sabato 21 febbraio 2015

Forse la Regione accetta una delle proposte del Coordinamento provinciale della Sanità

Luciano Granieri

Quando  durante gli incontri del Coordinamento provinciale della sanità di Frosinone, sono state decise le proposte da inoltrare alla Regione  per una diversa organizzazione del sistema sanitario provinciale, notevoli discussioni hanno coinvolto l’opportunità di  includere o meno nel programma le dimissioni dell’attuale manager D.ssa Isabella Mastrobuono. 

Ebbene secondo le notizie riportate dagli organi di stampa, pare che le dimissioni della Mastrobuono siano l’unico dei suggerimenti  che abbia buone possibilità di essere attuato.  Infatti il discusso piano aziendale della Asl, presentato dalla manager in Regione, non è piaciuto alla Commissione Regionale appositamente nominata da Zingaretti per valutare i gli atti di tutte le aziende sanitarie regionali .

 Il contenuto del piano, difeso dalla Mastrobuono e da alcuni  sindaci, fra cui quello del Capoluogo,  sarebbe così poco confacente agli indirizzi indicati dalla Regione, da pregiudicare la permanenza della Mastrobuono alla dirigenza della Asl ciociara. Pare che una decisione in merito possa essere presa entro marzo. Intanto, l’atto aziendale dovrà subire pesanti modifiche  per tornare al vaglio della commissione  entro il 26 febbraio. 

Aveva  ragione il  Coordinamento quindi a rifiutare  l’atto per gli effetti devastanti che avrebbe determinato sulla sanità provinciale? Niente affatto. In Regione il piano presentato dalla D.ssa Mastrobuono è stato bocciato per il motivo contrario.  Perché  troppo esoso. A Zingaretti, evidentemente, non è stato  sufficiente lo smembramento del servizio sanitario pubblico provinciale, sancito nel piano, perché l’obbiettivo vero è il totale annientamento di ogni prestazione sanitaria pubblica sul  nostro territorio.   

Quali sono le criticità denunciate dalla commissione? Ne riportiamo alcune:  La rete dei tre presidi ospedalieri principali (Frosinone-Alatri, Sora e Cassino) è troppo estesa. Troppi primari,  troppi reparti, troppo di tutto. Un primario per ogni reparto di radiologia presente nei tre ospedali è eccessivo. E’ sufficiente un coordinatore a Frosinone che organizzi anche gli altri tre reparti di Sora e Cassino .  Il punto  di nascita e neonatologia ad Alatri non serve ,  come non serve la terapia intensiva neurologica. Se a un povero Cristo gli viene un Ictus, si corre a Roma e se lo sfortunato  muore per strada, pazienza, una opportunità in più per le pompe funebri il cui aumento di affari contribuisce anche all’aumento del Pil.  

Ma soprattutto il Dea di II livello per lo “Spaziani” è una colossale stupidaggine, anche il Dea di I livello per la struttura di Cassino è una scempiaggine. Per la nostra Asl non è previsto un Dea di II livello.  E’ ammesso  il solo Dea di I livello a Frosinone,  struttura che attualmente non soddisfa neanche i requisiti per questa qualifica, perché depredato  dei reparti e strutture necessarie.  

A fronte di queste belle notizie, non c’è dubbio che il piano di annientamento della sanità pubblica provinciale, nelle mire di Zingaretti debba subire una netta accelerazione e non possa perdere tempo  appresso ai pur buoni propositi della Mastrobuono. A questo punto mi chiedo se non sia il caso che anche il Coordinamento proceda ad una decisa accelerazione della sua attività di contrasto. 

Non è più tempo di trattative, di ricerca del dialogo . E’ tempo di andare a Roma ed esigere un incontro col carnefice della nostra sanità, Zingaretti.  E mentre una delegazione incontrerà il Presidente è necessario che fuori, davanti alla Pisana, il popolo ciociaro manifesti tutta la sua indignata protesta. Sarà gradita anche la presenza dei sindaci con tanto di fascia. Anche quelli che hanno firmato l’atto aziendale, perché è oltremodo evidente che  pure il piatto di lenticchie con cui la Mastrobuono  li aveva comprati è destinato ad andare in fumo.




venerdì 20 febbraio 2015

O' MIRACOLO




MIRACOLO!!!!! Udite, udite!!! L’ospedale di Frosinone subirà un rinnovamento profondo con adeguamenti scientifici e tecnologici di ultima generazione. Nessuno  dovrà preoccuparsi. Tutte le esigenze di salute dei cittadini del Capoluogo e dell’intera provincia verranno soddisfatti. Tutti potranno curarsi all’insegna dell’efficienza sanitaria e del suo altissimo livello di qualità.
L’ospedale “Fabrizio Spaziani” si trasformerà velocemente in…… una casa della salute. Dopo aver trasferito il reparto di lungadegenza e chiuso a quattro mandate i posti letto che ancora sono inoperanti, dopo aver fatto sparire il reparto di riabilitazione post-acuzie con i posti letto che non si sa dove sono andati a finire, dopo aver chiuso il reparto di otorino e ridimensionato il centro trasfusionale è stato anche declassato un reparto di eccellenza come quello di ematologia, che per decisione divina della dirigenza asl, si è trasformato da unità operativa complessa a unità operativa semplice.
Cioè si sta smantellando progressivamente ciò che funzionava con soddisfazione dei pazienti e dei loro familiari.
Sull’onda di tanta,  fattiva lungimiranza……”.rioganizzativa” sta a vedere che la stessa declassazione finirà con il toccare, a breve, anche i reparti delle malattie infettive e  quello di medicina?
Ci pare di aver colto nella documentazione e nelle decisioni della dirigenza asl  la volontà di creare una  grande area  medica che ricorda i cameroni degli anni ’40, privi di specializzazioni; gli specialisti lavorerebbero senza un loro reparto, itineranti tra i letti del “Camerone”. Una grande area medica  con un solo primario riducendo tutto a unità operative semplici con pochi letti a disposizione.
Così i giochi sarebbero presto fatti!
Reparti chiusi, unità operative complesse declassate, primari inesistenti, personale infermieristico e tecnico al disotto delle necessità di circa il 40%, pronto soccorso al collasso e carenza strutturale di posti letto.
Cosa occorre ancora tagliare e sopprimere affinché l’ospedale diventi una casa della salute?  L’ospedale di Alatri che ha già una casa del parto, diventerà anche la succursale della casa della salute del Capoluogo?
Ma si, dai! Che tutta la provincia di Frosinone diventi una grande, gioiosa casa…..della salute! E chissà che prima o poi, di casa… in casa non riusciamo ad andarcene  tutti, finalmente  …felici, contenti e…. soddisfatti della guerra scatenata contro le nostre popolazioni dai marazzini, dai polverini, dagli zingaretti, barbari venuti da lontano a saccheggiare  e depredare le strutture ospedaliere e il nostro territorio.
No! I barbari non passeranno
Frosinone 20. 02.2015 –Il Coordinamento Provinciale della Sanità.


giovedì 19 febbraio 2015

Non è tempo di giochi

Yanis Varoufakis   fonte :http://www.sbilanciamoci.info/

Sto scrivendo questo articolo a margine di un negoziato cruciale con i creditori del mio paese – un negoziato i cui risultati potranno segnare una generazione oltre a rappresentare un possibile punto di svolta per l’esperimento europeo e per quello dell’unione monetaria.
Gli esperti di teoria dei giochi tendono ad analizzare i negoziati trattandoli come giochi in cui i contendenti, proiettati esclusivamente sul proprio interesse individuale, tentano di accaparrarsi la fetta più grande della torta da dividere. Data la mia precedente esperienza accademica come ricercatore in teoria dei giochi, molti commentatori hanno affrettatamente avanzato l’ipotesi che, in qualità di nuovo ministro delle finanze della Grecia, avrei operato per ideare stratagemmi, bluff o opzioni nascoste utili a vincere non avendo nulla in mano.
Nulla può essere più lontano dalla verità di quanto è stato scritto in questi giorni.
Se la mia precedente esperienza con la teoria dei giochi ha avuto un effetto su di me, questo è stato quello di convincermi che sarebbe pura follia considerare l’attuale negoziato tra la Grecia e i suoi partner come un gioco da vincere o perdere grazie a bluff o sotterfugi tattici.
Il problema della teoria dei giochi è, come ho sempre tentato di spiegare ai miei studenti, che essa considera le motivazioni dei giocatori come un dato prestabilito a priori. Se si sta pensando ad una partita di poker o di blackjack questa assunzione non è particolarmente problematica. Ma nell’attuale negoziato tra la Grecia ed i suoi partners il punto centrale è esattamente quello di costruire delle nuove motivazioni. Si tratta di costruire una nuova mentalità che vada oltre le divisioni nazionali, che sostituisca una prospettiva pan-europea alla dicotomia creditore-debitore, in grado di porre il bene comune Europa al di sopra di politiche futili e di dogmi di comprovata tossicità se resi universali e una logica del noi a sostituire quella del loro.
Come Ministro delle Finanze di un piccolo paese immerso in una crisi fiscale, privo della propria banca centrale e visto dalla maggioranza dei suoi partner come un problematico debitore sono convinto che esista un'unica opzione: respingere qualunque tentazione di usare questo momento cruciale come un opportunità per sperimentare spregiudicate strategie presentando, altresì, in modo onesto, le attuali condizioni socio-economiche della Grecia, mettendo sul tavolo le nostre proposte per riportare la Grecia a crescere, spiegando perché queste sono nell’interesse dell’Europa e rivelando le linee rosse oltre le quali la logica e il dovere ci impediscono di andare.
La grande differenza tra questo governo greco e quelli che lo hanno preceduto è duplice: l’attuale governo è determinato nel volersi scontrare con interessi potenti e consolidati allo scopo di far ripartire la Grecia e riguadagnare la fiducia dei partner; ma è anche determinato nel non voler essere trattato come una colonia debitrice a cui si imponga di patire quel che deve. Il principio dell’austerità più intensa da imporre all’economia più depressa potrebbe apparire bizzarro se non avesse causato tante inutile sofferenze.
Mi viene spesso chiesto: cosa accadrà se l’unica strada per garantire il finanziamento del suo paese sarà quello di oltrepassare quelle linee rosse ed accettare misure che lei considera parte del problema più che della soluzione? Fedele al principio per cui non ho diritto di bluffare, la mia risposta è: le linee che abbiamo detto essere rosse non verranno oltrepassate. Altrimenti, esse non sarebbero delle vere linee rosse ma semplicemente dei bluff.
Ma mi viene anche chiesto: E se questo producesse ulteriori sofferenze per il suo popolo? Chi lo chiede sta implicitamente pensando che non può non esserci un bluff.
Il problema di questa linea di ragionamento è legato alla presunzione, propria anche della teoria dei giochi, che si viva in una sorta di “tirannia delle conseguenze”. Come se non esistessero circostanze per le quali si fa quello che è giusto non perché questo sia il frutto di un ragionamento strategico ma semplicemente perché… è giusto.
Contro questo cinismo, il nuovo governo greco ha intenzione di innovare. Noi dovremo rinunciare, nonostante le possibili conseguenze, ad accordi che siano sbagliati per la Grecia e sbagliati per l’Europa. Il gioco di estendere i termini del debito al prezzo di nuova austerity, cominciato nel 2010 quando il debito pubblico greco è divenuto non più rifinanziabile, finirà. Non più prestiti – non prima di aver definito un piano credibile per far crescere l’economia così da poter ripagare tali debiti, aver aiutato la classe media a rimettersi in piedi sulle proprie gambe e aver risolto l’odiosa crisi umanitaria. Non più “riforme” che si accaniscano contro poveri pensionati o farmacie a conduzione familiare senza scalfire in alcun modo la grande corruzione.
Il nostro governo non sta chiedendo ai suoi partners una via d’uscita per non ripagare i propri debiti. Noi stiamo chiedendo alcuni mesi di stabilità finanziaria che ci consentano di intraprendere il piano di riforme che la maggioranza del popolo greco può condividere e supportare, così da poter tornare a crescere e a essere nuovamente in grado di ripagare i nostri debiti.
Si potrebbe pensare che questo misconoscimento delle regole della teoria dei giochi sia dovuto all’effetto di una linea di sinistra radicale. Non è così. La maggiore influenza qui è quella di Immanuel Kant, il filosofo tedesco che ci ha insegnato come la ragione e la libertà dall’impero degli espedienti sono ottenibili facendo ciò che è giusto.
Come abbiamo capito che il nostro modesto piano di politica economica, che rappresenta la linea rossa che non siamo intenzionati ad oltrepassare, sia giusto in termini kantiani? Lo abbiamo capito guardando negli occhi le persone affamate nelle strade delle nostre città, osservando la nostra classe media sofferente e tenendo a mente tutti coloro che lavorano duro in ogni paese e in ogni città della nostra unione monetaria. Dopotutto, l’Europa riuscirà a ritrovare la sua anima solo quando avrà guadagnato nuovamente la fiducia del suo popolo mettendo gli interessi di quest’ultimo al centro della scena.
(Yanis Varoufakis dal New York Times del 16 febbraio 2015, trad. Dario Guarascio)

L’Ufficiale zelante e strabico

Angelino Loffredi

Da qualche anno sono in possesso della fotocopia di una informativa redatta dalla Legione dei Carabinieri del Lazio/ Gruppo di Frosinone, messami a disposizione da Lorenzo (Lellenzo) Masi che merita di essere conosciuta, augurandomi possa interessare a chi legge questa nota. E' altresì, doveroso precisare che la stessa è stata trovata da Tommaso Bartoli, conosciuto ricercatore ceccanese, presso l'Archivio di Stato di Frosinone.
Di cosa si tratta ? Di un rapporto predisposto dal Comandante del Gruppo dei Ca- rabinieri di Frosinone, Ten.Colonnello Virginiagiovanni Bianco, indirizzato al Prefetto di Frosinone, il 5 Aprile 1954, avente come oggetto " Assunzioni di impiegati presso il Comune di Ceccano"
Per aiutare chi legge, ad esprimere necessarie e ponderate considerazioni, riporto il testo in modo integrale.
"Per conoscenza, informo che il comune di Ceccano va assumendo impiegati avventizi e straordinari, scegliendoli tra gli attivisti ed i propagandisti dei partiti comunista e socialista.
Infatti, dallo scorso anno ad oggi,, sono stati assunti i seguenti impiegati:
1* Angelini Lorenzo fu Domenico e di Fratini Giuseppa, nato a Ceccano il 12-3-1913, ivi residente, impiegato avventizio con l'incarico di copista. E' attivista e propagandista del pci e iscritto al C.P.C.
2* Ranieri Mario fu Mariano e di Rosati Maria Luigia, nato a Ceccano il 9-9-1921, ivi residente, impiegato straordinario addetto alla trattazione di pratiche danni di guerra. Attivista e propagandista del p.c.i., iscritto al C.P.C.
3* Moffa Wladi di Nunzio e di De Caro Angelina Elvira, nato a Castelfranco il 12.5.1930, studente, avventizio, addetto all'ufficio elettorale attivista e propagandista del p.s.i.
4* Masi Lorenzo di Pietro Felice e di D'Annibale Antonia, nato a Ceccano il 2- 1929, ivi residente, propagandista del p.s.i., impiegato avventizio all'ufficio elettorale."
Le notizie riportate riguardanti le quattro persone sopra indicate sono vere, precise e irreprensibili. Non lo conferma solo la mia memoria, per aver conosciuto tutti, ma anche il registro degli iscritti del PCI dell'epoca.
lorenzoangeliniLorenzo Angelini era iscritto al Pci sin dal 1945, dopo essere stato fra i fondatori della banda partigiana costituita il 4 ottobre 1943. Dal 1956 al 1960 è stato consigliere comunale.
Mario Ranieri era iscritto al PCI dal 1947. Non avendo aderito alla Repubblica Sociale Italiana era stato prigrioniero in Germania. Sia Angelini che Ranieri sono stati convinti comunisti per tutto il resto della loro vita.
Wladi Moffa viene a vivere a Ceccano nel 1951. E' attivo nel PSI dal 1952 e lo sarà ancora per qualche anno. Alla metà degli anni 60 andrà a lavorare presso il comune di Colleferro ove ne diventerà segretario.
Lorenzo (Lellenzo) Masi è vivo e vegeto. Nel 1948 è stato fondatore a Ceccanolorenzomasi lellenzo della Gioventù Garibaldina d'Italia. E' stato sempre seguace del PSI. Nel 1976 è stato sindaco di Ceccano. E' considerato il Padre Nobile dei socialisti in quanto in questi anni travagliati è rimasto fedele alla sua idea.
L'Ufficiale dei Carabinieri con un occhio si dimostra preciso a descrivere la condizione dei quattro sopraindicati ma con l'altro occhio guarda altrove perché non vuole vedere il quadro generale. Mi spiego meglio provando a contestualizzare la situazione. L'Amministrazione comunale che ha deliberato le quattro assunzioni capeggiata dal sindaco comunista Vincenzo Bovieri è sostenuta da consiglieri socialisti e comunisti. Lo strabismo dell'Ufficiale viene rilevato dal fatto che al Prefetto non fa sapere che nella stessa identica situazione si trovano anche altri due dipendenti comunali, indicati dalla Democrazia Cristiana.
L'Ufficiale Bianco, pur avendo responsabilità e conoscenza di quanto sta avvenendo nella provincia di Frosinone inoltre non riporta, non elenca le assunzioni di "colore" politico diverso che si stavano facendo con le stesse modalità presso l'Amministrazione Provinciale e in altri ottanta comuni della provincia a guida democristiana. C'è anche un aspetto che può sfuggire e su cui mi interrogo: perché tale Ufficiale svolge compiti e ruoli che non gli competono? E perché, invia notizie che il Prefetto già conosce? E' opportuno ricordare, infatti, che in quel periodo e fino al 1971 i Prefetti esercitavano un diretto ed ossessivo controllo sugli atti e sulle delibere comunali, attraverso la Giunta Provinciale Amministrativa di cui gli stessi erano presidenti. Infine, tale informativa non chiude con la formula tipica usata da tutte le Caserme locali che completava le notizie evidenziando aspetti che legavano le persone in oggetto alle vicende penali e alla loro dirittura morale. Se il Ten.Colonnello Virginiagiovanni Bianco avesse concluso come facevano Marescialli e Brigadieri dell'Arma avrebbe dovuto riportare "Non hanno processi penali in corso e godono di buona reputazione fra i cittadini di Ceccano".
Settembre 2012

mercoledì 18 febbraio 2015

Renzi alla guerra.

Luciano Granieri


Che nostalgia dei governi di guerra a guida Berlusconi! Ve li ricordate i ministri della difesa guerrafondai, Previti, La Russa, per non parlare degli illustri statisti messi agli affari esteri, il gerarca Gianfranco Fini e il pluriabbronzato, causa frequentazioni amene tipo Cortina e Maldive, Franco Frattini. Credevo francamente che attraverso quegli inetti figuri si fosse toccato il fondo. E invece no.  Al peggio non c’è mai limite infatti ,  dopo le grottesche figure di Renzi e dei suoi ministri, Pinotti (difesa), Gentiloni  l’infedele  crociato (Esteri), sulla questione libica,  rimpiango i Fini ed i Frattini che, al confronto degli sciagurati servi renziani, si sono rivelati  statisti di caratura internazionale.  

Dopo la recrudescenza delle stragi di immigrati nel Mediterraneo, causate soprattutto dall’interruzione del programma di soccorso  Mare Nostrum, sostituito da Frontex,  un’inutile pattugliamento delle coste , deciso proprio dal permier  fiorentino,  Renzi ha scaricato ogni responsabilità per la  ripresa del genocidio sul Califfato .  La colpa era dell’Isis infiltratosi in Libia a fare affari con i viaggi della disperazione. Secondo  il primo ministro italiano la soluzione non era ripristinare Mare Nostrum ma , piuttosto, sbracare direttamente in Libia  vedersela con i guerriglieri jihadisti  impedendogli di  far partire  i barconi. 

Immediatamente, con puntuale solerzia,  il ministro degli esteri Gentiloni  confermava e rilanciava la campagna militare di Libia contro il Califfato. La risposta  mediatica dei Jihadisti non si faceva  attendere. L’eroico  inquilino della Farnesina era prontamente annoverato fra i nemici crociati  infedeli, e la presa di Roma da parte del’Isis sarebbe stato un obbiettivo imminente, addirittura truppe del Califfato erano prossime ad attestarsi    a sud della Capitale. 

Il ministro Pinotti, per non essere da meno nel mostrare attaccamento alla causa renziana, già ragionava sul numero dei soldati da inviare in Libia. Si ma in Libia dove?  Probabilmente a Sirte,  ad ovest di Tripoli, una zona controllata da gruppi di ispirazione islamica di natura moderata (nel senso che non tagliano la testa al primo occidentale che incontrano), più una pletora di bande e signori della guerra. Un caos in mezzo al quale il Califfato ha raccolto proseliti e sta prosperando , ma è difficile da stanare.  

In piena trans guerrafondaia, Renzi  la Pinotti e Gentiloni, non si stavano rendendo conto del cumulo di cazzate che in poche ore tutti insieme erano riusciti a proferire.  Pare che una telefonata del neo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, abbia riportato un minimo di lucidità nelle menti obnubilate dei nostri tre malcapitati. “Che cazzo state dicendo!” sembra  sia stato il monito dell’Inquilino del Colle.  

Dopo il pesante rimbrotto di Mattarella la versione governativa è cambiata. Siamo pronti alla guerra ma ci deve mandare l’Onu, questo è diventato il nuovo orientamento. Salvo cambiare ancora cercando di agganciarsi al rimorchio egiziano che intanto si è mosso con raid aerei e un offensiva di terra contro la coalizione islamista  Fajr  Libya guidata da  Omar al Hassi ,probabile  formazione vicina  all’Isis . Pressante    è rimasta la sollecitazione     interventista   nei riguardi dell’Onu.  

Certo è che se le Nazioni Unite dovessero decidere per un intervento, dopo gli entusiasmi dimostrati del Governo italiano, sarebbe il nostro esercito a guidare le operazioni. Ce lo devono che diamine!!  A quel punto non potremmo più tirarci indietro. 

 Tornando per un attimo ai ministri del governo Berlusconi, non oso immaginare quali reazioni avrebbe avuto il popolo del Pd se una tale figura di melma l’avessero partorita  l’ex Cavaliere, Frattini e La Russa. I giornali amici, a cominciare da  Repubblica, avrebbero speso fiumi di inchiostro per mettere alla berlina i ministri incapaci. Probabilmente si sarebbe tentata una mobilitazione di piazza. Ma siccome a sparare cazzate sono quelli del proprio campo, allora tutto va bene madama la marchesa, anzi, come sollecita il quotidiano di regime “Repubblica” bisogna sbrigarsi a sbarcare in armi in Libia perché il Califfato è già a sud di Roma. Meno male che è rimasto imbottigliato sul raccordo anulare!!!!

Newco, verde pubblico e detenuti

Comitato di Lotta per il lavoro

a) L’Amministrazione Comunale di Frosinone, come in tutte le volte che si è dovuta sedere al tavolo di un confronto sulla Multiservizi o sulla newco, si presenta sempre con atti nuovi, anticipati all’uopo, proprio per marcare, se qualcuno non volesse capire, la propria “autonomia” e il “far da me” a prescindere da chiunque altro.
Venerdì 13 c’è stato un importante confronto alla Regione Lazio con gli enti, per esplorare lo stato delle cose faticosamente condiviso in queste ultime settimane: il protocollo d’intesa degli enti (avvenuto il 12 dicembre), il piano industriale, la proposta della nuova società per la costituzione della newco.
Frosinone ha preso parte a quel tavolo con un atto che smentisce ancora gli accordi, le promesse, gli impegni: non solo ha già affidato due servizi per anni 5 e che escono dal piano industriale, ma pubblica un Bando di gara (Direttiva 2004/18/CE) per L’APPALTO DEI SERVIZI INERENTI LA MANUTENZIONE ORDINARIA DELLE AREE DESTINATE A VERDE PUBBLICO ANNI 2015-2017. Dunque anche il servizio del verde pubblico sta per uscire dal piano della eventuale newco, dall’ambito pubblico, e viene messo sul mercato come qualsiasi prodotto di consumo.
 Alla fine del tavolo in un improvvisato summit con i lavoratori l’assessore all’ambiente Trina con molta autorevolezza e decisione ha dichiarato di aver inviato al proprio dirigente una nota per l’annullamento del bando per mancanza di copertura finanziaria. Ad oggi alcunché ancora si legge sull’albo pretorio e la scadenza del bando del 16 marzo è vicina. (CLICCA E VEDI LA NOTA DI RICHIESTA CHIARIMENTI ALL'ASSESSORE)

 I lavoratori che lottano per una soluzione unica e pubblica per la ricostituzione di un rapporto di lavoro durato 17 anni rimangono, pur oramai abituati, sbigottiti davanti all’atteggiamento dell’Amministrazione, che ha visto il vicesindaco dare manforte alla costituzione della newco e contemporaneamente altri emissari del Sindaco tentare tutte le vie per opporvisi.
 b) L’Amministrazione si muove per costruire occasioni, cavalcare situazioni, indirizzare eventi, gestire interessi per creare quella “nuova” rete di relazioni e contatti che serve a ridefinire un progetto di potere aggiornato rispetto al precedente, sedimentato e quindi riproducibile. Se poi questa ricostruzione non fa gli interessi della cittadinanza, quella socialmente più debole soprattutto -che è la maggioranza-, ma anzi la espone al ripianamento di un debito che i ricchi e i loro sodali politici hanno contratto; e poi si impiglia, ad esempio, nelle maglie della magistratura su più fronti, allora pazienza, ma non ci si perde d’animo, si cercherà di deviare con maggior forza con la sfacciataggine o con l’indifferenza a seconda dei casi.
 Le modalità che portano all’appalto del verde va in questa precisa direzione. Viene tolto un servizio pubblico gestito e controllato dall’ente e/o da una propria società in house e viene affidato con indirizzate procedure amministrative a soggetti privati locali.
L’affidamento attraverso una procedura ad evidenza pubblica si tramuta in affidamento continuato alla stessa società con proroghe fino ai due anni (circa euro 500 mila). Con motivazioni alquanto inconsuete contenute nella deliberazione DGC n.384 del 2013 si stralcia l’allora ipotesi di appalto prevista dalla DGC 374, per far diventare perpetuo ciò che sarebbe momentaneo.
Si legga parte delle premesse della determina dirigenziale 2327/ 2013 in data 24-09-2013: “con la medesima deliberazione di G.C. 384/2013 è stata stralciata la parte relativa alla previsione di affidamento del servizio di verde pubblico, manutenzione parchi e giardini, attraverso il ricorso a gara d’appalto disponendo l’affidamento del servizio di che trattasi in forma diretta a cooperativa sociale di cui all’art. 1, comma 1, lett. b della L. n. 381 del 1991, per anni 1 (uno) e per un importo di€ 240.000,00 comprensivo di IVA e costi di sicurezza, ai sensi dell’art. 5 L. 381/91”; e ancora “l’attuale gestore di tale servizio si è resa disponibile al proseguimento delle attività agli stessi patti e condizioni per un ulteriore anno, conseguendo la continuità e la stabilità del personale attualmente impegnato sui servizi ed effettuando una miglioria d’asta di circa il 3 % sul prezzo del servizio”.
Dunque, se la strada dell’affidamento diretto è stata ampiamente battuta perché ora ci si indirizza per il bando di gara? Il diritto amministrativo pur bistrattato rischia di attirare troppe attenzioni e fastidi se si utilizzano infinite proroghe soprattutto non giustificate appropriatamente?
 Il DISCIPLINARE DI GARA ora adottato PROCEDURA APERTA PER L’APPALTO DEI SERVIZI INERENTI LA MANUTENZIONE ORDINARIA DELLE AREE DESTINATE A VERDE PUBBLICO ANNI 2015-2017 , al comma i) dei Requisiti di partecipazione dice: “avere eseguito almeno un servizio analogo a quelli oggetto di gara, con buon esito, negli anni 2012-2013-2014, per un importo, non inferiore a € 193.800,00 (I.V.A. esclusa) riportando l’oggetto del servizio, il soggetto committente, il periodo di riferimento e l’importo”.
 c) Insomma i lavoratori diventano solo spettatori di una elargizione ai privati di soldi pubblici. Ma alla fine della giostra quanti soldi pubblici sono stati impegnati negli anni 2013 e 2014 per Servizio di manutenzione parchi e giardini - Cura del Verde Pubblico e soprattutto a chi vengono dati i soldi?
All’affidamento diretto si devono aggiungere, non previsti in quello stanziamento, le spese “straordinarie”: per i fiori; per la potatura, per i materiali manutentivi e per tutti gli altri interventi di altri privati che potrebbero aggirarsi in diverse decine di migliaia di euro all’anno. Ancora. Si aggiungono le diverse migliaia di euro per l’inserimento lavorativo di due detenuti con la cooperativa sociale affidataria del servizio, di cui, tra l’altro,  non si comprende come sono state selezionati.
A ciò vanno aggiunti gli impegni di spesa per i progetti per i detenuti della casa circondariale di Frosinone a cui l’ente ha stanziato ad esempio €.7000 di pasti, servizio dato a sua volta all’esterno. 
 La gestione del verde pubblico, modello Ottaviani, nel coinvolgimento di detenuti e “di detenuti un po’ più uguali degli altri”, ha toccato situazioni particolarmente delicate e sentite nell’opinione pubblica dell’intera penisola: a Frosinone sono state spianate le porte (per meglio dire “aperte”) a condannati per reati gravissimi (Luigi Ciavardini) che non sono semplici esecutori di attività di reintegrazione sociale attraverso il lavoro, ma sono coinvolti nella gestione di alcuni servizi in accordo con l’Associazione Gruppo Idee, la coop. Essegi, la coop. Agro Romano, accordi presi con l’Amministrazione e con la Casa circondariale.
Fermo restando i dubbi su come possano essere eletti animatori culturali e sportivi per bambini – a Frosinone gli è stato concesso anche questo purtroppo! (http://www.frosinoneweb.net/2013/11/17/fatti-di-sport-tante-le-discipline-sportive-alla-villa-comunale/http://www.scuolacalciofrosinone.com/home/?p=683), – quale prospettiva politica ha l’ente su questo versante? Inoltre con quali appalti e a quali costi si hanno tali rapporti?
 La vicenda merita trasparenza e rigore, come rispetto meriterebbero coloro che sono stati immolati alla causa del lavoro… altrui. 

Vi presento "Matrimoni e Funerali"!!

Il ritorno di Stefano “Cisco” Bellotti!

A tre anni da Fuori i secondi, un album intimo e allo stesso tempo capace di riportare in vita personaggi dimenticati troppo in fretta, è arrivato per il cantautore carpigiano il momento di rimettersi in marcia!
Non che si sia annoiato, per carità, restare fermo non è nella indole di Cisco che dal 2012 al 2015 è riuscito a sfornare il richiestissimo album live Dal Vivo Volume 2 , l’interminabile tour di “Indietro Popolo dove Cisco festeggiava i suoi vent’anni di carriera con oltre 150 date i n tutta Italia e Oh Belli Ciao, la fortunata biografia (ormai prossima alla seconda edizione) che ripercorre i suoi turbolenti anni nei Modena City Ramblers.
Il titolo del nuovo album? Tutto un programma, Matrimoni e Funerali!
Un concept sulla vita? Definizione che potrebbe ingabbiare il nostro Cisco, semplicemente un lavoro tanto lucido quanto dissacrante su quello che incontriamo, tocchiamo e conosciamo durante la nostra esistenza, un album che viaggia più veloce di un auto senza freni, lontano dai soliti slogan, con testi che presentano una rinnovata capacità di scrittura da parte di Cisco, divertito a tirare il sasso senza nascondere la mano.
Collaborazioni dal leccarsi i baffi: Pierpaolo Capovilla, Massimo Zamboni, Angela Baraldi, Le Mondine di Novi e il Piotta che duettano con la corposa voce del cantautore. Un album scirtto insieme all’amico Ex-Ramblers, Giovanni Rubbiani e al sempreverde Kaba Arcangelo Cavazzuti, che lo vede anche impegnato nella produzi one artistica del disco.
Come agnelli in mezzo ai lupi prende vita dolcemente e apre la strada a Sangue sudore e merda, un graffio, un urlo che descrive la nostra società malata sempre pronta a inchinarsi davanti al nuovo guru mediatico incantatore di folle, mentre Chiagni e Fotti è una “carezza” terribilmente attuale, dedicata a chi si asciuga le lacrime con la mano sinistra per poi rubare con quella destra, che dire poi del Girarrosto, dove a farla da padrone sono il coro delle Mondine di Novi, destinata a diventare un tormentone live?
Basterebbero questi quattro pezzi per giustificare l’ascolto dell’album ma il bello deve ancora arrivare!
La rockeggiante Supermarket è un inno al consumismo, cantata insieme a Pierpaolo Capovilla, una presa di coscienza di quello che stiamo diventando: individui posseduti dalle cose che comprano, lobotomizzati con dei buoni sconto applicati alla materia grigia, mentre la velocità rullante di Marasma non fa altro che con fermare la bontà del lavoro, ma è con la title track che si raggiungono vette ancora più alte, Cisco e Angela Baraldi creano un intreccio di voci e parole semplicemente perfetto, consegnando un pezzo che ci fa capire quanto l’uomo sia schiavo dei sentimenti, poco incline al cambiamento e destinato a un solo percorso, quello di nascere, crescere, ripopolare il pianeta, innamorarsi per diventare poi cibo per i vermi! Per te soltanto è un autentica gemma, un piccolo capolavoro del nostro songwriter che ironizza ancora una volta su quanto la religione sia diventato oppio per i popoli, mentre Piedi Stanchi è una pellicola sonora che genera disincanto e memoria.
I fuochi d’artificio sono riservati per il finale! Hip hop in un album di Cisco? Eccovi serviti!
Il tuo altare (feat con Piotta) è un insieme di rime e domande che mettono in imbarazzo l’uomo di oggi, la resa è notevole e le parole sono precise come frecce di una faretra, preludio dell’ultimo capitolo, la preziosa Cenere alla cenere, arricchita dalla chitarra dell’immarcescibile Massimo Zamboni.
Tutto inizia e tutto ha una fine, il sipario della vita può calare all’improvviso, tirato da una mano democratica, capace di lavare via tutte le ingiustizie…la morte.
Matrimoni è Funerali si appresta a diventare uno dei migliori album alternativi del 2015.
In mezzo a talent show, a band che durano venti minuti e altre che vivono di ricordi ecco una ventata di novità, portata da chi, in barba a qualche capello grigio, ha ancora qualcosa da dire.
Cisco Bellotti, un milione di copie vendute, concerti in ogni dove, canzoni diventate inni e tanta coerenza.

Vai sul sito e ascolta il primo brano del disco "Sangue sudore e merda"

martedì 17 febbraio 2015

Il governo Renzi e le lotte degli anni '60-'70

Fabiana Stefanoni


Come il padronato si sta riprendendo
le conquiste della classe operaia
E' impossibile capire fino in fondo quello che sta avvenendo in questi mesi in Italia se non si volge lo sguardo al passato, a poco più di quarant'anni fa, tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta. Solo così possiamo comprendere il significato storico dell'azione del governo Renzi: la grande borghesia italiana si sta riprendendo tutto quello che era stata costretta a concedere su pressione delle lotte operaie di quegli anni. E lo fa in un contesto economico e sociale - europeo e internazionale - che non lascia spazio a nuovi compromessi di classe. 
Dallo Statuto dei lavoratori al Jobs Act di Renzi (passando per Marchionne)
Da Landini alla Camusso fino ai vari Vendola e Civati: non c'è dibattito televisivo in cui i rappresentanti della sinistra riformista, sindacale e politica, non ricordino, gridando allo scandalo, che il Jobs Act sta distruggendo lo Statuto dei lavoratori. Eppure nessuno di loro - ed è proprio penoso constatarlo - ricorda che la Legge 300 del 10 maggio 1970, meglio nota come Statuto dei lavoratori, è stata il frutto di due anni di scioperi ininterrotti alla Fiat Mirafiori, allora la più grande fabbrica d'Europa. Non saremmo qui a discutere dell'articolo 18 - perché non sarebbe mai esistito - se, in quei due anni, dal primo semestre del '68 al dicembre del '69, gli operai di Mirafiori non avessero dato vita ad un'ondata di scioperi prolungati che fece perdere alla principale industria del Paese alcuni milioni di ore di lavoro. Una conflittualità che non si fermò nel '69, ma proseguì con rinnovata forza negli anni successivi.
E' solo in virtù di quelle lotte che nacque lo Statuto dei lavoratori. Non si trattò, come qualcuno vuole farci credere - in un coro pressoché unanime, a destra come a sinistra, di distorsioni storiche - del frutto spontaneo del sistema capitalistico in un contesto di crescita economica: fu il risultato di due anni di durissimo scontro di classe, in cui gli attivisti politici dell'estrema sinistra, formatisi nelle mobilitazioni del Sessantotto, giocarono un ruolo centrale di direzione. La grande borghesia, nonostante le rimostranze di alcuni settori - che, piuttosto che cedere al "ricatto" operaio, avrebbero preferito una svolta autoritaria, come dimostra il tentativo di golpe Borghese proprio nel 1970 - accettò di fare alcune concessioni al nemico di classe in cambio della conservazione del proprio potere politico ed economico. Quelle concessioni che si sta a poco a poco riprendendo.
L'accordo sulla rappresentanza: un altro tassello dell'attacco
Qualcosa di simile sta avvenendo sul versante più strettamente sindacale. Il famigerato Testo unico sulla rappresentanza, siglato il 10 gennaio del 2014 da Cgil, Cisl e Uil (e, successivamente, persino da alcuni settori del sindacalismo "di base") - accordo contro cui il coordinamento No Austerity ha promosso un'importante campagna che ha visto confluire settori di diversi sindacati in un comune percorso - rappresenta il tentativo della classe padronale di smantellare, di concerto con le burocrazie sindacali, ogni residuo di democrazia nei luoghi di lavoro.
E' un accordo (presumibilmente destinato a tramutarsi in legge se non verrà respinto con la mobilitazione) che espelle dalla rappresentanza sindacale e dalla contrattazione tutti i sindacati che non ne accettano i contenuti, e cancella la libertà di sciopero per chi invece lo firma. Lo scopo è quello di indebolire il sindacato conflittuale nelle fabbriche, trasformare i sindacati in meri erogatori di servizi, al fine di favorire l'imposizione di misure di austerity funzionali ad aumentare i profitti dei capitalisti.
Anche qui, è interessante fare un passo indietro di qualche decennio, se non altro per rendersi conto che i precedenti tentativi di congelare tramite accordi siglati a tavolino il conflitto di classe sono miseramente falliti, restando delle scatole vuote. I padroni e le burocrazie ci provarono già nel '61 a imporre, di concerto tra loro, pesanti restrizioni al diritto di sciopero ("clausole di tregua"). La proposta, allora, prevedeva qualcosa di simile ai recenti accordi: si introducevano norme restrittive della possibilità di azione sindacale dopo la firma dei contratti. Un accordo che la base dei sindacati si rifiutò di applicare e che fu letteralmente spazzato via con le mobilitazioni della fine degli anni Sessanta, quando i lavoratori in lotta si diedero le proprie forme di rappresentanza (dai consigli operai alle assemblee autoconvocate), riuscendo, almeno in parte, a imporne il riconoscimento nei contratti collettivi.
Oggi l'accordo della vergogna rappresenta l'ultima tappa di un percorso che, passando per la legge 146 del '90 (che ha ridotto drasticamente il diritto di sciopero nel Pubblico impiego e nei cosiddetti "servizi essenziali") e gli accordi di luglio '93 (che hanno dato un duro colpo alla rappresentanza dei sindacati di base nel privato), ha progressivamente permesso al padronato di riprendersi tutto quello che era stato costretto a concedere. E, non casualmente, la reconquista è iniziata in Fiat: là dove le lotte operaie, prima che altrove, avevano imposto il riconoscimento dei delegati di reparto e dei consigli di fabbrica; là dove, dal Sessantotto alla metà degli anni Settanta, gli operai, riuniti in assemblee, si erano fatti beffe degli accordi siglati dai loro dirigenti sindacali, rilanciando ogni volta azioni di sciopero, di lotta, occupazioni.
La mossa di Marchionne assume un valore simbolico importante per il padronato: proprio alla Fiat, che era stata l'avanguardia delle lotte operaie per quasi un decennio, la classe è stata schiacciata e obbligata a ingoiare, prima di tutti gli altri, il boccone amaro della reazione. Quasi a voler punire chi per primo aveva osato alzare la testa, come nei riti espiatori.
Il ruolo delle direzioni sindacali
Ma cosa è cambiato rispetto a qualche decennio fa? la classe operaia è forse morta, come cercano di spiegarci gli economisti e i filosofi da salotto televisivo? oppure, come ci vuole dimostrare qualcuno, anche a sinistra (si pensi alle recenti teorizzazioni di Toni Negri), la classe ha abdicato al ruolo di "soggetto rivoluzionario"?
Noi non pensiamo che sia così, e le numerose lotte di cui la classe lavoratrice è stata protagonista in questi ultimi anni ce lo dimostrano. Nonostante il contesto economico e sociale sia molto differente da quello di quarant'anni fa, con una crisi economica di dimensioni enormi, paragonabile solo a quella del '29, la classe operaia non ha perso la sua combattività. Quando è stata chiamata allo sciopero e alla lotta lo ha fatto con determinazione. I picchetti degli operai immigrati della logistica, che discutono in assemblee autoconvocate le iniziative di lotta, hanno la stessa radicalità dei picchetti operai degli anni Settanta.
Ciò che è diverso da allora - pur essendo un sottoprodotto proprio di quella straordinaria stagione di lotte, che non ha paragoni quanto a intensità e durata in altri Paesi d'Europa (1) - è la capacità di controllo da parte degli apparati sindacali (Cgil e Fiom in primis) della classe lavoratrice. Quando gli operai sono stati chiamati dalla Camusso e da Landini alla lotta contro il Jobs Act non hanno mancato di far sentire la loro presenza massiccia nelle piazze: ne è un esempio l'oceanica manifestazione del 25 ottobre a Roma. Eppure, la direzione della Cgil e della Fiom non hanno nessuna intenzione di portare alle ovvie conseguenze quella lotta: proseguirla e intensificarla fino a respingere l'attacco. Oggi quel potenziale conflittuale è stato rimandato a cuccia, senza nemmeno un piccolo contentino da offrire in pasto al cane bastonato.
Quello che succede in questi giorni
Il 18 febbraio il ministro Poletti ha convocato Cgil, Cisl e Uil per discutere dei decreti attuativi del Jobs Act e i dirigenti sindacali si siederanno a quel tavolo, come se niente fosse: chi con entusiasmo (come la neosegretaria della Cisl Furlan, emozionata di sedersi al tavolo dove si discuterà di come cavare meglio il sangue alle nuove generazioni operaie), chi con qualche borbottio (come la Camusso, che spera comunque in una "discussione vera" e proficua con il ministro ex presidente di Legacoop...), tutti saranno lì, a discutere dei decreti attuativi del Jobs Act, decreto simbolo della più feroce reazione padronale.
Tutto ciò avviene mentre stanno per essere sfornati il decreto sulla "Buona scuola", che intende smantellare definitivamente quel poco che ancora sopravviveva di scuola pubblica, e il decreto Madia sul Pubblico impiego, che inasprirà ulteriormente la condizione dei lavoratori statali, introducendo i licenziamenti facili e un pesante sistema disciplinare. E' inoltre sempre più probabile un intervento militare in Libia - con la scusa dell'Isis e con l'obiettivo del petrolio - in ossequio agli interessi dell'Eni.
Ma quel potenziale di lotta che ha animato, nel corso dell'autunno, le piazze sia del sindacalismo di base e della Fiom (come in occasione dello sciopero del 14 novembre) che della Cgil (dal 25 ottobre al 12 dicembre) non si è dissolto. E' ancora lì, pronto a esplodere da un momento all'altro, e forse a rompere, a breve, la camicia di forza del controllo burocratico dei sindacati concertativi. E il governo mostra di sapere bene che sta camminando su una polveriera: non è un caso che, con la scusa dell'antiterrorismo, sia stato varato un decreto che rafforza la presenza dei militari nelle principali città con oltre 1800 soldati in più, 600 solo per l'Expo a Milano! E' facile prevedere che ci ritroveremo i militari a presidiare i quartieri delle grandi metropoli, dove l'emergenza casa - soprattutto dopo il decreto Lupi e la stretta sugli sfratti - ha già innescato una miccia in grado di scatenare l'incendio.
Quello che servirebbe
Oggi più che mai è necessario rafforzare un fronte della classe lavoratrice che possa unire le esperienze di lotta più avanzate al fine di respingere gli attacchi della classe padronale e del governo Renzi e ottenere nuove vittorie. E' anche importante fare tesoro delle esperienze dei decenni scorsi, che si possono condensare in una sola massima: nessuna battaglia vinta all'interno del sistema capitalistico significa la vittoria della guerra. I padroni si riprendono, prima o poi, tutto quello che sono costretti a concedere.
Non solo: il nuovo contesto economico e sociale, caratterizzato da una profonda crisi economica, non lascia spazi a nuove ipotesi di compromesso: la guerra di classe è destinata a inasprirsi, ci possono solo essere vittorie definitive o clamorose sconfitte. Qui sta la necessità di costruire una direzione politica alle lotte, quella direzione rivoluzionaria internazionale che possa garantire al proletariato, questa volta, la vittoria definitiva, cioè l'imposizione per via rivoluzionaria del suo potere. E' il processo a cui il Pdac, sezione italiana della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale, cerca di portare il proprio contributo.
Note
(1) Il controllo che in particolare la Fiom e la Cgil oggi esercitano sulla classe operaia in Italia, che fu protagonisti di lotte durissime (con i metalmeccanici in testa) negli anni Sessanta e Settanta, è dialetticamente connesso proprio a quella stagione di lotte, che, sull'onda di una sconfitta sostanziale dovuta alla mancanza di un partito rivoluzionario e internazionalista con influenza di massa, ha permesso al sindacato riformista di consolidare il proprio controllo sulla classe. Non è questo il luogo per approfondire questi argomenti, rimandiamo agli articoli sull'argomento pubblicati sulla nostra rivista teorica Trotskismo oggi.

lunedì 16 febbraio 2015

A che serve veramente la casa della salute di Pontecorvo

Comunicato n.1 - CASA DELLA SALUTE di PONTECORVO

Il Coordinamento provinciale è venuto a conoscenza, da un articolo pubblicato dalla stampa locale il  5 febbraio 2015, che la ASL di Frosinone  ha costituito un gruppo di lavoro aziendale per il trasferimento dei pazienti dal pronto soccorso di Cassino alla Casa della salute di Pontecorvo, nell’unità di degenza infermieristica. Inoltre, si è reso noto  che si è tenuta una riunione per acquisire la disponibilità delle cliniche private convenzionate.
Ma ci pensate?!? Dopo aver chiuso una struttura pubblica ospedaliera adesso dobbiamo cercare cliniche convenzionate, cioè private, per allocare i pazienti di Cassino.
Che meravigliosa riorganizzazione e rilancio della sanità frusinate! Più di così non si può. In effetti era assolutamente banale capire che  un ospedale distrettuale già esistente, e funzionante, tanto da riuscire a ricoverare e curare in proprio i pazienti andava sostenuto e potenziato. No! Non andava bene! Bisognava chiuderlo per dover, poi ricorrere alle strutture private!
Dovete infatti sapere che,  già in data 25 aprile 2014 lo SNAMI,  in una nota indirizzata alla Direzione generale della ASL  relativa all’allora istituendo protocollo della Casa della salute di Pontecorvo, metteva in guardia sui pericoli su cui si andava incontro: “… la ipotizzata modifica dell’IDI come paventata nel protocollo non metterebbe più in grado, per estrema leggerezza del target clinico delle patologie e dei pazienti, di supportare le incombenze degli ospedali per acuti; e non si potrebbe più decongestionarli sia in entrata che in uscita come è stato possibile fin ora….”.
Non ci sembra che si trattasse di mistico spirito di preveggenza ma di semplice buonsenso, tenuto conto che il modello in questione dell’ospedale distrettuale di Pontecorvo era ben collaudato e funzionante da circa due anni, e permetteva di decongestionare gli ospedali di Cassino principalmente, come anche quello di Frosinone. Ampie erano le soddisfazioni e i gradimenti degli utenti e degli stessi operatori.
Per essere chiari è stata dismessa e annientata l’unica struttura che, in tutto il Lazio, aveva dimostrato come concretamente – e non a chiacchiere – si potessero decongestionare i pronti soccorsi degli ospedali e i reparti per acuti, favorendo così il recupero dei posti letto indispensabili. Le fotografie quotidiane dei nostro pronti soccorsi con mucchi di pazienti barellati, parenti disperati e operatori sanitari sottoposti ad uno stress disumano sono ragione e prova di quanto abbiamo fin qui scritto. 
Da ultimo, non riusciamo nemmeno ad entusiasmarci di fronte ai dati che ci vengono propinati, dalla ASL stessa, in merito ai pazienti cosiddetti “arruolati” nei percorsi terapeutici della famosa Casa della salute che ha sostituito l’ospedale distrettuale. Pensate: - per i diabetici: 362 pazienti in 6 mesi, cioè = 60,3/mese, cioè=2,0/giorno;- per TAO (Terapia Anticoagulante Orale) e NAO: 73 pazienti in 3 mesi cioè = 24,3/mese, cioè = 0,8/giorno;- per la BPCO (Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva): 26 in un mese, cioè = 0,8/giorno.Ma di che parliamo ?!? sono numeri di gran lunga inferiori a quelli  di un qualsiasi ambulatorio di un medico di famiglia.
E per questi numeri miserevoli il contribuente cittadino spende milioni di euro!
Frosinone 16.02.2015 Coordinamento Provinciale Sanità


video di Luciano Granieri


Storia della REMS di Ceccano. Storie di ordinaria follia....veramente

Anita Mancini

REMS è acronimo di Residenza per l’Esecuzione di Misure di Sicurezza Sanitarie
I fatti:

                dopo alcuni articoli apparsi sulla stampa locale il Commissario Prefettizio di Ceccano scrive alla ASL per chiedere chiarimenti ed accedere agli atti amministrativi, avendo ricevuto una “comunicazione edilizia” per trasformare in REMS provvisoria una struttura già sede della comunità “Romolo Priori”, a Ceccano, una “comunità psichiatrica ad elevata intensità terapeutica”.


Il commissario prefettizio, dunque, si rammarica per il fatto che tale “novità” di grande portata per la popolazione non sia stata concordata ed anzi ne abbia dovuto apprendere dalla stampa.
In seguito un articolo di Denise Compagnone, sul Messaggero chiarisce:
La Rems di Ceccano? Nascerà in viale Fabrateria Vetus, lì dove fa bella mostra di sé quello scheletro che negli anni ‘70 doveva diventare il nuovo ospedale. La precisazione è arrivata ieri dalla Asl di Frosinone, tramite il dirigente del Dipartimento disagio, devianza e dipendenze Fernando Ferrauti. Parliamo delle Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza che dal 31 marzo sostituiranno gli ospedali psichiatrici giudiziari, chiusi per legge. Una di queste Rems, come anticipato dal Messaggero, sarà proprio a Ceccano, non nell’ala Mosconi, bensì in viale Fabrateria Vetus. Quello scheletro - ruderi oggi in preda al degrado e all’incuria - verrà abbattuto e al suo posto sorgerà la Rems: due reparti da 20 posti letto ognuno che si estenderanno su 3.000 mq complessivi e 2.000 di giardino. La notizia, tirata fuori qualche giorno fa dall’ex consigliere comunale Angelino Stella, ha determinato molto sconcerto in città, soprattutto perché in molti parlavano con allarme carcere psichiatrico e di manicomio criminale. A far chiarezza su questo, ieri è intervenuto il dottor Ferrauti. Cosa sono esattamente le Rems? “Una via di mezzo tra gli ex Spdc (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura ndr)  e le comunità terapeutiche attualmente esistenti. Non sono carceri, non ci sono camminamenti, non ci sono grate, né Polizia penitenziaria”. I pazienti sono detenuti? “No, sono pazienti, persone che devono effettuare un percorso di cura prima di essere reintegrati nella società. Quelli che arriveranno a Ceccano sono ex detenuti, quelli che una nostra equipe tecnica ha già visitato più volte e dichiarato dimissibili. Ne curiamo tantissimi già da anni in provincia di Frosinone. La sola differenza è che dal 31 marzo avranno una struttura dedicata”. Chi sono questi pazienti? “Una trentina sono, perché vale il principio della prossimità delle cure”. E coloro che sono dichiarati non dimissibili? “Saranno trasferiti nelle carceri di Rebibbia, Civitavecchia, Regina Coeli e Velletri, in aree a loro dedicate”. Perché è stata scelta Ceccano? “Per due motivi: per eliminare lo scempio urbanistico che esiste da decenni in viale Fabrateria Vetus e per la decennale storia di grande accoglienza sul territorio nei confronti delle malattie psichiatriche”. Questa sarà la Rems definitiva, che verrà realizzata entro 18 mesi dal prossimo 31 marzo. Ma il 31 marzo che succede? A Ceccano e Pontecorvo verranno realizzate due Rems provvisorie che ospiteranno rispettivamente 20 uomini e 11 donne (a Ceccano nell’attuale comunità terapeutica Priori che nel frattempo sarà trasferita a Frosinone e a Pontecorvo nell’ex Spdc). Quali vantaggi? “Tre: aumenta la nostra offerta di cura, e Frosinone ha già la migliore assistenza sanitaria per la salute mentale del Lazio; creiamo circa 120 posti di lavoro e riqualifichiamo il territorio creando un indotto virtuoso per l’economia locale”. Per questi scopi lo Stato ha destinato alla Asl di Frosinone 9 milioni di euro (di cui 1,5 per le strutture provvisorie). E l’Ala Mosconi, il rudere dietro l’ex ospedale Santa Maria della Pietà? “Anche quella - conclude Ferrauti - sarà ristrutturata con un apposito finanziamento e ospiterà la futura Casa della Salute, in particolare l’assistenza infermieristica”.

La sanità ciociara, che ha chiuso reparti ed ospedali,  potrà contare su 9 milioni di euro per realizzare queste “nuove” strutture, (in due comuni commissariati, oltretutto) è giusto?
Noi crediamo proprio di no.  L’indotto virtuoso per l’economia è tutto da dimostrare ed oltretutto, a Ceccano, questa nuova struttura si trova a pochi metri da una scuola, il Liceo Scientifico Statale. Nessuno si è posto questo problema?  Un’altra assurdità è il fatto di dover realizzare prima una REMS provvisoria  (per rispettare la scadenza del 31 marzo? E non potevano pensarci prima? Certo con lavori d’urgenza lievitano costi e parcelle…) e poi una REMS definitiva. E’ uno sperpero di denaro che non ha alcuna giustificazione, così come è inaudito che si proceda a cementificare di nuovo su Via Fabrateria Vetus.  Non è così che si elimina uno scempio: così se ne fa uno nuovo. Si proceda alla realizzazione di una sola REMS, definitiva, nell’area del vecchio ospedale Santa Maria della Pietà, che di metri cubi ne ha a iosa, si demolisca la struttura di Fabrateria Vetus usando i materiali come sottofondo per nuove costruzioni e si faccia tornare “verde” quel sito, piuttosto.

Crediamo che questo progetto sia stato concepito senza alcun riguardo per il territorio né considerazione per la popolazione di Ceccano ma soprattutto gridi vendetta il fatto di dare luogo ad uno sperpero di pubblici danari, mentre il sistema sanitario è stato ridotto all’osso.














La dura condanna dell’astensione italiana sulla risoluzione ONU contro la glorificazione del nazi-fascismo

Anpi     Sezione "Martiri di Mirano"

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato lo scorso 22 novembre una mozione presentata dalla Russia che condanna i tentativi di glorificazione dell’ideologia del nazismo e la conseguente negazione dei crimini di guerra commessi dalla Germania nazista.
La Risoluzione esprime “profonda preoccupazione per la glorificazione in qualsiasi forma del movimento nazista, neo-nazista e degli ex membri dell’organizzazione “Waffen SS”, anche attraverso la costruzione di monumenti e memoriali e l’organizzazione di manifestazioni pubbliche”.
Il documento rileva anche l’aumento del numero di attacchi razzisti in tutto il mondo.
Una iniziativa giusta, si dirà, visti i continui rigurgiti fascisti e nazisti ai quali si assiste sempre più spesso in diversi quadranti del mondo.
E invece no. Perché solo 115 dei Paesi rappresentati alle Nazioni Unite hanno votato a favore della mozione, mentre in passato il numero dei sì era stato assai più consistente, ad esempio 130 due anni fa. Incredibilmente ben 55 delegati, tra i quali il Governo italiano, si sono astenuti e 3 rappresentanti – quelli degli Stati Uniti, Canada e Ucraina – hanno addirittura votato contro.
La Vicepresidente nazionale dell’ANPI, Carla Nespolo ha inviato il seguente comunicato stampa, condiviso dall’ANPI Provinciale di Alessandria.
” L’astensione del Governo Italiano sulla risoluzione dell’ ONU, approvata a maggioranza, che sancisce il rifiuto del neonazismo nel mondo e respinge “ogni forma di negazione dei crimini nazisti”, è un atto grave e inaccettabile.
L’Italia è il Paese in cui la Resistenza al fascismo e al nazismo è stata tra le più forti ed estese d’Europa.
La Costituzione Italiana è, per specifica decisione dei Padri Costituenti, una Costituzione Antifascista.
Tanti partigiani, tanti giovani e tante donne, hanno lottato, sofferto e in molti casi hanno lasciato la vita, per sconfiggere nazismo e fascismo.
Vergognosa è l’astensione dell’Italia!
Il fatto che tanti altri Paesi Europei si siano astenuti, rappresenta una svolta pericolosa e regressiva nella stessa politica estera europea, ma non giustifica in alcun modo la scelta del Governo Italiano che ancora una volta ha rinunciato ad un ruolo di protagonista in Europa.
La decisione degli Stati Uniti d’America, del Canada e dell’Ucraina, di votare contro tale risoluzione, se mai, dimostra un’inaccettabile subalternità europea ed italiana, alla volontà americana.
Né vale a giustificare tale scelta, il fatto che tale risoluzione sia stata proposta dalla Russia.
Tra l’altro si tratta di un documento molto simile ad altri, presentati nel 2011 e nel 2012, e sempre votati all’unanimità o quasi, dall’Assemblea dell’ONU.
Persino Israele, Paese notoriamente amico degli Stati Uniti, ha votato a favore del rifiuto dell’ideologia fascista e nazista.
L’Italia si è astenuta! E questo è inaccettabile e deplorevole.
L’ANPI eleva alta e forte la propria voce, contro tale voto, che umilia la nostra storia democratica e offende la Resistenza, i suoi protagonisti e i suoi valori.”

domenica 15 febbraio 2015

Il calcio è un business? E ci voleva Lotito per scoprirlo!

Luciano Granieri

Un Frosinone-Roma in amichevole di qualche anno
fa si riconosce Francesco Totti
Quando mi accingo  a discettare di calcio devo prima chiarire a  me stesso se le dita sulla tastiera saranno mosse dalla razionalità politica o dalla passione calcistica. E’ notorio che le sorti della AS Roma mi stanno  molto a cuore, forse troppo. Allora diciamo che quanto segue prova ad essere ispirato dalla razionalità. L’oggetto della riflessione riguarda le maldestre uscite di  Lotito,  presidente della “lazzie”….ops scusate una botta di passione,  ma anche padre padrone del calcio italiano,  sulla opportunità che le squadre di provincia, come Carpi e Frosinone, quelle citate assieme al Latina nell’intercettazione telefonica con il presidente dell’Avellino calcio Pino Iodce, possano partecipare al massimo campionato di serie A. 

  La preoccupazione riguarda   l’interesse delle TV per  le sorti di queste compagini.  Con Frosinone e Carpi  in serie A le televisioni potrebbero rivedere al ribasso la quota di acquisto dei diritti di trasmissione. Una importo  che oggi si aggira attorno al miliardo e 200mila euro  per tre anni da dividersi fra  le società . Una bella torta  che i grandi club non vorrebbero veder decurtata dalla partecipazione al campionato delle squadrette di provincia. 

L’intercettazioni e le seguenti dichiarazioni del presidente "lazziale", unite all’impresentabilità del personaggio, hanno suscitato veementi reazioni in tutto il mondo del calcio. Giornalisti, allenatori, calciatori, si sono scagliati contro le esternazioni del fine latinista,  denunciando  il massacro  dell’etica sportiva, il  danno d’immagine che tutto il movimento calcistico avrebbe subito da queste esternazioni.  

Quante anime belle animano il carrozzone calcistico! Ma veramente gli illuminati giornalisti che popolano  le varie domeniche sportive  credono  che il calcio sia ancora ascrivibile alla categoria sport?  Sul serio ci vogliono far credere di cadere dalle nuvole ed indignarsi nell’apprendere ciò che è pura verità?  Non scherziamo!!!  Non prendeteci in giro!!!  Vi do una notizia sconvolgente , il calcio è  un business e la disputa sui diritti televisivi è solo una parte  del  volume d’affari che interessano alcune  lobby finanziarie le quali  hanno cominciato a mettere le mani sui profitti dello sport speculando sulla passione  dei tifosi e non solo.  

Un esempio ?  Prendiamo la Roma, si proprio la squadra per cui tifo (dio quando mi costa sul piano passionale  scrivere queste cose). L’attuale presidente americano  della  Roma  James Pallotta ha acquisito a la società, attraverso operazioni che non sto qui a spiegare, e la gestisce servendosi dell’ Asr Td Spv Llc e Neep Roma Holding due società che fanno capo allo stesso  finanziere americano.  Il primo business messo in preventivo, non sono i diritti televisivi (quisquilie), ma un’enorme speculazione finanziaria legata al nuovo stadio.

 Il nuovo impianto che, verrà costruito nella zona di Tor di Valle,  sarà di proprietà della AS Roma Td Spv Llc e soci e della Euronova Srl di Luca Parnasi, la società del costruttore proprietario del terreno e incaricato di  svolgere i lavori. Satrwood Capital group, un gruppo che gestisce asset  per 33 miliardi di dollari, ed ha quote in alberghi, palazzi per uffici, complessi residenziali e centri commerciali,  ha acquistato una quota di minoranza dell’ AS Roma Td Spv Llc proprio in funzione della costruzione dello stadio. 

Già ma che c’entrano gli alberghi?  L’area destinata allo stadio non è che il 14, 20% delle  cubature previste per questa mega speculazione immobiliare,   il restante 80, 86% è destinato al Business Park un area di 318.702 mq dove sorgeranno  tre grattacieli, alti cento metri ciascuno,  con uffici e attività commerciali la cui vendita frutterà qualcosa come 1.725.100.400,00 di euro, più 15.200 mq destinati ad albergo per un valore di 251.748.000,00 euro,  totale : 1.976.848.400,00 euro.  Al netto delle spese di realizzazione  (911.354.460 di euro)  che prevedono anche i servizi urbanistici di compensazione all’edificazione (prolungamento della metro B, un ponte con parco sul Tevere e potenziamento  della Via Ostiense con l’allaccio alla Roma-Fiumicino) il profitto netto dell’operazione sarebbe di oltre 1milioni di euro.  Questo ricavo attiene solo sul Business Park, Totti e compagni  non c’entrano nulla. 

E veniamo allo stadio vero e proprio: La Nike contribuirà   con finanziamenti su base annua di 4/5 milioni  di  euro, in più la multinazionale americana corrisponderà all’As Roma il 50% dei proventi netti sulla vendita della maglie.  Sono previste altre sponsorizzazioni per i settori dello stadio, la Walt Disney è interessata  per una cifra milionaria  e  alla Etihad, la compagnia aerea  di  Abu Dhabi proprietaria di Alitalia, è stato offerta la possibilità di dare il nome allo stadio, vista la vicinanza con Fiumicino, e di comparire come main sponsor sulle maglie giallorosse per un importo di 30 milioni all’anno. 

Tutto questo è stato pianificato  secondo un piano finanziario predisposto da Pallotta e Goldman Sachs  che punta  a toccare una quota di fatturato per il 2016 di 200milioni solo per la sponsorizzazione araba.  Vi pare poco? E noi stiamo qui ad indignarci per le esternazioni di Lotito, che al di là della forma non rivelano nient’altro che una verità.  

I rigori, dati e non dati, i fuorigioco non visti, le dispute sugli "aiutini", sulle formazioni, sulla tattica, non sono altro che il paravento, lo zuccherino dato in pasto alla stordita popolazione dei tifosi.  Dietro tutto ciò c’è la solita spietata dittatura del mercato che diventa ancora più urticante quando coinvolge le passioni.  E  come al solito ad essere esclusi tendono ad essere  i più deboli, Frosinone, Carpi etc. etc.  

Allora non vediamo più le partite?  Non ci occupiamo più di calcio? Sarebbe cosa buona e giusta, ma io non ci riesco. L’incazzatura per il misero pareggio della Roma con il Parma di oggi  mi rode dentro,   solo in parte mitigata dall’impresa del Cesena che ha fermato la Juve che  ha sbagliato pure un rigore.  Il calcio è un imbroglio capitalistico-borghese, ne sono consapevole ma in questo caso la mia passione prevale, per cui quando la domenica  vinciamo, anche se so che è un’imbroglio, il lunedì mi sveglio con un altro piglio.