sabato 1 agosto 2015

La crescita delle lotte contro il governo di fronte popolare Il ruolo del Pstu

Reportage dal Brasile di Fabiana Stefanoni




Il Brasile è uno dei Paesi più grandi del mondo, la cui economia è stata a lungo definita, dagli economisti borghesi, in crescita vertiginosa. Ma la favola dei Brics - le "economie emergenti" di Brasile, Russia, India e Cina - ha presto dimostrato di non avere un lieto fine. La crisi mondiale del capitalismo, pur avendo il suo epicentro in Europa, non ha risparmiato nessuno. Oggi, anche l'economia brasiliana è in recessione e i cantori del capitalismo in salsa latino-americana hanno dovuto abbandonare gli entusiasmi.
Soprattutto, da un paio di anni sta venendo meno la pace sociale che i governi di Lula e Dilma hanno garantito per lunghi anni, a tutto vantaggio dei profitti delle multinazionali. Oggi, il governo vive una profonda crisi politica, che si esprime anzitutto in una netta rottura tra la classe operaia e il Pt (il partito di Lula e Dilma). Settori della borghesia brasiliana e internazionale, che per anni si sono arricchiti grazie ai generosi regali del governo di centrosinistra, oggi cominciano a pensare a un possibile ricambio. Per questo, i partiti della destra stanno tentando un'operazione di impeachment al fine di mettere in discussione gli attuali assetti governativi o comunque prepararsi per cercare di vincere alle prossime elezioni.
Ma ciò che è più interessante è ciò che si muove sul versante operaio e della lotta di classe: il Paese è in fibrillazione, crescono le lotte e settori sempre più ampi della base del Pt e della Cut (il sindacato burocratico maggioritario, legato al Pt) stanno rompendo con il governo. In questo quadro, un ruolo importante possono giocare i rivoluzionari.
La nostra organizzazione internazionale - la Lega Internazionale dei Lavoratori-Quarta Internazionale, che ha sezioni in più di trenta Paesi, nei quattro continenti - ha in Brasile il suo partito più grande, il Pstu, che conta alcune migliaia di militanti e un ruolo di direzione delle principali lotte operaie del Paese. Il Pstu è riconosciuto (anche dagli avversari) come il più grande partito che si richiama al trotskismo a livello internazionale.
Questo articolo è il racconto di un viaggio politico e sindacale che ho fatto, nel mese di luglio 2015, in alcune città del Brasile. Mancano, nel reportage, alcune regioni (che non sono riuscita a visitare) dove il Pstu ha, da lungo tempo, un forte radicamento operaio: Belem, dove il partito organizza la maggioranza degli operai della "costruzione civile", cioè gli edili (un operaio di quel settore è rappresentante del Pstu nelle istituzioni locali) e lo Stato di Minas Gerais, da cui provengono gran parte dei quadri operai del partito.
Tra gli operai della "costruzione civile" di Fortaleza
Il viaggio è iniziato a Fortaleza, città molto ospitale dalle tradizioni tipiche del Nord Est, dove spicca subito una forte contraddizione tra i ricchi quartieri turistici - dove gli italiani sono tristemente noti per le loro abitudini maschiliste, il famigerato "turismo sessuale" - e la povertà estrema della città. Il Pstu a Fortaleza ha un notevole radicamento tra gli operai della costruzione civile, che ne costituiscono la colonna portante. Ma forte è anche la presenza del partito tra le operaie del settore tessile, i lavoratori del trasporto locale ("rodoviarios"), i lavoratori della sanità e della scuola. Il soggiorno a Fortaleza è iniziato subito con la sveglia puntata alle 3 del mattino, per partecipare a un atto di protesta, organizzato dalla sezione locale del Pstu, contro le restrizioni degli spazi di rappresentanza democratica che il governo cerca di imporre (col consenso della maggioranza dei partiti rappresentanti in Parlamento, tra cui il Psol, partito riformista che è formalmente all'opposizione del governo ma che oggi, nei fatti, difende Dilma paventando il "pericolo delle destre"!). 
 La protesta si è svolta all'aeroporto cittadino, con la partecipazione di decine di militanti del Pstu.
A luglio, nei giorni del referendum, gli occhi di tutto il mondo erano puntati su quello che accadeva in Grecia, e anche in Brasile i compagni mostravano grande attenzione alla lotta di classe nel Vecchio Continente. Per questo, una serata a Fortaleza è stata dedicata a una discussione sulle lotte in Europa e, in particolare, alla situazione rivoluzionaria della Grecia: così è stata organizzata una assemblea in cui mi è stato chiesto di illustrare la situazione politica e sociale dell'Europa.
Ma il momento più importante del viaggio a Fortaleza è stato conoscere da vicino la vita operaia, in particolare quella dei lavoratori dei cantieri edili, dove la Csp Conlutas (il più grande sindacato di base del mondo, con 3 milioni e mezzo di affiliati) è il principale sindacato.
La visita è iniziata alle 5 del mattino presso la locale sede del sindacato degli operai della costruzione civile (affiliato alla Conlutas), dove tutti i giorni, a quell'ora, si danno appuntamento gli attivisti del sindacato, molti di loro militanti del Pstu. E' infatti estranea allo spirito del sindacalismo conflittuale del Brasile l'ostilità che spesso si incontra anche nei sindacati di base qui in Italia nei confronti dei partiti di classe, persino quelli rivoluzionari: l'attività politica e l'attività sindacale, in Brasile, vanno di pari passo, poiché è forte tra i lavoratori la consapevolezza che il Pstu raggruppa la parte più avanzata della classe operaia, la cui direzione è quindi ritenuta fondamentale anche in ambito sindacale.
Le assemblee sindacali nei cantieri edili si svolgono alla mattina presto, prima di lavorare, a partire dalle 6, nei locali destinati alla colazione (la colazione sul posto di lavoro è stata una conquista ottenuta con le lotte). Gli attivisti del sindacato che mi hanno accompagnato al cantiere (militanti del Pstu e grandi oratori, particolare che colpisce se si pensa che alcuni di loro hanno imparato a leggere e scrivere nelle sedi del partito) hanno aperto l'assemblea invitando i lavoratori a lottare contro il governo Dilma: invito che è stato accolto con numerosi applausi. Del resto, appena entrata, alcuni operai mi hanno subito chiesto di andare a spiegare anche in Italia perché bisogna sostenere il "Via Dilma"... impegno che non mancheremo di rispettare.
Nel mio intervento in assemblea, ho parlato delle lotte in Italia (in particolare le lotte degli operai della logistica, tra le più dure nel nostro Paese) e portato la solidarietà del coordinamento No Austerity.
La visita a Fortaleza si è conclusa con un caloroso scambio di saluti internazionalisti, che i compagni della costruzione civile hanno voluto suggellare con un dono originale: la "rapadura": zollette di zucchero di canna raffermo che servono per darsi la carica durante gli scioperi e le lotte...
Tappa a San Paolo e poi nel vivo delle lotte operaie a Sao José dos CamposHo poi fatto tappa a San Paolo, dove ho partecipato ad alcune riunioni del Pstu ma anche a una festa tradizionale dei lavoratori della metropolitana di San Paolo (Sindacato dei "metroviarios", maggioritario tra i lavoratori della metro della città, anch'esso affiliato alla Conlutas), famosi in tutto il mondo per aver promosso uno sciopero a oltranza nei giorni dei mondiali provocando quello che la stampa italiana ha definito "il più grande ingorgo della storia". Qui ho incontrato, tra gli altri compagni, Altino Prazeres, leader della lotta di cui si parlò anche sulla stampa nostrana. Altino è un dirigente del Pstu.
Dopo la piccola parentesi ludica, il viaggio è continuato a Sao José dos Campos.
Sao José è un importante centro industriale del Brasile, dove il sindacato dei metalmeccanici della Csp Conlutas è il primo sindacato della categoria. Nel centro cittadino sono numerosi le sedi del sindacato. Sempre in centro, si trova la bella sede del Pstu. Il nostro partito, a Sao José, organizza i principali quadri operai della General Motors, che sono sempre in prima fila nelle lotte e negli scioperi (numerosissimi in questi mesi) della regione.
A Sao José ho avuto la possibilità di partecipare a uno sciopero alla Sun Tech, impresa dove sono impiegate solo donne, in lotta per chiedere aumenti salariali. Centinaia di donne, combattive e determinate, hanno accolto con applausi gli appelli dei compagni a lottare contro il governo Dilma e le sue politiche di austerity. Così come hanno accolto con entusiasmo la solidarietà dall'Italia che ho portato loro, nella consapevolezza di una comune lotta contro sfruttamento e maschilismo. Il tutto è stato suggellato da uno scambio di magliette: al posto della maglietta di No Austerity ho avuto una maglietta simbolo della lotta delle compagne brasiliane contro il maschilismo.
Ma difficilmente i compagni e le compagne del Pstu, in prima fila nella costruzione della Conlutas, dedicano le loro mattine a un solo sciopero. E infatti, quello stesso giorno, oltre a portare solidarietà alle operaie della Sun Tech, siamo stati anche al picchetto dei lavoratori della Sany, multinazionale cinese. I lavoratori erano in sciopero da una settimana, con momenti di occupazione della fabbrica, dopo i quali l'azienda ha pensato di licenziare in tronco decine di lavoratori e lavoratrici. Mentre eravamo lì, gli operai hanno organizzato un'assemblea davanti ai cancelli, durante la quale la polizia militare, che spesso si presenta in assetto antisommossa in occasione degli scioperi, ha tentato di intimidire i presenti intimando loro di rientrare a lavorare.
La generosa ospitalità dei compagni del Pstu e della Csp Conlutas si è conclusa con un incontro con i compagni della General Motors, che hanno espresso un messaggio solidale alle lotte contro la repressione in FCA (Fiat Chrysler) in Italia e nel mondo, ricevendo a loro volta, per mio tramite, un saluto scritto dall'Italia dagli operai della Ferrari e della Sevel.
Lotta di classe e internazionalismo nella splendida Rio de Janeiro Il viaggio in Brasile ha avuto come ultima tappa la bellissima Rio de Janeiro, dove il Pstu ha un radicamento storico, con due delle principali sedi cittadine collocate nel pieno centro della città, la famosa Lapa.
Il viaggio a Rio è iniziato con la partecipazione, insieme agli studenti del Pstu, a un'assemblea all'Università (Ufrj), dove studenti, professori e personale amministrativo sono in sciopero a oltranza da due mesi. In queste settimane gli studenti, insieme agli insegnanti, hanno organizzato assemblee con migliaia di studenti: l'assemblea a cui ho partecipato io serviva per fare un bilancio di questi due mesi di lotta e rilanciare la mobilitazione.
Sono intervenuta portando la solidarietà dall'Italia e, soprattutto, raccontando le nostre lotte contro la cattiva scuola di Renzi. Lotte che, il giorno dopo, ho raccontato anche ai colleghi insegnanti del sindacato Sepe di Rio, con cui ci siamo scambiati  informazioni sulla situazione della scuola nei rispettivi Paesi. Abbiamo riscontrato una sostanziale analogia tra le politiche di privatizzazione e precarizzazione in Italia e in Brasile: là come da noi le politiche di austerity si traducono, anzitutto, in pesanti tagli alla scuola pubblica e in una precarizzazione del personale. Le condizioni di lavoro del personale della scuola in Brasile sono molto pesanti: classi con 40 alunni, orari di lavoro massacranti in diverse scuole, molti anni di lavoro precario (anche se non tanti quanti in Italia: restavano tutti stupiti nel sentire che io sono precaria da più di dieci anni!). E' per questo che gli insegnanti hanno animato, negli ultimi mesi, alcune delle lotte più dure: nello Stato di San Paolo hanno organizzato uno sciopero prolungato di circa tre mesi. Una dirigente del sindacato, militante del Pstu, mi ha intervistata sulle lotte contro la cattiva scuola di Renzi in Italia: l'intervista è stata trasmessa ad una radio ascoltata in tutte le favelas della regione.
Ma Rio non è solo teatro di lotte contro lo smantellamento dell'istruzione pubblica. I compagni del Pstu intervengono e dirigono le lotte dei "petroleros", cioè gli operai dei cantieri navali, che a Rio rappresentano la principale componente del proletariato di fabbrica. Una mattina ho partecipato coi compagni a un picchetto davanti a uno dei principali cantieri navali della città, dove un centinaio di operai, messi in ferie forzate, attendevano di sapere la loro sorte: qui gli operai scoprono di essere stati licenziati quando, tornando al lavoro, scoprono che il badge non funziona... Molti di loro sono rimasti fuori dalla fabbrica e il partito li ha invitati a partecipare allo sciopero del giorno dopo.
Il mio viaggio di lotta in Brasile si è concluso proprio il 25 luglio, con la giornata di sciopero nazionale dei "petroleros" contro il piano di privatizzazione del governo: abbiamo partecipato dalle prime ore dell'alba a un picchetto (definito subito dai compagni "picchetto internazionalista", per la mia presenza) davanti ai cancelli di un cantiere situato in una splendida baia. Anche qui, ho portato agli operai in sciopero la solidarietà dall'Italia, ricordando l'analoga dura lotta degli operai della Fincantieri in Italia.
Il soggiorno a Rio de Janeiro è stato, come nelle altre città del Brasile, caratterizzato costantemente da una forte attenzione per quanto stava accadendo in Grecia. Proprio in quei giorni Tsipras compiva il tradimento della grande vittoria del No al Referendum e il Pstu ha organizzato una iniziativa pubblica in una delle sedi centrali, approfittando della mia presenza dall'Europa. La sala era piena, con molta gente in piedi (circa 130 persone) e ci sono state molte domande e interventi. E' stata condivisa la necessità di costruire un'alternativa rivoluzionaria in Grecia, a partire dalla costruzione di un'opposizione di classe al governo Tsipras.
Il mito di Lula e del PT alla prova dei fatti
Dopo la vittoria di Lula alle elezioni in Brasile, così come dopo l'elezione della ex guerrigliera Dilma Rousseff alla presidenza, in molti avevano ceduto al mito del "Brasile dei lavoratori". Di più: tutta la sinistra riformista mondiale ha indicato in quei governi un modello da seguire. Noi eravamo tra quelli che dicevano che nessun governo, nel capitalismo, può riservare qualcosa di buono per la classe operaia e per le masse popolari. I governi di fronte popolare di Lula e Dilma, infatti, hanno garantito profitti miliardari alle multinazionali, siglando accordi che prevedevano investimenti privati in Brasile in cambio di condizioni salariali miserevoli. Se è stata concessa un po' di elemosina ai poveri delle favelas ("Bolsa familia"), contemporaneamente il problema della casa e quello del caro vita sono diventati esplosivi, come hanno dimostrato in modo lampante le mobilitazioni di massa contro l'aumento dei prezzi dei trasporti urbani nel 2014, alla vigilia dei Mondiali.
Oggi, dopo un decennio di pace sociale che ha permesso alla borghesia brasiliana e internazionale di arricchirsi, i nodi vengono al pettine: la classe operaia è in rottura col governo e col Pt. Se è vero che i partiti borghesi di destra cercano di approfittarne per tornare a governare, è anche vero che il Pstu, grazie al suo programma rivoluzionario e al fatto di essere parte di una Internazionale in crescita, può giocare una partita importante, con la possibilità concreta di dirigere la protesta di classe contro il governo. E' una battaglia che dobbiamo sostenere internazionalmente, al fianco degli operai brasiliani che gridano "Via Dilma!".

Le foto (dall'alto in basso): 1) A fianco degli edili di Fortaleza 2) Al picchetto degli operai della General Motors a Sao José dos Campos 3) Assemblea organizzata dal Pstu a Rio de Janeiro sugli sviluppi in Grecia 4) Comizio alla Sun Tech a Sao José dos Campos 5) Comizio ai Cantieri navali di Rio de Janeiro.




Le associazioni di Frosinone ricordano la strage di Bologna

Comitato di Lotta per il lavoro, Osservatorio Peppino Impastato, Ass. Oltre l'Occidente,Confederazione Cobas Frosinone.


2 AGOSTO 1980 – 2 agosto 2015 Le Associazioni di Frosinone ricordano la strage di Bologna, nel momento in cui la propria Amministrazione ha reputato concedere importanti spazi sia economici che "pedagogici" per uno degli autore della strage di Bologna Luigi Ciavardini, quando l'11 aprile 2007 la seconda sezione penale della Suprema Corte, accogliendo la richiesta della Cassazione e dichiarando inammissibile il ricorso dell'imputato, confermava la sentenza della sezione minori della Corte d'appello di Bologna e la relativa condanna a 30 anni di reclusione per la strage di Bologna. 
Dopo l’insediamento la Giunta Ottaviani, mentre pianificava a tavolino lo spacchettamento dei servizi pubblici già gestiti dalla Frosinone Multiservizi, affidandoli, dopo ristrette manifestazioni d’interesse, a cooperative sociali di tipo B, esponendo il comune a rilevanti rischi di corruzione “anche in riferimento al valore economico e alla frazionabilità” (pag. 11 Regolamento Comunale Anticorruzione 2015/2017), faceva accordi, con det. 282 del 18/7/12 , coinvolgendo anche la Casa Circondariale il 20/3/13 con det.120, con particolari cooperative e associazioni, (l’Associazione Gruppo Idee, la coop. Essegi, la coop. Agro Romano), per la gestione di alcuni servizi, verde del comune e del carcere e fornitura pasti del carcere, e di attività sportive del carcere. Protagonista tra questi era il condannato per strage Luigi Ciavardini, non come semplice operatore di attività di reintegrazione sociale attraverso il lavoro, ma come animatore di iniziative culturali e sportive per bambini – ( VEDI L'ARTICOLO SU SCUOLA CALCIO FROSINONE,), con la piena ospitalità dell’Amministrazione, che ha sempre preferito glissare e non giustificare le proprie azioni. Questo comportamento è stato funzionale alla continuità dei servizi di queste coop e associazioni? Nonostante la Giustizia abbia ritenuto opportuno far tornare a risiedere il condannato in carcere... 
“34 anni sono passati da quel giorno in cui questo piazzale, fu invaso da un silenzio irreale e coperto da una fitta coltre di polvere; contro quella polvere e quel silenzio, per 34 anni, abbiamo combattuto e continuiamo a combattere”. ( dal messaggio del 2/8/2014 di Paolo Bolognesi, presidente della Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna) (IL DISCORSO DI BOLOGNESI).
Anche l’istituzione Comune di Frosinone avrebbe il dovere di fare lo stesso.

venerdì 31 luglio 2015

I.C.M. Storia di un'azienda manifatturiera taylorista.

Luciano Granieri


Fra gli anni ’60 e gli anni ’70 nel profondo sud d’Italia  a Scalea, allora piccolo paese in provincia di Cosenza, esisteva l’I.C.M.  (Industria Camiceria Meridionale). Una fabbrica in cui il sistema taylorista veniva applicato alla manifattura. L’azienda era strutturata in reparti  connessi fra di loro. Dal magazzino in entrata , dove erano stipati  tessuti, fili, e ricambi per i macchinari, le stoffe passavano al reparto taglio, che sulla base dei disegni degli stilisti, anch’essi dipendenti, realizzava le parti necessarie alla confezione del capo d’abbigliamento. Gli elementi così realizzati, passavano alla sala macchine che provvedeva a cucire insieme le stoffe tagliate  e realizzare l’abbozzo dell’indumento. Lo stesso  veniva poi rifinito nel reparto apposito che provvedeva ad inserire gli accessori:  bottoni, la parte rigida del collo  e dei polsini nel caso delle  camice . Dopodichè il tutto passava alla stiratura e da lì al reparto confezioni che provvedeva confezionare  ed inscatolare  i capi d’abbigliamento. La manifattura completata  arrivava nel magazzino d’uscita, che in base agli ordini, predisponeva i carichi pronti per essere stivati sul camion, di proprietà dell’azienda,  ed avviare la  distribuzione. 

 Come da prassi taylorista, dal magazzino d’entrata, a quello d’uscita il flusso  produttivo era continuo, dai tempi serrati  e spesso i capi reparto cronometravano le operaie al lavoro per controllare che la velocità d’esecuzione  fosse quella richiesta. Le maestranze dell’I.C.M. erano composte per lo più da ragazze provenienti anche dai paesi limitrofi. La fabbrica era completamente autosufficiente. Esisteva un’officina interna per la riparazione dei macchinari, con tecnici appositamente  assunti, così come dipendenti diretti erano le cuoche che si occupavano della mensa, il personale addetto alle pulizie e i guardiani. Nella fabbrica era in funzione un’infermeria autosufficiente gestita da infermieri anch’essi dipendenti dell’I.C.M.  Un’unità produttiva, insomma,  completamente indipendente. Allora terziarizzare il lavoro era una prassi sconosciuta. 

All’inizio degli anni ’60 quando l’imprenditore già proprietario di un laboratorio tessile a Roma, decise di aprire lo stabilimento di Scalea, nel paesino calabrese, oggi diventata una metropoli che soffoca di cemento uno dei più suggestivi tratti di costa italiani, non c’era nulla. Il sindaco di allora fece ponti d’oro all’imprenditore affinchè questi portasse un po’ di lavoro in quella desolazione. I sindaci del comprensorio si accordarono per organizzare una linea di autobus che collegasse i centri limitrofi direttamente con Scalea. Insomma altri tempi. 

Nell’economia di tipo espansivo tipica degli anni ’60 lo stabilimento I.C.M. portò un po’ di benessere in quel profondo sud già in procinto di diventare terreno di conquista della n’drangheta . Una realtà in cui il turismo pur in presenza di una costa  dalla bellezza unica, era ancora ad una fase embrionale e i giovani del posto non avevano altra alternativa se non diventare pescatori o contadini. 

La storia dell’I.C.M. è una delle tante testimonianze per cui il processo di industrializzazione iniziato  durante l’era del boom economico per un certo periodo portò benessere anche in zone estremamente povere come quelle del sud’Italia. Certamente lo sfruttamento e l’alienazione tipica della fabbrica taylorista, furono deleteri per le maestranze, che alla certezza di un salario, seppur misero,  dovettero sacrificare salute fisica e mentale, il capitalismo borghese,  del resto,ha sempre imposto pesanti dazi al proletariato. A metà degli anni ’70  in realtà, iniziò un processo di sindacalizzazione con la creazione di una commissione interna, che riuscì ad ottenere dei tempi di lavoro più umani, orari di mensa diversificati ed altri diritti. 

La storia dell’I.C.M. ebbe termine quando  la snellezza di organizzazioni produttive basate sulla terziarizzazione dei processi, sullo smembramento dei reparti, resero la camiceria calabrese non più competitiva. Un’entità  che racchiudesse al suo interno tutti i processi necessari per realizzare completamente i prodotti, non era economicamente più gestibile a meno di non ricorrere a sistemi di finanziarizzazione della proprietà  , ovvero la quotazione in borsa. L’imprenditore di allora non ne ebbe la forza e l’I.C.M.  fu costretta a soccombere. 

Oggi la camiceria non esiste più, in compenso Scalea è diventata un’importante polo turistico. Un sito dove la speculazione edilizia e finanziaria,   ha ridotto il pese dell’I.C.M. in un non luogo dove tutto è al servizio del profitto e dell’accumulazione. Un  non luogo in cui fabbriche come l’I.C.M. , posti in cui era il lavoro ad assicurare il reddito, non hanno più diritto di cittadinanza. Di questa storia rimangono delle foto. Dei suggestivi scatti in bianco e nero che vorrei proporvi in sequenza organizzati nella fotoclip che segue. Il brano che accompagna le immagini è Song for my dad del James Taylor quartet. Buona visione.

ALI, BRUCIATO VIVO

Samantha Comizzoli

E’ 31 luglio, venerdì. I nostri notiziari servi dei sionisti passano la notizia che in Palestina, a Nablus, coloni israeliani “estremisti” hanno ucciso un bambino palestinese. Pochi minuti dopo, quando vedo la reale notizia tramite facebook, l’orrore (che già era grande) diventa di misura non immaginabile alla mente umana.
I coloni israeliani, dell’insediamento illegale di Yahya, hanno attaccato due case palestinesi nel villaggio di Duma con le molotov e altro materiale per la combustione. All’interno delle due case ci sono le due rispettive famiglie, entrambi della famiglia Dawabesh.
Conosco quella famiglia perchè conosco Wael Dawabesh, lo psicologo che segue i palestinesi (soprattutto i bambini) vittime di traumi. 




La prima casa attaccata brucia, brucia il padre del bambino, Saad Dawabesh, brucia la madre, Reham e il fratellino di 4 anni Ahmed. Riportano tutti ustioni di terzo grado. Brucia il piccolo Ali Saad Dawabesh, un anno e mezzo. Brucia vivo........
Sulla casa due scritte con le quali i coloni israeliani si sono firmati “Yahya vendetta” e “rappresaglia”.


Questa mattina ero piena di messaggi e quasi tutti dicevano quello che ho pensato anch’io... “dejavù al piccolo Mohammed bruciato vivo dai coloni un anno fa”.
Così come per il piccolo Mohammed la stampa divulga la notizia usando il termine di “coloni estremisti”. Mi spiace, io devo scrivere la verità: sono coloni israeliani, che vivono, pregano, dormono e cagano con il fucile in mano e non è reato se sparano ai palestinesi.

Buio dentro di me in questo momento, che sono qui e non posso nemmeno abbracciare le vittime.


giovedì 30 luglio 2015

Alcune considerazioni preliminari sul futuro prossimo della Asl di Frosinone


Coordinamento Provinciale Sanità

Appresa la notizia dell'accettazione della Prof.ssa Mastrobuono ad assumere l'incarico di Direttore dell'Istituto “Spallanzani” di Roma, lasciando quindi la Asl di Frosinone tra alcune settimane, ci riserviamo di esprimere i nostri pareri e considerazioni su tutta la vicenda e i suoi antefatti in maniera articolata e puntigliosa a brevissimo giro.

Ma ora, nell'immediatezza e nella cogenza degli avvenimenti, riteniamo doveroso e urgente manifestare agli esponenti politici e istituzionali nazionali, regionali, e locali, alla pubblica opinione tutta, e alle altre Autorità dello Stato,  che è imperativo che l'attività da svolgersi nella Asl di Frosinone dovrà, da questo preciso momento, essere unicamente e strettamente limitata alla minima ordinaria amministrazione, fino alla nomina del nuovo Direttore Generale titolare. Solo quest'ultimo, infatti, può essere titolato ad assumere atti di pianificazione e programmazione, avendo un periodo congruamente lungo davanti a sé per gestirne seriamente l’ attuazione in conseguenza delle proprie decisioni adottate ci auguriamo,  dopo un serio e proficuo confronto con le associazioni ed il movimento di difesa della sanità pubblica.

Ogni comportamento o avvenimento diverso sarebbe la prova provata della malafede della politica di maggioranza della Regione, in particolare del PD, senza possibilità di giustificazione alcuna; e il territorio provinciale interpreterebbe questo come un furbesco “colpo di mano” progettato a tavolino a Roma, e se lo ricorderebbe come un ulteriore  oltraggio riservato alla gente della provincia di Frosinone già oltremodo offesa e umiliata.


Frosinone, 30.07.2015.

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Di seguito ricordiamo alcuni momenti legati alla guida della Asl da parte della Dottoressa Mastrobuono. I video sono tratti dal documentario "Sanità ciociara, cronaca di una morte annunciata.
Luciano Granieri.





OSSERVAZIONI SUL BILANCIO DEL COMUNE DI FROSINONE

Comitato di Lotta per il lavoro, Osservatorio Peppino Impastato, Ass. Oltre l'Occidente,Confederazione Cobas Frosinone.


Il nostro capoluogo muore progressivamente. La nostra comunità sta vivendo momenti drammatici sia sociali che economici, nella indifferenza totale della politica, degli amministratori, impegnati a servire altri interessi. La vicenda delle terme romane è illuminante. 
Il 31 luglio Frosinone andrà ad approvare il bilancio preventivo 2015 con la importante novità della delibera di Consiglio Comunale n. 30 del 29/06/2015 che ha autorizzato la ripartizione in trenta anni del “buco” di 27 milioni di euro emerso dal bilancio consuntivo relativo all'anno 2014, con l'accertamento di crediti, tecnicamente “residui attivi”, inesigibili. Proprio perché inesigibili “il Comune si trova nella necessità di onorare l'assorbimento del disavanzo di amministrazione e i debiti fuori bilancio, avendo già aumentato le imposte locali al massimo, non residuando ulteriori spazi se non quello della riduzione dei servizi istituzionali”, quindi pesanti tagli ai servizi pubblici e possibili mancati interventi sulle strutture di proprietà comunale (uffici, scuole, ecc.) a cominciare dalla sicurezza.
Dopo la procedura di riequilibrio economico finanziario c'è stato un ulteriore peggioramento. Il Comune ebbe nel 2013 l'accesso, quando si evitò il dissesto economico, ad implementare tutte le misure restrittive per le spese correnti e le spese in conto capitale che sono tipiche del dissesto. Il bilancio del Comune di Frosinone, oltre a tutti i vincoli ai quali sottostanno i comuni in situazione ordinaria di gestione, deve sottostare a vincoli suoi propri per rispettare il piano di riequilibrio, con l'obbligo di ridurre in tre anni, dal 2014, le spese correnti del 10% e l'obbligo di restituire 530.000 euro all'anno per il rimborso del prestito decennale senza interessi fino al 2022, ottenuto grazie all'ammissione alla procedura di riequilibrio. A ciò si deve aggiungere il divieto di contrarre nuovi mutui per cui le opere pubbliche debbono essere finanziate o con rinegoziazione di vecchi mutui o con capitale di privati.
Mentre, quindi, le tasse per la casa, l’immondizia, e le tariffe per i servizi alla persona sono stati messi al massimo, con il cittadino ad ingaggiare una vera e propria guerra alla bolletta, ora tutti gli sforzi fatti risultano vani. Bisogna recuperare altri 27 milioni di euro. Da dove vengono questi debiti/crediti? Cosa significa inesigibili e perché lo sono? A chi imputare l'attribuzione  della responsabilità giuridica, civile, penale, amministrativa e contabile, di questo buco che è la metà del bilancio comunale?
Nel mentre i cittadini sono in attesa da anni delle motivazioni per che cosa stanno pagando i debiti, rimangono chiare le responsabilità politiche di una classe “dirigente” che almeno nel corso delle ultime quattro consigliature si sono passate il testimone di una situazione all’orlo del fallimento senza operare alcuna proposta di contrasto e in aiuto alla cittadinanza.
I servizi sono oggetto di un selvaggio spezzatino di cui si avvalgono i privati a cominciare dalle cooperative sociali di tipo B, nel tentativo di estendere la privatizzazione e monetizzazione a tutti i settori sensibili dei servizi pubblici essenziali, quelli tra l’altro che connotano la civiltà di una città.
L’Amministrazione lamenta scarsi incassi nella copertura dei servizi da giustificare la privatizzazione. Ma i soldi delle tasse dei cittadini se non si redistribuiscono a favorire i bambini, studenti, famiglie, disabili, coloro in difficoltà temporanea, coloro che hanno bisogno, a cosa saranno indirizzati? Nella costruzione di cattedrali nel deserto? Nel ripianare i debiti dell’utilizzo delle strutture pubbliche di privati che mai hanno coperto il costo dei servizi?
In verità il problema della riscossione non è nei servizi pubblici essenziali a cui i cittadini si rivolgono più per necessità che per scelta, ma per tutte quelle attività anche “ludico-ricreative” delle famiglie importanti del capoluogo che mentre si sollazzano dimenticano di pagare l’utilizzo di servizi e strutture alla città.
Ma tant’è, l’arroganza del potere, di chi è abbiente e non rinuncia ad alcunché, è pressante e chiede ed ottiene il continuo impoverimento della città e dei cittadini. Questa è la politica di questa amministrazione. Non altra.
Tali politiche hanno drammaticamente conseguito: la gestione di Acea con bollette fuori controllo per le tasche dei cittadini è un esempio da manuale, ma è anche un caso limite, oltre il quale c’è solo la disperazione. La sanità è in preda ad un pesante ed indiscriminato sfascio, con l’ospedale del Capoluogo ridotto a poco più di un ospedale da campo; i privati, invece fanno affari, offrendo servizi a costi altissimi, per pochi. La distruzione del territorio e del suo ambiente continua indiscriminato e senza che alcuno abbia la lungimiranza di frenare quell’imprenditoriale locale che ha basato tutto sul mattone e vorrebbe al di là di ogni buon senso continuare a depredare suolo e aria.  Nemmeno il Volsco silente per migliaia di anni, che vorrebbe riemergere è lasciato in pace; deve necessariamente rimanere seppellito nel cemento insieme a quella identità culturale più volte invocata e cercata dai singoli e dai comitati.
Un territorio depauperato, inquinato, aggredito, asservito ai palazzinari e al riciclo di denaro che non riesce a coprire le esigenze primarie degli abitanti nemmeno per far fronte alla necessità di cibo: per alcuni strati della popolazione, imbandire una tavola è una chimera raggiungibile solamente attraverso l’elemosina, le file per i pacchi alimentari, nel rimuginare nei cassonetti dell’immondizia. Un bilancio di un Comune quindi tecnicamente fallito, che per far sopravvivere quella politica degli interessi di pochi, fa precipitare la popolazione nella indigenza distruggendo i beni comuni.

Renzi, "sterile e stupido" non è il boicottaggio di Israele, ma non far rispettare il diritto internazionale

BDS Italia

Nel corso della sua visita in Israele, Matteo Renzi ha pronunciato un discorso alla Knesset in cui ha enfatizzato il legame e l'amicizia tra Italia e Israele e ha garantito che "l'Italia sarà sempre in prima linea contro ogni forma di boicottaggio sterile e stupido".  Renzi così dimostra di non conoscere affatto il movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), movimento lanciato nel luglio 2005 da una ampia coalizione della società civile palestinese, come risposta necessaria e morale per fermare le continue violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, laddove le istituzioni hanno fallito.[1]
Da decenni Israele porta avanti, nell'impunità più assoluta, politiche di occupazione e di colonizzazione, appropriandosi di terre e risorse palestinesi, costruendo le colonie e il Muro dell'Apartheid, varando leggi che discriminano i palestinesi cittadini di Israele e costringendo metà della popolazione palestinese a vivere come profughi o in esilio.[2] A un anno dall'inizio dell'operazione "Margine Protettivo", la terza operazione militare di bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza in 5 anni, che ha causato la morte di oltre 2.200 persone, la stragrande maggioranza civili e un quarto delle quali bambini, Israele continua a impedire la ricostruzione di circa 18.000 abitazioni distrutte, attraverso un blocco illegale che dura da 8 anni.[3]
La campagna BDS serve per rompere lo status quo in cui Israele continua a violare i diritti con totale impunità, grazie all'inazione degli Stati e delle istituzioni, e le imprese, anche italiane, continuano a trarre profitti da questo contesto di illegalità.[4]
In questi dieci anni, il movimento BDS è cresciuto in maniera costante, incassando sempre più consensi e successi. Aderiscono sindacati, movimenti, chiese, ONG, artisti e intellettuali, tra cui Ken Loach, Naomi Klein, Roger Waters dei Pink Floyd e l'arcivescovo sudafricano e Premio Nobel Desmond Tutu. Grazie al lavoro della società civile in tutto il mondo, aziende, banche e fondi pensioni hanno disinvestito dall'economia israeliana e dalle imprese complici e consumatori rifiutano di acquistare i prodotti israeliani.[5]
Il boicottaggio è un riconosciuto e legittimo mezzo nonviolento per esercitare pressione e ritirare il proprio sostegno da sistemi di ingiustizia, come è stato nella lotta contro l'apartheid in Sudafrica. Ora più che mai, in Italia va rafforzata la campagna BDS in modo da porre fine alle complicità delle istituzioni e delle imprese italiane.
"Sterile e stupido" è continuare a ignorare le violazioni di Israele invece di prendere misure concrete per far rispettare i diritti umani, il diritto internazionale umanitario e le risoluzioni ONU e sostenere la richiesta di libertà, giustizia e uguaglianza delle e dei palestinesi.
BDS Italia è un movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, costituito da associazioni e gruppi in tutta Italia che hanno aderito all'appello della società civile palestinese del 2005 e promuovono campagne e iniziative BDS a livello nazionale e locale.
Note:
[1]L'appello palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS)
http://www.bdsmovement.net/call
Aderenti in Italia: http://bdsitalia.org/index.php/campagna-bds/77-appello-bds
[4] L'Acea SpA ha firmato un accordo con la Mekorot, società idrica nazionale di Israele che sottrae, rubandola, acqua dalle falde palestinesi e la convoglia alle colonie israeliane illegali. 
http://bdsitalia.org/index.php/campagne/no-mekorot
L'Impresa Pizzarotti SpA sta costruendo la TAV israeliana che collegherà Tel Aviv e Gerusalemme attraversando la Cisgiordania occupata, con la confisca di terre palestinesi, per realizzare un mezzo di trasporto che sarà riservato a soli israeliani.
http://bdsitalia.org/index.php/campagne/stop-that-train
L'Alenia Aermacchi ha venduto 30 caccia-addestratori M-346 a Israele.
http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/2014/07/caccia-made-in-italy-per-i-raid.html
A gennaio di quest'anno, gli stessi piloti israeliani che hanno raso al suolo interi quartieri a Gaza l'estate scorso hanno cominciato ad addestrarsi con i velivoli "Made in Italy".
http://www.iaf.org.il/4417-43780-en/IAF.aspx
[5] I principali successi del movimento BDS
http://www.bdsmovement.net/successes/

mercoledì 29 luglio 2015

Renzi al Parco Lambro

Luciano Granieri


Non  esiste più l’Unità di una volta, inteso come giornale, ma non c’è neanche  più l’Unità di una volta inteso come festival. Quando mai al festival dell’Unità il segretario del partito organizzatore della kermesse, scappa dai suoi militanti? E’ successo al festival organizzato a Roma, dove il segretario, ha preferito anticipare la sua presenza in un momento di limitata affluenza , rispetto a quanto previsto e annunciato. 

Di chi aveva paura? Dei militanti, degli iscritti, dei peones presenti al solo scopo di scroccare le salsicce, unica costante dei festival di ieri e di oggi? Ma soprattutto di cosa aveva paura? Azzardiamo una risposta. Renzi, probabilmente aveva timore che qualcuno degli elettori piddini, gli rinfacciasse l’enorme mole di figure di merda che lui e il suo governo stanno collezionando da quando si è illegalmente insediato, grazie al padre padrone Napolitano, alla Presidenza del consiglio. Ultima figura di cacca, in ordine di tempo, è stata  il salvataggio dalla galera  del senatore che voleva pisciare in bocca alle monache. 

Non sarebbe stato prudente  quindi per il segretario presidente sfidare la rabbia, o peggio ,l’indifferenza dei   suoi, probabilmente, ex  elettori. Ve lo immaginate se uno come Renzi si fosse presentato al festival del parco Lambro di Milano nel 1976?  Mamma mia calci in faccia che avrebbe preso. Mi rendo conto, come dice il sindaco di Frosinone Ottaviani,  di essere morbosamente ancorato  a certe immagine di protesta in bianco e nero cariche di giovani dal pugno alzato, ma almeno allora non sia aveva paura della gente.  Nel festival del parco Lambro, si aprirono asperrimi contrasti, ma nessuno è mai scappato, ognuno  diceva  la sua a viso aperto.  

Meglio il bianco e nero con i pugni alzati, che la codardia di chi fugge i suoi militanti o peggio di chi insulta senza pronunciare i nomi di coloro ai quali è rivolta l’invettiva. Meglio comunisti che conigli e pusillanimi. Comunque  visto che i festival dell’Unità sono diventati poco più che sagre paesane, con tutto il rispetto per le sagre, proponiamo il documentario dedicato al Parco Lambro del 1976, tanto per non dimenticare quando la lotta si faceva veramente e quando infime figure alla Renzi e all’Ottaviani ancora non intossicavano il panorama politico locale e  nazionale.
Buona Visione.


martedì 28 luglio 2015

L'era del "vieni avanti creativo" riemerge dal garage.

Luciano Granieri



In questa afosa estate non si può sempre star dietro alle evoluzioni antisociali del sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani, o alle stupidaggini che un giorno si e l’altro pure, Renzi ci elargisce a piene mani. E’ vero non si finisce mai di denunciare brutture ad ogni livello.

 Ma stanotte  fa caldo e vorrei un attimo rifiatare. L’occasione per rilassarmi arriva dritto dal garage di casa.  L’altra sera  rincasando mi sono reso conto di fare fatica ad uscire dalla macchina. Lo sportello non si apriva del tutto perché andava ad incastrarsi in scatole, scatoloni, scatolette di ogni tipo. In quel momento ho realizzato che o uscivano un po’ di cianfrusaglie dalla rimessa  o avrei dovuto lasciare la macchina fuori dal garage.  

Detto fatto. Ieri mattina il furgoncino dello sgombra cantine era pronto davanti alla serranda per inghiottire, una marea di cianfrusaglie. Certo molte carabattole hanno fatto parte della mia vita, quanti ricordi i ragazzi del furgoncino stavano caricando nel cassone! Ma se ci si fa impietosire dai ricordi allora i garage non lo si sgombera mai. Così ho lasciato l’incombenza della cernita ai mie vecchi genitori e mi sono dedicato ad altre faccende fuori città. 

Al mio ritorno, il garage  si era allargato di svariati metri cubi  dopo l’impietosa raccolta dei rigattieri, non me lo ricordavo così grande. Su uno scaffale sgravato da una serie di pesanti e arrugginiti fardelli, restava una scatola con sopra una scritta a pennarello: “Foto Luciano”.  Le solite foto in bianco e nero delle mamme, nonne, zie, dei natali delle pasque e delle gite al mare. Che noia, anche se la curiosità di rivedere quegli scatti testimonianza di altre ere, un po’ mi solleticava. 

Così ho deciso di aprire la scatola e di tuffarmi in quell’atmosfera  anni ’60 in bianco e nero sbiadito. Ma da quello scatolone, con mia sorpresa, non è uscita la faccia preoccupata della nonna o la mia icona bimbesca   fotografata nelle più disparate pose. Da quella scatola sono emerse le foto che all’inizio degli anni ’80 mi divertivo a scattare  con la mia reflex in ogni dove. Era quello il periodo del “vieni avanti creativo”.  La fissa del creativo. Qualsiasi azione, anche la più banale, come lavarsi la faccia, doveva possedere un chè di creativo.  

Era il tempo in cui ci si credeva degli intellettuali, si ascoltava jazz, lo si provava a suonare.  Compatibilmente alla disponibilità finanziaria si andava ai concerti ad applaudire i nostri eroi jazzisti.  Si leggeva Kerouac , Garcia Marquez, Musica Jazz  e il Manifesto, che a dire il vero leggo ancora oggi. La pipa nell’angolo della bocca, era  una costante. Spesso si  tirava tardi, fra una boccata di fumo ed una sorsata di grappa. E ancora più spesso si restava stecchiti stesi per terra  ubriachi duri. 

Nell’era del “vieni avanti creativo” non si poteva scattare una foto normale. Che orrore inquadrare un soggetto, messo bene a fuoco, con la giusta apertura d’obbiettivo, il tempo di posa necessario e scattare. Giammai! Ci si doveva inventare artifizi, esposizioni prolungate, con il rischio di buttare il rullino, o anche creare collage di foto, combinare immagine fotografica con disegni e pitture. Così come era blasfemo mettersi ad ascoltare Baglioni, Umberto Tozzi o peggio vedere Sanremo.  Ecco da quello scatolone è saltata fuori un pezzo della mia vita. Bello brutto, non saprei definirlo, ma sicuramente fondamentale per me, per il mio modo di socializzare e vivere in mezzo agli altri. 

Stanotte ho deciso, di rendere pubblico questo mio ricordo , ovviamente in modo creativo! Per cui propongo, in una videoclip,  quelle foto, corredate da un commento musicale tipico del periodo. Eighty One di Miles Davis è il pezzo che accompagna il susseguirsi delle immagini. Il brano è tratto dall’LP, allora si chiamavano cosi, ESP,  registrato nel 1965, dove Miles suonava insieme al suo quintetto delle meraviglie, con Wayne Shorter al sax tenore, Herbie Hancock al pianoforte, Tony Williams alla batteria e Ron Carter al contrabbasso. Proprio Ron Carter ha suonato la settimana scorsa ad Atina Jazz, beato che è riuscito ad andarlo a vedere! 

Compagne, compagni, amiche, amici, volsche e volsci di Aut, chiedo scusa per questa deriva autobiografica, ma serviva a rilassarsi un po’. Da domani ricominceremo le nostre battaglie, contro Ottaviani, Renzi, le banche il capitalismo e compagnia cantando, stasera è andata così.

Ventimiglia, Ventimiglia.....

Oreste Scalzone



L'evidenza abbagliante del sopruso, della demenzialità crudele costituita in pretesa «Razionalità» legittima e normativa, scatenano (spero in tanta gente) un disgusto e un furore tali, che è facile slittare, sbandando come su fondo ghiacciato. 
Solo per restare a situazioni vicine (che non sono poi le più estreme di quelle che ci vengono a getto continuo rinviate da ogni lembo della superficie piagata della 'Macchina-mondo') : le immagini dagli scogli di Ventimiglia così come la narrazione dal vivo della vita quotidiana delle 'genti comuni' – diciamole così – in Grecia, fanno rischiare, almeno a chi vi scrive , un accesso di razzismo contro la « Razza padrona ».
Certo, beninteso la critica radicale... il rapporto di capitale, i rapporti sociali, la forma-Stato, le logiche, le istituzioni, le « leggi di movimento », le inerzie gli interessi le ideologie... Certo, la critica delle economie politiche agenti a livello antropologico, certo l'intera Storia, la costante della guerra sotto la cenere, certo, certo...
Cionondimeno, scorre davanti agli occhi questa galleria di mostri e mostricciattoli alla Grosz – statisti, statalisti, imprenditori, banchieri, tecno-econo-burocrati, grands comis..., e scendendo giù 'pe' li rami', politicanti, opinionisti, servi sciocchi [servo/padroni arroganti, forti coi deboli striscianti coi forti]... Tutto un canagliume disgustoso, d'alto bordo e di volgari bordelli – non uno che avesse almeno il senso tragico di assumere, di rivendicare l' «affectio societatis scelerum» ! 
Devo dire, che quando ossessivamente gli schermi televisivi ci martellano le immagini dei loro consessi, e le voci fesse e chiocce di banditori e banditrici ripetono formule, frasi fatte, di cui manifestamente non capiscono il senso (tra orribili gratuiti neologismi, tipo ''criticità...divisivo...partecipato...'', con aggiunta di inequivocabili castronerie – tipo « in puntA di Diritto », che dette da tifosi della « meritocrazia » meriterebbero che un Orbilius 'correggesse' con adeguato numero di nerbate) ; quando si vedono volteggiare in squallidi saloni i soliti comprimarî di sempre, con le loro facce che sembrano vesciche pallide, e gli occhî vuoti, frullano nella testa epiteti, anatemi e quel che segue.
Noi non siamo animule blandule, AnimeBelle stile Boldrini che oppongono a questi qua un'angelizzazione delle loro Vittime ; come scrive Camus, « ...non ci sono angeli di luce ed idoli di fango : gli umani vivono così, a mezz'altezza ».
È comunque, direi, una certezza, che – oggi su questi due punti di scontro, migranza e ''Grecia'' – pur nella nostra estrema evidente povertà dei mezzi, occorre non lasciare la presa, esercitare quantomeno una sorta di mobbing, ''stalking'', moltiplicare pratiche di soldarietà concreta, persistere, mostrando la miseria abietta di questi funzionarî di una governamentalità mortifera.
Ora che c'è un campo « No Board » permanente a Ventimiglia, occorre darsi il cambio a presidiarlo, per durare indefinitamente. E probabilmente preparare per ''il rientro'' in autunno una pressione a scacchiera su tutti i luoghi istituzionali – rappresentanze diplomatiche, ufficî, roba simile – dell'Unione Europea. Si potrebbe pensare al ''serpentone'' di una marcia... Poca cosa certo, forse solo un certo volontarismo da parte di uno 'a questo giro' forzosamente assente. Forse (confessiamolo), scrivo queste righe piùcchealtro per me, che stavolta sono artigliato al letto dalla convalescenza per un distacco della cornea... che non vale la pena rischiare di diventar orbo stile Capitan Uncino... Forse scrivo per sentirmi con gli altri alla tre giorni No Border di Ventimiglia, che con altri avevo auspicato e, pur sommessamente, proposto.
Spero che queste cose che dico siano pleonastiche, che questo ed altro sia stato deciso dall'assemblea di ieri, tra una ''battitura'' e l'altra alla frontiera.
Un saluto, Oreste

lunedì 27 luglio 2015

Ci hanno rotto l'urbanistica.

Luciano Granieri


Torniamo al consiglio comunale del 23 luglio scorso. Al di là dell’ennesimo enorme regalo recapitato dal sindaco antisociale agli Unni costruttori, al netto delle buffonate   profuse a colpi di cartelli   dalle truppe cammellate guidate dal podestà frusinate, si è anche discettato di cose serie. Di urbanistica ad esempio. 

Il sindaco Nicola Ottaviani esordisce, ricordando gli esiti di un seminario sull’urbanistica organizzato dall’amministrazione nello scorso gennaio. Al convegno aperto presero parte fior di cattedratici,  urbanisti ed alcuni professionisti locali che ora si agitano contro le delibere comunali. Gente che , secondo il buon Nicola, da sempre ha  campato a spese del comune senza fornire alla collettività il benché minimo contributo legato alla loro attività professionale. Cioè dell’illuminazioni degli esimi professori avrebbero usufruito anche  professionisti la cui  principale attività sarebbe quella, sempre secondo il sindaco, di scaldare le sedie istituzionali a spese dei contribuenti. Una grave accusa mossa verso persone i cui nomi il pavido Ottaviani si guarda bene dal citare.

 Qui s’impone un inciso. Nei pochi giorni in cui le delibere urbanistiche per ben due volte sono passate al vaglio del Consiglio comunale, l’acrimonioso sindaco ha insultato nell’ordine: I propri consiglieri - accusati di pusillanimità - i movimenti e le associazioni - apostrofati come fascisti e stalinisti ( tanto per non far torto a nessuno) -  esponenti della  precedente amministrazione -  accusati di avere fatto  affari con la vendita di noccioline e pop corn nell’ambito delle passate rassegne cinematografiche estive - i soprannominati professionisti, alcuni membri del panorama culturale di Frosinone che avevano osato pronunciarsi per la salvaguardia delle terme romane -bollati come intellettuali da strapazzo - ancora una volta i movimenti - compatiti, bontà sua, come congrega di attivisti  volenterosi, ma ignoranti. Uno così, in guerra perenne  con il mondo intero, secondo il mio personalissimo parere, qualche problema a socializzare con gli altri ce l’ha. 

Ma torniamo al seminario. Gli illustri  cattedratici decretarono l’incompatibilità fra i tempi della pianificazione urbanistica, e i moderni processi economici. Cioè la titolarità sui processi edificatori di un territorio non, è né delle istituzioni, né dei cittadini che lo abitano, ma è subordinato  alla domanda. Ossia ove esiste  la domanda per l’edificazione di un palazzo, deve obbligatoriamente rispondere  l’offerta dell’area da edificare.  Anche i tempi  per soddisfare l’ esigenza del costruttore, non possono dilatarsi nell’attesa dell’espletamento   delle  pratiche tese ad accertare la  compatibilità ambientale , idrogeologica o sismica del progetto.  Sono  tutti orpelli superati non compatibili con la velocità del processo economico. In pratica in quell’assise  si decretò la morte della pianificazione urbanistica. 

A questo assunto Ottaviani lega il senso dell’art.28 bis sull’edilizia, presente nel decreto sblocca Italia approvato dal governo Renzi. Un provvedimento che il sindaco di Frosinone descrive come ultraliberista. Talmente ultraliberista che se presentato,  dallo schieramento opposto a quello renziano, vi sarebbe stata la  sollevazione da parte  dell’attuale  partito guidato  dall’ex sindaco di Firenze. Su questa indubitabile verità invito a riflettere gli amici del Pd, locale che pure hanno opposto una dura quanto numericamente inutile resistenza alle decisioni del Consiglio.

 Per quanto abbiamo capito noi, poveri ignoranti, l’articolo 28 bis prevede che,  qualora esistessero urgenti ed improrogabili necessità di costruire, il privato incaricato dell’edificazione, potrà  procedere senza troppi impedimenti burocratici. Il Comune rilascerà  il permesso all’edificazione, ma  in cambio il costruttore  dovrà assicurare alla collettività opere di valenza  pubblica. 

E’ questo lo spirito della norma? Secondo il sindaco no, sarebbe troppo penalizzante per gli interessi degli speculatori. Dall’alto della sua competenza urbanistica?!? Ottaviani ci spiega come  il dispositivo si applica alle delibere urbanistiche in discussione.   Il segreto sta nello scindere la concessione del titolo edilizio, di  esclusiva competenza dell’ufficio tecnico comunale, dal giudizio sulla valenza pubblica delle opere che dovranno accompagnare il progetto edificatorio, di competenza del consiglio comunale. 

Come già illustrato dagli esimi urbanisti invitati al seminario di cui sopra, il titolo edilizio è sovrano. Se il proponente correda la pratica dei pareri positivi all’edificazione espressi  degli organi  competenti, genio civile, sovraintendenza, l’ufficio tecnico è obbligato a rilasciare l’autorizzazione.  La valutazione del consiglio comunale sulla valenza pubblica delle  opere che il costruttore dovrà edificare in compensazione , è importante ma non decisiva .

 Infatti, ragiona  il sindaco, si arrecherebbe un  danno economico   a quel privato il quale,  dopo aver speso centinaia di migliaia di euro per istruire correttamente la pratica dal punto di vista tecnico, subisse la  bocciatura   del consiglio comunale in merito alla valenza pubblica delle edificazioni a compensazioni. Molti soggetti, informa  Ottaviani, avrebbero avuto interesse  a costruire, ma avrebbero rinunciato  per evitare il rischio della perdita dei capitali investiti a seguito  della  bocciatura in consiglio comunale. 

E la tutela dei cittadini  come entra in tutto ciò?  Niente paura ci pensa sempre Nicola. La tipologia delle opere di valenza pubblica a compensazione, potranno essere decise anche dopo la concessione del titolo edilizio che, lo ribadiamo, è sovrano. Cioè il proponente potrà variare anche in corso d’opera il pacchetto della dotazione  di valenza pubblica. In pratica è una delega in bianco al privato, il quale,  oltre a disporre dell’area a lui più consona alle realizzazione  del proprio profitto, potrà  decidere cosa, e se,  restituire alla collettività anche dopo il pronunciamento positivo del consiglio comunale. L’ultima parte del ragionamento non è stata illustrata  dal sindaco Ottaviani, ma la si evince abbastanza chiaramente. 

A questo punto sorge spontanea una domanda.  Visto che il privato può decidere autonomamente sulle azioni di compensazione pubblica da fornire in cambio del titolo edilizio, siamo sicuri  del fatto che colui il quale    si appresta a violare l’area di valenza archeologica vicino alla villa comunale,  voglia  rispettare l’emendamento della delibera   che lo impegna al finanziamento degli  scavi necessari a far emergere la parte di terme romane coperta dal parcheggio della Banca della Ciociaria? Se è sovrano il titolo a costruire a prescindere dalla valenza pubblica delle opere proposte a compensazione, è possibile imporre al costruttore dei palazzi vicino alle terme il “disabbelamento” dei reperti archeologici?  Non è che quell’emendamento rimarrà lettera morta e sarà solo servito al sindaco e ai sui consiglieri a mettere in scena la buffonata dei cartelli ?   Lo sapremo solo vivendo, controllando e battagliando.


Un "pennale" archeologico accanto ad un palazzo di otto piani

Valerio Comerci

Vendetta è fatta! 
L'onta della dominazione Romana a Frosinone è cancellata! ... Si venivano pure a fa' i bagni termali a Frosinone sti zozzi Romani!

Dopo decenni di faticosi occultamenti, rimozioni, concessioni edilizie paradossali, palazzi costruiti sopra anfiteatri romani, finalmente  il consiglio comunale sembra aver sferrato la pugnalata mortale, anzi ... la cazzuolata mortale!
Sembra ormai impossibile che la memoria dell'Antico Romano possa resuscitare ancora.
Cazzuola e molazza! Molazza e cazzuola! Lo sviluppo edificatorio di Frosinone è inarrestabile! Ricchezza per tutti! Il futuro sarà radioso. Ancora una volta! Come lo è stato sinora!
Eh, si. Questa è la vocazione di questa città distrutta prima dalle bombe e poi annichilita dalla sua stessa mentalità. Siamo nel 2015 e ancora Frosinone non è pronta. Non ce la fa. Non si divincola da se stessa. Un'altra occasione persa. Ma quante altre occasioni ancora potrà permettersi di perdere?
Il consiglio comunale di del 23 scorso ha solo "finito il lavoro" iniziato da altre amministrazioni di tutti i colori e per conto di una popolazione in larga parte consenziente.
A mo' di ripensamento, per accontentare la parte, minoritaria ma rumorosa, di popolazione che chiedeva un cambio di registro, il consiglio comunale ha previsto la futura realizzazione di un "parco archeologico"! 
Ma come? Accanto al palazzo di ottopiani? 

Caro Antico Romano, tu ci credi? Cosa dovremo ancora vedere?