sabato 14 ottobre 2017

UNA RISPOSTA A SUA ECCELLENZA LAURA BOLDRINI

Felice Besostri


Premetto che non voglio nemmeno adombrare che la Presidente della Camera, Laura Boldrini, non abbia agito in buona fede: sarebbe troppo inquietante pensare il contrario di una delle quattro cariche di garanzia costituzionale: le Presidenze delle due Camere, la Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale.

Resta il fatto che, venuta meno la prassi di nominare alla Presidenza di una Camera parlamentari di lungo corso, con pratica di presidenza come vice, ovvero di esponenti dell’opposizione, la Presidente non può che prendere per oro colato i suggerimenti degli uffici per i quali la prassi è Vangelo, fosse Talmud sarebbe invece dialettica,  tuttavia ci sono  momenti in cui in relazione alla sensibilità politica, istituzionale e soprattutto costituzionale della materia occorre  verificare fino in fondo la prassi. Si racconta come aneddoto che quando a Fanfani gli dissero che nella prassi regolamentare non c’erano precedenti, nel senso da lui auspicato, rispose “ Se non c’è un precedente lo si crea!”. In effetti l’unico precedente che giustifica la Presidente è quello da Lei stesso creato ammettendo tre voti di  fiducia sull’Italicum nel 2015.


Tutti gli altri precedenti della Camera non riguardano leggi elettorali nel loro complesso. Trattandosi di un articolo della Costituzione, non modificato, come l’art. 72 Cost., poiché siamo ancora, grazie al risultato referendario del 4 dicembre, un sistema bicamerale paritario o perfetto, poteva richiamare il precedente  del Senato nella domenica delle Palme, 8 marzo 1953. I suoi uffici non l’hanno fatto, credo, per tre ragioni la prima che ogni Camera è gelosa della propria prassi, la seconda per non evocare l’unico precedente a Costituzione invariata perché collegato ad una legge conosciuta come “legge Truffa”, la terza e più importante, perché il Presidente, della Seduta, Giuseppe Paratore fece mettere a verbale, fatto inusitato, “Quindi questo non rappresenta un precedente.”

Quel precedente non andava evocato soprattutto  perché  Paratore, non avendo gradito l’imposizione del Presidente del Consiglio De Gasperi, non Gentiloni, si dimise il 24 marzo  successivo, 16 giorni dopo, ma era un uomo di 77 anni e non agli esordi di una carriera politica. 

L’argomento che l’art. 116 c. 4 non esclude le leggi elettorali prova troppo, cioè nulla perché non esclude nemmeno le leggi in materia costituzionale. Cosa dobbiamo aspettarci in futuro grazie a questa prassi regolamentare? Che un Parlamento eletto con una legge incostituzionale ci propini una sua Costituzione approvata a colpi di voti di fiducia? Infine invece che la Iotti del 1990 i suoi uffici avrebbero dovuto darle copia del Lodo Iotti del 1980, in cui quando si chiede la fiducia la procedura da normale diventa speciale.

giovedì 12 ottobre 2017

Crisi idrica e risoluzione del contratto: è necessario ripubblicizzare il servizio idrico

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone



Cosa significa ripubblicizzare il servizio idrico?
Innanzitutto, significa togliere alle multinazionali quotate in borsa la possibilità di fare profitto su un bene comune essenziale alla vita dell’uomo e alla qualità dell’ambiente. Acea Ato 5 Spa ha un profitto di svariati milioni di euro ogni anno mentre gli utenti del servizio hanno difficoltà a pagare le bollette. E mentre i cambiamenti climatici si manifestano, anche a livello locale, con preoccupanti processi che determinano l’impoverimento delle falde acquifere, Acea Ato 5 Spa capta acqua dalle sorgenti a suo beneficio economico mentre le tubature che avrebbe dovuto sostituire disperdono la risorsa e aggravano la crisi idrica.
Ripubblicizzare significa riprendere il controllo di una risorsa che può esaurirsi, cioè riprendere il controllo delle sorgenti e di tutte le infrastrutture del servizio idrico, compresi i depuratori, che devono restituire all’ambiente un’acqua pulita.
Significa che tutti dobbiamo riprendere il controllo di questo bene, utilizzarlo con saggezza e conservarlo affinché sia accessibile e disponibile per le future generazioni; la gestione è veramente pubblica se è partecipata dai cittadini.
Significa che gli amministratori pubblici devono prendersi la responsabilità di gestire ad esclusivo beneficio dei cittadini il  servizio idrico e non scaricare la patata bollente al privato.
Ma ripubblicizzare non significa che i singoli Comuni si riprendono in carico da soli la gestione dell’intero servizio, bensì trovare la giusta formula di cooperazione tra più Comuni per garantire un servizio di qualità al costo più basso.

Nel Lazio, la strada già è stata tracciata, dai cittadini stessi, con la proposta di legge di iniziativa popolare “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” diventata a tutti gli effetti Legge Regionale ad aprile 2014 (L.R. n. 5/2014). Le amministrazioni pubbliche adesso devono solo percorrerla.

Comuni, Provincia e Regione devono impegnarsi per reindirizzare il governo e la gestione del servizio idrico verso la ripubblicizzazione a beneficio dei cittadini. È necessaria una rinnovata iniziativa di tutte le pubbliche istituzioni per far si che l’acqua, risorsa naturale limitata, non sia condizionata dal mercato e dal profitto.

Chiediamo quindi ai Consigli comunali dei Comuni che ricadono nell’attuale territorio dell’ATO 5 di sollecitare la Regione Lazio affinché approvi un atto amministrativo che, in attuazione dell'art. 5 di suddetta Legge Regionale, istituisca gli Ambiti di Bacino Idrografico e disponga la Convenzione di Cooperazione Tipo per il governo dei medesimi. Una proposta di legge a cui riferirsi esiste già, la n. 238 del 2015, prodotta dal Coordinamento Regionale Acqua Pubblica Lazio e depositata a firma di diversi consiglieri regionali, di maggioranza e opposizione, che punta alla definizione di una pluralità di ambiti territoriali ottimali su base idrografica.

Chiediamo inoltre ai Sindaci facenti parte della Consulta d’Ambito e della Conferenza dei Sindaci di inserire nell’ordine del giorno della prossima assemblea la “Ripubblicizzazione del Servizio Idrico Integrato” per discutere sulla definizione dei nuovi ambiti di bacino idrografico e predisporre uno studio di fattibilità tecnica ed economica che esamini le diverse opzioni di ripubblicizzazione.

Anche i Consiglieri regionali del nostro territorio sono chiamati ad impegnarsi per questo fine, in particolare il consigliere Mauro Buschini in qualità di Assessore regionale ai rapporti con il Consiglio e all’ambiente. La Regione ha in capo a sé la pesantissima responsabilità di non aver ancora attuato una propria Legge votata all’unanimità in Consiglio regionale tre anni e mezzo fa.  

Chiediamo a tutti i cittadini di rivolgersi ai propri Sindaci e amministratori affinché si impegnino ad avviare il percorso di ripubblicizzazione del servizio idrico e quindi promuovere la proposta di mozione con oggetto “impegno per l’attuazione della Legge regionale 4 aprile 2014, n.5 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” prodotta dal Coordinamento regionale acqua pubblica Lazio (scaricabile sul gruppo fb comitato provinciale acqua pubblica frosinone).

La proposta di mozione è visibile nel cliccando qui  ndr

Lettera ai sindaci per sollecitare l'attuazione della legge 5 da parte della Regione lazio.

Comitato provinciale acqua pubblica
Frosinone - L.go Paleario 7
Tel. 0775-1881342 (mercoledì dalle 16 alle 18)

Alla c.a. dei Sindaci
c.a. Consiglieri Comunali
Da tempo è in atto un tentativo di ripubblicizzazione del servizio idrico, con la quale gli amministratori pubblici devono prendersi la responsabilità di gestirlo ad esclusivo beneficio dei cittadini e non scaricare i tanti problemi esistenti sui cittadini. Ripubblicizzare non significa che i singoli Comuni si riprendono in carico da soli la gestione dell’intero servizio, bensì trovare la giusta formula di cooperazione tra più Comuni per garantire un servizio di qualità al costo più basso.

Nel Lazio, la strada già è stata tracciata, dai cittadini stessi, con la proposta di legge di iniziativa popolare “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” diventata a tutti gli effetti Legge Regionale ad aprile 2014 (L.R. n. 5/2014).

A tale legge deve seguire un atto amministrativo che, in attuazione dell'art. 5 di suddetta Legge Regionale, istituisca gli Ambiti di Bacino Idrografico e disponga la Convenzione di Cooperazione Tipo per il governo dei medesimi.

Essendo giunti in una fase decisiva della vicenda, si chiede quindi ai Consigli comunali dei Comuni che ricadono nell’attuale territorio dell’ATO 5 di sollecitare la Regione Lazio affinché approvi il suddetto atto amministrativo 

Chiediamo inoltre ai Sindaci facenti parte della Consulta d’Ambito e della Conferenza dei Sindaci di inserire nell’ordine del giorno della prossima assemblea la “Ripubblicizzazione del Servizio Idrico Integrato” per discutere sulla definizione dei nuovi ambiti di bacino idrografico e predisporre uno studio di fattibilità tecnica ed economica che esamini le diverse opzioni di ripubblicizzazione.

A tal proposito si allega una mozione da presentare in consiglio e, una volta approvata, da reinviare al Presidente della Regione Lazio e a tutti i gruppi consiliari.

 Saluti.




Proposta di mozione per il Consiglio comunale


Oggetto: impegno per l’attuazione della Legge regionale 4 aprile 2014, n.5 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”


IL CONSIGLIO COMUNALE

 

PREMESSO CHE


·         l'acqua è un bene essenziale ed insostituibile per la vita e, pertanto, la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile e all'acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo, un diritto universale, indivisibile, che si può annoverare fra quelli di cui all'articolo 2 della Costituzione;
·         con la promulgazione della Carta Europea dell'Acqua (Strasburgo 1968) la concezione dell'acqua come “bene comune” per eccellenza si è progressivamente affermata a livello mondiale;
·         il principio dell'accesso all'acqua come diritto fondamentale di ogni persona, secondo criteri di parità sociale e di solidarietà, e stato, altresì, ribadito dall'assemblea Generale delle Nazioni Unite (Risoluzione ONU del 29 luglio 2010);
·         inoltre, la risoluzione del Parlamento Europeo del 11 marzo 2004 sulla strategia per il mercato interno già affermava “essendo l'acqua un bene comune dell'umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno”;
·         la Risoluzione del Parlamento Europeo del 15 marzo 2006 sul IV Forum mondiale dell'Acqua dichiara “l'acqua è un bene comune dell'umanità” e chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015 ed insiste affinché “la gestione delle risorse idriche si basi su un'impostazione partecipativa e integrata, che coinvolga gli utenti ed i responsabili decisionali nella definizione delle politiche in materia di acqua a livello locale e in modo democratico”;
·         un più ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali migliorano la qualità delle decisioni e ne rafforzano l'efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere le sue preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto”, come sancito dalla Convenzione Internazionale di Aarhus (1998), ratificata dal nostro Parlamento con legge n. 108 del 2001 e approvata dalla Comunità europea con decisione n. 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005;
·         l’articolo 43 della Costituzione cita: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
·         l'esito della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno 2011, sancito dai decreti presidenziali pubblicati in Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 167 del 20-7-2011, ha determinato l'abrogazione sia dell'articolo 23-bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con la legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni e integrazioni, sia del comma 1 dell'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;





RITENUTO CHE

·         il bene acqua, pur essendo rinnovabile, per effetto dell'azione antropica può esaurirsi: è quindi responsabilità individuale e collettiva prendersi cura di tale bene, utilizzarlo con saggezza, e conservarlo affinché sia accessibile a tutti e disponibile per le future generazioni;
·         i cambiamenti climatici a livello mondiale stanno alterando gli equilibri del pianeta, producendo effetti che si manifestano anche in Italia con piogge torrenziali alternate a siccità prolungate e, nella nostra regione, con preoccupanti processi che determinano l’impoverimento delle falde acquifere;
·         per le ragioni e considerazioni in premessa, è necessaria una rinnovata iniziativa di tutte le pubbliche istituzioni per far si che l’acqua, risorsa naturale limitata, continui ad essere considerata bene comune pubblico e non merce condizionata dal mercato e dal profitto;
·         non è ulteriormente accettabile e sostenibile lo stato in cui versano le risorse idriche nel territorio del Comune di ____________________ e, più in generale, quelle all’interno della regione Lazio, caratterizzata da un continuo depauperamento in termini di quantità e qualità delle acque, dovuto principalmente ad una mancanza di pianificazione e una gestione orientata a massimizzare i profitti piuttosto che a garantire un servizio essenziale;

VISTO CHE

  • il Consiglio Regionale del Lazio ha approvato la legge di iniziativa popolare 04 Aprile 2014, n. 5 sulla “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”;
  • l’articolo 5 comma 1 della Legge Regionale n. 5 del 04/04/2014 prevede che “Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione individua con apposita legge gli ambiti di bacino idrografico e, al fine di costituire formalmente le Autorità di detti ambiti, disciplina le forme e i modi della cooperazione fra gli enti locali e le modalità per l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua, di fognatura e di depurazione delle acque reflue.”;
·         la Corte Costituzionale, con la sentenza 13 luglio 2017 n. 173, ha stabilito che gli Ambiti Territoriali Ottimali vanno definiti mediante un atto amministrativo e non attraverso una Legge Regionale;

IMPEGNA

la Giunta comunale ed il Sindaco a sollecitare il Presidente e la Giunta della Regione Lazio ad attuare la L.R. 4 aprile 2014, n. 5 "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque" e quindi:

·         ad approvare un atto amministrativo che in attuazione dell'art. 5 di suddetta Legge Regionale istituisce gli Ambiti di Bacino Idrografico e dispone la Convenzione di Cooperazione Tipo per il governo dei medesimi prendendo a base della discussione la proposta di legge prodotta dal Coordinamento Regionale Acqua Pubblica Lazio e depositata a firma di diversi consiglieri regionali, di maggioranza e opposizione, denominata PdL n. 238 che punta alla definizione di una pluralità di ambiti territoriali ottimali su base idrografica;

·         a porre in essere, nelle more della definizione del nuovo assetto del servizio idrico integrato sul territorio della regione, ogni possibile azione volta ad impedire il passaggio forzato degli impianti dei comuni ai gestori del servizio in forza delle convenzioni stipulate sulla base della normativa previgente e volta ad intervenire immediatamente per la cessazione degli affidamenti e delle concessioni non conformi alle norme europee;



9 ottobre 2017 : Il Consiglio Comunale di Torino approva la trasformazione di SMAT S.p.A. in Azienda di diritto pubblico

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua – Comitato provinciale Acqua Pubblica Torino


A sei anni di distanza,  il Consiglio comunale di Torino rispetta finalmente la volontà popolare espressa dal Referendum del 2011.
Lunedì 2 ottobre, con il voto favorevole del gruppo 5Stelle, di “Torino in Comune” e di "Direzione Italia", ha approvato la delibera di trasformazione della nostra azienda idrica SMAT S.p.A. in Azienda di diritto pubblico.
Torino diventa così la seconda grande città italiana, dopo  Napoli, e dopo 40 Comuni dell’area metropolitana torinese, a dare attuazione democratica all’esito referendario, avviando un percorso – con le cadenze definite nel Documento Unico di Programmazione allegato al Bilancio preventivo 2017 – che dovrà coinvolgere anche gli altri Comuni dell’Area Metropolitana,  per giungere sperabilmente a conclusione nell’aprile 2018.

La nostra città andrà così a collocarsi al livello delle altre grandi città e capitali europee, tra cui Parigi, Berlino, Amburgo, Londra, Barcellona, Tolosa, Nizza,  Montpellier, che hanno già ripreso in mano pubblica la proprietà e la gestione partecipativa della loro acqua, liberandosi dal provincialismo neoliberista dei partiti locali.

Il Comitato provinciale Acqua Pubblica Torino vede premiata la tenacia e la costanza con cui ha perseguito l’obiettivo della ripubblicizzazione di SMAT ma non si nasconde le difficoltà del percorso che resta da compiere.  La maggior parte dei Comuni dell’Area metropolitana torinese sono tuttora amministrati da maggioranze esplicite o “civiche” di area PD, il partito più ostile, dopo la Lega Nord,  alla trasformazione di SMAT.

Continueremo ad impegnarci nel percorso indicato dalla delibera appena approvata, con la quale Torino ha contrapposto agli interessi forti,  locali e multinazionali,  l’idea di un nuovo municipalismo dei Beni Comuni, nutrito di democrazia,  partecipazione, equità e efficienza.

Comitato provinciale Acqua Pubblica Torino


Torino, 9 ottobre 2017

mercoledì 11 ottobre 2017

Il colpo di mano sulla legge elettorale e la decomposizione del parlamento borghese

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia


Per un’astensione attiva, di lotta e di programma del proletariato

Il colpo di mano del governo Gentiloni  sulla legge elettorale e l’intesa sottobanco Renzi-Berlusconi-Salvini  esprimono la crisi profonda della democrazia borghese, preludono a un parlamento di nominati e di trasformisti, aprono la strada a un governo di tipo neocentrista imposto dall’oligarchia finanziaria. Servirà a liquidare le libertà dei lavoratori e ad avanzare nella trasformazione reazionaria dello Stato borghese.
La campagna elettorale in atto, costruita sulla pelle dei lavoratori, specialmente quelli immigrati, fa capire quello che si prepara.
Il parlamento è uno degli elementi più controrivoluzionari dell’apparato statale borghese, un organo in decomposizione, che serve unicamente a coprire la dittatura dei monopoli e ingannare milioni di lavoratori.
Noi comunisti non siamo astensionisti per principio. Se adottiamo una tattica astensionista non è certo per una forma di apoliticismo e neutralismo, ma per il suo esatto contrario: un  astensionismo attivo, di lotta e di programma, per aiutare il passaggio delle forze proletarie dalla sfiducia alla ripresa della lotta per la conquista del potere politico.
Pertanto oggi è anche sul fronte dell’astensione attiva che chiamiamo a realizzare l’unità nella lotta contro lo sfruttamento e la miseria, la reazione politica e la politica di guerra, contro il potere della borghesia, per l’alternativa rivoluzionaria di potere! 
Contro ogni illusionismo riformista e socialdemocratico oggi l’astensionismo costituisce un indispensabile strumento di preparazione ideologica delle masse alla battaglia rivoluzionaria.
Leghiamo l’astensione a un programma d’azione proletario, sul quale continuare a lottare nella campagna elettorale rifiutando qualsiasi tregua!
Rifiutiamo il voto alle elezioni-farsa per affermare un programma d’azione in 10 punti:

• Lavoro regolare e stabile per tutti, NO ai licenziamenti per i profitti, NO al precariato! Nessuno deve perdere il posto di lavoro, nessuno stabilimento deve essere chiuso.

• Riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali senza decurtazioni di salario, riduzione dei ritmi e dei carichi di lavoro,    aumento delle pause.

• Aumento immediati di salari, stipendi e pensioni per tutti i lavoratori, maggiori per i livelli più bassi; si alla completa detassazione di salario e pensioni fino a 1300 euro. Basta con le discriminazioni salariali nei confronti di migranti, giovani e donne.

• Abolizione delle controriforme delle pensioni e del sistema contributivo, ripristino del retributivo e delle pensioni di anzianità: 35 anni di contributi e 60 anni di anzianità per andare in pensione.

• NO alle limitazione alla libertà di sciopero e di rappresentanza sindacale, di manifestazione per i lavoratori. NO alla trasformazione reazionaria e autoritaria dello Stato.

• Tassazione fortemente progressiva su profitti, rendite, interessi, redditi. Colpire le gradi imprese, i grandi patrimoni, le transazioni finanziarie, i consumi di lusso. Confisca dei capitali e delle proprietà dei grandi evasori e frodatori, dei mafiosi, dei ladri e dei corrotti. Abolizione di tutti i privilegi, fiscali e non, degli stipendi, dei vitalizi, delle rendite e delle pensioni d'oro di manager, parlamentari, amministratori e preti.

• Disconoscimento e non pagamento del debito pubblico posseduto da monopoli, banche, assicurazioni, istituzioni finanziarie italiani e esteri;  abolizione  del Fiscal compact e del pareggio di bilancio.

• Basta con i tagli alla sanità, all’istruzione, ai servizi e ai trasporti pubblici, agli enti locali. Casa, istruzione, sanità e trasporti garantiti per le famiglie dei lavoratori e dei disoccupati.

• Per una politica di accoglienza dignitosa e rispettosa dei diritti dei migranti.

• Stop alla politica di guerra al servizio degli USA e della NATO, per il ritiro immediato di tutte le truppe inviate all’estero e la drastica riduzione delle spese militari a favore di quelle sociali e per i disoccupati. Per uscire dalla NATO, dall’UE e dall’euro, per la chiusura di tutte le basi USA e NATO esistenti in Italia, basta con le servitù militari.

Questo è il programma d'azione dell’astensionismo attivo proletario! Nessun partito borghese e piccolo borghese può portare avanti queste rivendicazioni vitali e urgenti per le masse lavoratrici. Anche su questa base si deve costruire un fronte proletario che troverà nel rifiuto del voto (o nel voto nullo) la sua forma di espressione sul terreno della lotta elettorale.
Ciò deve accompagnarsi alla costruzione di organismi operai e popolari di unità e di lotta contro il regime capitalistico, nei quali le masse sfruttate e oppresse possono riacquistare la loro forza e il loro peso nella lotta politica, preparandosi a creare un nuovo tipo di Stato.
Uno Stato generato dall’esperienza associativa della classe proletaria, che sorga dal suo movimento rivoluzionario in sostituzione del corrotto e oppressore Stato democratico-parlamentare borghese.
Sì, uno Stato  e un Governo operai, una società socialista, sono possibili, necessari e urgenti per uscire dal degrado in cui la borghesia ci trascina, per tirare fuori il paese dal vicolo cieco del capitalismo e avviarci verso un futuro in cui lo scopo della produzione non sarà più il profitto, ma il benessere delle masse lavoratrici.

11 ottobre 2017

Lettera da consegnare al prefetto contro il Rosatellum 2.0 e il suo metodo di approvazione.

Il comitato a difesa della Costituzione  di Trieste ha consegnato oggi al Prefetto la lettera che segue. Ci sembra un'ottima iniziativa, da replicare anche nel  nostro territorio.



Al Prefetto di Trieste
dott.ssa Annapaola Porzio
sua sede

La preghiamo di trasmettere cortesemente quanto segue

– al Presidente del Consiglio dei Ministri
- ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
- al Presidente della Repubblica

L'attuale Parlamento, eletto con una legge che è stata poi dichiarata incostituzionale, non ha il diritto morale di approvare un'altra legge elettorale che presenta evidenti elementi di incostituzionalità.

Tantomeno può sostenerla, chiedendo su essa voti di fiducia, un Governo il cui presidente Gentiloni in sede di prima fiducia ha dichiarato solennemente alle Camere: "in questo confronto - voglio  ribadirlo - il Governo non sarà l'attore protagonista: spetta a Voi, Onorevoli colleghi, la responsabilità di promuovere e trovare intese efficaci."

Al Presidente del Consiglio non abbiamo nulla da chiedere: la sua credibilità è ormai nulla e dovrebbe solo dimettersi. Al Parlamento chiediamo un sussulto di dignità: non approvino una legge elettorale a meno di un anno dalle elezioni, che appare inevitabilmente "legata a interessi congiunturali dei partiti", come denunciato dal "Codice di buona condotta in materia elettorale" della Commissione Europea "di Venezia".

Al Presidente della Repubblica chiediamo di non sottovalutare le le tante segnalazioni di incostituzionalità della legge in discussione provenienti da fonti autorevoli e di farsi garante del rispetto della Costituzione: un'eventuale pronunciamento negativo della Corte potrebbe avvenire dopo che la nuova legge elettorale avesse già avuto i suoi effetti sulla prossima consultazione, lasciando in carica il quarto parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale, proposta e votata solo per perpetuare il potere - ottenuto incostituzionalmente - di chi già l'aveva.

Trieste, 11 ottobre 2017


I Cittadini di Trieste che hanno sostenuto assieme all'ANPI la campagna per il NO al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.

Fateci scegliere i nostri parlamentari NO AL VOTO DI FIDUCIA

Comitato per la Democrazia Costituzionale


No alla fiducia, No a questa legge elettorale che renderà sempre più il parlamento subalterno alla volontà dei capi partito.
Chi la vuol approvare con forzatura dei tempi e col voto di fiducia ha dalla sua inquietanti precedenti: fu posta nel 1923 sulla legge Acerbo e nel 1953 sulla legge truffa e 2015 su una legge elettorale incostituzionale.
Mettere la fiducia per costringere a il parlamento a votare la legge elettorale è un atto di eccezionale gravità. Anzitutto vuol dire che la maggioranza parlamentare tanto decantata potrebbe non esserci e governo e maggioranza pensano di risolvere le difficoltà con un atto di imposizione come è il voto di fiducia. Si sta riproponendo lo scenario autoritario dell'approvazione dell'Italicum. Si ripropone in modo ancora più negativo un atteggiamento di spregio verso il ruolo del parlamento che anticipa quel che accadrà dopo le elezioni, se questa legge elettorale andrà in porto: 
Il futuro parlamento con questa legge non sarà scelto dai cittadini ma nominato dai capi dei partiti. Non solo non ci consentono di scegliere i parlamentari ma neppure hanno accettato di introdurre modifiche di buon senso come la possibilità di esprimere due voti distinti tra liste del proporzionale e candidati nel maggioritario, meglio se con due distinte schede come hanno suggerito autorevoli costituzionalisti,limitando così pesantemente la possibilità degli elettori di scegliere. E' una pessima scelta per la nostra democrazia. 
Se il governo Gentiloni si assumerà' questa responsabilità' vorrà dire che ha chinato la testa di fronte al diktat di Matteo Renzi e del Pd e questo malgrado avesse più volte affermato che il governo non sarebbe entrato - tanto meno con questa autentica imposizione - sulla legge elettorale. La parola del governo e del Presidente del Consiglio non avranno più alcun valore da qui in avanti, questo è un atto grave che avrà ripercussioni pesanti. Tutte le dichiarazioni di garbo istituzionale fin qui fatte suonano come autentiche prese in giro delle elettrici e degli elettori.
Il Presidente della Repubblica farebbe bene a fermare questo atteggiamento autoritario e a non firmare una legge elettorale approvata con voto di fiducia a pochi mesi dalle elezioni e in spregio ad un referendum che ha bocciato lo stravolgimento della Costituzione il 4 dicembre 2016.
Se la legge elettorale verrà' approvata con il voto di fiducia si aprirà una grave ferita nella qualità della nostra democrazia. C'è da augurarsi fino all'ultimo che nell'unico voto segreto che ci sarà la Camera decida di bocciarla. Chi promuove questa scelta, chi la subisce, chi l'accetta si assume una grave responsabilità, i cui esiti possono essere nefasti per la qualità della democrazia del nostro paese.
Chi è contrario lo dica con tutta la forza possibile, noi lo faremo e invitiamo tutti i cittadini a mobilitarsi per l'affermazione della legalità democratica, utilizzando tutti gli spazi possibili a partire dal voto del Senato, anche se la Camera dovesse soggiacere all'imposizione.
Per la salute della democrazia italiana questa legge non deve essere approvata.


Roma, 10/10/2107

lunedì 9 ottobre 2017

Interrogazione parlamentare sulla gestione di Acea Ato 5 spa

Riccardo Copiz Coordinamento Provinciale Acqua Pubblica Frosinone.

Riportiamo qui sotto il testo dell'interrogazione presentata durante la seduta del Senato del 3 ottobre scorso dal Senatore Massimo Cervellini (Sinistra Italiana) in merito alla gestione di Acea Ato 5 spa.
Attendiamo la risposta...

 

Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:
negli ultimi mesi molti cittadini residenti nella provincia di Frosinone lamentano la carenza o addirittura l'assenza della risorsa idrica nelle loro abitazioni, a causa del pessimo servizio gestito da Acea ATO 5. Proprio nel periodo più caldo dell'anno questi cittadini si sono visti privare di un bene primario come l'acqua, a volte in modo improvviso senza una minima comunicazione e senza l'assistenza necessaria per avere acqua potabile con mezzi sostitutivi, ad esempio autobotti;
la mancanza di acqua non avviene solo per fasce orarie, ma anche per interi giorni e mesi, in particolare, nei comuni di Anagni, Ferentino, Ceccano, Esperia, Paliano;
nonostante le prime piogge e l'abbassamento delle temperature, la situazione non è migliorata, e la provincia di Frosinone si trova in piena emergenza sanitaria e sociale per quanto riguarda la drastica riduzione del flusso idrico da parte del gestore privato;
in data 28 agosto 2017, il segretario provinciale di Sinistra Italiana e consigliere comunale di Ferentino, Marco Maddalena, descriveva tale situazione alla segreteria tecnica operativa ATO 5 di organo di controllo, via PEC, invitandolo ad attivarsi per applicare le relative azioni previste dalla convenzione con il gestore privato come la riattivazione regolare del flusso idrico, l'applicazione delle relative penali, il risarcimento del danno ai cittadini interessati e la messa in atto della risoluzione contrattuale, non ricevendo, ad oggi, nessuna risposta;
nel dicembre 2016, l'assemblea dei sindaci dell'ATO 5, a maggioranza, aveva deliberato per la risoluzione contrattuale con Acea ATO 5, decisione ancora non messa in atto dal presidente dell'assembla dei sindaci e dalla segreteria tecnica organizzativa ATO 5;
considerato che:
ogni anno Acea ATO 5 evoca la siccità come causa principale del disservizio, per celare le sue croniche inadempienze relativamente agli interventi e alle manutenzioni necessarie per migliorare il servizio e attenuare il livello delle dispersioni;
secondo i dati del Coordinamento acqua pubblica di Frosinone, in condizioni normali l'Acea preleva costantemente dalle sorgenti del frusinate e immette negli acquedotti 3.900 litri al secondo; tale portata garantirebbe ad una popolazione di oltre un milione di persone una dotazione giornaliera pro capite di 250 litri, considerando anche un livello di perdite funzionali negli acquedotti;
ricordando che la popolazione residente nella intera provincia di Frosinone raggiunge i 495.000 abitanti, si comprende appieno quanta acqua, in tutti questi anni, è stata dispersa negli acquedotti, dal momento che, se la percentuale di perdite fosse stata contenuta entro limiti funzionali, l'acqua non sarebbe mancata ai cittadini,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano informati relativamente alle gravi criticità esposte e se intendano intervenire per garantire l'accesso all'acqua duraturo alle popolazioni della provincia di Frosinone;
se non ritengano opportuno assumere iniziative volte a rivedere complessivamente la gestione dei servizi idrici verso la ripubblicizzazione del servizio, come sancito dal referendum del 2011, alla luce delle criticità emerse non solamente nel caso della provincia di Frosinone, nei confronti della gestione privata.
(4-08158)

YA BASTA! LA MISURA E’ COLMA

Felice Besostri



Come al solito aveva ragione quel democristiano di lungo corso, per il quale la generale e diffusa convinzione che il Rosatellum 2.0 era su un binario morto faceva parte di una dezinformacija  accuratamente studiata a tavolino, per impedire una forte opposizione politica, giuridica e intellettuale, che mobilitasse la pubblica opinione. Una legge immorale, come la definisce il prof. Ainis, è incostituzionale, perché se le funzioni pubbliche devono essere esercitate con “disciplina e onore” (art. 54 Cost.) e i parlamentari devono agire nell’esclusivo interesse della Nazione, che rappresentano “senza vincolo di mandato”(art. 67 Cost.), chi è nominato -e non eletto- con una legge immorale, non potrà agire come la Costituzione richiede. 

Non si tratta di un’ipotesi astratta, ma di un film già visto con questa legislatura. Un Parlamento eletto con una legge incostituzionale come accertato definitivamente dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/2014 ha prodotto in serie una revisione costituzionale bocciata clamorosamente da un popolo italiano, uscito per l’occasione dal suo letargo astensionista e una seconda legge incostituzionale l’Italikum, colpito al cuore dalla sentenza n. 35/2017 della Consulta, grazie ai ricorsi collettivi , promossi dagli avvocati antitalikum, sostenuti in molti casi da parlamentari ora di Sinistra Italiana, MDP , Civici e Innovatori e M5S. 

Non soddisfatti, perché graziati da uno scioglimento anticipato da un Presidente della Repubblica, che non aveva colto l’invito implicito ad una legislatura breve con il richiamo espresso della Corte Costituzionale agli articoli 61 e 77 Cost., che prorogavano i poteri delle Camere per un periodo da 60 a 90 giorni, approveranno una terza legge elettorale “immorale” e incostituzionale.


“ Perché incostituzionale? -ha concluso con amarezza l’avv. Felice Besostri, coordinatore degli avvocati antitalikum e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale- perché con il voto congiunto il voto non è più libero e personale in violazione dell’art. 48 Cost., con le pluricandidature in liste proporzionali corte si  eleggono i candidati perdenti degli uninominali alla faccia delle condizioni di eguaglianza per le cariche elettive prescritte dall’art. 51 Cost. ed infine con l’obbligo di presentare candidature uninominali  dovunque non vi è liberta dei movimenti politici di concorrere  alla determinazione della politica nazionale contro l’art. 49 Cost.”


domenica 8 ottobre 2017

Il partigiano universale Guevara protagonista anche della rivoluzione jazz.

Luciano Granieri




Il 9 ottobre di 50 anni fa nel villaggio di La Higuera in Bolivia veniva ucciso Che Guvara. L’assassinio avvenne per mano di un ufficiale dell’esercito boliviano, Andres Selnich, che lo freddò con un colpo di pistola dritto al cuore dopo aver ricevuto da lui uno  schiaffo.  Il  Che picchiò l'ufficiale con le ultime forze che gli rimanevano  mentre giaceva, ferito e sfinito su una barella. 

Le commemorazioni, espresse  attraverso autorevoli interventi per  il cinquantenario della morte di Ernesto Guevara (detto il Che) stanno riempiendo  la rete e gli organi di stampa, in particolare quelli che in qualche modo professano idee di sinistra (vere o presunte). Vorrei  quindi indirizzare  questo intervento su una strada diversa. Sottolineare cioè lo   spirito rivoluzionario che il medico  argentino è riuscito a trasferire nel processo creativo di molti musicisti. Potremmo dire che il 9 ottobre  1967 Guevara cessava di lottare in prima persona per la  libertà universale, ma continuava la sua battaglia nelle espressioni creative di artisti e musicisti. 

La voglia di celebrare le gesta  del rivoluzionario argentino hanno coinvolto, nel corso degli anni, tutti gli stili :  dalla musica popolare proveniente dall’America Latina,  dal Sud America , al folk, fino al rock. La produzione musicale dedicata al Che è sterminata, ma qui vorrei concentrarmi solo  sui contributi jazzistici. Giova precisare che questo intervento trae spunto dall’ottimo articolo intitolato "La musica del Che" scritto da Guido Michelone e  pubblicato sabato 7 ottobre, su “Alias, inserto culturale de “il manifesto”.  

Non vi è dubbio che una musica tesa   a cercare sempre  nuovi spunti creativi come il jazz non potesse ignorare lo spirito rivoluzionario del guerrigliero argentino. Come non è da trascurare il fatto che l’espressione musicale afroamericana spesso è diventata un manifesto politico, in particolare per la difesa dei diritti civili dei neri. Strange Fruit, il brano cantato da Billiye Holiday, inciso 80 anni fa resta uno dei primi e forse più incisivi atti politici della musica nera. Il jazz proprio per le sue origini popolari comuni alle minoranze, ai non conformi, non solo neri, ma a tutti gli immigrati, gli emarginati, i poveri,  traduce in suoni la lotta di classe. 

La storia americana fra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60, nel periodo cioè di maggiore attività rivoluzionaria del Che, vide la recrudescenza della lotta interna all’imperialismo . In questo frangente più stretta divenne la connessione fra i liberals  bianchi che lottavano contro l’oppressione  borghese  e i neri impegnati nella lotta per i diritti civili.  Nel 1954 il Comunist Control Act, aveva messo fuori legge il partito comunista, e la rivoluzione Cubana del 1959, di cui Guevara fu grande protagonista,  aveva portato il pericolo rosso a due passi dalla Florida . Non solo, ma Castro, a seguito di quella rivoluzione cacciò ,  oltre ai  gangster americani, anche le multinazionali che a Cuba erano diventate padrone di tutto. 

Cuba come fronte antimperialista ad un tiro di schioppo dall’impero, spinse a raggruppare sotto la motivazione della lotta antimperialista tutte i conflitti  sociali che in quel periodo stavano rifiorendo e proliferando, compresa la grande battaglia dei neri. Bianchi, neri,ispanici,  poveri, diseredati, vietnamiti, cubani tutti insieme uniti contro l’imperialismo.  

Ciò non poteva sfuggire ai jazzisti, soprattutto quelli più politicizzati ed impegnati nel nuovo linguaggio di liberazione armonico-melodica  denominato free jazz.  Free appunto, libero come Guevara, una partigiano internazionalista, universale, ribelle, comunista. Le operazioni improvvisative si svolsero sostanzialmente su due brani:  la ballata “Hasta Siempre” composta dal musicista cubano Carlos Puebla nel 1965 quando Guevara lasciò  definitivamente Cuba per portare la rivoluzione in Congo ed in Bolivia e “Song for Che” una ballad strumentale scritta dal contrabbassista statunitense Charlie Haden. 

La Liberation Music Orchestra guidata da Haden, insieme alla moglie Carla Bley, composta da jazzisti che diventeranno punti di riferimento  del free jazz (come i sassofonisti Gato  Barbieri e Dewey Redman, o come il trombettista Don Cherry),  incise nel 1970 un disco in cui, oltre a Song for Che  sono riproposti in chiave jazz brani   popolari di lotta della rivoluzione spagnola El Quinto Regimento”, “Los Quatros Generales”, “Viva la Quince Brigada”. 


In realtà la prima versione di Song for Che fu incisa nel 1969 dal quartetto di Ornette Coleman, con lo stesso Haden al contrabbasso,  nell’album Crisis .Qui il tema è appena accennato e conduce ad una veemente improvvisazione free. In realtà le evoluzioni atonali del free non erano molto popolari la musica di protesta che risuonava ad Harlem era il R&;B. Ne conseguì che  il nuovo stile si affermò in modo più solido in Europa dove le lotte di librazione e per i diritti sociale e civili non mancavano.

Molti jazzisti americani trovarono  più successo nel Vecchio Continente che in patria. Non di meno s’imposero all’attenzione come eccellenti interpreti  del nuovo stile  molti  musicisti europei. E’all’organista belga Fred Van Hove che si deve il brano “Requiem for Che Guevara” Si tratta della facciata A di un vinile live registrato al Berlin Jazz Festival il 10 novembre 1968. Nel  giovane sestetto figuravano, oltre a Van Hove,  il batterista Han Bennink e il sassofonista Willem Breuker, validi esponenti dell’avanguardia olandese.

Ma gli omaggi dedicati al Che sono proliferati  anche dopo gli anni ’60. Nel 1974 il quartetto guidato da Jan Garbarek al  sassofono e dal pianista Bobo Stenson, norvegese il primo, svedese il secondo, proposero  una struggente versione strumentale di Hasta Siempre . Il brano, inserito nel disco Whichi-Tai To, era caratterizzato da  un’improvvisazione pulita e dolente di Garbarek. Anche il batterista  inglese, ex membro  dei Soft Machine, Robert Wyatt, da sempre schierato per l’internazionalismo socialista, fornì  nel 1975 una versione eccellente ma  più ortodossa di Song for Che, inserita nell’album Ruth is Stranger than Richard mentre il tema di Hasta Siempre fu  riproposto dallo stesso Wyatt nel 2007. Una  versione di Song for Che, inserita in un brano dal titolo  Reducing Agent  è eseguita nel 2006 dall’ensemble nipponico Otomo Yoshihide’s New Jazz Quintet.

E in Italia?  Anche qui gli omaggi al Che non sono mai mancati in tutti i contesti  musicali. In ambito jazzistico   nel 2003 il sassofonista napoletano Daniele Sepe inserì   una versione di Hasta Siempre nel CD Suonarne 1 per educarne 100 , mentre in Vitae Perditae, il jazzista partenopeo ripropse   Zamba del Che un requiem folk composto dal cantante cileno Victor Jara.

Ma il jazzista italiano più guevarista di tutti è il pianista Gaetano Liguori.  Un costante impegno militante nel movimento studentesco  e nel panorama antagonista italiano contraddistingue un’attività che mette insieme lotta politica ed espressione rivoluzionaria  musicale. Nel 2004 pubblicò  per la collana “il  manifesto” il CD  “il comandante”. E’ praticamente un manifesto programmatico, dove l’autoritratto dell’artista in copertina strizza l’occhio all’immagine del Che.

In un’intervista Liguori racconta : “Sono stato profondamente segnato dalla morte sacrificale  del Che e, sul piano artistico, dalla commemorazione fatta al contrabbasso da Haden.  La lezione del Che era ancora palpabile a Cuba undici anni dopo la sua scomparsa; ne parlavamo con giovani e meno giovani che venivano ai concerti  -Liguori si riferisce al festival de la Juventude organizzato a Cuba nel 1978 dove parteciparono anche gli Area, Mauro Pagani, il Canzoniere Italiano, Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, Francesco Guccini ndr- ma al ritorno ci fu una polemica tra me e Guccini, che sosteneva che i Cubani non capivano niente di musica. Io invece il contrario. Il fatto era che personalmente suonavo all’Avana a contatto più diretto con un pubblico specialistico, perché mi esibivo in un club di musica classica contemporanea. Intenditori, insomma, che apprezzavano il free jazz. Guccini fu mandato in una fabbrica di birra: cantava in italiano che la gente non capiva e suonò maluccio “La locomotiva”.Con il fior di chitarristi cubani presenti era logico che non ricevette grandi ovazioni”.

 Ma se si chiede a Gaetano Liguori cosa significhi oggi Ernesto Che Guvara è sin troppo esplicito: “Nella suite Cile libero Cile rosso (1974) dal mio primo omonimo album, inserivo alcune note della canzone del  Che; quarant’anni dopo Noi Credevamo e…crediamo ancora, non è solo il titolo di un disco, ma una dichiarazione di intenti per onorare la memoria di gente come Malcom X, Martin Luther King, Mao, Ho ChiMin, Nelson Mandela e, appunto, Che Guevara. E comunque non sarà un caso che anche nella nuova Suite della libertà io citi di nuovo quella canzone . “Hasta Siempre Comandante”.

Dunque HASTA SIEMPRE COMANDANTE.