sabato 21 agosto 2010

“È stato Morto un Ragazzo”. Il film su Federico Aldrovandi in concorso a Venezia

dalla redazione di www.articolo21.org


Federico Aldrovandi ha da poco compiuto diciotto anni quando, all’alba del 25 settembre 2005, incontra una pattuglia della polizia nei pressi dell’ippodromo, a Ferrara. Poche ore più tardi la famiglia apprende della sua scomparsa. Fra questi due momenti tante domande e molti silenzi. Il libro ripercorre le vicende umane e giudiziarie legate alla morte di Federico, le ricostruzioni della polizia che parlano di morte per overdose, lo stupore e il dolore di parenti e amici e un’inchiesta giudiziaria inizialmente destinata all’archiviazione… Poi i primi sospetti, il corpo sfigurato del ragazzo, le versioni ufficiali che vengono smentite dalle analisi, il coinvolgimento delle forze dell’ordine e i depistaggi. Lo scandalo, l’attenzione mediatica e il coraggio di una famiglia che, nel luglio del 2009, porteranno alle condanne in primo grado per quattro agenti di polizia. Nel DVD Filippo Vendemmiati racconta la storia di Federico Aldrovandi, i fatti accertati e misteri che li avvolgono, il processo e i suoi numerosi colpi di scena, tentando di fornire una spiegazione verosimile dell’accaduto proprio a partire da quegli interrogativi rimasti insoluti. La narrazione di Vendemmiati è arricchita dai documenti video registrati dagli stessi protagonisti, a disposizione nell’archivio giornalistico Rai.Federico Aldrovandi ha da poco compiuto diciotto anni quando, all’alba del 25 settembre 2005, incontra una pattuglia della polizia nei pressi dell’ippodromo, a Ferrara. Poche ore più tardi la famiglia apprende della sua scomparsa. Fra questi due momenti tante domande e molti silenzi. Il libro ripercorre le vicende umane e giudiziarie legate alla morte di Federico, le ricostruzioni della polizia che parlano di morte per overdose, lo stupore e il dolore di parenti e amici e un’inchiesta giudiziaria inizialmente destinata all’archiviazione… Poi i primi sospetti, il corpo sfigurato del ragazzo, le versioni ufficiali che vengono smentite dalle analisi, il coinvolgimento delle forze dell’ordine e i depistaggi. Lo scandalo, l’attenzione mediatica e il coraggio di una famiglia che, nel luglio del 2009, porteranno alle condanne in primo grado per quattro agenti di polizia. Nel DVD Filippo Vendemmiati racconta la storia di Federico Aldrovandi, i fatti accertati e misteri che li avvolgono, il processo e i suoi numerosi colpi di scena, tentando di fornire una spiegazione verosimile dell’accaduto proprio a partire da quegli interrogativi rimasti insoluti. La narrazione di Vendemmiati è arricchita dai documenti video registrati dagli stessi protagonisti, a disposizione nell’archivio giornalistico Rai.


“È stato morto un ragazzo” è anche una storia sulla libertà di stampa

di Filippo Vendemmiati

Ho cominciato ad occuparmi della storia di Federico Aldrovandi non proprio dall’inizio, e anche di questa pigrizia e scetticismo professionale il film racconta. Come cronista Rai avevo già seguito inchieste come il disastro dell’aereo militare caduto il 6 dicembre del ‘90 su una scuola di Casalecchio di Reno, e costato la vita a dodici ragazzi, o l’assassinio del Prof. Marco Biagi, ad opera di un commando delle Nuove B.R., il 19 marzo del 2002.
La morte di Federico poteva essere un fatto come altri, ma su questo a differenza di altri ho deciso di fermarmi e considerare, per una volta, che valeva la pena raccontare la storia e non la notizia. Ho conservato le video cassette originali, i taccuini con gli appunti, tutti quegli strumenti usa e getta che oggi fanno del giornalista un uomo che ha sempre fretta, in preda ad un falso (e isterico) movimento. Volevo scrivere un libro di cronaca, poi l’archivio con centinaia di immagini mi ha convinto che erano quelle a dover essere raccontate, cosi ho deciso di mettermi al loro servizio. E’ una storia che ha a che fare con il sistema dell’informazione e della giustizia, con la violenza delle istituzioni e il diritto alla giustizia dei cittadini. I genitori di Federico e i loro legali sono andati avanti non accontentandosi delle versioni ufficiali, raccogliendo brandelli di verità nonostante i tanti tentativi di insabbiamento e mistificazione che hanno accompagnato il caso fin dai primissimi istanti. Per arrivare infine ad una verità anche peggiore di quanto temessero, dopo aver aperto i cassetti dei ricordi e del dolore accettando di renderli pubblici. Ho parlato loro di questo progetto, ne ho ricevuto un consenso incondizionato, senza il quale non avrei mai iniziato. Il lavoro è durato un anno, e devo solo alla famiglia di Federico la forza e la voglia di arrivare in porto, perché la passione e l’impegno nella parte realizzativa si sono duramente scontrati contro ostacoli burocratici e legali.
Dice Patrizia, la mamma, nel film: “La notizia della morte di Federico dopo poche settimane era sparita dai giornali locali, è rimbalzata a Ferrara da fuori, dopo l’apertura del mio blog”.
Senza mai arrendersi, ricorrendo anche agli strumenti della comunicazione via internet, Patrizia e il marito, Lino, sono riusciti a far pubblicare la storia di Aldro sulle prime pagine dei media nazionali, e a dare impulso ed elementi investigativi ad un’inchiesta ormai destinata all’archiviazione. A quattro mesi dalla morte di Federico il fascicolo del pubblico ministero era infatti praticamente vuoto.
Nel film, che ha ottenuto l’appoggio dell’associazione Articolo 21 e della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, oltre al patrocinio della Regione Emilia Romagna, ho utilizzato documenti originali, spezzoni dell’inchiesta, filmati d’archivio e inserti narrativi.
“È stato morto un ragazzo” è anche una storia sulla libertà di stampa che pone l’accento sul presente e sul futuro prossimo dell’informazione in Italia. Se la legge bavaglio fosse stata in vigore cinque anni fa, senza poter pubblicare gli atti, le foto, le trascrizioni delle telefonate, si sarebbe mai scoperta la verità sulla morte di Federico e quella di altri casi simili, avvenuti prima e dopo?
Sono stato definito un giovane autore. Ringrazio particolarmente per il giovane, del resto quel conta è l’età percepita. Quanto ad “autore”, sarà il giudizio sul film a stabilire fino a che punto io abbia saputo esserlo.



venerdì 20 agosto 2010

Statement on the UN investigation commission

By alper  from Communist Party of Turkey

Warmongers cannot question Zionism

This commission must be rejected at once!






The commission that will investigate Israel’s attack on Mavi Marmara will be headed by Colombia’s President Alvaro Uribe Velez, who has transformed his country into a U.S. puppet referred as the Israel of Latin America.




This commission must be rejected at once, for a commission headed by the warmonger of Latin America is nothing but a mock to the face of the peoples of the world.


The top U.S. collaborator in Latin America, the Colombian government, has been threatening the popular government of Venezuela with war. We are talking about the Colombia of Uribe, the president that has made his country number one in the world in political assassinations. It is the counter-guerilla state we are talking about, where the worker demanding his rights, the progressive trade unionist is shot on broad daylight. It is the Americanist bourgeois government we are referring to, which allowed the U.S. to open 7 military bases in its country in order to enable imperialism to intensify its military threats against the left-wing, popular, socialist political powers in the continent. At the summit of Organization of American States, for two hours, the representatives of that Colombian government talked about “the support” given by Venezuela to the armed forces in Colombia.
We have seen similar plots before. We have not forgotten Bush, the fascist, alleging that “Saddam Hussein is manufacturing nuclear weapons”, even showing fake images to the press to justify his plans to occupy Iraq. We know well that, while threatening Iran with war, it is the U.S. and Israel that has made the Middle East an arsenal of nuclear weapons, some of which are hidden in the U.S./NATO bases in our country.

Following the lead of imperialism, the warmonger government of Colombia is threatening the popular political powers of Latin America once again. It is the peoples who stand up to the U.S. and the blossoming hope of the humanity in the so-called “backyard” of the U.S. that they cannot stand.

It is the infamous president of Colombia, Alvaro Uribe Velez, who will preside at the United Nations investigation commission, which will investigate the massacre of Zionism at Mavi Marmara ship! A man who has transformed his country into the Israel of Latin America, the top warmonger and the top U.S. collaborator of the region will investigate the massacre of Israel! And the reactionary Justice and Development Party (AKP) government has declared “victory” over the establishment of such a commission on the pretext that Israel has finally gone down on its knees by accepting an international investigation!

The commission headed by the warmonger Uribe must be declared illegitimate and rejected at once! Because, this commission is a mock to those who are killed on Mavi Marmara. The commission headed by a provocateur and a collaborator to question another warmonger and collaborator state is nothing but a scam. Marking an investigation in which both the murderer and the judge are one and the same as a “victory” is an utter disrespect to the citizens of the Republic of Turkey killed on board.

The rejection of such a commission would accompany the condemnation of the military threats posed by Colombia against Venezuela. Communist Party of Turkey strongly condemns Colombia’s threats against Venezuela. Communist Party of Turkey declares that the commission to investigate Israel’s attack headed by the U.S. and Israel appendages does not have any legitimacy whatsoever, and such an act performed by the consent of AKP government is an insult to our country.

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Dichiarazione relativa alla commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite  

I geurrafondai, non possono indagare sul  Sionismo questa commissione deve essere respinta definitivamente.

La commissione incaricata di condurre le indagini sull’aggressione israeliana alla Mavi Marmara sarà presideuta dal presidente della Colombia Alvaro Uribe Velez, che ha trasformato il suo paese in  burattino  degli Stati Uniti   e in  l’Israele dell’America Latina. Questa commissione ve respinta irrevocabilmente una commissione presieduta da un guerrafondaio dell’America Latina non è altro che uno sberleffo in faccia alla popolazione mondiale. Il più grande collaboratore degli Stati Uniti nell’America Latina, il governo Colombiano,  ha minacciato con la guerra il governo popolare del Venezuela. Stiamo parlando della Colombia di Uribe . Il presidente che ha reso il suo paese numero uno al mondo per gli assassinii politici. Stiamo parlando di una Stato di contro-guerriglia che spara contro il lavoratore che reclama i suoi diritti  e il sindacalista progressista. Ci riferiamo al governo borghese filo americano che ha permesso agli Stati Uniti  di aprire sette basi militari nel proprio paese, al fine di permettere all’imperialismo di intensificare le sue minacce militari  contro i sistemi politici socialisti e di  sinistra popolare .  Al summit dell’ Organizzazione degli Stati Americani, per due ore i rappresentanti   del governo Colombiano hanno discettato del supporto fornito dal Venezuela alle forze armate  (anti-governative ndr) in Colombia  . Abbiamo già assistito a tali trame in passato. Non abbiamo dimenticato Bush e  i fascisti, i quali  sostenevano che Saddam Hussein stava fabbricando armi nucleari mostrando anche false immagine alla stampa per giustificare il loro piano di occupazione dell’Iraq. Sappiamo bene che pur minacciando l’Iran con la guerra sono stati gli Stati Uniti ed Israele a rendere il Medio Oriente un arsenale di armi nucleari molte delle quali sonno nascoste nelle basi Usa e Nato insediate nel nostro paese. Seguendo il dettato dell’imperialismo, il governo guerrafondaio della Colombia  ancora una volta sta minacciando il potere politico popolare dell’America Latina . E’ il popolo che sta con gli Stati Unti nella  la speranza effimera che l’umanità possa godere dei vantaggi di vivere nel cosiddetto cortile  americano  . E’ l’infame presidente della Colombia Alvaro Uribe Velez che presiederà la commissione d’indagine del massacro del Sionismo sulla nave Mavi Marmara. Un uomo che ha trasformato il suo paese nell’Israele dell’America Latina, un grande guerrafondaio, uno dei primi  collaboratori degli americani nella regione condurrà le indagini sul massacro di Isreale!!  Il partito governativo reazionario  Justice and Development Party (AKP)   ha cantato vittoria per la creazione di una simile commissione adducendo il pretesto che finalmente Isreale si è piegata ad accettare un’indagine internazionale. La commissione presieduta dal guerrafondaio Uribe deve essere dichiarata illegittima e rifiutata definitivamente. Questa  commissione è un insulto per tutti coloro che sono stati uccisi nella Mavi Marmara. Una commissione presieduta da un provocatore guerrafondaio, che indaga contro uno stato  altrettanto guerrafondaio di cui egli stesso è collaboratore, non è altro che una truffa. Esaltare  come una “VITTORIA” un’indagine in cui l’assassino e li giudice sono la stessa cosa, è un totale disprezzo dei cittadini della Repubblica di Turchia uccisi a bordo. Il rifiuto di una simile commissione andrebbe unito alla condanna delle minacce militari della Colombia contro il Venezuela. Il Partito Comunista di Turchia condanna fortemente le minacce Colombiane contro il Venezuela. Il Partito Comunista di Turchia dichiara che una commissione di indagine sull’aggressione di Israele presieduta da un appendice degli Stai Uniti e di Israele stessa non ha alcuna legittimità. Il  consenso che governo dell’AKP accorda  a questo e ad ogni altro atto di questa natura è un insulto per il nostro paese.   

giovedì 19 agosto 2010

CIE di Milano Feriti tra migranti e forze dell'ordine. Parla A., tunisino, detenuto nel Centro

di  Flavia Cappadocia,  Pcl Venezia 



La protesta esplosa la notte scorsa è una delle tante che ha riguardato il Centro di identificazione ed espulsione milanese negli ultime mesi. Sei agenti e cinque nordafricani sono rimasti feriti. Un migrante di origine algerina è riuscito a fuggire mentre un altro ragazzo detenuto nel centro si è fratturato entrambe le gambe nel tentativo di saltare giù dal tetto, dove si erano arrampicati una quarantina di immigrati per protestare.Il 18 luglio scorso, nel corso di una protesta analoga, erano fuggiti altri tre migranti.

"Alcuni ragazzi sono saliti sul tetto. Dopo gli scontri sono stati picchiati dalla polizia, con i manganelli sulla testa, in faccia, alcuni non sono ancora rientrati dall'ospedale dove li hanno portati" ci spiega A., che si trova nel Cie da un mese mezzo. "La sezione coinvolta è stata la B, ex sezione femminile, dove sono arrivati una trentina di migranti da poco tempo. Sbarcati in Sardegna sono stati portati direttamente al Cie di Milano. Alcune donne sono state trasferite a Roma. Non ci sono state vere e proprie cause scatenanti, solo che stare qui è come stare in carcere. Io ho paura quando vedo queste cose".

A. ha un biglietto per essere rimpatriato in Tunisia. Dopo 24 anni di permanenza in Italia, dove ha una moglie e tre figli, gli è stato imposto il rimpatrio. "Non voglio partire, ma non voglio nemmeno essere picchiato. Tra due giorni vado via, ma ci sono persone che stanno qui da mesi e resistere è difficilissimo. Se ti ribelli arrivano in dieci, venti e ti picchiano. Io non voglio che succeda a me". E continua: "E' assurdo, qui c'è tutta la mia vita. Non ho più nessuno di là, in Tunisia. Mi hanno distrutto la vita, hanno distrutto la mia famiglia". La polizia nel pomeriggio ha eseguito controlli: "Stanno perquisendo tutti, tutta la sezione B, ogni singola stanza, dai muri ai materassi, per trovare armi, pezzi di ferro, qualsiasi cosa. C'è una situazione tesissima."

Nel report di Medici Senza Frontiere sui Cie italiani "Al di là del Muro", che ha come scopo quello di far conoscere la realtà di questi spazi chiusi ad osservatori esterni, il Centro di via Corelli risulta privo dei servizi di mediazione culturale. Non ci sono procedure sanitarie per la diagnosi e il trattamento delle malattie infettive. Il sostegno legale in materia d'asilo è carente.

I servizi indicati da Medici Senza Frontiere sono servizi assolutamente necessari dato che nei centri s'intrecciano, in condizioni di detenzione, situazioni di fragilità estremamente eterogenee tra loro a cui corrispondono esigenze molto diversificate. I detenuti-ospiti scoprono come il rispetto dei diritti umani, humus di ogni paese civile, possa essere facilmente ignorato. La vita dei migranti nei Cie oscilla tra l'attesa e l'orrore. Il disagio psicologico è pesante, ed è quello di vivere in una doppia assenza: quella del paese che si è lasciato e quella del paese in cui ci si trova, dove un vero e proprio esercito di apolidi rimane invisibile. Fatto salvo per episodi di cronaca come quello di stanotte, quando forze dell'ordine diventano protagoniste di atti di violenza, in mancanza di una strategia politica alternativa.

Il manganello sembra essere uno dei pochi mezzi che lo Stato ha a disposizione per esercitare il proprio potere, chiuso nella sua morsa xenofoba. Fin troppo semplice usare la repressione contro l'immigrato, la cui colpa è quella di non essere in possesso di un documento di riconoscimento, nuovo reato stabilito dal pacchetto sicurezza. Tra le mura di queste vere e proprie galere per clandestini, che replicano le strutture penitenziarie sotto diversi aspetti, si consumano quotidianamente violenze che, troppo spesso, vengono ignorate dall'opinione pubblica.


[ martedì 17 agosto 2010 ]

La finestra sul cantiere

di Luciano Granieri.




Per girare questo video è bastato semplicemente affacciarsi alla finestra di casa mia in Via Vado del Tufo, 83  a Frosinone. Non serve darsi la pena di cercare per  scovare questi scenari.  Essi si ritrovano nella maggior parte dei cantieri che sorgono in città, in provincia, nella regione, insomma in tutta Italia. Sono testimonianza dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Qui  la vita non ha valore rispetto al profitto. Stime recenti riportano  un calo delle morti sul lavoro negli ultimi due anni. Il dato è certamente reale  ma non tiene conto che la  grave crisi occupazionale ha prodotto  un  aumento dei lavoratori  in nero  ed extracomunitari all’interno dei cantieri. Lavoratori invisibile la cui morte  non denunciata è altrettanto invisibile e non entra nelle statistiche. Inoltre l’attuale governo Berlusconi ha abolito il  Testo unico sulla sicurezza (legge 123 approvata il 3 agosto 2007)  che aveva dato  buoni frutti: riduzione del numero di incidenti, più controlli e pene pesanti e fattive nei confronti dei datori di lavoro che sfruttavano lavoro nero e non facevano rispettare le norme di sicurezza. Questo ulteriore regalo che il governo dei padroni ha fatto ai padroni ha legalizzato l’avidità di chi in nome del profitto non esita ad uccidere. 

mercoledì 18 agosto 2010

E' MORTO KOSSIGA, Chi lo piange e chi no

di Francesco Ricci,    Lega Internazionale dei Lavoratori - Lit



Il mondo politico borghese piange ufficialmente la morte di Francesco Cossiga. Ma sotto i panni neri del lutto trapelano ampi sospiri di sollievo. La demenza senile dell'ex presidente, combinata con la nota passione per il whisky (e altre sostanze di conforto) ha fatto tremare in questi anni gli ambienti politici borghesi. Temevano che potesse raccontare esplicitamente - e non solo a mezze frasi - i tanti "misteri italiani" cui ha partecipato per decenni. I decenni della storia della Repubblica fondata sullo sfruttamento del lavoro salariato: una lunga catena di complotti e trame, minacce di golpe, repressioni e stragi per fermare le lotte operaie e studentesche.
Da tempo Cossiga si divertiva a ironizzare sulla finzione che normalmente circonda lo Stato borghese, organismo di oppressione dei padroni sugli operai che l'ideologia dominante presenta invece come strumento neutro, al di sopra di tutto, al servizio dei "cittadini". Facendosi beffe di questa finzione, Cossiga si vantava di aver utilizzato, da ministro e da presidente, gli apparati del loro Stato per fermare in ogni modo la crescita delle lotte e il comunismo. Con questo scopo i governi borghesi dagli anni Quaranta in poi hanno impiegato sempre tutte le "bande armate a difesa del capitale" di cui dispongono: sia le polizie in divisa, sia i corpi speciali in abiti civili mandati a sparare nelle piazze, sia i corpi segreti e clandestini, come Gladio e le altre strutture utilizzate per mettere le bombe nelle stazioni, sui treni, nelle piazze. Le vittime di questa guerra di classe sono state centinaia.
 
Al cordoglio del mondo politico borghese si aggiunge anche la sinistra con rinnovate ambizioni governiste. Paolo Ferrero, segretario del Prc, in una nota definisce Cossiga "un avversario" ma gli riconosce anche di aver combattuto "a viso aperto" (strana espressione per l'uomo politico borghese più legato a trame oscure e servizi segreti!). Certo Ferrero deve ammettere che Cossiga combatteva "non per la democrazia ma per il sistema capitalistico" ma comunque gli rende onore e lo "saluta" augurandogli "che dopo una vita di battaglie che lo hanno profondamente segnato possa riposare in pace".
Il comunicato di Ferrero è un vero esempio di ambiguità che cerca di tenere insieme due esigenze: primo, inchinarsi con "senso dello Stato" di fronte a una figura importante delle istituzioni borghesi (di cui Ferrero è stato ministro), secondo, non destare indignazione tra i tanti militanti che hanno conosciuto negli anni la feroce repressione dello Stato capitalista e hanno scritto sui muri Kossiga, con K e ss runiche. Per questo, dopo i riconoscimenti e i  tributi, Ferrero conclude impegnandosi a continuare "quella battaglia per la trasformazione sociale e il socialismo che Cossiga ha avversato tenacemente".
Ora, se la prima parte del necrologio di Ferrero è quantomeno fastidiosa, questa chiusa è proprio sbagliata. Si sbaglia Ferrero perché Cossiga ha sempre avversato (e certo non solo "a viso aperto") una alternativa di potere dei lavoratori, ma proprio per questo non è mai stato ostile ad assumere dirigenti del movimento operaio come valletti in un governo borghese, ben sapendo che anche questo è un modo (come la repressione) per fermare le lotte e il comunismo. Insomma, Cossiga sicuramente non avrebbe "avversato tenacemente" la proposta avanzata pochi giorni fa da Ferrero (a Bersani, Casini, ecc.) per un "patto delle opposizioni" che conduca a una nuova maggioranza di governo includente quello che resta di Rifondazione Comunista per una terza esperienza in un governo anti-operaio, un governo da contrapporre (insieme alle "bande armate" della repressione) alle lotte operaie dei prossimi mesi.
Per questo lasciamo a Ferrero di salutare in Cossiga un leale avversario. Per i comunisti è morto invece Kossiga, un nemico colpevole di innumerevoli trame repressive contro le lotte dei lavoratori. Trame e complotti su cui si farà completa luce solo il giorno in cui i comunisti entreranno per davvero a Palazzo Ghigi: non per indossare la grisaglia ministeriale ma per costruire una società diversa, sulle rovine di quella democrazia delle casseforti di cui Kossiga è stato il mastino da guardia.




Morte di un fedele servitore

di Luciano Granieri



Francesco Cossiga è morto martedì 17 agosto a 82 anni. Inizialmente non volevamo aggregarci  al   cordoglio unanime, all’esaltazione del politico coraggioso, intrepido picconatore la cui    furia distruttiva    era finalizzata alla ricostruzione di una nuova fase  .  Tralasciamo l’analisi approfondita di quella ricostruzione.   Diciamo solo che nacque dal   soffocamento  dei conflitti sociali  di cui Kossiga, da ora lo scriveremo con il ‘k’, fu assoluto artefice  . Quella ricostruzione determinò  una pace sociale basata sulla   presa di coscienza, indotta dal  processo  di svuotamento dei partiti come movimenti di massa, che   il capitalismo, il liberismo e il  mercato erano  gli unici agenti regolatori delle comunità . Tutto si sottometteva  a questi principi assoluti, anche la delegittimazione dei lavoratori come soggetto sociale.  Dunque non era nostra intenzione scrivere neanche una riga sulla morte di questo accanito anticomunista. Ma il giudizio  bypartizan di GRANDE SERVITORE DELLO STATO tributato da  parlamentari  di entrambi  gli schieramenti e  da membri delle istituzioni lascia perplessi se non addirittura sconcertati. Proprio in questo tribolata fase in cui maggioranza e opposizione si  accusano a vicenda   di non rispettare il dettato costituzionale si concorda unanimemente nell’indicare come esempio di fedeltà allo Stato e alle sue istituzioni una persone che ha agito non solo al di fuori ma contro la Costituzione e  gli organismi internazionali. Come valutare altrimenti l’operazione Gladio di cui il pikkonatore è stato protagonista?  Come qualificare il piano, ordito da  Kossiga,  di proscrizione verso una parte di cittadini  affidato a una struttura armata clandestina,  se non contrario a qui principi costituzionali ai  quali egli stesso aveva giurato fedeltà?  L’Operazione Gladio non era altro che la pianificazione di un agguato contro una parte della società e della popolazione. Un piano teso a contrastare anche attraverso la guerriglia e la guerra civile un eventuale espressione della sovranità popolare contraria al potere granitico della Democrazia Cristiana e favorevole al Partico Comunista.  Chi più di Kossiga era pronto, qualora se ne fosse presentata la necessità, a   smantellare CON LA VIOLENZA  quella sovranità  popolare di cui oggi i Berluscones si riempiono la bocca?  E che dire dello scempio che Kossiga fece del diritto costituzionale di manifestare liberamente le proprie idee, nella sua funzione di  ministro dell’interno del terzo governo Andreotti? Proprio  quell’esecutivo carratterizzato  della famosa solidarietà nazionale frutto di uno scandaloso inciucio astensionista dell’allora Partito Comunista.  Era il 1977  una anno di aspro conflitto sociale. In questo contesto il nostro Fedele Servitore aizzava Polizia e Carabinieri contro manifestanti e università occupate  con una ferocia implacabile . La violenza inaudita  scaricata  dalle forze dell’ordine contro cortei e manifestazioni portò alla morti assurde del militante di lotta continua  Francesco Lo Russo a Bologna e di Giorgiana Masi uccisa a Roma durante una manifestazione celebrativa per la  vittoria del referendum sul divorzio. Ma quel Kossiga fu anche connivente con la violenza fascista che provocò la   morte di un altro militante di Lotta Continua, Walter Rossi a Roma. Queste violenze e aggressioni non furono casuali ma frutto di un progetto politico  di cui Kossiga fu protagonista. Un piano  volto alla leggittimazione della repressione violenta, che trovò ulteriore applicazione  attraverso le affrettate archiviazioni e gli insabbiamenti dispensati a man bassa dai magistrati attenti più ai “pericoli” di un eventuale esito positivo delle  lotte che al dovere costituzionale di applicare le leggi. Non c’e che dire il ministro Kossiga in quel frangente non andò per il sottile, per nulla pago della indiscriminata operatività dei suoi manganelli sugli autonomi, ma anche su studenti e operai cercò di semplificare ulteriormente la repressione vietando per il mese di maggio del 77’ qualsiasi manifestazione pubblica in palese contrasto con il dettato costituzionale. Non solo, ma rese più raffinata l’azione aggressiva nei confronti dei cortei infiltrando all’interno di questi poliziotti in borghese che avevano il compito di provocare ad arte quei  disordini che successivamente i loro colleghi avrebbero sedato a suon di manganellate. Purtroppo al pikkonatore fedele servitore dello stato i capelli bianche e la macchie sulla pelle vennero nell’ interiorizzare la sua corresponsabilità nell’uccesione di Aldo Moro. Per le morti di Giorgiana Masi e Walter Rossi  nessun risentimento, furono necessarie a far rispettare la legge.  Si può dunque definire un tale soggetto Fedele Servitore dello Stato?  Certamente no....o forse si?  Infatti se si concepisce lo Stato come un organismo che viene a patti con la mafia, insabbia e depista indagini a favore di un oligarchico blocco di potere affaristico ecclesiastico  , calpesta i diritti. Li delegittima  per  rimuovere la tutela costituzionale  a quella parte di società  che   si pone come ostacolo alla straripante  voracità di un elite capitalsitica che non tollera impedimenti alla sua  onnipotenza, allora  Kossiga può definirsi il UN PRECURSORE DELLA FIGURA DEL BUON SERVITORE DELLO STATO. Detto questo possiamo provare pietà per la morte dell’uomo, ma non riusciamo a dolerci per la scomparsa di un tale sobillatore anticomnista. Kossiga è morto ? Pace all’anima sua.




martedì 17 agosto 2010

O' MIRACOLO

di Luciano Granieri


Siamo probabilmente ai titoli di coda di questo esecutivo . Mentre ci si accapiglia sui possibili scenari che si apriranno a settembre noi vogliamo ricordare la prima magia operata dal governo del fare, portando alla memoria degli elettori l’esordio da effetti speciali  del  rinato regno berlusconiano . Ovvero  la portentosa sparizione dalle vie di Napoli dei cumuli di immondizia che fino ad allora avevano soffocato  la  città partenopea la  Campania tutta. Come d’incanto grazie anche all’intervento illuminato del druido Bertolaso la monnezza sparì da strade piazze e vicoli. O’ Miracolo !!!!! ma no Miracolo semplice . Miracolo!!!!!  Miracolo!!!!! 




Già ma il trucco dove sta. Perché d’accordo che Lui è l’unto dal Signore che debella il cancro in sole sette mesi. Ma a’ munnezza addò le missa?    Cambiamo scenario una strada asfaltata liscia perfetta immersa in un ambiente incantato conduce a ricenzioni alte con cartelli minacciosi che indicano che si è in una zona militare controllata da polizia e da pattuglie di soldati. Su questo viale alberato, curato senza buche transitano esclusivamente camion carichi d’immondizia per raggiungere Sari2, la discarica riaperta dal governo proprio pe’ fa o’ miracolo. Sari2 si trova in pieno parco nazionale del Vesuvio. In quel territorio per decenni l’abusivismo aveva  imperato fino a quando non è arrivato l’ente  che applicando  le norme varate dal governo per la  salvaguardia dei parchi aveva  cominciato a ristabilire la legalità, aveva imposto  le  regole per la difesa  della biodeiversità   e dell’ecosistema di quell’ambiente . La direzione del parco si è insediata ad Ottaviano in un palazzo mediceo, sequestrato al boss Raffaele Cutolo. Ma ecco il colpo di mano. Per attuare o’miracolo il governo con un decreto  d’urgenza stabilisce che nel parco del Vesuvio si può costruire una discarica, infischiandosene perfino di se stesso e delle leggi che aveva precedentemente  promulgato. Gli abitanti della zona non hanno fatto in tempo a godere della natura circostante liberata dai rifiuti provenienti da tutto il centro-nord  che già dovevano fare i conti con la propria monnezza. I cittadini  di  di Somma Vesuviana, Terzigno, Boscoreale già alle sei sette di sera sono costretti  a chiudere la finestre per la puzza, i ristoranti hanno visto i clienti alzarsi e andare via sopraffatti dal mefitico olezzo, feste per la prima  comunione interrotte imporvvisamente con il festeggiato e gli ospiti che abbandonano in fretta e furia la sala. Per non considerare l’aumento di patologie a carico dell’apparato respiratorio e dei reni riscontrate presso gli stessi abitanti della zona. Ecco il vero miracolo. Quello che sta distruggendo una oasi naturale come quella del parco del Vesuvio e l’economia dei paesi limitrofi che vedono distrutte le loro potenzialità di guadagno costituite dallo sviluppo turistico. Purtroppo i miracoli del mago di Arcore si sono susseguiti fino ad oggi arrecando devastazione e macerie soprattutto a danno dei lavoratori e della classi più deboli. Non sarebbe il caso di rompere l’incantesimo lasciar perdere  i  miracoli e cominciare ad operare concretamente per difendere il diritto di ognuno  a vivere degnamente del proprio lavoro in territori meno inquinati e malsani?  



Miles in Rome terza parte

di Luciano Granieri

Questo terzo video dedicato al concerto che Miles Davis tenne  nel 1969 al teatro Sistina di Roma chiude la serie  dedicata da AUT a questo evento. Dopo, This,   I FALL IN LOVE TOO EASLY   , proponiamo il brano Directions. Un pezzo che secondo noi chiude degnamente questo contributo. Con un Davis che mostra appieno la vena che lo animava in quel magico periodo di costruzione del Jazzrock d’avanguardia. Jack De Johnnette-batteria, Chic Corea-piano elettrico, Dave Holland-contrabbasso, e Wayne Shorter al  tenore, in questo frangente, non sono da meno.  Il brano inizia con una sola misura di citazione del tema, per poi proseguire con le improvvisazioni. Qui Davis e De Johnnette danno vita ad  una sfolgorante  performance. Sulla base di un giro costante  del contrabbasso di Holland che incrocia una struttura armonica  determinata da particolari arpeggi di Corea con il piano elettrico,  Miles sfodera un assolo incredibile eseguito su toni alti, inconsueti per il suo linguaggio,  fraseggi  agili, velocissimi si susseguono senza un attimo di respiro. La stessa frenetica vena improvvisativa che si ritrova nei  brani di Four and More, l’album che raccoglie  i pezzi    veloci eseguiti  nel concerto tenuto alla Philarmonic Hall nel 1964   con il quintetto storico (Shorter, Cartrer,Williams,Hancock)  . Sempre di quel concerto la Columbia pubblicò  tutte le ballads nell’LP My funny Valentine. Ma torniamo a Roma. Alle  incredibili evoluzioni di Davis si affianca lo spettacolare contributo di De Johnette che si profonde in un’imporvvisazione parallela. Con un drumming fiammeggiante tecnicamente inarrivabile carico di controtempi, rullate veloci.  De Johnette diventa protagonista  quanto Miles in  questa spettacolare performance. A seguire subentra Shorter con un’improvvisazione fatta di arpeggi taglienti e brevi. Corea conclude il tutto con una assolo che tende a rallentare i ritmi e porta il brano su una dimensione meno frenetica, più ipnotica. Come detto questo video conclude la serie dedicata al concerto di Roma ma conclude anche  la serie di post dedicati alla creazione del  un nuovo stile; il Jazzrock d’avanguiardia. In questo contesto infatti si inserisce anche  il contributo diretto di BILLY COBHAM   , un protagonista di quella rivoluzione  che noi abbiamo ripreso durante il suo concerto di Alatri e che mostra quale sia oggi l’evoluzione di questa  musica. Un’evoluzione che forse ha perso quell’aurea di avanguardia e riflessi socio politici ma che mantiene intatti tutti gli elevati contenuti  tecnici ed espressivi. Buona visione e al prossimo “CONCERTO AL QUALE AVREI VOLUTO ASSISTERE.



Non più demolizioni di villaggi

 di Jesse Bacon, Editor, The Only Democracy?



Dear Luciano,

Imagine watching helplessly as your entire community is destroyed, all of your friends, family members, and neighbors made homeless at the same time. How would you feel?

That is exactly what happened on July 27 in the Bedouin village of Al-Arakib in Israel. A 60 year old community of 300 villagers, mostly children, was demolished down to the ground. The Israeli Lands Administration (ILA) sent 1,500 soldiers to forcibly remove the people and destroy their homes, sheep pens, fruit orchards, and olive tree groves.  And when it was rebuilt by the villagers, their neighbors, and concerned Israelis, the government demolished it twice more. It intends to plant a forest on the land and settle more Israeli Jews in the region. 

2,000 Israelis have called on their government to do the right thing and end these outrages. Now we join other American Jewish groups such as Tikkun and Rabbis for Human Rights-North America in an initiative launched by the Jewish Alliance for Change, adding our voices to their petition to Prime Minister Benjamin Netanyahu in support of human rights and equality for the Bedouin people in Israel. You have already told our Jewish leaders here in the United States to speak out against other Israeli government abuses.  Please sign here to speak out against the destruction of this village and the plans to destroy others, the denial of basic services to the Bedouin, and the expulsion of the children of migrant workers in Israel. Such actions do nothing to secure the rights of Israeli Jews or Israeli democracy. No more demolitions.   

With gratitude,

Jesse Bacon,

Editor, The Only Democracy? 






Immaginate di assistere impotenti alla distruzione della vostra comunità. Vedere tutti i vostri amici, familiari e vicini di casa, rimanere senza tetto. Come vi sentireste?
Questo è esattamente ciò  che è successo il 27 luglio scorso nel villaggio abitato da  Bedouins (una popolazione araba di origine nomade) di  Al-Arakib in Israele. Una vecchio  insediamento  di sessant’anni composto da 300 abitanti, per lo più bambini è stata demolito, raso al suolo . L’amministrazione israeliana del territorio, (ILA) ha inviato 1500 soldati per cacciare con la violenza la popolazione e distruggere   case, ovili, frutteti e uliveti. E quando è stata tentata la ricostruzione da parte degli abitanti, i loro vicini, gli israeliani consenzienti e il governo hanno ridemolito tutto  per ben due volte. L’intenzione è quella di  piantare un bosco sul territorio e insediare più ebrei israeliani nella regione. 2000 israeliani si sono appellati al loro governo affinchè facessero la cosa giusta e ponessero fine a questo oltraggio. Ora vogliamo coinvolgere  altri gruppi di ebrei americani Tikkun e rabbini attivi nella difesa dei diritti umani in Nord America nell’iniziativa lanciata dalla Alleanza Ebrea per il cambiamento. Chiediamo di aggiungere la propria voce alla loro petizione rivolta al primo ministro Benjamin Netanyahu a difesa dei diritti umani  e  dei diritti di eguaglianza del popolo bedouins  di Israele. Avete già sollecitato i leader ebrei qui negli stati uniti a protestare contro gli altri abusi del governo israeliano. Per favore firmate per protestare contro la distruzione di questo villaggio e la pianificazione di altre distruzione, contro la negazione dei diritti fondamentali per i bedouins , contro l’espulsione dei bambini  dei lavoratori immigrati in Israele. Tali azioni assicurano comunque e  diritti dagli ebrei israeliani e la  democrazia israeliana. Non più distruzioni.
 Con gratitudine

Jesse Bacon,
Editor, The Only Democracy?  

NB. Per firmare è necessario cliccare sulle frasi in rosso del testo in inglese

lunedì 16 agosto 2010

Mantenere sempre alta l'attenzione sul tema della legalità - da Oreste Della Posta dell'Associazione Politico- Culturale 20 ottobre

Associazione Politico- Culturale 20 ottobre  


Della Posta: "Mantenere sempre alta l'attenzione sul tema della legalità"

   "Un plauso va ai compagni consiglieri regionali Peduzzi e Nobile sull'attenta vigilanza che esercitano sull'operato del Consiglio Regionale del Lazio soprattutto sui temi della legalità". A dirlo è Oreste Della Posta, esponente di spicco dell'Associazione Politico- Culturale 20 ottobre, che apprezza l'iniziativa di Peduzzi e Nobile.
I due consiglieri regionali della Federazione della Sinistra hanno infatti presentato un'interrogazione con la quale hanno chiesto conto alla presidente Polverini della mancata pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del Regolamento di organizzazione dell'Agenzia regionale per i beni confiscati alla organizzazione criminali nel Lazio (ABECOL). Vedi Post  PERCHE' POLVERINI NON PUBBLICA I REGOLAMENTI DELL'ABECOL
L'ABECOL è stato istituito con voto unanime del Consiglio regionale lo scorso ottobre, con il compito di promuovere la gestione e assegnazione dei beni confiscati, anche a seguito del protocollo d'intesa con il commissario straordinario per i beni confiscati e anticipando la formazione dell'analoga Agenzia Nazionale. 
"Il regolamento, ad oltre quattro mesi dalla sua approvazione - denunciano - non è ancora stato emanato dalla Presidente, nonostante sia un atto dovuto, normalmente svolto in una quindicina di giorni. La mancata pubblicazione del regolamento - proseguono - potrebbe costringere la Regione a restituire i primi beni confiscati che sono stati assegnati, impedisce di attivare sial il fondo regionale per l'estinzione delle ipoteche sui beni sottratti alle mafie sial il fondo di garanzia per l'uso sociale di questi, inoltre ritarda l'emanazione del bando per l'uso sociale dei beni confiscati".
"Auspichiamo - dicono dalla Pisana. Che sia solo una dimenticanza e che la Presidente provveda immediatamente a rimediare. In ogni caso dobbiamo purtroppo registrare nuovamente una scarsa attenzione della Polverini per la lotta alle mafie che sono ormai saldamente insediate nella nostra regione. A dimostrarlo i numerosi quesiti e arresti avvenuti le Lazio solo nell'ultimo mese".
"è necessario - dice Oreste Della Posta- che tutto il consiglio Regionale prenda coscienza di questa cruda realtà. Bene fanno i consiglieri regionali della Federazione della Sinistra a tenere sempre ben alta l'attenzione su questi temi".

 


14/08/2010, Aquino 

STOP GREEN HUNT - Comitato contro la guerra contro il popolo dell'India


NEW YORK CITY – L’organizzazione Sanhati, insieme ad altre organizzazioni e a singoli individui, sta organizzando una protesta contro la guerra strisciante del governo indiano contro gli abitanti delle regioni forestali dell'India centro orientale, la guerra che è stata chiamata “Operazione Green Hunt,”. La protesta coinciderà approssimativamente con il giorno dell’anniversario dell’indipendenza dell’India (15 agosto): con questo puntiamo il dito sul fatto che le promesse di indipendenza per una larga fascia della popolazione, inclusi i popoli tribali, sono rimaste ampiamente insoddisfatte.
In questa fase la guerra si concentra soprattutto nelle regioni forestali dell'India centro orientale, dagli stati del Chhattisgarh fino allo Jharkhand e al Bengala Occidentale. È una regione ricchissima di risorse naturali.
Le grandi corporazioni, sia indiane che straniere, stanno saccheggiando queste risorse per trarne profitti a breve termine, e prevedono di continuare a farlo prestando poca o nessuna attenzione agli enormi costi ambientali e umani che tutto questo comporta.
I governi degli stati e quello centrale continuano ad accogliere queste grandi corporazioni a braccia aperte. Hanno firmato con loro un numero imprecisato di protocolli d'intesa, i cui particolari sono stati tenuti segreti. Una recente relazione del Ministero dello Sviluppo Rurale, d'altro lato, ha descritto questi processi come una delle più grandi appropriazioni di terra dai tempi di Cristoforo Colombo.
Ma in queste aree forestali non ci sono solo risorse naturali. In questa regione vive gran parte dei circa 100 milioni di Adivasi (cioè, della popolazione tribale) dell'India. Gli Adivasi hanno resistito con tutti i mezzi a loro disposizione ai tentativi del governo di cacciarli dalle loro terre ancestrali con la violenza. Gli attivisti Adivasi si sono opposti al programma di espropriazioni del governo in base al Quinto Allegato della Costituzione Indiana, dedicato ai diritti degli Adivasi e alle disposizioni per proteggerli,.
Le lotte e le denunce degli Adivasi hanno ragioni reali. Il governo indiano ha risposto alle loro legittime proteste con la mano pesante, in violazione della lettera e dell'intento della Costituzione Indiana. I movimenti di resistenza pacifica nella regione si sono scontrati con la brutalità della polizia e con la forza militare. Una parte del movimento di resistenza ha dovuto armarsi. Lo Stato, in risposta alla resistenza armata degli Adivasi, ha organizzato gruppi di vigilantes che hanno imperversato nel Chhattisgarh con l’operazione Salwa Judum e nel Bengala Occidentale con l’operazione Harmad Bahini.
Le operazioni sono fallite entrambe, e la risposta è stata l’Operazione Green Hunt, una escalation ulteriore verso la militarizzazione dello Stato. La cooperazione militare del governo indiano con gli USA e con Israele facilita questo processo.
Settori della società civile hanno sollecitato il governo centrale a fermare l’Operazione Green Hunt e ad avviare negoziati con le diverse organizzazioni popolari che si oppongono al saccheggio delle risorse naturali. La risposte del governo all'idea del dialogo, in generale, non sono state incoraggianti, visto l’incremento dei piani di militarizzazione, delle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza, della repressione delle voci di dissenso, e dei sequestri e delle uccisioni di dirigenti delle organizzazioni popolari. 

Opponiamoci all’appropriazione di terre più grande dai tempi di Colombo!
Opponiamoci all’ Operazione Green Hunt!
Opponiamoci alla guerra contro il popolo!

Sanhati (www.sanhati.com) è un forum di attivisti, professionisti, lavoratori, accademici e intellettuali che prendono posizione in solidarietà contro le corporazioni capitaliste e per la difesa dei diritti democratici in India. È un gruppo che lotta per essere parte integrante del movimento internazionale che cerca un’alternativa all'ordine sociale capitalistico.