sabato 17 luglio 2010

Colleferro di nuovo tra la cronaca dei rifiuti - da ReTuVaSa

Operazione di servizio Ragnatela
 
Centomila tonnellate di rifiuti pericolosi, compresi scarti della raffineria di Gela, smaltiti illegalmente fra il 2005 e il 2009 in discariche italiane ed europee, con la copertura di un ufficiale di polizia giudiziaria in servizio presso la procura della Repubblica di Macerata, sospettato di intascare tangenti per insabbiare i controlli. E' l'operazione 'Ragnatela', condotta dai carabinieri del Noe di Ancona e coordinata dalla procura di Napoli, che ha sgominato un'organizzazione criminale con base nelle Marche, presso la Eco service srl di Corridonia (Macerata), un gruppo industriale attivo nella gestione integrata dei rifiuti, e diramazioni in Campania, Lombardia, Puglia, Abruzzo, Lazio e Sicilia. Trenta gli indagati, di cui cinque finiti in carcere e quattro agli arresti domiciliari su ordine del gip di Napoli. Sotto sequestro la Eco Service e tutti i suoi impianti e mezzi di trasporto, insieme a 90 mila euro di tributi non versati alle Regioni Marche e Puglia per il pagamento dell'ecotassa. L'indagine e' partita da un controllo del Noe nella discarica di Casoria, in Campania. Da li', gli investigatori del Nucleo per la tutela dell'ambiente hanno ricostruito l'intero percorso dei flussi illegali di rifiuti: un business da 5 milioni di euro per l'organizzazione malavitosa, che poteva contare sulla collaborazione compiacente di produttori, trasportatori, laboratori di analisi e impianti di gestione e discariche di mezza Italia. Accompagnati da formulari, certificati e registri di carico e scarico falsificati, gli scarti, provenienti in genere dal centro-sud (anche dall'azienda multiservizi di Roma e da un sito dismesso di Colleferro) erano diretti nelle Marche, o in discariche della Puglia, dell'Abruzzo, della Lombardia e della Germania, per essere smaltiti dopo essere transitati nell'impianto di Corridonia per un trattamento specializzato fittizzio. Scarti del petrolchimico siciliano, melme, terre e rocce da scavo, miscele di rifiuti pericolosi, fanghi industriali, filtri, ceneri pesanti, fanghi di perforazione, polveri di caldaia e altre sostanze tossico-nocive, contaminate da arsenico, cromo, rame, piombo, zinco e idrocarburi, avrebbero dovuto essere trattati come rifiuti speciali pericolosi. Invece, venivano 'ripuliti' solo sulla carta, per risparmiare sui costi di gestione di macchinari e procedure, e avviati a discariche pubbliche, come normali rifiuti. Gli impianti, fra questi la discarica 'Senesi' di Morrovalle (Macerata), accettavano i carichi sapendo che erano incompatibili con le proprie autorizzazioni, e che avrebbero messo a rischio la salute dei cittadini. Due famiglie marchigiane attive nel redditizio settore del trattamento dei rifiuti e un ufficiale di Pg che fungeva da 'talpa', sviando i controlli di vigilanza ambientale e consultando le banche dati di polizia per agevolare i mercanti di scarti, dietro compensi in denaro. Sono loro, secondo la tesi della procura di Napoli, i principali protagonisti del maxi traffico illegale di rifiuti scoperto dal Noe con l'operazione 'Ragnatela'. Undici le ordinanze di custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, truffa aggravata, corruzione e accesso abusivo a sistemi informatici notificate agli indagati. In carcere sono finiti Pietro Palmieri, 62 anni, titolare della Eco service srl di Corridonia (Macerata), mentre il figlio Giordano, 35 anni, responsabile tecnico della societa', ha ottenuto gli arresti domiciliari. Custodia in carcere per i maceratesi Gianfranco Bernabei, 67 anni, e il nipote Adriano, 55 anni, responsabile commerciale e tecnico e coordinatore operativo della Eco Service, e per l'agente di Pg della procura di Macerata Marcello Cioppettini, 63 anni, di Macerata e il legale rappresentante e direttore della discarica 'Senesi' di Morrovalle Rodolfo Briganti, 51 anni, di Porto Sant'Elpidio (Fermo). Agli arresti domiciliari invece Enrico Vita, 65 anni, di Macerata, direttore tecnico e preposto della discarica 'Senesi', Sergio Gozza, 57 anni, indermediario bresciano di rifiuti, e Paolo Marinelli, 38 anni, di Montecassiano (Macerata), consulente per le attivita' transfrontaliere dell'Eco Service. Il gip ha poi disposto l'obbligo di dimora per Francesco Maio, 58 anni, di Lanciano (Chieti), legale rappresentante della discarica 'Bleu' di Canosa di Puglia (Barletta-Andria-Trani), e Maurizio Campitelli, 49 anni, di Castel Frentano (Chieti), gestore della 'Bleu'. Diciannove gli indagati a piede libero fra Marche, Lombardia, Abruzzo e Puglia. Gli impianti di gestione su cui l'organizzazione poteva contare sorgono nelle province di Macerata, Ascoli Piceno, Siracusa, Napoli, Caserta, Roma, Bari, Taranto, Salerno e Brescia. Dieci le ditte di trasporto al centro dei flussi di rifiuti, operative nelle province di Macerata, Napoli, Caserta, Siracusa e Bari, quattro le discariche pubbliche (a Macerata, Ascoli Piceno, Bari e Taranto). Il valore complessivo dei beni sequestrati (compresi cinque mezzi fra autocarri e auto) e' di 20 milioni di euro. Un centinaio i carabinieri che hanno preso parte all'operazione, militari del comando della Tutela per l'ambiente e dei comandi provinciali di Macerata, Ascoli Piceno, Chieti e Brescia.




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Rete per la Tutela della Valle del Sacco 

Presidente: Alberto Valleriani - 3356545313
Vicepres.: Pasquale Maiorano - 3924810803
Segretario: Massimo Colaceci - 3491331543
Ufficio Stampa: 3491331543

on-line su www.retuvasa.org

alcuni siti amici locali:

Nella pancia del mostro di polvere e amianto - di Luciano Granieri.

La martoriata Valle del Sacco è disseminata di zombie industriali. Enormi carcasse di capannoni e strutture in degrado, carichi   di polveri e di amianto il cui unico effetto  effetto è quello di concorrere all'inquinamento di un sito che oggi viene definito "La Sveso del Lazio" Tetre vestigia che  testimoniano  i danni incalcolabili provocati  dalla selvaggia industrializzazione  sia a livello sociale, succhiando il sangue delle persone che li hanno lavorato per poi essere licenziate, sia a livello territoriale fagocitando enormi porzioni di territorio  e  rivomitate  ferite a morte, senza alcuna possibilità di essere utilizzate  dalla comunità. Di seguito mostriamo due di questi mostri.
Il primo si trova sulla Via Morolense, circa un chilometro dopo l'incrocio con l'asse attrezzato. Il secondo invece è situato sempre sulla Morolense cinquecento metri oltre la rotatoria del casello autostradale di Ferentino.



Fiat: l'arroganza padronale non conosce limiti - di Davide Margiotta operaio metalmeccanico, responsabile nazionale lavoro sindacale Pdac

E' passato quasi  un mese dal referendum-farsa di Pomigliano organizzato in combutta col padrone dai sindacati gialli Cisl, Uil, Fismic e Ugl. Nonostante le pressioni e il ricatto della perdita del posto di lavoro gli operai non si sono piegati e, dati alla mano, hanno respinto il piano padronale di distruggere diritti e conquiste di secoli di lotte col consenso dei lavoratori. E' bene ricordare infatti che gli operai hanno votato in stragrande maggioranza contro l'accordo della vergogna.
Solamente Slai-Cobas e Fiom si sono messi di traverso rispetto al piano padronale. Anche se la direzione Fiom ha cercato da subito di tornare a sedersi al tavolo. Addirittura il giorno seguente il referendum, invece di lanciare la mobilitazione su larga scala, forte della disponibilità alla lotta mostrata dagli operai persino tramite il voto, si è detta disponibile a riaprire la trattativa.
Purtroppo per certi burocrati sindacali, però, ci sono momenti nella storia (che è storia di lotta di classe) in cui la trattativa non è possibile, perché la controparte, per salvare i propri profitti, non vuole cedere nulla. Nel mondo si sta combattendo una guerra all'ultimo sangue tra Capitale e lavoro. Il problema è che i proletari non hanno un comando per le proprie truppe. Questa guerra viene combattuta giorno dopo giorno dalla Fiat alla più piccola officina in capo al mondo, ovunque con lo stesso scopo (diminuire e precarizzare il personale, aumentare la produttività, aumentare i ritmi, eliminare ogni diritto e ogni conquista).
Diplomazia in tempo di guerra
E così, mentre è in atto una guerra mondiale di simile portata, la burocrazia sindacale (questo strato di parassiti che trae dal sistema capitalista il proprio sostentamento e che dunque lavora attivamente per la salvaguardia del sistema) finge di ignorare persino che si stia combattendo, questa guerra.
La burocrazia Fiom, invece di radunare le truppe per prepararle alla battaglia (e avrebbe la possibilità di farlo), si limita alla diplomazia: uno sciopero ogni tanto (quel tanto che basta per non disturbare troppo il manovratore), una minaccia di ricorrere alla magistratura, una apertura al “dialogo”.
Questa linea per i lavoratori è assolutamente fallimentare. E infatti mentre certi burocrati giocano alla diplomazia in tempo di guerra, il padrone prova l'affondo finale. Da Mirafiori a Terni iscritti e delegati della Fiom vengono licenziati con vari pretesti. Il messaggio è chiaro: non si ammette nessun tipo di dissenso, forti anche del sostegno aperto del governo.
Talvolta la mente umana gioca degli scherzi. Se una cosa ci spaventa, tendiamo a rimuoverla. Così fanno i burocrati, che temono più di ogni altra cosa l'esplosione delle lotte. Di fronte a un attacco padronale senza precedenti, di fronte alla chiara rappresaglia contro i lavoratori sindacalizzati, Guglielmo Epifani non trova di meglio che dichiarare: “Fiat sta sbagliando strada e prima se ne accorge e meglio è. C'è il rischio di una radicalizzazione; una situazione che non va bene né per i lavoratori, né per l'azienda, né per il Paese”.
Pomigliano: nuovo modello per tutti
Da subito abbiamo segnalato come l'accordo della vergogna siglato a Pomigliano fosse, nelle intenzioni dei firmatari, un cavallo di Troia.
Il ministro del Lavoro Sacconi lo ha dichiarato apertamente, intervenendo alla presentazione del rapporto sulle liberalizzazioni 2010: “L'accordo di Pomigliano farà scuola. [...] I referendum non si devono più fare anche se quello è andato benissimo. In un sistema moderno competitivo non può che esserci una democrazia delegata. [...] Non abbiamo mai avuto una democrazia assembleare, è solo la Fiom che la chiede”.
Con l'entrata in vigore dell'accordo sul nuovo modello contrattuale, firmato da governo e Confindustria, insieme alle direzioni collaborazioniste di Cisl e Uil, di fatto si demolisce il Contratto collettivo nazionale di lavoro, liberando le imprese dal vincolo di contrattare collettivamente diritti e salari dei lavoratori. E ovviamente i lavoratori presi singolarmente, o azienda per azienda, hanno molta meno forza per lottare.
I licenziamenti di questi giorni hanno a che vedere più con Pomigliano che con altro (nel caso di Mirafiori esplicitamente, negli altri casi apparentemente meno). Il ministro Sacconi, che non perde mai occasione per stare zitto, parlando a margine dei lavori sulla manovra a Palazzo Madama, è arrivato a mettere in discussione il diritto stesso dei lavoratori a lottare: "Ci sono stati episodi che, se veri, sono gravi. Non si puo' impedire ad altri di lavorare e impedire ai semilavorati di circolare. Mi auguro che siano gli ultimi fuochi di un mondo che si esaurisce e che la lettera della Fiom significhi che dopo la tempesta possa tornare il sereno”, facendo riferimento alla lettera distribuita da alcuni lavoratori di Mirafiori durante il corteo del 14 in cui si invitava Marchionne a un confronto “senza filtri e finzioni mediatiche”.
Ma la lotta di classe non si può fermare!
Nonostante gli auspici di padroni e burocrati, la lotta di classe non si può fermare! Certo gli operai sono rallentati e respinti indietro a ogni passo dalle direzioni riformiste (sindacati e partiti governisti), pronte a svendere a ogni curva diritti e conquiste per una manciata di mosche. Ma finchè la società resterà divisa in classi, contrapposte per loro stessa natura, la lotta di classe non si arresterà.
Ancora una volta, di fronte ai gravissimi fatti di questi giorni, la riposta delle burocrazie è insufficiente (il solito sciopero saltuario). Ma i lavoratori di Pomigliano, che pure vivono in una zona disagiata in cui l'abbandono della Fiat potrebbe voler dire anni di disoccupazione e depressione, hanno dimostrato di non accettare ricatti e di essere pronti a lottare.
E' ora di sviluppare questa lotta. Bisogna lanciare la parola d'ordine dell'occupazione di tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat, a partire da Pomilgiano! La classe operaia della Fiat potrebbe così non solo respingere l'attacco di Marchionne ma anche diventare, come altre volte nella nostra storia, punto di riferimento di tutte le lotte operaie in corso.
I lavoratori sono sotto il tallone di ferro di un attacco senza precedenti da parte delle classi dominanti in rovina, che lottano senza esclusione di colpi per salvarsi dalla catastrofe . Ad oggi quello che manca per reagire e invertire la rotta non è certo il coraggio o la disponibilità al sacrificio. Quello che manca è una direzione rivoluzionaria, in grado di trasformare ogni attacco padronale, ogni ingiustizia sul posto di lavoro e ovunque nella società, in altrettante scintille di rivolta. Una direzione a livello internazionale in grado, partendo dai bisogni elementari delle masse, di sollevare i miliardi di oppressi del mondo e rovesciare una volta per tutte questo sistema di sfruttamento universale chiamato capitalismo.

giovedì 15 luglio 2010

Note sui commenti - La Redazione

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Privacy - di Mario Saverio Morsillo




Dice che la privacy è un valore a sè stante, irrinunciabile per il cittadino. Per questo, Cesare (sappiamo chi è!) vuole una legge fortemente garantista . Ma non per tutti: solo per i ministri, i mafiosi, quelli potenti che si sottomettono alla sua autorità. Già questo è assurdo, ma in
ogni caso questo concetto stona con la pratica comunicativa del gruppo di potere autodefinitosi 'Forza Italia'. Dice Berlusconi:? la mia vita privata è mia, e nessuno può sindacarla'. Bene. A parte però che è difficile sostenere che farsi le minorenni, come all'epoca era Noemi Letizia, sia vita privata, è altrettanto vero che è stato lui a creare interesse per la sua vita privata.
In occasione delle elezioni del 2001 a casa mia arrivò, non si sa pagata da chi, come quelle che arrivarono in TUTTE le case degli italiani, una rivista, intitolata 'Una Storia Italiana', Coordinatore redazionale Sandro Bondi. In essa rivista si decantavano pregi, virtù e glorie di Silvio Berlusconi, facendo riferimento quasi esclusivamente alla sua vitaprivata, ed allo stupendo rapporto matrimoniale con l'amasta moglie Veronica Lario (era ancora il 2001..). Qualche esempio? A pag.6 si parla de carattere e le passioni del Nostro, a cominciare dalla sua educazione in scuole cattoliche (povero Gesù Cristo, avesse saputo...); poi dell'affetto verso il papà, modesto impiegato di banca, e l'amicizia che lo legava alla mamma signora Rosetta, e lui a spasso con Luigi junior, ultimo cucciolo, e l'incitamento a Marina e Piersilvio ad andare avanti da soli (figli della prima moglie, ma questo non viene specificato), e Veronica il grande amore   (pag. 13, chi vuole posso mostrarglielo) con l'affermazione testuale ' Silvio Berlusconi ha sempre avuto un vero e proprio culto per la famiglia. Anche oggi, ogni momento del suo tempo libero è dedicato ai suoi cari'.....E l'oroscopo di
Silvio a pag.17? E 'I piccoli segreti di Silvio' da pag. 20 a pag. 27, dove si dice che Egli ama riparare vecchi mobili, e legge Dante,  Platone, sant'Agostino ed i mistici medioevali (qui è d'uopo la stessa considerazione fatta a proposito di Gesù Cristo), e che gli piace la musica..... E, visto che l'elenco è lungo e che a chi vuole posso mostrare la rivista originale in oggetto, aggiungo solo che la rivista in oggetto era accompagnata da un foglio firmato da Guido Possa, allora presidente
dei Club Forza Italia, nel quale si afferma che 'Queste pagine Le faranno conoscere più da vicino una persona (Silvio, nota mia) che in ogni sua attività ha saputo sempre cogliere il nuovo ed ha avuto il coraggio e la capacità di realizzarlo'.
Ora, a parte le castronerie e le falsità di questo opuscolo, è chiaro che quando gli ha fatto comodo è stato lui, Berlusconi, a creare interesse verso la sua vita privata. Come può, ora che si è svelato il supo vero volto, inquietarsi perchè lo trattano da pedofilo, mafioso, puttaniere, immorale affarista senza scrupoli?

Progetto comunicazione Ceccano estate 2010 - da GEA

Cari amici,

siete tutti invitati a partecipare alla nuova iniziativa firmata GEA.

La manifestazione prevista per il giorno 22 luglio 2010 si articolerà in 2
momenti.

Presso piazzale Bachelet dalle h 17.00 alle h 19.00 il programma è a misura di
bambino!
Un pomeriggio di puro divertimento, soprattutto per i più piccoli, con la
piñata messicana a cura dell’associazione “Amici del Messico” e l'animazione
per bambini e ragazzi a cura dell'associazione "Pendeleo".

Dalle h 21.30 nella suggestiva cornice di piazza Mancini la serata proseguirà
tra gli aromi e i sapori della cucina araba
e le note dei gruppi musicali “Fly Down” di Ceccano e “I Disamistade” - cover
band ufficiale di Fabrizio De André promossa da faberdeandré.com

La partecipazione alla manifestazione pomeridiana e serale è gratuita.

Vi aspettiamo!

Chi ha vinto la lotta di classe? - di Luciano Granieri

Le manganellate prese dagli aquilani, e quello subite dagli operai della Mangiarotti, i licenziamenti vendicativi dei tre operai Fiat di Melfi  fra cui due sindacalisti  della Fiom, il mancato pagamento dei premi di produzione da parte del Lingotto,  sono la conseguenza della vittoria di una LOTTA DI CLASSE. La lotta che la classe imprenditoriale, lobbistica, economico-affaristica ha stravinto sui lavoratori ridotti, da elemento fondante della Repubblica  (Art.1 della costituzione),  ad inutile orpello. Ma tale accozzaglia di squali può essere definita classe?
Assolutamente no. Infatti questa, pur essendo tenuta  insieme da obbiettivi comuni, non è cementata da quei prinicipi di solidarietà  che contraddistinguono l’altra classe, quella sconfitta. Imprenditori, banchieri, finanzieri, alti prelati, stanno insieme per l’ottenimento del privilegio, ma una volta raggiunto l’obbiettivo si sbranano fra di loro per raggiungere l’esclusività di quanto  acquisito. Molti dicono che oggi siamo al declino del berlusconismo. Ebbene io preciserei che siamo nella fase dell’autosbranamento. Ormai il nemico comune è annientato  annaspa nelle paludi di un’esistenza che si fa sempre più povera e precaria,   inoltre l’erosione delle risorse, divorate dalla voracità capitalistica del “tutto e subito”, determinano l’innalzamanto di un contrasto interno alla classe che malauguratamente provoca macerie anche e soprattutto presso chi ne è emarginato. 








Ripercorrendo con un flash back sintetico quanto accaduto da quarant’anni a questa parte emerge che,  pur con il susseguirsi di manovre economiche incentrate nella riduzione progressiva delle spese sociali e nell’ aumento  dell’imposizione fiscale ,  il debito pubblico anzichè  diminuire è sempre  aumentato   . E’ strano si incrementano le entrate,  si diminuisce la spesa e il debito aumenta?  Entriamo nello specifico. Dopo la fase di accattonaggio (anni 50’-60’) in cui gli imprenditori illuminati trattavano dirattamente le tasse da pagare con il governo, spuntando sempre trattamenti di favore, dopo il ricorso massiccio all’evasione fiscale, quando lo Stato adottò un sistama di fiscalità progressiva (primi anni 70’) , si registrò il ricorso sempre più pressante ai centri di potere per la tutela degli interessi capitalistici. Le istituzioni divennero vera e propria arma di classe negli anni 70’ quando,  pseudo legalmente, con la repressione delle forze dell’ordine e illegalmente, con il ricorso al terrorismo di Stato fascista, affogarono nel sangue il conflitto sociale operaio e studentesco che comunque qualche risultato aveva ottenuto. Ma ciò non bastava. Il rapporto privilegiato con chi governava seppur molto proficuo non garantiva  lo strapotere assoluto. Infatti, anche se in modo superficiale e di facciata, lo Stato doveva assicurare un minimo di politiche sociali. Pure quest’ultimo baluardo andava abbattuto. L’obbiettivo si  alzava di livello, non si trattava  più di ottenere favori da chi comandava,  ma di comandare direttamente. Siamo all’oggi. Dopo il depauperamento progressivo della idelogia nella politica, che ha prodotto la disgregazione del PCI e il ciclone tangentopoli che provocava l’annientamento dei corrotti  e  favoriva  la risurrezione  dei corruttori , con la discesa in campo dell’imprenditore Berlusconi  e l’attuale riorganizzazione di centri occulti di potere (leggi loggia P3) la missione è compiuta. Ma governare una comunità badando esclusivamente ai propri  interessi, pur con l’appoggio di un ampio consesno ottenuto attraverso un’imponente mistificazione mediatica, alla fine porta alla rovina. Si costituisce una classe dirigente barbara e incapace. La  gente che non sa come arrivare a fine mese esiste veramente, non può sparire con un click di telecomando. Queste donne e questi uomini si rendono conto, col passare del tempo, che la loro sopravvivenza quotidiana è più importante della sopravvivenza della mignotta o del mignottaro di turno sull’isola dei famosi e dento la casa del grande fratello. L’imbroglio per cui la libertà di delinquere e l’impunità  che il potere si concede con leggi ad hoc, possano essere estese a tutti, alla fine verrà scoperto. Qualcuno comincia a capire che la privacy delle intercettazioni non è uguale a quella dei body scanner. Questo popolo invisibile comincia ad incazzarsi e ad andare in piazza mosso da impeto di sopravvivenza come, tra gli altri,  gli aquilani che si sentono usati e presi in giro. La risposta deve essere adeguata alla determinazione di chi lotta per sopravvivere . Per cui, da Genova in poi, non si manganellano solo i black block (ammesso che siano mai esistiti) ma anche poveri cristi  che rivendicano  il diritto al lavoro, o il diritto, se non di essere aiutati a ricostruisi la casa distrutta dal terremoto, almeno di non essere presi per il culo . All’aumentare del conflitto sociale, contrastato con sempre maggior violenza, corrisponde l’incemento delle faide interne determinate da quell’individualismo intrinseco  che, come detto, non fa di questa accozzaglia di accattoni una vera classe.  Arriva ad un certo punto la resa dei conti. Ognuno reclama i propri privilegi. Per cui gli imprenditori muovono contro i post fascisti che attraverso il presidente della Camera sono diventati paladini della democrazia e della legalità, trasformandosi in spine nel fianco degli ex alleati. I banchieri si scagliano contro entrambi, qualche manager illuminato ha il mal di pancia ed esercita la sua prerogativa di tagliatore di teste, il clero si fa casta nella casta e reclama con forza le giuste ricompense. Il tutto in presenza dell’ormai acclarata crisi di quel sisteama capitalistico cui questi capitani coraggiosi fanno sempre riferimento come principio regolatore assoluto. Crisi sociale fuori dai palazzi e crisi di interessi all’interno dei palazzi .







Per esempio mecoledì 7 luglio mentre fuori dai palazzi volavano le manganellate sulla tasta degli aquilani, dentro volavano i cazzotti sulla faccia del deputato Idv, Franco Barbato, reo di di aver bollato il ddl in discussione alla Camera sul finanziamento delle associazioni giovanili (12 milioni di euro, mica bruscolini), presentato dalla ministra ex/post fascista Giorgia Meloni ,come finanziamento indebito a beneficio della banda Alemanniana e dell’assessore Lollobrigida, cui la Meloni è parte integrante e contestualmente, come sgarbo alla fazione opposta dell’ex amico camerata Fini. E’ evidente che la reazione di chi  si vede scoperto non può essere che violenta di qui l’aggresione a Barbato eseguita da alcuni deputati Pdl fra cui Fabio Rampelli. E’ del tutto prevedibile che le due crisi siano destinate ad acuirsi e a lasciare sul campo la desolazione totale. Non sarebbe il caso che la classe sconfitta , quella che era tenuta insieme dalla condivisione e da principi solidaristici si desse una mossa e si mobilitasse per fermare questo massacro, mandare tutti a casa e ricomincare da capo sotto una nuova luce?   Proviamo a riaccendere la speranza nel sol dell’avvenire!!!!



martedì 13 luglio 2010

Le Magie del Miles Davis Quintet - di Luciano Granieri

Prosegue l’appuntamento mensile del concerto a cui avrei voluto assistere. Trasmettiamo il secondo contributo del setr tenutosi nel 1969 al teatro Sistina di Roma  del Miles Davis Quintet. Come già detto nella presentazione del primo video , la combo davisiana, composta oltre che dallo stesso Miles alla tromba, da Waybe Shorter al sax soprano e tenore , da Jack De Johnnette  alla batteria, da Chic Corea al piano elettrico, da Dave Holland al contrabbasso, era nel pieno dell’ennesima rivoluzione creativa messa in atto da Miles; il jazz rock d’avanguardia. Un linguagio che inglobando strutture armonico-ritmiche proprie del rock, stavolge i ruoli dei vari strumenti . Il brano che segue “I fall in love to easly” ne è un chiaro esempio. Stavolta si intuisce l’esposizione del tema eseguita Davis  a cui si unisce Shorter con il soprano. Le atmosfere sono quelle degli album risaenti agli anni 65’-66’ ci viene in mente ESP, ad esempio. L’esposizione tematica prosegue per diverse batuttite impreziosita dagli arpeggi di Corea. Sembra che la fase improvvisativa non inizi mai, in realtà proseguendo nell’ascolto si realizza   che Shorter e Davis  si sono progressivamenta allontanati dalla melodia originaria e stanno improvvisando coralmente . Suonano riuscendo a stimolare reciprocamente la loro creatività. Il tutto sfocia in un giro armonico che fa sa base ad un incredibile sortita della batteria di Jack De Johnette. Ecco in questa fase si ottiene il completo ribaltamento dei ruoli. Sax, tromba e piano che solitamente improvvisano sorretti dal teppeto ritmico della batteria, ora fungono da sibstrato armonico su cui è la batteria a fungere da protagonista assoluta.
Buon Ascolto


lunedì 12 luglio 2010

Lotta di classe in Europa - di Alberto Madoglio Lega Internazionale dei Lavoratori - Lit

UNA LUNGA ESTATE CALDA

Chi sperava nel cocktail micidiale fatto di calura estiva e mondiali di calcio in Sudafrica per vedere rifluire le mobilitazioni di massa che da mesi, pur con vari livelli di intensità e di radicalità, stanno attraversando l’Europa devastata da tre anni di crisi economica, ha fatto male i suoi conti.
Non va sottovalutato il ruolo che nella storia il
panem et circensis ha avuto nel creare consenso tra le classi dominanti. Ma così come non fu la vittoria di Bartali al Tour de France del 1948 a impedire l’insurrezione scoppiata dopo l’attentato a Togliatti (furono le burocrazie di Pci e sindacato a bloccare la lotta), non saranno certo qualche decina di partite di calcio a far dimenticare ai milioni di lavoratori che il loro immediato futuro è fatto di licenziamenti, disoccupazione, diminuzione di salari e così via.
I programmi di austerità varati dai governi europei nelle scorse settimane, colpendo duramente le condizioni di vita di milioni di loro cittadini, non potevano essere approvati senza creare un ampio movimento di protesta e ribellione.
GRECIA: STATO DI MOBILITAZIONE PERMANENTE
In Grecia nei giorni scorsi c’è stato il quinto sciopero generale (l’ennesimo da inizio 2010) da quando il governo socialista di Papandreu ha annunciato il pacchetto di misure economiche per cercare di salvare banche e multinazionali europee dal disastro economico.
Se per le sorti dei capitalisti del continente il governo di Atene ha mostrato una piena e incondizionata attenzione, lo stesso non si può dire per le sorti dei propri cittadini più deboli. Dopo aver negato o minimizzato gli effetti della manovra, l’esecutivo greco ha dovuto ammettere che il Paese sarà in recessione per almeno altri due anni (che, aggiunti ai due già passati, fanno quattro anni di contrazione economica, peggio che al tempo della dittatura dei Colonnelli).
Per queste ragioni la classe operaia greca è oggi all’avanguardia della lotta contro le politiche economiche imposte dal capitale.
Sulla stampa borghese abbiamo letto dei brevi dispacci in cui si diceva che forse la popolazione si starebbe rassegnando a fare quei sacrifici che Fmi e Ue reclamano a gran voce. A sostegno di questi auspici, si riportavano dati dell’ultimo corteo di scioperanti che sarebbe stato, sempre secondo la propaganda dei pennivendoli del Capitale, un mezzo fallimento.
In verità decine di migliaia di lavoratori in corteo per l’ennesima volta, il blocco quasi totale dei trasporti del Paese (marittimi, di terra e aeroportuali) così come la convocazione di un nuovo sciopero generale per gli inizi di luglio (1), quando il parlamento sarà impegnato nella votazione della finanziaria presentata dal governo, dimostrano l’esatto contrario. La Grecia sta vivendo da quasi 18 mesi (non dobbiamo infatti dimenticare che massicce mobilitazioni sono iniziate già nel dicembre 2009, più precisamente dopo l’omicidio di un giovane militante anarchico da parte della polizia ellenica) una situazione di mobilitazione permanente, che è lungi dall’aver iniziato la sua parabola discendente.
Ma se la terra di Omero è oggi la punta più avanzata della lotta di classe, non è certo un caso isolato.
GLI EFFETTI DELLA CRISI NELLA MITTLEUROPAQualche giorno fa a Bucarest migliaia di manifestanti hanno tentato l’assalto con bombe molotov (Atene insegna) al Parlamento rumeno. Il crollo dello stalinismo e la reintroduzione del capitalismo non hanno dato i risultati che i cantori del libero mercato si immaginavano. Per la Romania, così come Polonia, Ungheria, Russia, la democrazia occidentale ha portato immense ricchezze per pochi oligarchi (di norma ex dirigenti dei locali partiti stalinisti), per la stragrande maggioranza della popolazione ha provocato una regressione delle condizioni di vita, causata dalla distruzione delle conquiste sociali che il sistema precedente garantiva, pur se gestito non nell’interesse dei lavoratori ma principalmente della casta burocratica dominante. Questo sta creando non solo forti tensioni sociali nei differenti Paesi, ma anche un nazionalismo dai toni sempre più accesi.
Il governo di destra in Ungheria, nel quale è presente una forza dichiaratamente fascista, per cercare di togliere l’attenzione della popolazione dalla crisi che sta duramente colpendo il Paese, ha annunciato il varo di una norma per dare la cittadinanza agli slovacchi di etnia ungherese. La barbarie nazionalista è un altro dei frutti avvelenati che la Grande Recessione sta lasciando dietro di sé.
LE VERE “FURIE ROSSE”: I LAVORATORI SPAGNOLI
Un altro Paese europeo, la Spagna, che a prima vista sembrerebbe non avere nulla in comune con le altre situazioni esaminate, dimostra al contrario come vi sia uno sviluppo simile nella crisi: crescita del periodo pre-crisi drogata da bolle speculative, dopo il 2008 crollo produzione, aumento esponenziale disoccupazione, tentativo del governo di far pagare la crisi ai lavoratori.
Altro tratto comune è il ruolo sfacciatamente filo governativo delle direzioni sindacali, che a Madrid ha forse raggiunto uno dei livelli più acuti degli ultimi anni.
Davanti a oltre 4 milioni di disoccupati (pari al 20%), a tagli di bilancio su pensioni, salari pubblici, welfare, per oltre 50 miliardi di euro, le direzioni di Ugt e Ccoo stanno cercando in ogni modo, al di là di alcune dichiarazioni sdegnose per le scelte governative, di salvare il governo socialista di Zapatero. Quando a maggio il premier aveva annunciato in diretta televisiva la cura draconiana che riservava al Paese, si sono limitate a convocare uno sciopero del settore pubblico a distanza di un mese, cercando sia di dividere il fronte del lavoro tra pubblico e privato, sia di depotenziare al massimo la rivolta popolare. Poi, quando per fronteggiare il crescente malcontento, hanno proclamato finalmente uno sciopero generale, la data è stata fissata per fine settembre! Verrebbe da sorridere se non si trattasse di un vero e proprio crimine contro i lavoratori che quei burocrati sindacali dicono di voler rappresentare: ecco cosa voleva dire Lenin quando affermava che i dirigenti riformisti delle organizzazioni operaie sono "agenti al soldo della borghesia".
Tuttavia la forza della lotta di classe è infinitamente maggiore del più solido e sperimentato apparato sindacale concertativo. Un esempio a sostegno di questa affermazione ci viene ancora dalla Spagna, dove nella capitale Madrid è stato indetto dai lavoratori della metropolitana, contro le loro stesse direzioni sindacali maggioritarie, uno sciopero ad oltranza, senza la garanzia del servizio minimo, che sta avendo un enorme successo. Nonostante minacce di ritorsioni da parte della direzione aziendale i lavoratori continuano non solo ad astenersi dal lavoro, ma anche a difendere la loro lotta per mezzo di picchetti di sciopero, che a quanto riporta la stessa stampa borghese spagnola, si sono estesi sulle varie linee e stazioni della metro.
LA QUESTIONE DELLE QUESTIONI: QUALE DIREZIONE PER LE LOTTE IN CORSO
Quale è il filo rosso che lega le mobilitazioni in Europa, da Madrid a Parigi, da Atene, a Bucarest, alla Fiat di Pomigliano (che può raccogliere attorno a sé la riscossa di tutta la classe operaia contro l'attacco ferocissimo del padronato: a partire dallo slogan "Pomigliano non si tocca")?
Nella fase attuale della crisi, i lavoratori e le classi subalterne, invece che retrocedere di fronte agli attacchi che sferra loro il capitale, cercano di ribattere colpo su colpo. Si tratta, tranne il caso greco, di una riposta ancora non generalizzata, ma dimostra che coloro i quali per anni ci hanno raccontato favole sulla fine della classe operaia, e sulla inutilità dello scontro di classe, hanno fatto male i loro conti.
La questione centrale che si pone oggi è su quale direzione, politica e sindacale, i lavoratori possano fare affidamento per estendere, intrecciare, organizzare e quindi sviluppare le lotte.
Le direzioni tradizionali (partiti e sindacati riformisti) continuano a dar prova del loro tradimento, cercando di disarmare la rabbia dei lavoratori. Allo stesso tempo vediamo che embrioni di nuovi soggetti che vogliono trovare una soluzione a questo dilemma stanno nascendo in tutto il Vecchio Continente.
Sul versante sindacale la nascita di nuovi soggetti o l'unificazione di sigle (Usb in Italia, pur con tutti i limiti che abbiamo più volte segnalato) o lo sviluppo che stanno avendo altri di più vecchia data (Co.bas in Spagna), sono una prima risposta a questa esigenza.
Dal lato politico, qualche accenddo di sviluppo e un maggior radicamento di organizzazione rivoluzionarie, pur se nella maggior parte dei casi ancora di modeste dimensioni rispetto alle necessità oggettive, come è il caso delle sezioni europee della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale, dimostrano che l’urgenza di costruire nuove organizzazioni politiche alternative ai vecchi apparati riformisti sta diventando un'esigenza sentita da settori più larghi di lavoratori. Da parte nostra raccogliamo questa sfida, facendo tutto quanto possibile perché questa occasione non sia sprecata e per questo continuiamo a impegnarci contemporaneamente per costruire un più largo fronte unitario delle lotte e una nuova direzione politica rivoluzionaria: che potrà nascere solo dall'unificazione di centinaia di militanti (oggi dispersi e separati) attorno a un programma rivoluzionario, internazionalista. Le due cose dovranno marciare di pari passo: il partito che ancora non c'è non si potrà costruire solo nel fuoco dele lotte operaie e giovanili; le lotte potranno svilupparsi fino alle loro logiche conseguenze solo se si costruirà questo partito. Per questo possiamo ben dirci soddisfatti della temperatura sociale che cresce in tutta Europa e auspichiamo che questa sia davvero una lunga estate calda.

Il Nuovo AUT-Frosinone - La Redazione



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