di aggregazione nei quartieri popolari: gli antifascisti milanesi non sono stati a guardare.
Tutto comincia in realtà in tarda mattinata, quando un gruppo di fascisti di Forza Nuova si presenta davanti al Liceo Leonardo e aggredisce uno studente.
Già nelle settimane precedenti lo stesso gruppo aveva provato ad insinuarsi in una scuola che, grazie alla presenza di un collettivo forte e radicato tra gli studenti, li ha sempre  rifiutati

Sulla scia di quest’ennesima aggressione, con ancora nella testa e nel cuore l’eco di quanto accaduto a Cremona, gli antifascisti di Milano decidono di mobilitarsi! Per le terza volta in poche settimane i fascisti di Roberto Fiore, insediatatisi nel vicino quartiere Stadera grazie ad una sede ottenuta sotto falso nome dall’Aler, vorrebbero effettuare una raccolta di firme con cui chiedono che le case popolari vengano assegnate esclusivamente agli italiani. Per ingraziarsi qualche consenso, con un meccanismo simile alla compravendita di voti di democristiana memoria, regalano pacchi di pasta e conserva. Verso le 16 però un centinaio di antifascisti, soprattutto giovani studenti dei quartieri Gratosoglio, Barona, Chiesa Rossa, Stadera e di tutta la zona sud di Milano, improvvisano un presidio di contestazione, così come già avvenne in occasione dei precedenti tentativi.

Anche in questo caso lo schieramento di Polizia e Carabinieri è ingente e rivolto, manco a dirlo, verso gli antifascisti. Dopo un’ora abbondante di cori e interventi al megafono, che invitano la popolazione del quartiere a non farsi abbindolare dal tentativo di costruire a tavolino una guerra tra poveri utile solo agli interessi di Forza Nuova (e con difatti un banchetto di raccolta firme che…non raccoglie firme!), il presidio si trasforma in corteo e inizia a muoversi per le vie del quartiere.

Ad un tratto, un gruppo di abitanti del Gratosoglio, giovani e non solo, con una deviazione improvvisa si organizza davanti ad uno dei tanti spazi vuoti e abbandonati presenti in zona e lo apre simbolicamente, rilanciando così l’esigenza di una spazio di aggregazione e partecipazione aperto alla cittadinanza e sottratto alla speculazione e al degrado. Subito le Forze dell’Ordine si schierano in assetto anti-sommossa e minacciano d’intervenire. la carica viene scongiurata dalla prontezza dei presenti che prima si incordonano a difesa della propria incolumità e successivamente si allontanano compatti proseguendo come previsto la manifestazione in quartiere. 

I video della giornata:

La giornata della Memoria in Provincia

ANPI - Comitato provinciale di Frosinone

Boville Ernica


Frosinone, 28/01/2014

Il programma di iniziative per la Giornata della Memoria del 70° della liberazione dell’Europa dal nazismo e dal fascismo prosegue con esiti migliori di ogni aspettativa.
Ieri pomeriggio, a Boville Ernica si è tenuto il recital di poesia, musica e letture dei testi della deportazione organizzati dalle associazioni “Il Ponte Levatoio” e “Libertà è Partecipazione, insieme e con il patrocinio dell’ANPI provinciale.
Il nutrito pubblico, che ha partecipato con attenzione e spesso con commozione all’esposizione delle riflessioni, dei testi e dei brani musicali anche originali realizzata dagli studenti delle scuole di Boville e di paesi vicini, non ha mancato di apprezzare lo sforzo delle associazioni per una manifestazione di alto profilo. Fondamentale il coinvolgimento diretto dei ragazzi e delle ragazze, che esibendosi direttamente hanno voluto affermare un ruolo non passivo e magari distratto, ma da protagonisti della commemorazione in tutti i suoi momenti.
E proprio ai giovani si è rivolto il discorso del nostro Presidente provinciale, il quale ha sottolineato ancora una volta il motivo vero per cui è necessario ricostruire la memoria storica di quegli accadimenti che, sebbene così efferati da risultare difficilmente associabili all’intelligenza umana, hanno serie possibilità di riproporsi, sia pure in forme mutate e più attuali, ove le condizioni lo consentano. Possono tornare, perché non furono gesti di qualche folle esagitato, ma un disegno lucidissimo, pur se criminale oltre ogni immaginazione e oltre ogni comprensibilità, un disegno di potere assoluto capace di garantire un ordine fondato sull’annientamento di qualsiasi ostacolo che ad esso si opponesse. Le ragioni dello sterminio non furono né religiose né culturali, esse stanno tutte nella concezione padronale dei rapporti umani che le classi dominanti dell’epoca ritenevano di applicare. L’invito ai giovani è pertanto quello di assumersi le loro responsabilità, di studiare e capire invece di delegare e obbedire ciecamente, di essere critici e riconoscere l’avversario come elemento dialettico della società democratica e non considerarlo come un virus da estirpare con qualsiasi mezzo.
Al  termine della manifestazione moltissimi consensi sono venuti alla nostra Associazione, diversi presenti hanno manifestato l’intenzione di stringere con noi rapporti di collaborazione più costante e di adesione.
Il vicesindaco, che era intervenuto prima dell’ANPI, ha inteso formalizzare un invito ad un incontro fra l’ANPI e l’Amministrazione cittadina, per stabilire rapporti di collaborazione e definire programmi di iniziative per il futuro in occasione delle prossime ricorrenze istituzionali del 70° della Liberazione, della Festa della Repubblica ed altre.

L’ANPI ne è pienamente soddisfatta, e nel ringraziare coloro che hanno collaborato alla realizzazione della serata si augura nuove occasioni di confronto e di rafforzamento della cultura collettiva della democrazia, della pace e del progresso che l’Italia ha scelto con l’abbattimento della dittatura fascista.

Frosinone  
Frosinone, 30/01/2014

Ancora una iniziativa con esito davvero soddisfacente è stata l’assemblea con gli studenti delle quinte classi dei licei Scientifico, Linguistico e delle Scienze Umane tenutasi il 29 gennaio come annunciato. La manifestazione era organizzata dallo SPI-CGIL e dalla scuola “Pietrobono”, la cui preside ha introdotto i lavori con un breve ma assai significativo saluto di apertura e di benvenuto.
I giovani hanno presentato un seminario con i loro lavori di ricerca e riflessione sui caratteri dello sterminio, non solo dal punto di vista della ricostruzione storica degli eventi e della tragedia, ma da quelli meno indagati dell’analisi teorica di quanto il nazismo ed i fascismi ci hanno consegnato.
Le loro analisi delle tesi di intellettuali del livello di Arendt, Marcuse, Lévinas, Heidegger, hanno fornito un quadro assai interessante e che meriterebbe di essere sviluppato in successivi convegni su ogni specifico aspetto della lunga e corposa trattazione.
Hanno anche evidenziato le responsabilità dei principali attori dello sterminio, soffermandosi più di tutti sulla figura di Heichmann, proprio perché più di altri, al processo di Norimberga scelse di rifugiarsi in improbabili tesi di incolpevolezza sostenendo la sua estraneità ai processi decisionali ed il suo ruolo di mero esecutore, sia pure efficiente e consapevole, ma non in grado di opporsi al volere di Hitler e di Himmler dai quali riceveva gli ordini. Gli studenti hanno evidenziato come la sua figura risponda perfettamente alle tesi arendtiane sulla “banalità del male”, sottolineando come invece una lettura superficiale tenda a giustificare simili mostri di disumanità in virtù di una salvifica quanto malintesa esigenza di disciplina militare e politica.
Il Sindaco di Alatri, Ing. Morini, ha rivolto un ringraziamento ed un augurio di ulteriore impegno agli studenti ed alla scuola, sottolineando come la lotta per la democrazia sia un impegno di alta responsabilità per tutti i cittadini. Ha poi richiamato l’attenzione sul particolare compito che grava sui cittadini di Alatri, in quanto custodi del campo di concentramento delle Fraschette, il più grande e importante della nostra provincia. Agli alatrensi tocca il compito di promuovere la conoscenza e la difesa della memoria di ciò che avvenne in casa loro settanta anni fa.
Il nostro Presidente provinciale ha pronunciato un discorso tutto rivolto alla valorizzazione del concetto di libertà come dignità. Ha approfondito il tema della cultura come antidoto al risorgere di oscurantismi e totalitarismi di ogni genere, spiegando che non basta dire cultura, se non si aggiunge che per essere efficace essa deve essere patrimonio di tutta la società, e che deve essere critica. Ha reso evidente queste affermazioni semplicemente ricordando ai presenti che i gerarchi nazisti non erano certo rozzi e ignoranti, tuttavia essi erano depositari esclusivi di una erudizione della quale si servivano non per promuovere la civiltà umana, ma la loro affermazione incontrastata, il loro dominio assoluto.
Il discorso ha poi affrontato il tema del ruolo delle Istituzioni democratiche nella costruzione della coscienza civile dei popoli, evidenziando che la presenza del Sindaco fino al termine della manifestazione non fosse un dato da leggere con superficialità, ma la dimostrazione tangibile dell’attenzione e della responsabilità con cui un amministratore democratico svolge il suo ruolo, soprattutto in un’epoca in cui indegni occupanti di omologhe cariche rifiutano addirittura di celebrare le date simboliche dell’affermazione della democrazia italiana.
L’intervento della segretaria regionale dello SPI-CGIL ha chiuso i lavori portando la riflessione su quali siano oggi i rischi che il pensiero e la pratica autoritaria rappresentano per i giovani, per i cittadini, per i lavoratori. La compressione dei diritti civili e sociali, a volte addirittura la loro soppressione, portano a passi lenti ma sicuri verso la trasformazione della democrazia in regimi populisti sempre meno a misura dei cittadini e sempre più al servizio dei poteri.
Ancora una volta l’ANPI esprime la sua soddisfazione ed il suo ringraziamento ai giovani ed agli insegnanti che hanno lavorato e che continueranno a farlo per non consentire che la nostra storia sia riscritta in negativo.
Ringraziamo anche, e con particolare affetto, i giovani che ci hanno contattati per costituire un circolo ANPI ad Alatri. Li incontreremo nei prossimi giorni e ne daremo conto agli iscritti.                     
 Nel pomeriggio di ieri, 29 gennaio, si è tenuto l’incontro fra la delegazione della Rete degli studenti medi, della CGIL, dei Giovani Socialisti e dell’ANPI, presso il teatro ARCI di Frosinone.
Dopo la proiezione del film “Train de vie”, una commedia ironica sulla politica razzista del Terzo Reich, che metteva in risalto la mancata percezione da parte degli ebrei delle reali intenzioni e pratiche dei nazisti verso la loro comunità, si è avuto uno scambio di idee fra l’ANPI e gli altri intervenuti.
I giovani dirigenti della Rete sono consapevoli del loro compito, e confermano l’impegno a lavorare in difesa dei principi e delle conquiste della Resistenza europea ed italiana in particolare, che hanno consentito la nasacista ed il radicamento delle democrazie che oggi conosciamo.
A loro il ringraziamento, il sostegno e l’impegno a lavorare insieme per il futuro, da parte dell’ANPI di Frosinone.


venerdì 30 gennaio 2015

E' la uolpe e pur' c'incaglia

Comitato di lotta  per il lavoro Frosinone

Si è svolto il 28 gennaio presso la Provincia l’annunciato incontro tra “tecnici” dei Comuni di Frosinone e Alatri e l’Amministrazione Provinciale con il “nuovo” segretario Adriano Marini.

Ai lavoratori ivi presenti alcuna cosa è stata ufficialmente detta in base alle decisioni assunte. Anzi i “tecnici” del Comune di Frosinone si sono, come sempre, allontanati alla chetichella, per evitare un fastidioso confronto con i lavoratori, che li ritengono eccessivamente burocrati nell’affrontare la vicenda tentando di rinviare sempre le decisioni.
Un breve informale confronto con il Segretario della Provincia prima e poi con il Presidente Pompeo confermava che i problemi di natura tecnica saranno oggetto di un ultimo formale confronto prima di presentare alla “politica” il lavoro svolto.
I lavoratori nei giorni scorsi, conoscendo oramai la fredda rigidità dell’Amministrazione del Comune di Frosinone, - anche l’Unitalsi ha potuto assaporare tale rigidità! -  hanno rivolto un appello ai consiglieri PD regionali affinché l’Assessorato al Lavoro richiami gli enti ad una veloce (?) presa di posizione.
Si capisce che la situazione fa fatica ad avanzare dunque per la posizione del Comune di Frosinone che in pratica cerca, dimenandosi a più non posso, di mantenere una posizione di controllo sugli appalti, sugli affidamenti, sulle risorse.
Ha continuato ad affidare in proroga fino alla fine di aprile i servizi alle coop. Nexus, Consorzio Uno, ai consorzi Parsifal e Solco (servizio cimiteriale). Proroghe che si reggono con il filo di lana dal punto di vista amministrativo ma che consentono ai soggetti di continuare a gestire servizi direttamente con soldi pubblici senza colpo ferire.
Altri due di questi appalti ”Affidamento servizi di supporto alla gestione degli impianti sportivi e agli eventi culturali e di spettacolo” e “Servizi di supporto al Museo Archeologico, Biblioteca Comunale ed altre strutture aventi finalità culturali” sono stati dopo tormentate vicende aggiudicati a seguito di bando alla cooperativa Sol.Co., stesso soggetto che aveva “temporaneamente” gestito gli affidamenti fin dalla esternalizzazione dei servizi.
 Sol.Co. soggetto che appare impigliato nelle indagini di mafia-capitale in alcune vicende legate proprio ad appalti pubblici… 


a) Per gli investigatori, infatti, ci potrebbe essere la mano di Mafia Capitale nel traffico illecito di rifiuti. Il gip nell'ordinanza non esclude che l'affare degli abiti usati "non sia rientrato nel più ampio disegno dirigista e corruttivo di Salvatore Buzzi", arrestato nell'inchiesta Mafia Capitale. "Non può non pensarsi -scrive il gip Simonetta D'Alessandro - che la delibera che aveva ripartito nel 2008 il territorio comunale in competenze ai consorzi dell'Ati Roma Ambiente non obbedisca alle logiche spartitorie" e "non abbia coltivato le finalità speculative, rientranti negli interessi di Buzzi". "Di tanto non vi è la prova in atti mancando nella fase delle prime assegnazioni le intercettazioni - prosegue l'ordinanza - ma vi è una concreta emergenza documentale". (La Repubblica)

b) In altre parole è stato necessario il permesso del ras delle cooperative romane, Buzzi, perché la camorra e gli imprenditori indagati potessero lucrare sugli abiti usati. A Buzzi, pur non facendo parte di questa associazione scoperta dalla Mobile, «si deve, tuttavia, l’operatività del sistema», grazie a lui è possibile l'aggancio all'ambito istituzionale, al mondo di sopra. Insomma è Buzzi «il raccordo terminale delle consorterie che si dividono l’affare dei rifiuti tessili a Roma», e lo farebbe tramite un imprenditore, tale Mario Monge, presidente dell'importante consorzio Sol.co che dal Comune di Roma ha pure ottenuto la gestione di un bene confiscato alla mafia, il nuovo cinema Aquila. Così come la stessa cooperativa Horizons, che fa parte di Sol.co e che gestisce quello che un tempo era il quartier generale di Enrico Nicoletti, il cassiera della banda della Magliana. 
 http://espresso.repubblica.it/inchieste/2015/01/15/news/e-dopo-mafia-capitale-la-camorra-degli-abiti-usati-1.195217
 c) La prova dell'accordo sarebbe nel fatto che la società di Monge, poco prima di vincere l'appalto sugli ”stracci” ha rinunciato ad un affare centrale per Mafia capitale, la raccolta del multi materiale: «Monge si è precipitato a ritrarsi, consapevole degli amplissimi poteri decisionali di Buzzi, e ha ricevuto, quindi, la ricompensa, ad apertura delle buste compiuta, ma a gara ancora non aggiudicata, dell'assegnazione del bando del rifiuto tessile, anche a Sol. Co.».http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/mafia_capitale_racket_vestiti_usati_rivenduti/notizie/1124053.shtml
d) Dopo lo scandalo di Mafia Capitale e gli arresti per vendita all'estero dei vestiti usati gettati nei cassonetti gialli, il cerchio sembra chiudersi. La squadra Mobile di Roma, guidata da Renato Cortese, ha arrestato 14 persone che ricevevano appalti senza gara dall'amministrazione (come quello della raccolta degli abiti usati), e lucravano sulla vendita di questi indumenti, spedendoli in Nord Africa o in Asia.
A capo del giro d'affari ci sarebbe Pietro Cozzolino, boss della camorra del clan di Portici-Ercolano. Con la complicità di sindaci, assessori e consiglieri comunali, la cricca gestiva questo business che fruttava milioni di euro l'anno. Ogni chilo di vestiti rende dai 35 ai 58 centesimi, che moltiplicati per decine di tonnellate fanno una bella somma. Ama Spa è direttamente implicata, e con lei anche Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati (“er cecato”). Buzzi sarebbe stato il referente di tutte le cooperative sociali e avrebbe ripartito il territorio in varie parti per dividere i fatturati. Qui entra in gioco Mario Monge e il consorzio Sol.Co.http://www.osservatorelaziale.it/index.asp?art=13799&arg=1&red=1

Dunque, le amministrazioni farebbero bene ad agire in maniera differente per tutta una serie di ragioni già espresse in vari momenti:
- per la capacità di gestire e controllare la destinazione di risorse
- per indubbi vantaggi di gestione dei servizi
- per tutelare il lavoro e il salario
- per ergere un muro contro la dilagante corruzione negli enti pubblici che viene fuori dalle inchieste romane e non solo.
La pervicacia di centinaia di lavoratori a quasi 300 giorni di tenda h24 sotto il municipio è direttamente proporzionale alla convinzione di perseguire l’unica strada possibile. Le notizie e conseguenti indagini nella vicina Roma, danno uno spaccato, sugli appalti pubblici e le privatizzazioni, preoccupante. A Frosinone, dopo gli arresti del vicesindaco frusinate su una questione di appalti, è chiaro che nemmeno la politica può dormire sonni tranquilli se continua a intraprendere scorciatoie ardite e sconnesse.
 “Multiservizi ora i lavoratori rischiano”, la voce del padrone titolava... Cosa? I lavoratori sono già licenziati e fuori da qualsiasi forma di reddito da un anno circa! I lavoratori si attrezzano per conseguire il loro scopo quanto prima, e, in ogni caso dalla tenda rischiano, questo sì, di essere spettatori privilegiati del decadimento morale e civile della politica frusinate. 

Comitato di Lotta per il lavoro
L.go Paleario 7
03100 Frosinone
telefono 0775-19930

Syriza incanala una grande opposizione popolare agli attacchi della troika europea

dichiarazione del Segretariato Internazionale
della Lit-Quarta Internazionale
 
(Tsipras con Kammenos, il leader del partito di destra e anti-immigrati
che sostiene il governo di Syriza)
 
 
Superando la forbice elettorale che i sondaggi annunciavano da mesi, il partito Syriza è uscito ampiamente vittorioso dalle elezioni greche.
Il partito Nuova democrazia (Nd), dell’ex-premier Andonis Samaras, – principale esecutore dei durissimi attacchi economici alle masse popolari che esige la troika (Ue, Banca centrale europea, Fmi) in cambio dei due “salvataggi” da 240.000 milioni di euro – è stato il grande sconfitto.
Un nuovo scenario con nuovi attori politici si è aperto. Le urne hanno assestato un duro colpo ai principali partiti tradizionali: Nd e il socialdemocratico Pasok, che dopo essere stato protagonista della politica greca per quattro decenni, si è trovato ridotto al 4,6% dei voti (13 seggi).
Il risultato elettorale esprime una vittoria delle masse lavoratrici greche. Il voto di milioni di greci a Syriza è stato, fondamentalmente, un modo per punire i partiti e i leader che, al servizio della troika e del capitale finanziario tedesco, hanno distrutto il Paese negli ultimi sei anni. Il voto a Syriza significa un rifiuto legittimo di una situazione economica disastrosa, segnata dalla perdita del 25% del Pil in cinque anni; la disoccupazione di un quarto della popolazione e più della metà della gioventù; un terzo della popolazione sotto la soglia di povertà; un debito estero colossale, che rappresenta il 177% del Pil,[1] che è chiaramente impagabile per la maggior parte e che non smette di crescere nonostante i “risanamenti” ogni volta più duri che i governi servili hanno imposto al popolo greco.[2]
La scelta per Syriza nelle urne deve essere interpretata come un “Basta!” ai cosiddetti “piani di austerità” e ai loro partiti che, come si sa, la classe operaia e le masse popolari greche hanno affrontato fin dalle prime misure, animando più di 30 scioperi generali e altre innumerevoli lotte dall’inizio della crisi capitalista e la conseguente “guerra sociale” che la troika alimenta contro le masse europee.
È per questo che la campagna di Samaras, basata sulla paura, quasi sul terrore, che ha insistito sul fatto che se non l’avessero votato sarebbe arrivato il caos, è risultata un disastro. Dopo sei anni di austerità, disoccupazione, fame, distruzione dei servizi pubblici, forte tassazione,[3] 45% di aumento dei suicidi e umiliazioni di ogni tipo, la maggioranza delle masse popolari ha capito che il “caos” era arrivato da tempo e che la maggior “paura” era che tutto continuasse come fino ad ora.
È stato in questo contesto che ha fatto presa il discorso di Tsipras, il quale ha affermato che “l’austerità non è stata consacrata in nessun trattato europeo” e ha promesso di “recuperare la dignità nazionale” dei greci. Syriza è apparsa come il “nuovo” e è diventata depositaria della speranza di un popolo che sente che non ha molto altro da perdere.
La crescita elettorale fulminea di Syriza, che tra il 2009 e il 2015 è passata dal 5% al 36% dei voti, si spiega, da un lato, per la durezza della crisi economiche e per le misura draconiane dei vari governi; dall’altro lato, per l’assenza di una alternativa politica rivoluzionaria con un’ampia simpatia nella classe operaia. Allo stesso tempo, il risultato greco esprime un nuovo momento per i partiti cosiddetti “anticapitalisti” e “a sinistra” della socialdemocrazia tradizionale e dei partiti conservatori, come è il caso di Podemos in Spagna, che potrebbe capitalizzare elettoralmente una situazione economica e un malcontento sociale simile nel suo Paese.

Cosa sarà il governo di Syriza?
Comprendiamo la felicità che in questo momento sente la maggioranza delle masse popolari greche. Questo sentimento è giusto e non è altro che l’emozione di immaginarsi vittoriosi contro la Merkel e i creditori della troika, dato che hanno sconfitto il loro candidato.
Tuttavia capire le illusioni nel nuovo governo non vuol dire appoggiare queste stesse illusioni. Come abbiamo scritto in una dichiarazione precedente, durante la campagna elettorale, la Lit-Quarta Internazionale crede che un vero cambiamento esigerebbe che Syriza abbandoni la sua politica di accordi con il capitale finanziario e applichi un programma di rottura con l’euro e la troika, che per noi è l’unica soluzione reale che ha il popolo greco per superare la rovina in cui è bloccato.
Tsipras ha dedicato invece una buona parte della sua campagna elettorale a tranquillizzare i mercati e a presentarsi come “affidabile” di fronte all’Europa del capitale. Ha ripetuto che il suo obiettivo, al massimo, è “rinegoziare” le scadenze e gli interessi del debito che strangola l’economia del Paese. Il vincitore delle elezioni propone di eliminare una parte del debito nominale e, il restante, “onorarlo” in base alla crescita del Paese. Cioè la proposta di Syriza è che le masse popolari greche continuino a pagare il debito alle banche tedesche e alla troika.
Seguendo questo copione, i primi passi di Syriza vanno in senso opposto alle aspirazioni delle masse. Non era ancora stato annunciato il risultato delle elezioni, che già si sapeva dell’accordo di governo tra Syriza e il partito Greci indipendenti (Anel, che ha ottenuto un 4,7% e 13 deputati), una formazione borghese contraria “all’austerità”, ma con un programma nazionalista di destra e una retorica anti-immigrati.[4] L’alleanza con Anel, un partito diretto da un caudillo come Kammenos, che viene da Nuova democrazia, molto legato alla Chiesa ortodossa, con un programma conservatore reazionario, preannuncia un cammino opposto alle aspettative di un vero cambiamento sociale.
Dai social network sono già diverse le proteste che arrivano, per esempio, da attivisti per la legalizzazione dei matrimoni omosessuali o del movimento Lgbt, che temono che Syriza sacrificherà le loro rivendicazioni nell’interesse del mantenimento del patto con la destra.
Un altro fatto è che, poche ore dopo la vittoria elettorale, un alto esponente di Syriza come Yanis Varufakis, possibile nuovo ministro delle finanze, ha detto che c’è stata “un po’ di posa da parte nostra” e che il “‘Grexit’ (cioè l’uscita della Grecia dall’euro) non sarà sul tavolo, non andremo a Bruxelles o a Francoforte con un approccio conflittuale”.[5] Ha affermato che quello che cercheranno di fare è “legare i nostri pagamenti con la crescita”, qualcosa che considera “positivo” per entrambe le parti.
Resta da vedere che posizione assumerà la troika di fronte alla vittoria di Syriza. Il secondo programma di risanamento finisce il 28 febbraio, termine per il nuovo governo per sollecitare l’ultima tranche di questi “aiuti”, che corrisponde ad altri 1.800 milioni di euro. Cosa farà Syriza? Che margine c’è per la tanto decantata “ristrutturazione”? La realtà risponderà a queste domande. Per ora la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, ha detto in una intervista pubblicata questo lunedì su Le Monde che “ci sono regole interne da rispettare nella zona euro” e che “non possiamo creare categorie speciali per determinati Paesi”.[6] Anche il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha avvertito che il Paese ellenico “non può prescindere dall’appoggio di un programma di aiuti, e un programma di questo tipo può esserci solamente quando si soddisfano gli accordi”.
Tuttavia esistono anche settori che sostengono la necessità di “ristrutturare” i termini, nella prospettiva di non forzare la situazione politica e di garantire la continuità del saccheggio senza convulsioni inutili. Ci sono, a dimostrazione di questo, le dichiarazioni del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che solo un mese fa assicurava che a Bruxelles “non piacciono le facce nuove”, ma questo lunedì si è congratulato calorosamente con Tsipras per il suo “successo” elettorale e gli ha offerto l’assistenza dell’esecutivo europeo per ottenere una “crescita sostenibile” e una “credibilità fiscale”. Lo stesso presidente francese François Hollande questo lunedì è stato il primo dirigente europeo a congratularsi con Tsipras, al quale ha offerto il suo appoggio per “riprendere il percorso della stabilità, la crescita e lo spirito di solidarietà che unisce gli europei”.
Indipendentemente dai possibili alti e bassi di questi negoziati di gabinetto, l’importante qui è sottolineare che la prospettiva di rimanere nelle forme dell’Ue e il pagamento “rinegoziato” con la troika non hanno niente a che vedere con le speranze di cambiamento che la maggioranza delle masse ha riposto in Syriza. Al contrario, questo potrà solamente portare disillusione in ampi settori che oggi vedono Syriza come un’alternativa per migliorare le loro vite.

Riponiamo la nostra fiducia solamente nella lotta dei lavoratori
L’avvento di Tsipras e di Syriza al governo pone tanto la sinistra rivoluzionaria greca quanto la sinistra mondiale, di fronte al bivio tra appoggiare politicamente questo governo e alimentare le speranza riposte in questo, o continuare lottando per mantenere l’indipendenza politica e la mobilitazione permanente della classe lavoratrice come unica garanzia di un cambiamento sociale.
La prima opzione impone di garantire la pace sociale al nuovo governo. La seconda impone di non abbassare la guardia, di riporre le uniche speranza di cambiamento nella lotta operaia e delle masse popolari ed esigere dal nuovo governo un piano di salvataggio dei lavoratori e delle masse, che restituisca loro occupazione, salari dignitosi, istruzione e sanità pubblica e di qualità, pensioni con le quali poter vivere e assicurare il diritto alla casa. La difesa della sovranità nazionale implica la richiesta al nuovo governo di recuperare le risorse economiche e finanziarie, il recupero-nazionalizzazione di tutte le imprese privatizzate, l’espropriazione senza indennizzo di industrie e fabbriche sotto controllo operaio, nazionalizzando le banche, misura imprescindibile per applicare un piano di emergenza sociale.
Si tratta, essenzialmente, di esigere quello per cui i lavoratori e le masse greche si sono mobilitate in questi anni e che hanno portato a 30 scioperi generali; si tratta si esigere quello per cui li hanno votati: un vero cambiamento sociale.
Finita la campagna elettorale, il governo di Tsipras dovrà optare tra applicare un piano di salvataggio dei lavoratori e delle masse o pagare il debito di banchieri e speculatori. O con i lavoratori e le masse popolari, o con la troika. Questo è un dilemma al quale non si può scappare né con frasi ingegnose, né con “frasi vuote”.
La campagna elettorale, le continue svolte “pragmatiche” della direzione di Syriza, i primi passi fatti formando un governo con la destra, suggeriscono che il governo di Tsipras non sarà un governo che risponderà agli interessi della classe operaia e delle masse sfruttate della Grecia.
Per questo la Lit-Quarta Internazionale, pur comprendendo le illusioni dei lavoratori e delle masse popolari greche, pur condividendo la gioia delle masse per essersi liberati dei ladri e dei satrapi di sempre, non ripone la minima fiducia politica nel nuovo governo. La nostra fiducia e le nostre speranze continueranno a risiedere nelle lotte dei lavoratori e delle masse greche per le stesse esigenze che si sono mantenute in questi anni.
Disattendere le speranze di cambiamento manifestatasi in queste elezioni, nel quadro della continuazione di una crisi economica e sociale brutale come quella che vive la Grecia, come hanno dimostrati altri esempi storici, è spianare la strada a partiti direttamente fascisti che difendono un programma di rottura con l’euro e la troika, anche se lo fanno da una prospettiva xenofoba, ultranazionalista e di estrema destra, come Alba dorata, che è stato il terzo partito più votato in queste elezioni, con il 6,2% dei voti, che gli è valso 17 seggi.
Il grande compito è lavorare per l’organizzazione e l’indipendenza politica della classe operaia, confidando unicamente nelle proprie forze, nella enorme capacità di mobilitazione che le masse greche hanno dimostrato in questi anni. In questo quadro si deve costruire un’organizzazione rivoluzionaria nel Paese.
Poiché la catastrofe sociale non dà un solo giorno di tregua, la classe operaia e la sinistra rivoluzionaria greca non devono dare né cento, né un solo giorno di tregua al nuovo governo, ma esigere da questo ciò per cui lo hanno votato: chiedere un cambiamento sociale, chiedere che si applichi in Grecia l’unico piano di salvataggio che sta mancando, quello dei lavoratori e delle masse popolari.
 
Note[1] Il debito greco sale a 320.000 milioni di euro, dei quali 240.000 milioni sono di creditori europei.
[2] Secondo l’ultimo Eurobarometro della Commissione europea, il 38% pensa che la situazione economica ha già raggiunto il limite e non può peggiorare.
[3] Nel 2013, le imposte rappresentavano quasi il 42% di quello che guadagnava una persona con uno stipendio medio.
[4] 
 http://observador.pt/2015/01/26/gregos-independentes-quem-e-o-novo-parceiro-syriza/
[5]  http://noticias.uol.com.br/ultimas-noticias/efe/2015/01/26/syriza-diz-que-partido-nao-buscara-o-confronto-e-descarta-saida-do-euro.htm
[6] http://www.europapress.es/internacional/noticia-syriza-ganado-eleccionesy-ahora-20150126143632.html
 
(traduzione dallo spagnolo di Matteo Bavassano)

63 Europarlamentari alla Mogherini: Sospendere l’Accordo di Associazione UE-Israele

Brussels - January 23, 2015 

Honourable High Representative, 

As you know, over 300 human rights groups, trade unions and political parties from across the European Union have written to you to call for the EU to suspend the EUIsrael Association Agreement. 

Amnesty International and Palestinian organisations have documented that Israel deliberately targeted civilians and committed other war crimes during its recent onslaught against Palestinians in Gaza. 

These are serious violations of international law and international humanitarian law that cannot be tolerated. 

The EU has quite rightly condemned Israel’s construction of settlements on occupied Palestinian territory as illegal under international law. Unfortunately, the EU’s objections about settlement construction do not appear to have had a significant impact on Israeli policy. 

Various bodies of the United Nations, including the Human Rights Council, have also condemned Israel’s violations of international law repeatedly. 

Article 2 of the Association Agreement states that relations between the EU and Israel must “be based on respect for human rights and democratic principles”. 

There is an increasing concern that the failure of the EU to react appropriately to Israel’s breaches of its commitments according to Article 2 of the Association Agreement sends Israel the message that its violations of basic principles of human rights will be tolerated. 

Furthermore, the EU’s lack of substantial action with regards to Israel appears out of step with the speed at which it has implemented restrictive measures on Russia with regards to the Ukraine crisis in recent months, as well as the restrictive measures implemented against more than 30 other countries. 

The Lisbon Treaty states that the Union’s external actions must be guided by the principles of fundamental freedoms, respect for human dignity, equality and solidarity, democracy, the rule of law, the UN Charter and international law. 

For the EU to meet these legal obligations and in order to remain a credible actor that is able to improve human rights and fundamental freedoms through its actions, it is necessary that the EU enforces conditionality clauses such as the Article 2 of the EU Israel Association Agreement

 The EU should play a leading role in the promotion of a just peace between Israel and the Palestinians that is based on international law. 

For these reasons, we call on the Commission to consider the suspension of Association Agreement with Israel unless Israel takes substantial and immediate steps to bring its conduct in line with international law. 

At the very least, we urge the Commission to consider what steps must be taken for the EU and its member states to meet their legal obligation, as set out in the 2004 ruling of the International Court of Justice, not to render recognition, aid or assistance to Israeli violations of international law, including by imposing restrictive measures on trade and economic relations that facilitate the ongoing existence and expansion of illegal Israeli settlements. 

We urge you to take strong action in support of a just peace between Israel and the Palestinians. Yours sincerely, 

1 Martina Anderson MEP (Ireland, GUE/NGL)2 Patrick Le Hyaric MEP (France, GUE/NGL)
3 Angela Vallina MEP (Spain, GUE/NGL) 4 Marisa Matias MEP (Portugal, GUE/NGL) 5 Lynn Boylan MEP (Ireland, GUE/NGL) 6 Liadh Ní Ríada MEP (Ireland, GUE/NGL) 7 Matt Carthy MEP (Ireland, GUE/NGL) 8 Younous Omarjee MEP (France, GUE/NGL) 9 Lidia Rodriguez Senra MEP (Galicia, GUE/NGL) 10 Marie Christine Vergiat MEP (France, GUE/NGL) 11 Lola Sanchez Caldentey MEP (Spain, GUE/NGL) 12 Anne-Marie Mineur MEP (Netherlands, GUE/NGL) 13 Dennis De Jong MEP (Netherlands, GUE/NGL) 14 Pablo Iglesias MEP (Spain, GUE/NGL)15 Teresa Rodriguez-Rubia MEP (Spain, GUE/NGL) 16 Tania Gonzalez Peña MEP (Spain, GUE/NGL) 17 Pablo Echenique MEP (Spain, GUE/NGL) 18 Neoklis Sylikiotis MEP (Cyprus, GUE/NGL) 19 Josè Bovè, MEP (France, Greens/EFA) 20 Merja Kyllonen MEP (Finland, GUE/NGL) 21 Javier Nart MEP (Spain, ALDE) 22 Keith Taylor MEP (UK, Greens/EFA) 23 Ana Gomes MEP (Portugal, S&D) 24 Marina Albiol MEP (Spain, GUE/NGL) 25 Josu Juaristi MEP (Basque, GUE/NGL) 26 Javier Couso MEP (Spain, GUE/NGL) 27 Paloma Lopez MEP (Spain, GUE/NGL) 28 Malin Björk MEP (Sweden, GUE/NGL) 29 Rina Ronja Kari MEP (Denmark, GUE/NGL) 30 Jill Evans MEP (UK, Greens/EFA) 31 Sofia Sakorafa MEP (Greece, GUE/E/NGL) 32 Nessa Childers MEP (Ireland, S&D) 33 Eleonora Forenza MEP (Italy, GUE/NGL) 34 João FERREIRA MEP (Portugal, GUE/NGL) 35 Ines Zuber MEP (Portugal, GUE/NGL) 36 Miguel Viegas MEP (Portugal, GUE/NGL) 37 Marian Harkin MEP (Ireland, ALDE)38 Marie-Christine VERGIAT MEP (France, GUE/NGL)39 Bodil Ceballos MEP (Sweden, Greens/EFA) 40 Karima Delli MEP (France, Greens/EFA) 41 Pascal Durand MEP (France, Greens/EFA) 42 Yannick Jadot MEP (France, Greens/EFA) 43 Eva Joly MEP (France, Greens/EFA) 44 Michele Rivasi MEP (France, Greens/EFA) 45 Alyn Smith MEP (UK, Greens/EFA) 46 Molly Scott Cato MEP (UK, Greens/EFA) 47 Curzio Maltese MEP (Italy, GUE/NGL) 48 Jordi Sebastia MEP (Spain, Greens/EFA) (mandate 2014-2015) 49 Florent Marcellesi MEP (Spain, Greens/EFA) (mandate 2016-2017) 50 Dimitrios Papadimoulis MEP (Greece, GUE/NGL) 51 Ivo Vajgl MEP (Slovenia, ALDE) 52 Josep-Maria Terricabras MEP (Spain, Greens/EFA) 53 Sirpa Pietikäinen MEP (Finland, EPP) 54 Tanja Fajon MEP (Slovenia, S&D) 55 Philippe Lamberts MEP (Belgium, Greens/EFA) 56 Ernest Urtasun MEP (Spain, Greens/EFA) 57 Judith Sargentini MEP (Netherlands, Greens/EFA) 58 Luke Ming Flanagan MEP (Ireland, GUE/NGL) 59 Margrete Auken MEP (Denmark, Greens/EFA) 60 Bart Staes MEP (Belgium, Greens/EFA)61 Fernando Maura Barandiarán MEP (Spain, ALDE) 62 Barbara Spinelli MEP (Italy, GUE/NGL) 63 Maria Arena MEP (Belgium, S&D)


Un gruppo di 63 influenti europarlamentari hanno scritto a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Ue per la Politica Estera, di sospendere l'Accordo di Associazione UE-Israele, il principale accordo tra l'Unione Europea ed Israele.
La singolare iniziativa trasversale è la prima intrapresa da un numero così consistente di eurodeputati per chiedere misure dure contro Israele dopo il massacro di più di 2.300 palestinesi di Gaza la scorsa estate.
"Amnesty International e organizzazioni palestinesi hanno documentato che Israele ha deliberatamente preso di mira dei civili e ha commesso altri crimini di guerra durante la sua recente offensiva contro i palestinesi a Gaza. Si tratta di gravi violazioni del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale, che non possono essere tollerate", hanno affermato gli europarlamentari dei cinque più grandi partiti del Parlamento europeo.
"Chiediamo alla Commissione di prendere in considerazione la sospensione dell'Accordo di Associazione con Israele a meno che Israele non prenda misure concrete ed immediate che lo portino al rispetto del diritto internazionale", si legge nella lettera degli eurodeputati.
La lettera fa eco all’appello lanciato a novembre 2014 da parte di oltre 300 gruppi per i diritti umani, sindacati e partiti politici di tutta Europa, che hanno chiesto alla Mogherini la sospensione dell'Accordo di Associazione UE-Israele.
L'Accordo di Associazione UE-Israele, entrato in vigore nel 2000, agevola gli scambi, in gran parte senza restrizioni, tra l'UE e Israele e permette a Israele di partecipare ad una vasta gamma di programmi dell'Unione.
"Inoltre, la mancanza di azioni concrete nei confronti di Israele da parte dell'UE appare non in linea con la rapidità con cui ha adottato misure restrittive contro la Russia a causa della crisi in Ucraina negli ultimi mesi, così come le misure restrittive attuate contro più di 30 paesi", si afferma nella lettera.
L'Unione europea ha espresso alcune delle sue più forti critiche a Israele a seguito dell’ultimo attacco a Gaza, ma non ha ancora attuato misure concrete per tenerlo responsabile, anche se pare chiaro al momento che l'UE non intenda rafforzare le relazioni con Israele in alcun modo .
Nel giugno 2013, l'Unione europea ha annunciato il divieto di erogare fondi agli insediamenti illegali israeliani, e nel 2014 ha coordinato la pubblicazione da parte degli Stati membri di un avviso che mette in guardia le imprese sui rischi legali e politici connessi al fare affari negli insediamenti illegali israeliani.
Mentre gli attivisti accolgono con favore queste misure, tuttavia ritengono che siano necessarie misure più dure, come il divieto di rapporti economici con gli insediamenti illegali israeliani e il divieto di esportazioni di armi a Israele, in modo da esercitare una reale pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale.
Nel settembre dello scorso anno, le organizzazioni della società civile palestinese hanno scritto a Catherine Ashton, l’allora Alto rappresentante dell’Ue per la Politica Estera, per chiedere la sospensione dell'Accordo di Associazione UE-Israele, sostenendo che "i crimini di guerra di Israele e il suo sabotaggio di ogni sforzo per raggiungere una pace giusta basata sulle risoluzioni delle Nazioni Unite devono portare a conseguenze efficaci e sostanziali, non semplicemente estetiche".
fonte: ECCP

giovedì 29 gennaio 2015

Riparte l'attività dei seminari dell'Osservatorio Peppino Impastato

Luciano Granieri, Osservatorio Peppino Impastato.





Riparte la stagione dei seminari che l’Osservatorio Peppino Impastato organizza attraverso la scuola di formazione sociale e politica Don Gallo. Quest’anno l’attività principale è dedicata ad un unico seminario che si snoderà in più incontri distribuiti in  un arco di tempo che va dall’inizio di marzo fino a metà maggio.  

Si tratta del  Laboratorio di  giornalismo civico e partecipato. Il luogo è ancora da definire e qualche modifica sulle date è ancora possibile. L’esperimento del laboratorio ci rende molto orgogliosi, perché siamo riusciti a coinvolgere,  come docenti, i migliori   giovani giornalisti della Provincia, professori  e amici.  Siamo convinti che lo sviluppo di una rete sociale solidale, consapevole e forte fra i cittadini passi attraverso molteplici fasi. 

 Occasioni di incontro, discussione e condivisione dei problemi possono moltiplicarsi anche attraverso la divulgazione e la fruizione delle notizie  su quanto avviene nella comunità e al di fuori di essa. La partecipazione nell’individuazione delle informazioni  e la loro diffusione presso la collettività può costituire  un’attività fondamentale nella costruzione di una società dai forti legami sociali e culturali. 

E’ questo il principale obbiettivo che si pone Il nostro Laboratorio di giornalismo civico e partecipato.  Partendo dallo studio del mondo giornalistico tradizionale,  il laboratorio sviluppa un percorso didattico che passa attraverso l’apprendimento di come si redigono articoli e redazionali,  come si  realizza un’intervista, come  ci si approccia ai  nuovi social media  . Il tutto per giungere  ad un informazione fatta dall’impegno di tutti i cittadini. Un flusso informativo continuo, scevro da pregiudizi e contaminazioni, proprio perché alimentato dalla  forza stessa della comunità. 

Ne scaturisce un’informazione vera non distorta  e deteriorata da obbiettivi diversi dal   racconto della realtà.  Un’attività che, attraverso la partecipazione all’informazione, possa giungere a dare più forza e consapevolezza nel  proporre anche nuove forme di convivenza e nel difendersi da eventuali ingiustizie.  

Quanto avvenuto e sta avvenendo a Kibera ,una delle più grandi zone periferiche limitrofe alla città di Nairobi in Kenia,  è un esempio di quello che vorremmo realizzare.  “La baraccopoli più amichevole del mondo”, così le pubblicazioni turistiche descrivono Kibera. E’ un invito esplicito a visitare un sito come se fosse uno zoo. Per 6.800 scellini un’ospite internazionale può aggirarsi fra esseri considerati alla stregua di animali. Bambini che appena vedono il turista bianco si avvicinano urlano “Come stai” quasi  dovessero esibirsi per ricevere la nocciolina.   

Come si è alimentata  questa terribile legenda di Kibera?  La grande periferia vicino  a Nairobi è spesso meta di compagnie cinematografiche di Hollywood che vogliono ritrarre come vivono i poveri della città in Africa.  Molti cittadini di Kibera  sono stanchi  di essere trasformati in attrazione da zoo, Vorrebbero sfatare questo luogo comune per rivendicare il diritto ad una dignità perduta. 

Con queste finalità proprio a Kibera è nato un buon esempio di giornalismo civico partecipato. “Ghetto mirror” è uno dei giornali di Kibera.  L’editore nigeriano Vincent Achuka,  con pochi fondi disponibili ha dotato i ragazzi della periferia di taccuini   telefonini e piccole video camere.  Dopo un  breve periodo di formazione questi ragazzi stanno raccontando  la vera realtà di Kibera , una periferia ancora priva dei servizi necessari come luce ed acqua, ma del tutto diversa dall’immagine stereotipata e distorta offerta dai giornali di promozione turistica . 

I giovani coinvolti, poco scolarizzati, hanno imparato attraverso questa attività a scrivere a redigere un’articolo a fare un’intervista. Sulla scia del successo di Ghetto Mirror e con le stesse modalità, sono nati altri giornali come il Kibera Journal,  redatto e stampato nel salone di parrucchiere  di Collins Odhiamo,  un barbiere con l’hobby del giornalismo. E’ nato anche un canale You Tube “Kibera  News Network”.  

Questi giovani reporter  svolgono la loro attività anche rischiando la vita. Frequenti infatti sono state le aggressioni che hanno subito dalla Polizia. Una tale libera attività informativa non è ben vista dal governo centrale che spesso usa mezzi violenti per bloccarla  .  Quello di Kibera è un esempio limite ma significativo di come l’utilizzo per fini di promozione sociale del sistema informativo, possa riabilitare un intera comunità.  

Un altro esperimento, molto diverso, e  più vicino a noi è quello che gli studenti del Liceo Classico Socrate stanno portando avanti  nel loro quartiere, la Garbatella di Roma.  L’idea è quella di illustrare il  passato del quartiere attraverso la raccolta di interviste e testimonianze degli anziani.  Quindi descrivere il presente, con  reportage nei luoghi di incontro, nelle piazze, nei locali.  Infine  ipotizzare il futuro attraverso la raccolta di proposte per una nuova organizzazione del quartiere stesso. 

Due mondi lontani Kibera e la Garbatella, ma con in  comune la voglia degli abitanti, dei giovani,  di raccontare e raccontarsi, di descrivere la realtà  vera. Una libera e corretta informazione è  essenziale  per promuovere una migliore promozione sociale della collettività.


Di seguito un video tratto dal canale You tube “Kibera News Network”.  Il filmato si riferisce alla protesta di un migliaio di abitanti di Kibera,  sfrattati dalle loro case perché queste dovevano essere abbattute per far posto  alla fogna di servizio ai bangi pubblici destinati ai turisti. La traduzione dall'inglese è del sottoscritto.





Il video seguente illustra l’esperimento del Liceo Socrate  della Garbatella.

C'avete rotto il patto

Luciano Granieri

La notizia del giorno ? E’ saltato il Patto del Nazareno.  L’investitura  di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica  promossa  da   Matteo Renzi  come  candidato unico di tutto il Pd, ha ricompattato il partito trovando la convinta adesione delle varie minoranze  e ha incassato giudizi positivi anche da Sel. 

Inutile ribadire  che Sergio Mattarella, fratello di Piersanti ,Presidente della Regione Sicilia, ucciso dalla mafia,  è una figura indigeribile  per la controparte Nazarena.  Infatti l’attuale Giudice della Corte Costituzionale nel 1990 trovò talmente indigesta la legge Mammì inventata da Craxi  per favorire l'amico Imprenditore Berlusconi, che si dimise da ministro di quel governo  che l’aveva fatta approvare.  Neanche i suoi giudizi sulla figura del “Padre della Patria” di Arcore in passato sono  stati lusinghieri.  Sostenne  che la figura di Berlusconi come statista non era degna neanche di un’unghia di De Gasperi. 

Lo stesso Berlusconi, indignato per un ventilato non rispetto dei patti (allora c’erano?),  ha fatto sapere che  l’accordo non è più valido. Tripudio di tutte le anime del Pd. Da quelle di fede renziana, pronte a rinfacciare ai gufi dietrologi di professione che il patto del Nazareno era una fesseria, a quelle non ortodosse le quali hanno plaudito al ravvedimento del loro segretario, liberatosi  dalla stretta letale dell’ex  cavaliere. Mugnum gaudium anche dalle sirene mediatiche riformiste, “Repubblica” in primis. Ma siamo sicuri che sto’ dannato patto sia saltato?  

Per quanto riguarda la legge elettorale Berlusconi ha dovuto digerire il premio di maggioranza alla lista, ma ha anche ottenuto la possibilità di scegliere i capilista. Diciamo pure il che  risultato è moderatamente  a favore dell’ex sindaco fiorentino.  Anche la piega che sta prendendo l’elezione del Presidente della Repubblica sembra avversa all’ex cavaliere. Dico sembra, perché finchè non si arriverà alla votazione decisiva, in cui sarà necessaria la maggioranza semplice per eleggere il Capo dello Stato, imboscate sono sempre possibili a fronte anche di investiture per acclamazione come avvenuto per Mattarella (Prodi docet). 

Per cui  la questione è: cosa ormai potrà chiedere il ras di Arcore in cambio dell’accettazione di una legge elettorale non propriamente gradita e di un Presidente della Repubblica decisamente  indigeribile?  Nulla, dunque il patto del Nazareno è fallito. Renzi ha vinto. Ma siamo sicuri che Berlusconi sia talmente rincoglionito da aver bisogno, lui, dell’assistenza dei vecchietti di Cesano Boscone?  Certo avrà perso  qualche colpo ma personalmente ritengo che il vegliardo sia ben presente e saldo nella trattativa e che le contropartite siano altre, alcune già elargite da Renzi, altre in fase di definizione.  

Come interpretare, se non come un grande regalo a Berlusconi, la postilla inserita dal ministro Guidi, berlusconiana di fatto, nel decreto milleproroghe che ha rinviato  di un anno e mezzo  l’immissione sul mercato di televisori o impianti esterni che ricevono trasmissioni in tecnologia  Dvb T2?  Ricordiamo che in base alle indicazioni della conferenza di Ginevra recepita dal Governo Monti, l’operazione avrebbe dovuto avere inizio il 15 gennaio 2015.  

Per l’introduzione di dispositivi dotati  della tecnologia Dvb T2, è necessaria la riorganizzazione delle frequenze , fra cui quelle collocate sulla banda 700. Una banda  utilizzate da Cologno Monzese che, con il nuovo assetto, entrerebbe nella disponibilità degli operatori telefonici. I concorrenti di Mediaset  vedrebbero aumentata  la disponibilità di canali a loro disposizione  a danno proprio della gamma  detenuta dal  Biscione. Un guaio soprattutto  per l’offerta a pagamento , con  la perdita  certa di centinaia di milioni di euro. Sciagura  scongiurata.  Non è già un’ottima contropartita per i servigi offerti a Renzi?  Senza contare che la partita sulla delega fiscale e la brutta storia del salva Berlusconi è ancora tutta in piedi. Se ne riparlerà a febbraio, dopo  che  la cambiale sul Presidente della Repubblica sarà stata ampiamente pagata.  

Forse l’errore nella valutazione del patto del Nazareno, sta proprio nella determinazione delle contropartite. A Berlusconi non interessa più il protagonismo,  l’agibilità politica. A ottanta e passa anni il vecchio di Arcore è stanco. Il suo unico interesse è trovare un premier  che  assicuri protezione e vantaggi per le sue aziende. Un novello Craxi che veda e protegga gli affari di Arcore per conto del vecchio magnate . Pare   proprio che Renzi possa perfettamente rivestire questo ruolo con buona pace di chi vede la rottura del patto del Nazareno

mercoledì 28 gennaio 2015

Come funziona – o non funziona - il QE

Andrea Baranes  fonte:http://sbilanciamoci.info/

Uno degli obiettivi del programma di acquisto di titoli di Stato lanciato dalla Bce è quello di fare scendere lo spread per i Paesi della periferia europea. Ma l'acquisto pro-quota significa che di fatto la Bce acquisterà molti titoli tedeschi, che hanno tassi negativi, e molti meno di Paesi quali Portogallo o Grecia, che ne avrebbero maggiormente bisogno.

Il QE consiste in un intervento della Banca Centrale che compra titoli sul mercato. La BCE “crea denaro” e lo usa per acquistare principalmente titoli di Stato, (come i Btp italiani). L'acquisto viene fatto unicamente sul mercato secondario (il mercato primario è lo Stato che emette Bot o Btp e li piazza sui mercati, e in questo caso la BCE non può intervenire. Una volta che i titoli di Stato sono immessi, possono poi essere comprati e venduti tra investitori, e questo è il mercato secondario). Quanti soldi – Il QE sarà di 60 miliardi di euro al mese, almeno fino a settembre 2016 (ovvero 1.140 miliardi in 19 mesi) con la possibilità di proseguire anche oltre, in particolare fino a quando l'inflazione non risalirà a sufficienza.
Le garanzie – La BCE compra titoli di Stato del Paese X, ma se poi il Paese X fa default, ovvero non ripaga il debito? E' stato previsto che il 20% del rischio sia a carico della BCE, mentre l'80% verrà condiviso dalle Banche Centrali dei singoli Paesi europei.
Quali titoli – La BCE comprerà titoli di tutti i Paesi dell'area euro, in proporzione alla quota che ogni banca centrale ha nel capitale della BCE (il capitale della BCE è detenuto dalla Banca d'Italia, Banca di Francia, Bundesbank, ecc... Ogni Banca nazionale ha una certa quota del capitale della BCE, e gli acquisti verranno fatti in proporzione a questa quota).
OBIETTIVI
Gli obiettivi che si spera di ottenere con il QE sono essenzialmente di due tipi. Il primo è un calo del rendimento dei titoli, il secondo un deprezzamento dell'euro.
Calo rendimento titoli – Per finanziare il proprio debito pubblico, gli Stati devono oggi rivolgersi ai mercati finanziari, che fissano il tasso di interesse (se nessuno vuole i BTP italiani perché considera l'Italia a rischio, il Tesoro deve offrire tassi di interesse sempre più alti per piazzarli – è lo spread). Se la BCE interviene comprando questi titoli di Stato, per l'Italia sarà più facile piazzarli, e quindi il tasso di interesse scenderà.
Più soldi, aumenta l'accesso al credito – Un secondo obiettivo legato direttamente al calo del rendimento dei titoli è il fatto che si liberano soldi da investire in altro modo. Le banche sono tra i maggiori possessori di titoli di Stato. Se la BCE va dalle banche private e ne propone l'acquisto, alle banche entrano “soldi freschi” che possono essere impiegati per dare credito a famiglie e imprese. A maggior ragione se i tassi sui titoli di Stato calano (vedi paragrafo precedente), per le banche private diventa sempre meno conveniente tenersi Btp e simili, e quindi saranno spinte a impiegare i soldi in altro modo. Prima di tutto, appunto, erogando credito all'economia, in secondo luogo parte dei soldi si sposterà sul mercato azionario. L'aumento della domanda di azioni ne fa alzare il prezzo, con altri vantaggi per le imprese. Il QE dovrebbe quindi permettere di rilanciare il credito e l'economia, dopo anni in cui famiglie e imprese hanno visto le banche chiudere i rubinetti (il cosiddetto credit crunch).
Deprezzamento dell'euro – E' il secondo grande obiettivo. Più euro che circolano a parità di beni e servizi significa che i soldi tendono a “valere meno”. E' la definizione di inflazione. La BCE tende a un'inflazione del 2%, mentre oggi buona parte dell'UE si trova in deflazione (ovvero prezzi che calano, il che ha impatti pessimi sull'economia, le vendite, su chi ha un debito, ecc...).
Deprezzamento dell'euro – C'è anche una seconda fondamentale ricaduta dal deprezzamento dell'euro: per i Paesi che usano la moneta unica, le esportazioni diventano più semplici e le importazioni più costose. Con il QE l'euro dovrebbe scendere (in particolare rispetto al dollaro, ma anche rispetto alle altre principali valute), il che dovrebbe portare diversi Paesi che adottano la moneta unica ad aumentare l'export, con ricadute positive sui conti pubblici.
PROBLEMI E CRITICHE
A leggere i paragrafi precedenti (e parte dei media), dal QE sembrano esserci unicamente vantaggi. Tutto bene quindi? Non proprio, sia perché alcuni dei vantaggi esposti hanno anche delle ricadute negative, sia perché non è detto che gli effetti siano quelli sperati.
Aumento del credito erogato. Siamo sicuri che le banche erogheranno più credito, trasferendo i soldi del QE a famiglie e imprese? Il problema attuale, per molti Paesi tra cui l'Italia, è un altro: le banche hanno delle sofferenze sempre più alte (le sofferenze sono la percentuale di prestiti erogati che non vengono restituiti, e in Italia siamo ormai intorno al 10%), questo porta le banche a non fidarsi dei clienti e chiudere i rubinetti del credito, il che aumenta le difficoltà delle imprese, e quindi le sofferenze, in una spirale che si auto-alimenta. Sui mercati finanziari ci sono oggi qualcosa come 1.200 miliardi di euro investiti in titoli a tassi negativi: già oggi molti investitori (tra cui le banche) preferiscono addirittura rimetterci qualcosa pur di parcheggiare la liquidità in porti sicuri, invece di erogare prestiti. In altre parole, il problema attuale è la trappola della liquidità. Con una nota metafora, puoi portare un cavallo al fiume, ma non puoi obbligarlo a bere, ovvero in una fase di difficoltà e sfiducia puoi immettere sempre più liquidità, ma non fare in modo che questa si trasformi in consumi e investimenti e non rimanga “incastrata” in risparmio, o peggio in attività speculative.
A conferma di tale rischio, si può osservare come le manovre messe in campo finora dalla BCE siano state del tutto inefficaci, a partire da quelle convenzionali, come l'abbattimento dei tassi di riferimento (il “costo del denaro” a cui la BCE presta alle banche) che dovrebbe permettere a loro volta alle banche di erogare più credito. I tassi sono scesi fino allo 0,05% senza risultati apprezzabili. Così come non hanno dato i risultati sperati il precedenti interventi della BCE di immissione di liquidità: i 1.000 miliardi dati alle banche negli anni scorsi con un'operazione chiamata LTRO e i primi riscontri sulla nuova operazione lanciata pochi mesi fa dalla BCE per le banche, il TLTRO, in cui ulteriore liquidità è condizionata proprio all'erogazione di credito ma che al momento non sembra funzionare.
C'è un altro enorme dubbio sulle capacità del QE di rilanciare l'economia europea: la libertà di movimento dei capitali. La BCE immette liquidità in Europa, ma quale garanzia c'è che tali capitali rimangano nell'economia del vecchio continente, in assenza di qualsiasi controllo sui movimenti di capitale e di una finanza che ragiona in millesimi di secondo? Di fatto buona parte della liquidità immessa dalla Banca Centrale giapponese con il suo QE si è riversata sui mercati finanziari internazionali, nelle economie emergenti e in operazioni speculative. Perché questa volta dovrebbe essere diverso?
Il rischio non è quindi unicamente quello di un QE inefficace per rilanciare credito e crescita economica. Ancora peggio, dei mercati finanziari su cui circolano sempre più soldi si potrebbero distaccare ulteriormente da un'economia che rimane al palo: la definizione stessa di una nuova bolla finanziaria. E' vero che il QE potrebbe portare a un aumento delle quotazioni azionarie, ma tale aumento andrebbe unicamente alle fasce più ricche della popolazione e non sarebbe distribuito all'insieme della società.
In questo senso, molti segnalano che il QE ha (in parte) funzionato negli USA, dove la FED ha immesso migliaia di miliardi di dollari. C'è però una differenza di fondo tra gli Stati Uniti, dove le imprese si rivolgono principalmente ai mercati finanziari, e l'Europa, dove sono molto più legate all'erogazione di credito bancario.
Diminuzione dello spread e dei tassi. Il secondo obiettivo legato al calo dei rendimenti è quello di fare scendere lo spread, in particolare per i Paesi in difficoltà della periferia europea. E' vero che una banca centrale che si impegna ad acquistare titoli di Stato dovrebbe tenere a freno le pulsioni speculative dei mercati, ma è altrettanto vero che l'acquisto pro-quota dei titoli dei vari Paesi europei significa che di fatto la BCE acquisterà molti titoli tedeschi, che hanno tassi già oggi negativi, e molti meno di Paesi quali Portogallo o Grecia, che ne avrebbero maggiormente bisogno.
Proprio il Paese ellenico è quello che suscita le preoccupazioni maggiori. Draghi ha già chiarito che la BCE potrà acquistare anche titoli di Paesi con un rating pessimo, ma unicamente se il Paese accetta un programma di assistenza della Troika. L'attuale programma di assistenza scade a fine febbraio. L'annuncio suona più come un commissariamento che non come un aiuto. Quale sarà il margine di manovra del nuovo governo greco?
Il secondo macro-obiettivo, il deprezzamento dell'euro, dovrebbe portare come detto ad aumentare le esportazioni. Con tutti i limiti indicati in precedenza sull'efficacia economica, se anche funzionasse, questo si tradurrebbe di fatto nell'esportare i nostri problemi. Nei giorni scorsi lo sganciamento del franco svizzero dall'euro (legato proprio all'imminente QE e all'impossibilità per la Banca svizzera di continuare a difendere un cambio a 1,2 con l'euro) ha portato a un aumento repentino del franco, con impatti molto pesanti sulle esportazioni e l'economia elvetiche. Qualcosa di analogo è avvenuto in Danimarca. Il QE si traduce di fatto in una gara alla svalutazione competitiva, secondo una politica indicata come “beggar thy neighbour” (frega il vicino). E' su queste basi che si intende rilanciare l'economia europea?
La questione del “beggar thy neighbour” si iscrive in un quadro più ampio, che è quello di una competitività esasperata che è diventata un obiettivo in sé. La logica mercantilista che guida l'UE si può riassumere nel fatto che chi esporta di più vince. E' una vera e propria corsa verso il fondo, sia tra Paesi europei sia tra UE e resto del mondo. Una corsa a smantellare i diritti del lavoro, a ridurre le tutele ambientali e sociali, a inseguire tassazioni sempre più basse sulle imprese. In questo senso il QE potrebbe ridursi di fatto a un'ulteriore arma in questa gara: una corsa verso il fondo anche in materia monetaria. Dobbiamo capire se il problema sia aggiungere nuove armi in questa guerra giocata sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e sulla pelle delle fasce più deboli che subiscono austerità e tagli al welfare nel nome della competitività. Piuttosto non dovremmo uscire dall'idea di una “guerra” a chi esporta di più, cambiando alla base non solo le politiche ma anche la visione d'insieme dell'Europa?
Allargando ancora lo sguardo, e anche se il QE dovesse rivelarsi efficace, colpisce come l'impostazione di fondo delle politiche economiche e le misure per uscire dalla crisi siano di fatto delegate a banche centrali sempre più potenti. Questo è vero in Paesi come USA, Giappone o Gran Bretagna, ma è ancora più vero nell'UE, dove a fronte di una BCE che determina la linea di indirizzo, le altre istituzioni sembrano latitare. In altri termini, il problema di uscire dalla crisi dovrebbe essere di politica economica, molto prima che non monetario. Dovrebbero essere governi nazionali e istituzioni europee a domandarsi cosa serva davvero all'Europa per rilanciare l'economia e l'occupazione.
La risposta alla domanda precedente è nota: in UE servirebbe un piano di investimenti. Purtroppo quello che è stato spacciato come un grande piano da 320 miliardi (il “piano Juncker”) sembra poco più di una scatola vuota, in cui i miliardi sono una ventina e il resto dovrebbe metterlo il privato. Se anche dovesse essere così – e i dubbi sono più che legittimi – il problema di fondo è che un rilancio di occupazione ed economia necessiterebbe di un forte indirizzo pubblico, per orientare gli investimenti su welfare, ricerca, formazione, transizione ecologica dell'economia. Difficile, a dire poco, che nel momento in cui si spera che i privati mettano (quasi) tutti i soldi, poi il pubblico possa dare tale indirizzo.
La debolezza dell'UE si vede anche nell'ibrido prodotto con questo QE, nel quale la BCE mette la liquidità ma poi si fa carico unicamente del 20% dei rischi connessi, mentre l'80% ricade sulle Banche Centrali dei singoli Paesi. Per l'ennesima volta una UE in mezzo a un guado, con una moneta unica e una Banca Centrale unica ma una pluralità di interessi nazionali spesso in contrasto tra di loro.
In ultimo, ma è forse l'elemento più importante, il QE e più in generale l'insieme delle politiche europee partono dall'assunto che alla base della crisi ci sia un problema di finanza pubblica, “dimenticandosi” come sia la finanza privata ad aversi trascinato nella situazione attuale. Una finanza ipertrofica e fuori controllo che è stata salvata solo pochi anni fa con migliaia di miliardi, socializzando le perdite dopo avere privatizzato i profitti. Per chiudere questo casinò finanziario privato poco o nulla è stato fatto in questi anni, anche se le proposte sono tutte sul tavolo, da una tassa sulle transazioni finanziarie alla separazione tra banche commerciali e di investimento ad altre ancora. Si parte però da una diagnosi completamente sbagliata – il pubblico è il problema, il privato è la soluzione – per proporre una cura altrettanto sbagliata – austerità per Stati e cittadini che hanno subito la crisi, liquidità illimitata per la finanza che l'ha provocata.
Il risultato di tali politiche è sotto gli occhi di tutti: negli ultimi anni continuano ad aumentare le diseguaglianze tra un'élite sempre più ristretta e più ricca e la stragrande maggioranza della popolazione, sempre più povera. Povertà diffusa che, al di là degli impatti sociali, si traduce in meno consumi e un crollo della domanda aggregata, ovvero recessione, deflazione e sfiducia. Esattamente gli elementi che rischiano di rendere totalmente inefficace un QE, che all'opposto potrebbe gonfiare ulteriormente una finanza ipertrofica. E' questo il problema di fondo che sembra non volere essere affrontato: l'elemento centrale di questa crisi non è dovuto al fatto che non ci sono soldi, ma che ce ne sono troppi. E' che sono (quasi) tutti dalla parte sbagliata. E' un problema di diseguaglianze e di strapotere della finanza privata. E sembra proprio che il Quantitative Easing targato Draghi potrebbe portare a un'ulteriore accelerazione in questa stessa direzione.