sabato 4 settembre 2010

Contro l'islamofobia ora e sempre

di  Sydney Levy 




Dear Luciano,
Within the next ten days, Jewish people will welcome a New Year, even as the holy Muslim month of Ramadan draws to a close. These are times of special significance for us, and yet these joyous occasions are marred by what is happening in the world around us.
The so-called peace talks are beginning today under the shadow of ongoing violence in Israel and Palestine. In the United States, we are approaching the anniversary of 9/11, and the rising tide of manufactured bigotry against Muslims is reaching a new high.
As the peace talks begin, we condemn the murder of the four Israeli settlers last Tuesday in the occupied West Bank. Violence against civilians, any civilians, is never the answer.
We also note that while the U.S. government condemned Tuesday's brutal attack, it never condemned even the assault on Gaza almost two years ago, when over 1400 people, mostly civilian, including over 400 children, were killed.  This disproportionate response is an indicator of the apparent inability of the U.S. to be an "honest broker" in these talks. (You can find two sobering analyses of the upcoming talks in these two pieces: Hoping Against Hope and Top Ten Reasons for Skepticism.)
As difficult as the situation is in Palestine and Israel, we cannot ignore what is happening in the United States. As Jews, we feel an obligation and a responsibility to speak up for the rights of all of our citizens and residents -- rights that we should enjoy regardless of religion or ethnicity. We are gravely concerned by the new wave of anti-Muslim and anti-Arab prejudice -- including violence and threats of public burnings of the Qur'an -- that the planned building of an Islamic Cultural Center near Ground Zero in Lower Manhattan has brought to light.
We are particularly disappointed by the role being played by some leading Jewish-American institutions, founded to promote human rights and democracy, that are standing now on the side of bias and prejudice. When the Anti-Defamation League, the Simon Wiesenthal Center, and the American Jewish Committee oppose the unconditional rights of Muslim-Americans to build their mosque, they oppose the religious freedoms of all Americans and the Jewish values we all share.
Sadly, the decision of organizations like these not to vigorously fight for the rights of Muslim Americans appears to be rooted in their impression that bias and prejudice against Muslims is advantageous to Israel. On the one hand, we hear false and misleading claims of anti-Semitism to silence critics, on the other, are the appeals to Islamophobia and anti-Arab racism to foster alienation from the Palestinians and their struggle for human rights and dignity. This is not good for Americans, not good for Israelis, and not good for Palestinians.


Just as the hurtful and dangerous rhetoric is increasing in New York, so it is increasing in Israel. Just last week, Rabbi Ovadia Yosef, a former Chief Rabbi of Israel and spiritual head of the Shas Party, a member of the governing coalition, repeated his 2001 admonition for the annihilation of Arabs, adding, "It is forbidden to be merciful to them."
Turning back to the U.S., as we are honoring our holidays, American Muslim leaders have expressed fear that when Muslims gather to celebrate the end of Ramadan, their gatherings might be wrongly interpretedas a celebration of the 9/11 attacks. We remember darker times when we Jews celebrated Passover in fear because of the heightened potential for blood libel accusations and pogroms.  We remember when our sacred books were burned in public square. We wish our Muslim brothers and sisters a joyous and safe holiday.
We are now in the time of Teshuvah (repentance). We call on all Jewish leaders and on all our Jewish brothers and sisters to pause and reflect. As we start a new year, we ask all of you to join us in reaffirming a shared commitment to confronting Islamaphobia and anti-Arab racism with the same determination we have when facing anti-Semitism.
Shannah Tovah and Ramadan Kareem,






Sydney Levy


Jewish Voice for Peace



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Entro i prossimi 10 giorni il popolo ebraico darà il benvenuto al nuovo anno anche se il mese sacro islamico del Ramadan sta per concludersi . Questo periodo è carico di significati per noi ma  ancora queste gioiose occasioni sono turbate da ciò che sta avvenendo nel mondo intorno a noi.
I cosi detti colloqui di pace stanno iniziando oggi sotto l’ombra della violenza in corso in Israele e in Palestina. Negli Stati Uniti  ci  stiamo avvicinando  all’anniversario dell’ 11 settembre e la crescente ondata di intolleranza contro i mussulmani sta raggiungendo  livelli così alti, come  mai accaduto prima. Non appena i  colloqui di pace hanno avuto inizio , abbiamo dovuto condannare l’assassinio di quattro coloni israeliani  avvenuto martedì scorso nel territorio occupato della West Bank. La violenza verso i civili, qualsiasi tipo di civili, non è mai la risposta.
Abbiamo altresì notato che mentre il governo degli  Stati Uniti ha condannato il brutale agguato di martedì scorso non ha mai condannato anche l’assalto su Gaza di circa due anni fa, quando oltre 1400 persone, per lo più civili, compreso quattrocento bambini, furono uccisi. Questo sproporzionato atteggiamento è un indicatore dell’apparente incapacità degli Stati Uniti di essere un onesto mediatore in questi colloqui (E’ possibili trovare due analisi che inducono diversi riflessioni sui colloqui nei pezzi che seguono Hoping Against Hope e Top Ten Reasons for Skepticism.)  . Così come è difficile la situazione in Palestina e in Israele,  non possiamo ignorare cosa sta avvenendo negli Stati Uniti, come ebrei sentiamo il dovere e la responsabilità di sollevarci per la difesa dei diritti di nostri concittadini e residenti, diritti di cui dovremmo godere a prescindere dalla professione religiosa o dall’etnia. Siamo seriamente preoccupati per la  nuova ondata di pregiudizi contro i mussulmani e contro gli arabi, compreso la violenza e la minaccia di roghi pubblici alimentati da copie del corano, che la decisione  di  costruire  un Centro Culturale Islamico a Ground Zero nella parta bassa di Manhattan, sta portando alla luce. Siamo particolarmente delusi dal ruolo svolto da alcune istituzioni guida Ebree-Americane  che fondate per promuovere i diritti umani e la democrazia, oggi stanno decisamente dalla parte della parzialità e del pregiudizio. Quando la “Lega anti diffamazione”, il “Centro Simon Wiesenthal” e il “Comitato ebraico americano” si oppongono al diritto inalienabile dei mussulmani americani di costruire la loro moschea, si oppongono alla libertà religiosa di tutti gli americani e ai valori dell’ebraismo che tutti condividiamo. E’ triste che organizzazioni come queste, più che battersi vigorosamente per i diritti dei musulmani americani, sembrano essere convinti della loro idea che la parzialità e il pregiudizio contro i mussulmani siano vantaggiosi per Israele. Da un lato abbiamo sentito affermazioni false e fuorvianti di antisemitismo volte a tacitare le critiche , dall’altro ci sono gli appelli all’islamofobia e al razzismo anti-arabo atti a promuovere l’alienazione dei Palestinesi e della   loro lotta per i diritti umani e la dignità . Così come l’offensiva e pericolosa propaganda   sta aumentando a New York, altrettanto sta aumentando in Israele. Solo la settimana scorsa il Rabbino Ovada Youssef ex Rabbino Capo di Israele e capo spirituale del partito Shas, membro della coalizione di governo ha riproposto la sua ammonizione già espressa nel 2001 per l’annientamento degli arabi aggiungendo che “E’ vietato avere pietà di loro”. Tornando agli Stati Uniti, mentre  noi stiamo onorando le nostre feste, i leader mussulmani hanno espresso il timore che quando i mussulmani si riuniscono per celebrare la fine del Ramadan i loro raduni potrebbero essere erroneamente interpretati come celebrazioni dell’ 11 settembre. Ricordiamo tempi più oscuri in cui noi ebrei celebravamo la pasqua ebraica nel timore delle accresciute  possibilità  di subire accuse di diffamazione, violenze  sanguinarie  e pogrom. Ricordiamo quando i nostri libri sacri furono bruciati nella pubbliche piazze . Noi vorremmo per i nostri fratelli  e sorelle mussulmani delle feste gioiose e sicure. Siamo ora in periodo di Teshuvah (pentimento) . Sollecitiamo   i leader ebrei e   tutti i loro fratelli e  sorelle ebree  a fermarsi e riflettere. Così come noi iniziamo un nuovo anno  chiediamo a tutti voi di unirvi a noi per riaffermare l’impego comune nell’affrontare l’islamofobia e il razzismo anti-arabo con la stessa determinazione con cui contrastiamo l’antisemitsmo. 




Amare le differenze, sposare i colori

di Fausta Dumano




Art Qube in trasferta a Sabaudia.

Sabaudia estate 2010, la location è la piazza di Sabaudia, quella piazza che una volta ospitava artisti, intellettuali, scrittori, cineasti. La Sabaudia selvaggia amata da Dacia e Minerva, scelta da Bertolucci per girare “La Luna”, la Sabaudia dove Moravia di portava la sua “Olivetti” per scrivere prima di andare in spiaggia a fare le telline e a giocare con Pallacco. La Sabaudia  di Pier Paolo Pasolini. Nella Sabaudia contemporanee, presa d’assalto oramai da “divi amorfi”  carbonizzati e unti al sole , la scommessa degli artisti di Art Qube risveglia  dal dormire sotto l’occhio infinito dalla maga Circe “Fra-S-Tono” “Amare le differenze, sposare i colori” . Per tre giorni dal 10 al 12 agosto 16 artisti hanno realizzato 4 cubi di tela . Blocco notes e macchinetta fotografica la redattrice di AUT è in piazza non solo per dovere di cronaca  ma per dovere di affetti, i giovani di Art Qube hanno portato con loro delle tele di “Milton”, Massimiliano Chiodi, l’artista recentemente scomparso. Amare le differenze , sposare i colori, ogni artista ha usato la sua tecnica, ogni tela meriterebbe un racconto a parte, un racconto tutto suo che si intreccia nel cosmo dei cubi realizzati. Artisti che con passione sotto un sole degno di “Africa” hanno regalato una miscela deflagrante di sensazioni ed emozioni. Tra le tele di Milton spicca quella coppia così diversa che sembra affacciarsi sula finestra del mondo , sembra stata realizzata apposta per l’occasione. Amare le differenze, quella coppia che si affaccia sul mondo  è così diversa e nella diversità si cerca nello sguardo. Quello sguardo sempre così ricercato  nelle tele di Milton. Il viaggio  all’interno delle tre giornate  è un viaggio intenso. Nel viaggio si sono uniti anche i bambini che si sono alternati nella realizzazione  di “piccoli capolavori” Una bambina che sembra un incontro di etnie diverse , un po’ africana, un po’ eschimese, una carica espressiva, un volto che ti entra dentro, è una delle tele realizzate da Davide Cocozza, che non ha certamente bisogno di presentazione , è l’ideatore del collettivo LAPS, quel collettivo che a Frosinone si riunisce ogni giovedì sera “contaminando le arti” al Satyricon .  Amare le differenze  Rocco Lancia, direttore artistico di Art Qube ha realizzato due volti di donna così diverse ma così intense nello sguardo che sembrano essere l’una complementare all’altra , tento che l’una sembra essere entrata nello sguardo dell’altra per trovare  una comunicazione fisica. Un occhio inquietante sembra nutrire con le lacrime il mare, ma nello stesso tempo le lacrime potrebbero assorbire il mare . Dipende dal punto di vista. Coppie, volti di donne che si intrecciano tra una tela e l’altra come se fosse un romanzo corale. La Maga Circe così spaventata nella tela di una giovanissima appare sdraiata nella tela di Rocco Lancia, una Maga Circe dalla cui bocca esce la flora e la fauna e ha come scenario la torre di Sabaudia e la sua architettura razionale. Luciana Lisi predilige l’arancione  e nelle sue quattro tele offre uno spaccato di Sabaudia guardando quattro angoli della piazza  da   un‘angolazione diversa. E da un altro cubo spunta un altro volto di donna di Davide Cocozza, una donna che sembra interrogarsi davanti allo specchio della vita  e il trucco del palcoscenico della vita dove recita il suo copione sembra sciogliersi. Nella sua intensità di sguardo c’è l’angoscia della memoria masticata dal tempo. Francesco De Nardi, il pittore dei murales di Porciano, consegna quattro tele in cui lo spettatore si interroga alla ricerca del simbolo, dietro ogni segno c’è uno studio. Amare le differenze è amare l’intreccio di questi simboli , scuola americana, lontano dalla ricerca francese. Rocco Lancia fa emergere fra le dune un Pasolini, un omaggio dovuto all’intellettuale , a quell’intellettuale che animava con Moravia, Dacia, Enzo Siciliano, Laura Betti. Da una tela spunta un pianoforte , manca il pianista, da un’altra tela spunta un Omero capelli al vento è di Alessandro, un giovane architetto romano che ha saputo dell’iniziativa  si è subito inserito nel gruppo, travolto dall’attività frenetica di Rocco e Davide, ne è rimasto entusiasta a tal punto  che ha inserito nella sua agenda gli appuntamenti artistici del Satyricon di Frosinone.  Amare le differenze, Alessandro realizza un’altra tela una coppia, un uomo e una donna, lei procede avanti come se fosse già entrata in un altro destino, ma la mano dell’uomo sembra ondeggiare verso di lei, un vento sembra accompagnare la loro storia, lei si regge  il cappello, lui ha i capelli al vento, delle note musicali sospese nel cerchio che sembra circoscrivere la coppia. Una coppia diversa, lei con uno stile elegante, lui così casual con i capelli così lunghi tanto da sembrare un’altra lei , se non ci fosse quel cappello così “uomo” . Tre giorni intensi  con i colori, tre giorni di contaminazioni artistiche  e ops all’improvviso arriva una stampa, una ragazza dall’ucraina ha inviato il suo disegno con la posta elettronica. Stanchi, tre giorni intensissimi ma Sabina Ceccarelli, Silvio Incocciati stanno già confabulano con Davide  e Rocco per un’altra trasferta ad Arpino.






Il brano scelto a commento è "Siamo Noi" di Enrico Capuano. La band è composta oltre che dallo stesso Enrico -- voce, da Manuela Colangeli-Voce, Fabiano Lelli-chitarra, Stefano Ribeca - Flauto traverso, Stefano Baldasseroni -batteria, Claudio Clementi-Basso, Lucio violino Fabbri-Violino. Gli artisti di Art Qube sono "onda d'urto" autentica . Con la forza dei loro segni rivoluzionari pennellati sui cubi indicano la nuova strada. La strada per un nuovo modi di fare arte.


Foto:Fausta Dumano
Editing: Luc Girello

Pesante perdita di posti di lavoro nella Provincia di Frosinone

da  - Associazione Politico- Culturale 20 ottobre





La provincia di Frosinone non può continuare a pagare con una pesante perdita di posti di lavoro, la chiusura di ospedale e i tagli ai trasporti ed al sociale la dissennata politica del Governo Belusconi.
E’ questo il grido dall’allarme lanciato dall’Associazione Politico Culturale “20 ottobre” , per voce di Oreste Della Posta, suo esponente di spicco.
“Grazie alla riforma Gelmini – dice Della Posta – in provincia di Frosinone ci saranno 182 ATA  e 420 ausiliari  in meno. Si tratta in pratica di 600 posti di lavoro in meno che si vanno ad aggiungere alla già difficile situazione in cui si trova il mondo del lavoro in Ciociaria mettendo cos’ a rischio la coesione sociale. Sono tante le storie che si potrebbero raccontare. Una in particolare: quella di un lavoratore di Alatri che si trova improvvisamente disoccupato a 50 anni con una famiglia e dopo anni di lavoro nella scuola. Ciò è semplicemente inaccettabile.”
“Contro questa politica di parte e a difesa degli interessi privati del Ministro Gelmini e del Governo Berlusconi che stanno di fatto abolendo i diritti dei lavoratori, dei disoccupati e dei precari, l’Associazione 20 Ottobre invita tutte le forze politiche che dissentono con tale politica ad una mobilitazione concreta ed unitaria in difesa dei diritti, del lavoro e dell’occupazione.”
“ In particolare – conclude Oreste Della Posta – invitiamo il Partito Democratico ad esprimersi in modo chiaro ed inequivocabile per il rilancio del centrosinistra unitario e contro questa  politica del ministro Gelmini e del Governo Berlusconi”.

Aquino, 04/09/2010


LA GELMINI VUOLE LA GUERRA? L’AVRA’


di Fabiana Stefanoni  dei coordinamenti di lotta dei precari della scuola.



Sciopero ad oltranza per piegare il governo!



 
“Rassegnatevi”: è questa la risposta che la Gelmini ha dato ai precari della scuola che hanno perso il posto. Sono almeno 65 mila i lavoratori della scuola a tempo determinato a cui a settembre non è stato rinnovato il contratto di lavoro. Altrettanti dovranno accontentarsi di uno stipendio ridotto o, nella migliore delle ipotesi, di sedi di lavoro più disagiate. Ma, soprattutto, per loro non esistono più prospettive di assunzione. La Gelmini lo ha detto con chiarezza: non ci sono soldi per assumere 200 mila precari. Ovvio, rispondiamo noi. Il governo ha preferito dirottare le risorse verso altri lidi: gli incentivi alla Fiat di Marchionne, le spese di guerra, il sistema degli ammortizzatori sociali utile a congelare (temporaneamente) la protesta operaia. Non è un caso che la Gelmini abbia lodato le scelte di Marchionne: un modo per ricordare, se ce ne fosse bisogno, che stanno entrambi dalla stessa parte della barricata.
 
16 mila assunzioni in ruolo: l’ultima briciola che cade dal tavolo
10 mila docenti e 6500 lavoratori Ata (personale tecnico-amministrativo e bidelli): sono queste le ultime assunzioni in ruolo nella scuola pubblica italiana. Una miseria, se si considera che sono più di 200 mila i precari che, saltuariamente (con supplenze annuali o di pochi mesi), lavorano nelle scuole. Per tutti gli altri non resta che la precarietà eterna, oppure la disoccupazione. La “riforma” Gelmini ha preso il via due anni fa, con lo smantellamento del sistema dell’istruzione elementare: ora entra in vigore la ristrutturazione dell’istruzione secondaria, con il taglio di decine di ore di insegnamento settimanali in tutti gli istituti. Per le tasche dello Stato si tratta di un grosso risparmio, che ricade sia sulle spalle degli studenti (che vedranno un drastico scadimento dell’offerta didattica) sia sulle spalle dei lavoratori della scuola.
Di fronte a questo sfacelo, sono ignobili i commenti rilasciati dalle direzioni di Cisl e Uil: ancelle del governo Berlusconi, che hanno avuto il coraggio di parlare pubblicamente di “grande risultato” in riferimento alle misere assunzioni. Un “grande risultato” che pesa sulle spalle di decine di migliaia di precari che hanno perso il posto di lavoro. Invece, la direzione della Cgil - che si pone, in questa fase, all’opposizione e chiama alla mobilitazione – ha fino ad oggi scambiato le parole coi fatti, limitandosi a scioperi dimostrativi e centellinati e rifiutandosi di dare vita a proteste incisive persino quando esisteva la disponibilità da parte dei lavoratori (ricordiamo, a titolo di esempio, che la Cgil si è rifiutata di proclamare lo sciopero degli scrutini di giugno “per non disturbare studenti e famiglie”). Parallelamente sul versante del sindacalismo di base – diviso anche nella scuola in mille rivoli - manca ad oggi un fronte combattivo e unitario.
Nonostante si tratti di una categoria molto frammentata, da parte dei lavoratori della scuola non è mancata la costruzione di mobilitazioni significative. I primi scioperi generali della scuola, all’indomani dell’insediamento dell’attuale governo, sono stati molto partecipati: centinaia di migliaia di lavoratori in piazza sono stati traditi dalle direzioni sindacali, che non hanno voluto prolungare la lotta preferendo, a livelli diversi (seduti a fianco del ministro Gelmini nel caso di Cisl e Uil, da interlocutori esterni nel caso della Cgil), usare le buone maniere col governo. Similmente, sono sorti in tutta Italia coordinamenti di lotta dei precari della scuola, coordinamenti e assemblee autoconvocate degli insegnanti, presidi permanenti sotto gli uffici scolastici. L’assenza di una direzione in grado di trasformare questi momenti di lotta in una mobilitazione ad oltranza ha permesso al governo di segnare, per ora, un punto a suo favore: i tentativi estremi e disperati da parte dei precari di cercare almeno un po’ di visibilità con scioperi della fame e altre azioni simboliche non permetteranno di respingere i tagli e i licenziamenti.
 
La truffa degli ammortizzatori sociali
Oltre al danno la beffa: la Gelmini, provocatoriamente, ha definito i portavoce delle lotte dei precari “gente che fa politica”. Non solo: facendo leva sul luogo comune degli “insegnanti fannulloni” ha addirittura insinuato, riferendosi agli accordi tra Stato e Regioni, che i precari spesso preferiscano l’indennità di disoccupazione a un posto di lavoro. Non tutti avranno capito questo riferimento, ma è presto spiegato. La Gelmini si riferisce al cosiddetto “contratto di disponibilità”, declinato in modo parzialmente diverso da Regione a Regione. Si tratta di una sorta di cassa integrazione al ribasso, con cui Stato e Regioni si impegnano a offrire – per qualche mese e solo a una ristretta fascia di precari che hanno perso il posto di lavoro - una rendita mensile di poche centinaia di euro, il punteggio che serve per mantenere il posto nelle graduatorie, la priorità nelle chiamate per le supplenze, i contributi pensionistici. In cambio, il precario che firma il contratto (che è facoltativo) si impegna a essere letteralmente a disposizione dello Stato e delle Regioni: non potrà rifiutare incarichi di supplenza che gli verranno conferiti nella sua provincia (anche se, per ipotesi, la supplenza dovesse essere a centinaia di chilometri da casa) e dovrà svolgere ogni attività che gli venga proposta dalla Regione. Si tratta di una truffa: come la cassa integrazione nelle fabbriche è un mezzo utile solo a procrastinare la fine del lavoro, similmente questo contratto non è altro che l’anticamera della disoccupazione. Tra l’altro i precari che potranno accedervi sono solo una piccolissima percentuale di quelli che hanno perso il posto di lavoro.
 
Solo lo sciopero ad oltranza può piegare il governo
Accanto alle provocazioni non mancano le ipocrisie dei partiti della cosiddetta opposizione (borghese). Il segretario del Pd Bersani si è presentato ai presidi dei precari garantendo la sua solidarietà: fingendo di dimenticare che, ai tempi del governo Prodi, il decreto che portava il suo nome è quello che ha trasformato, ben prima dell’avvento della Gelmini, le scuole pubbliche in “fondazioni di diritto privato”, aprendo la strada agli attuali processi di privatizzazione; fingendo di dimenticare che il primo piano di licenziamenti di massa dei precari della scuola (40 mila) è stato varato dal ministro Fioroni, cioè dal ministro dell’Istruzione del governo Prodi (col voto a favore dei vari Vendola, Ferrero, di Pietro); fingendo di dimenticare che se oggi 180 mila precari possono essere lasciati a casa senza nemmeno una lettera di licenziamento è grazie al fatto che nessun governo di nessun colore si è preoccupato di assumere in ruolo questo esercito di precari. Sappiamo anche che i precedenti piani di ristrutturazione della scuola pubblica italiana targati centrosinistra (come quello a firma Berlinguer) non erano per niente diversi, nella sostanza, dall’attuale “riforma” Gelmini.
E’ importante che dalle lotte dei precari della scuola sia bandita l’illusione che qualche risposta possa venire dai partiti del centrosinistra: basti citare le prese di posizione degli amministratori locali del Pd contro il recente sciopero degli scrutini di giugno per capire che le parole contro i tagli alla scuola pubblica sono solo una recita a scopo elettorale. La crisi del capitalismo induce la borghesia a tagliare la spesa pubblica per fare cassa e preservare i profitti: nessuna soluzione contro i tagli potrà venire dai partiti del centrosinistra che quella borghesia si candidano a rappresentare in alternanza col centrodestra.
C’è una sola strada percorribile ed efficace per respingere i tagli: è la strada della lotta e dello sciopero ad oltranza. L’esempio ci viene dal  SUDAFRICA
: anche là, come in Italia, lo sciopero nei servizi pubblici è soggetto a forti limitazioni. Tuttavia, da giorni e settimane i lavoratori del pubblico impiego sono in sciopero, anche contro leggi e normative. Sappiamo che una mobilitazione di questo tipo potrà aver luogo solo se ci sarà una partecipazione di massa e, soprattutto, solo se la spinta propulsiva verrà dalle fabbriche. Il compito che ci dovremo porre in questo autunno sarà quello di costruirla.

venerdì 3 settembre 2010

Come il "porcellum" ha cambiato la Costituzione

di Domenico Gallo – da “il Manifesto del 01/09





E’ nostra convinzione che  per estirpare il bubbone del berlusconismo sia necessario partire da una nuova legge elettorale che mantenga intatte le prerogative costituzionali dell’art.49 la nostra posizione è ampiamente illustrata nel post   SCONFIGGERE IL BERLUSCONISMO CON LA COSTITUZIONE            
Ma per fornire sul tema altri contributi molto più autorevoli dei nostri autorevoli pubblichiamo di seguito due articoli tratti da “il manifesto di Domenico Gallo magistrato presso il tribunale di Roma, scrittore saggista Senatore della Repubblica nella XII legislatura. Siamo lieti di constatare che Domenico Gallo la pensa come noi anche se la conclusione che ne trae diverge sul tipo di di sistema elettorale. 
Luciano Granieri.



L'evoluzione della crisi, che impone in tempi ravvicinati la necessità di nuova elezioni politiche generali, rende urgente una grande mobilitazione politica per evitare che si vada a votare per la terza volta con la vigente legge elettorale, meglio conosciuta come "porcellum", essendo stata definita una "porcata" dal suo presentatore, l'on. Calderoli, che - evidentemente - ne ha fornito l'interpretazione autentica. In questo nuovo sistema elettorale, l'effetto congiunto del meccanismo delle liste bloccate e della sostituzione dei collegi uninominali con circoscrizioni elettorali di grandi dimensioni ha espropriato l'elettore da ogni residua possibilità di influire sulla formazione della rappresentanza parlamentare, con la conseguenza che le scelte dei candidati operate dalle élites dirigenti dei partiti non possono in alcun modo essere censurate, sconfessate o corrette dal corpo elettorale. 




Si è verificato, pertanto, il paradosso che tutti i "rappresentanti" del popolo italiano, sia nelle elezioni del 2006 che in quelle del 2008, sono stati nominati dai dirigenti dei partiti, ovvero direttamente dal padrone del partito-azienda. In questo modo gli eletti, più che rappresentanti del popolo, sono - anche in senso tecnico - dei delegati di partito, anzi del capo politico che li ha nominati, al quale rispondono delle proprie azioni ed al quale sono legati da un vincolo di fedeltà estremo. Inoltre è stata legittimata la tendenza a trasformare le elezioni in una investitura popolare del capo politico, attraverso l'obbligo giuridico di indicare il capo unico della coalizione. In questo modo il sistema elettorale tende surrettiziamente a modificare la Costituzione, comprimendo la centralità del Parlamento ed il ruolo del Presidente della Repubblica.




Sotto questo profilo, la legge elettorale vigente costituisce - di fatto - una forma di attuazione della eversiva riforma della Costituzione - bocciata con il referendum del 2006 - che delineava un meccanismo elettorale simile. Adesso questa riforma eversiva della Costituzione viene apertamente rilanciata da Berlusconi che nella sua esternazione del 20 agosto 2010, ha rivendicato «la novità che non può essere cancellata». Tale novità consisterebbe nel passaggio ad una Repubblica presidenziale che si sarebbe realizzato per mezzo della legge elettorale con la quale i cittadini (aggirando i formalismi costituzionali) hanno eletto direttamente il Capo del Governo, con la conseguenza che il Parlamento non lo può sfiduciare senza contrapporsi alla volontà popolare.




Bisogna considerare, inoltre, che il procedimento di trasformazione dei voti in seggi, previsto dal porcellum, determina una manipolazione della volontà popolare, attraverso il premio di maggioranza, che corregge l'orientamento manifestato dagli elettori, trasformando - per legge - una minoranza (più forte delle altre anche per un solo voto) in una solida maggioranza, garantendole il 55% dei seggi della Camera dei Deputati. 




Tale sistema elettorale non costituisce una novità nel nostro paese perché trova il suo precedente storico nella legge Acerbo, voluta da Mussolini per schiacciare l'opposizione nelle elezioni politiche del 1924. La riforma elettorale del fascismo, tuttavia, risultava più "democratica" del porcellum perché non consentì a Mussolini di sbarazzarsi di comunisti e socialisti, come ha fatto Berlusconi (con l'aiuto di Veltroni) nelle elezioni del 2008, grazie al meccanismo delle soglie di sbarramento raddoppiate per i partiti non coalizzati.




Nella situazione politica contingente, che ha visto la massima umiliazione possibile del Parlamento ridotto a cinghia di trasmissione degli ordini del Presidente del Consiglio, il ritorno alle urne con questa legge elettorale sarebbe un disastro politico, qualunque fosse l'orientamento manifestato dagli elettori. Come abbiamo visto, con il porcellum il capo politico di un partito può nominare direttamente tutti i parlamentari che le urne gli assegneranno, ma il porcellum garantisce anche al capo politico la possibilità di sbarazzarsi di ogni forma di dissenso interno. Infatti, qualora i dissidenti dessero vita ad una nuova formazione politica, questa sarebbe falcidiata dall'effetto congiunto del voto utile e delle soglie di sbarramento raddoppiate, consentendo a chi dirige il partito di restare indenne da ogni scissione e di espellere il dissenso interno senza pagare alcun costo. 




In questo modo le forze intermedie, che non intendono annullarsi in uno dei due partiti a cui lo schema bipolare assegna la competizione per il premio di maggioranza, sono destinate a scomparire dal parlamento ed i due schieramenti principali possono sbarazzarsi di ogni forma di dissenso interno ed ottenere il controllo totale del comportamento dei parlamentari da loro nominati.




Il problema non riguarda solo la destra di Fini, ma anche le forze cattoliche di centro, come l'Udc, e le forze di sinistra non coalizzate (che già nelle ultime elezioni sono state espulse dal parlamento).




Eliminato il ruolo moderatore delle forze intermedie, trasformato il parlamento un "bivacco di manipoli" del presidente eletto dal popolo, la dialettica politico-parlamentare si trasformerebbe in una continua bastonatura dei perdenti, che sarebbero spinti sulla strada dell'Aventino, come avvenne con la debole opposizione a Mussolini dopo le elezioni del 1924. 


 La seconda parte dell'articolo nel post seguente.






Tornare protagonisti del voto

di Domenico Gallo da “il manifesto" del 02/09



Il discorso sul sistema elettorale non può essere limitato alla ricerca della migliore formula elettorale fra gli addetti ai lavori. Innanzitutto bisogna sgomberare il campo dalle suggestioni e dai falsi miti che hanno intossicato l'opinione pubblica. Il primo requisito di ogni sistema elettorale è che esso deve essere coerente con la Costituzione. Nella democrazia costituzionale, fondata sulla partecipazione dei cittadini, (art.49 Cost), le elezioni politiche generali non servono ad eleggere un Governo, né tanto meno il Capo del Governo, né a determinare quali forze politiche devono governare per tutto l'arco della legislatura. 
Se così fosse, il popolo sovrano conterebbe un solo giorno e poi dovrebbe tacere per cinque anni.
Invece la democrazia non si esaurisce in un unico atto, compiuto ogni cinque anni, nel chiuso dell'urna, ma deve essere praticata ogni giorno. Nella democrazia costituzionale, il popolo deve continuare a concorrere a determinare la politica nazionale, anche dopo aver votato e lo fa - di norma - attraverso i propri rappresentanti, che la Costituzione vuole liberi da ogni vincolo di mandato proprio perché devono essere liberi di "rappresentare" (ed ascoltare) in ogni momento le domande politiche ed i bisogni del popolo sovrano.
Deve essere ripudiato, pertanto, come ingannevole e corruttore il mito secondo cui attraverso le elezioni i cittadini sono chiamati a scegliersi un Governo e un Capo di Governo, che non può più essere cambiato fino alle elezioni successive, per cui il sistema elettorale deve essere coerente con quest'obiettivo, orientando la scelta degli elettori all'investitura del Capo del Governo e della sua maggioranza, sulla base di un programma e di alleanze necessariamente precostituite. 
E' stato proprio Berlusconi, con i suoi comportamenti, a disvelare il carattere populistico, autoritario ed antiparlamentare di tale mito, che prefigura un ordinamento fondato sul fhurer-prinzip (il principio della supremazia del Capo politico sulle altre istituzioni) che la Costituzione italiana ha radicalmente ripudiato.
Anche la pretesa che le alleanze politiche si debbano necessariamente costruire prima delle elezioni per presentare agli elettori un programma comune e debbano restare cristallizzate per tutta la legislatura è una palese assurdità che ingessa il sistema politico, rendendo rigido ciò che la Costituzione ha voluto che fosse flessibile proprio per consentire il regolare funzionamento degli organi rappresentativi, ai quali spetta anche la funzione di correggere o modificare quegli indirizzi politici o di governo che si dimostrassero inadeguati o pregiudizievoli per il bene del popolo italiano. Del resto è un dato irrevocabile di esperienza che i programmi politici presentati dai partiti alle elezioni sono solo degli strumenti per inseguire il consenso elaborati sulla base di ricerche di mercato e sono talmente fumosi e generici da lasciare le mani completamente libere agli attori politici. In quale programma politico è prevista l'emanazione di leggi ad-personam per rendere intoccabili una casta di uomini politici?
Nell'esercizio del voto i poteri attribuiti dalla Costituzione al cittadino-elettore non consistono nella possibilità di scegliere da chi deve essere comandato, ma nella possibilità di scegliere delle persone che possano rappresentare, nelle istituzioni, le domande sociali, gli interessi, i bisogni e le esigenze che stanno a cuore ai cittadini. 
Per questo una nuova legge elettorale, che sia conforme alla Costituzione, deve perseguire questi questi tre obiettivi:
a) Ripristinare il principio democratico della rappresentanza e restituire agli elettori la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti;
b) Superare il dualismo manicheo del conflitto, liberando il sistema dalla camicia di forza di un bipolarismo forzato;
c) Favorire la governabilità attraverso il ripristino del metodo democratico fondato sulla centralità del Parlamento.
Ovviamente non si può ripristinare puramente e semplicemente il sistema elettorale vigente prima del referendum e delle riforme elettorali del 1993, in quanto non si possono ignorare le legittime esigenze di governabilità e di maggiore coesione politica che hanno trovato delle risposte sbagliate nelle riforme elettorali ed istituzionali messe in cantiere negli ultimi 15 anni.
Occorre, pertanto, prefigurare un sistema elettorale misto, che coniughi i vantaggi del Collegio uninominale maggioritario con l'esigenza di garantire che la trasformazione dei voti in seggi rispecchi - in modo proporzionale - il pluralismo delle domande politiche e sociali presenti nel corpo elettorale e che la composizione delle assemblee rappresentative non sia più dominio esclusivo delle élites di partito ma il terreno sul quale la volontà degli elettori possa riscontrare (ed eventualmente correggere) quella dei partiti politici. Questi ultimi devono recuperare ruolo e dignità attraverso il consenso liberamente espresso dal corpo elettorale, piuttosto che attraverso artificiosi meccanismi di privilegio. 

La scuola finanziata con i soldi di Roma Ladrona

a cura di Luciano Granieri



La ministra Gelmini ha ragione, è doveroso rilevarlo . La sua riforma, messa a punto con  la complicità di  Tremonti, è un provvedimento EPOCALE, infatti ha prodotto il più grande licenziamento di massa che storia repubblicana ricordi.  Ma,  al di là della macelleria sociale che determina  questa mattanza, 200 mila insegnanti a spasso  sono un pessimo segno. Danno la misura di come si voglia svilire l’istruzione pubblica che assicura  parità di accesso al sapere e  uguaglianza nell’apprendimento . Ciò che si vuole ottenere è una scuola pubblica  ridotta ad appendice low cost della scuola privata. Istituti per poveracci la cui unica aspirazione dovrebbe essere quella di imparare  come si diventa sudditi mansueti. Servi  di una classe ignorante e  arricchita  oltremisura da immani profitti realizzati con speculazioni finanziarie , furti legalizzati  e reiterati a mezzo evasione fiscale.  Una classe di sfruttatori senza scrupoli i cui giovani virgulti frequenteranno scuole con ben altre disponibilità  . Ma se la Gelmini sostiene che nessun governo sarebbe in grado di assorbire 200 mila precari, sicuramente l’esecutivo  di cui lei è ministro  riesce a elargire un contributo di 800 milioni di euro alla “Scuola Libera dei popoli Padani”. Un istituto privato  di Varese che comprende scuole materne, elementari , medie inferiori, la  cui socia fondatrice  nonché insegnante di dialetto è la Prof.ssa Manuela Marrone gentile consorte del “Senatur” Umberto Bossi.  Questo è un insulto per quei 200 mila che non hanno la possibilità di immaginare un futuro nella  loro vita ostaggio di un odiosa precarietà  e non possono neanche concorrere a formare il futuro dei giovani, compito che avrebbero voluto svolgere con passione e dedizione. Un insulto per Salvo Altadonna insegnante di sostegno precario e per  altri suoi colleghi in sciopero della fame . Un insulto alla memoria dei  comandanti comunisti “Bulow” e “Armando”   che alla testa delle loro brigate partigiane, scendendo dai monti di Liguria e dall’Appennino Tosco Emiliano, hanno liberato dal giogo tedesco le terre sopra il Pò'. Quelle terre che oggi sono ancora sotto il giogo di un popolo barbaro, indivdualista, che professa il  culto della razza e  l’intolleranza verso gli altri.  Un popolo che non parla  tedesco ma ripudia quello Stato Repubblicano  di cui  è odioso parassita e si arricchisce  succhiando  i soldi a Roma Ladrona. Di seguito pubblichiamo la notizia completa del contributo elargito alla scuola della moglie di  Bossi:


Ottocentomila euro di aiuti statali alla scuola Bosina di Varese. 
Un generoso regalo del ministero dell’Economia concesso lo scorso 9 giugno a quella che è chiamata anche la “Scuola libera dei Popoli Padani”: un istituto scolastico che segue gli allievi dalle materne alle medie, improntando gli insegnamenti sulla cultura locale.

Con un particolare: la Bosina è stata fondata nel 1998 da Manuela Marrone, “maestra di scuola elementare di lunga esperienza”, come si legge sul sito dell’istituto, ma anche moglie di Umberto Bossi.

La signora Marrone è tuttora tra i soci della cooperativa che dà vita a quest’istituto. Il presidente della scuola è Dario Galli, già senatore della Lega. Proprio la commissione Bilancio al Senato, di cui la Lega ha la
vicepresidenza, ha formalizzato l’elenco di enti beneficiari dei contributi stanziati nel Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio creato nel 2008. Un elenco lunghissimo che comprende, oltre a qualche scuola, associazioni culturali, case di riposo, comuni, fondazioni, diocesi, parrocchie, università.
Alla
Bosina, in particolare, sono stati destinati trecentomila euro per il 2009 e cinquecentomila euro per il 2010, rubricati alla voce “ampliamento e ristrutturazione”.

Il
provvedimento della commissione bilancio che li ha fissati ha anche un nome più popolare, “legge mancia”, perché in quel modo senatori e deputati assegnano contributi e fondi a enti o amministrazioni che hanno particolarmente a cuore, naturalmente anche a fini elettorali. Il valore totale delle “mance”, tra Senato e Camera, si aggira intorno ai 200milioni di euro.

Gli
ottocentomila euro alla scuola Bosina serviranno per sostenere un progetto in cui il Carroccio crede molto; “coniugare l’insegnamento previsto dagli organismi competenti con le esigenze del tessuto sociale locale, formare futuri cittadini integrati nella realtà storica, culturale, economica e industriale che li circonda, pronti a confrontarsi con altri modelli sociali”, come è scritto sul sito della Lega Nord.

Il tutto seguendo il metodo educativo padano, fondato sulla “progressiva scoperta del territorio” che avviene fin dalla scuola dell’infanzia, anche con racconti popolari, leggende, fiabe e
filastrocche, anche in dialetto, legate alle tradizioni locali, e visite guidate sul territorio “che consentono al bambino di riconoscere da diverse angolature la propria identità”.



mercoledì 1 settembre 2010

I remember day

a cura di Filippo La Mancusa.


62 years under ocupation nothing has changed , but we still want to
return back to our homeland


Dr.Salim Anati
Family Doctor
mobile.nr:- 0523754835
                P.O.B 51007
                JERUSALEM













Il brano che accompagna la clip è Lamma Badà una nota canzone della tradizione mediorientele. Lo eseguono i Radiodervish una band fondata nel 1997 da Michele Lobaccaro – chitarre e basso e da Namil Salameh, cantante e giornalista nato in Libano (Trablus) da genitori  profughi palestinesi. Il pezzo fa parte dell’ultimo cd dei Radiodervish “Bandervish” e come, tutte le altre 12 tracce, è stato arrangiato in modo molto particolare. Un pezzo della tradizione mediorientale che si combina con le sonorità tradizionali proprie delle  feste padronali patrimonio sonoro  della Banda di San Nicandro, che partecipa alle registrazioni  ,  arrangiato secondo un linguaggio jazzistico da Livio Minafra (premio top jazz 2008 come nuovo talento). Una contaminazione stilistica variegata ma dal risultato spettacolare ed estremamente sofisticato. Il giusto brano per dimostrare che come la combinazione di suoni di diverse culture può portare a risultati di assoluto livello , anche l’integrazione di tutti i popoli,  senza la prevaricazione dell’uno sull’altro basata sulla solidarietà può portare la  pace.  Il resto del gruppo è composto  da Alessandro Pipino  al pianoforte, lama sonora e una infinità di strumenti acustici, Livio Minafra fisarmonica e pianoforte, i 40 musicisti della Banda di Sannicandro di Bari. Ospiti di eccezione Pino Minafra flicorno soprano e tromba, Roberto Ottaviano sax soprano e Gaetano Partipilo sax contralto.

Luc Girello

Corpi e Volti

dal Comune di Frosinone: Assessorato alla  cultura  sport e tempo libero.







martedì 31 agosto 2010

Lo scandalo continuo della borghesia italiana

di Claudio Mastrogiulio,  Lega Internazionale dei Lavoratori - Lit



Non è passato giorno, in questa calda estate del 2010, senza che venisse a galla un avvenimento scandaloso riguardante il rapporto capitalismo-politica. Appare inutile passare in rassegna la descrizione di ogni scandalo nella sua specifica caratterizzazione. Ciò che sembra necessario, qui, è un'analisi complessiva su quanto sta accadendo. Gli scandali P3, appalti post-terremoto a L'Aquila, infiltrazioni mafiose in appalti decisivi per l'economia italiana, agganci strutturali tra politici corrotti e speculatori hanno un elemento in comune: la necessità, per la loro determinazione, dell'esistenza di un sistema economico incentrato sul profitto di pochi a discapito di molti. Non è certamente un caso se si pensa che il dilagare degli scandali che si stanno susseguendo si sta palesando in un periodo di profonda crisi del sistema capitalistico.
 
Sullo sfondo un dato incontrovertibile: la crisi capitalistica Il capitalismo, e quello italiano non fa eccezione, sta attraversando un profondissima crisi a livello internazionale. Una crisi che ne sta cambiando inevitabilmente il volto, e che ne sta mettendo in discussione alcuni caratteri strutturali. Se si guarda alla storia italiana, si può facilmente tracciare un parallelo tra l'attuale situazione economico-politica del Paese con quella che caratterizzava gli anni della c.d. Tangentopoli. Delineato il quadro oggettivo, occorre precisare in quale rapporto stiano i fattori della crisi economica e degli scandali politici. I comunisti non possono commettere un errore così madornale come sarebbe quello di ritenere i due fattori in un rapporto di equiordinazione. Nulla sarebbe più sbagliato e fuorviante. In realtà, ad un'analisi più approfondita dei fatti, corrispondono delle conclusioni radicalmente alternative; la colossale crisi economica che sta attanagliando il capitalismo è la causa scatenante che ha come effetto l'emersione di questi scandali. Non bisogna mai dimenticare che, all'interno di quest'ordine economico-sociale, la poltica è semplicemente uno strumento al servizio della borghesia nazionale ed internazionale. Politica ed economia non si pongono affatto sul medesimo livello; ma sono l'una alle dipendenze dell'altra.
Nell'attualità del quadro politico italiano, a calcare la scena indossando le vesti di attore protagonista, è la maggioranza di centrodestra guidata da Berlusconi. Un altro tassello fondamentale per articolare l'analisi appena abbozzata è il riferimento allo scontro, tutto interno ai poteri forti del Paese, tra chi vuole la testa di Berlusconi e chi ritiene conveniente continuare con questa maggioranza. A questa contrapposizione, che vede il predominio della prima fazione, corrisponde, come sottoprodotto, la rottura tra finiani e centrodestra, con i primi pronti ad appoggiare un governo di "unità nazionale" composto da Udc, Rutelli (Alleanza per l'Italia), Pd, Idv e fors'anche Sinistra e Libertà di Vendola. Non potrebbero interpretarsi altrimenti i continui affondi nei confronti della maggioranza di centrodestra da parte dei giornali vicini a pezzi importanti dei poteri forti italiani (vedi La Stampa). Ultimo, ma solo in ordine di tempo, l'attacco frontale sferrato da Famiglia Cristiana (uno dei più importanti megafoni del Vaticano) a Berlusconi e al berlusconismo.
La crisi capitalistica mette in pericolo l'intero sistema; il quale ha due modi per poter trarre in salvo la struttura economico-sociale esistente: imbonire le masse, facendo loro credere che far saltare qualche testa (vedi Scajola, Brancher, Balducci, ecc.) possa servire a cambiare le cose (c.d. questione morale!); oppure, in seconda ed eventuale battuta, attuare un'ondata di azioni repressive qualora le masse non dovessero credere alle falsità propinate dalle istituzioni dello Stato borghese. Dunque, o una specie di "rivoluzione di velluto" oppure repressione su vasta scala. È del tutto evidente come, dal punto di vista della borghesia italiana, sia meno dispendioso e perciò più profittevole sbarazzarsi di qualche servo sciocco colto con le mani nella marmellata, piuttosto che inasprire le già esistenti e vive tensioni sociali con politiche repressive.
In una tale situazione, Berlusconi e la sua maggioranza, in un primo momento accettati seppur non scelti dalla grande borghesia confindustriale e vaticana, sembrano non essere più funzionali a governare la crisi in cui il capitalismo italiano è andato sprofondando.
 
Gli scandali e la loro contestualizzazioneAssodato quanto detto, non resta che dimostrare quanto è stato solamente abbozzato. Chi fa del materialismo dialettico la modalità attraverso la quale interpretare la realtà, non può pensare che un susseguirsi così frenetico e continuativo di scandali possa essere frutto di una semplice coincidenza. Susseguirsi di scandali, nella storia del capitalismo italiano, ve ne sono sempre stati. Ciò che caratterizza questa fase politica è la devastante crisi economica. Non è un caso se le peggiori trame "occulte" dei servi del Capitale vengano a conoscenza delle masse durante momenti in cui l'intero sistema sembra vacillare. Così fu negli anni Settanta con la cosiddetta P2; così fu negli anni di Tangentopoli; e lo stesso accade anche oggi. In tutti e tre gli episodi citati, il sistema economico-politico attraversa una profonda crisi. Sono cicli che vanno di pari passo con i collassi strutturali del sistema economico. Restando ai riferimenti storici tutti nostrani, occorre sottolineare il ruolo salvifico, per la borghesia, giocato dai rappresentanti dello stalinismo italiano. Negli anni Settanta, infatti, il Pci di Berlinguer pianificava la tattica del "compromesso storico" per illudere le masse che il capitalismo, se governato anche dai "comunisti", potesse offrire migliori condizioni di esistenza al proletariato italiano. Negli anni di Tangentopoli, fu il Pci-Pds, nei fatti, a preparare il terreno per la costituzione della c.d "seconda repubblica", illudendo ancora una volta le masse che l'inchiesta giudiziaria e la sostituzione dell'apparato politico avrebbe realmente modificato qualcosa all'interno della società. Oggi sono quei delfini dello stalinismo che compongono le fila del Pd a prendere sulle proprie spalle la responsabilità di guidare un governo di transizione che liquidi Berlusconi e riscriva la legge elettorale. Questa è, in brevissima sintesi, la visione plastica dei danni incalcolabili provocati dallo stalinismo italiano.
 
La necessità di un'alternativa radicaleÈ dunque assolutamente evidente la malafede di chi, anche nelle file della sinistra, proponga accordi programmatici o di desistenza col Pd in prospettiva elettorale. Il riferimento è palesemente rivolto alle ultime dichiarazioni dei massimi esponente del Prc, i quali hanno nuovamente rivendicato la necessità di un'alleanza (c'è da discutere solo sulla forma) coi rappresentanti più autorevoli della grande borghesia italiana, vale a dire il Pd.
Come non ci stancheremo mai di ribadire, la corruzione, il malaffare altro non sono che sottoprodotti delle caratteristiche strutturali di un sistema economico e sociale incentrato sul profitto e sullo sfruttamento da parte di un'esigua minoranza nei confronti della stragrande maggioranza. Il discrimine fondamentale tra la brodaglia riformista (dirigenti di Sel e Prc) e i rivoluzionari sta nel concepire la lotta contro la corruzione ed il malaffare come un tassello della contrapposizione all'intero sistema capitalistico. Un tassello certamente importante, ma non sufficiente per poter effettivamente mettere in discussione lo stato di cose presenti. A ciò occorre aggiungere la necessità di costruire un movimento di massa, radicale ed unitario, di tutto il mondo del lavoro italiano. Un movimento che abbia la maturità di comprendere quanto iniquo sia l'attuale sistema economico-sociale e, soprattutto, la centralità della dicotomia capitale-lavoro quale stella polare di questa contrapposizione. Solo un movimento che assuma questa consapevolezza potrà effettivamente creare le condizioni per poter parlare di questo marciume come uno squallido ricordo del passato.