sabato 30 marzo 2013

Tutto come prima. Anzi peggio

Francesco Piobbichi. fonte: http://www.controlacrisi.org/


Tutto come prima. Chi ha vinto le elezioni si chiama Mario Draghi e la sua vittoria gli permetterà di gestire il Paese per altri 6 mesi con il pilota automatico permettamente operativo. Il pilota automatico di cui parlava Draghi non è altro che l'insieme delle norme previste dai trattati (Fiscal Compact) recentemente approvati e ratificati dal nostro Parlamento, che di fatto rendono operativo il rigore di bilancio in maniera permanente. Napolitano oggi lo ha chiarito senza troppi giri di parole, Mario Monti -ha detto Re Giorgio- è ancora in carica, e visto che c'è il semestre bianco lo sarà per altri mesi. Quanto basta per tenere i conti in ordine, per andare in Europa e rassicurare Berlino e tenere l'Italia sotto la scure della BCE. Meglio di così per banche e padroni non poteva andare: tenere in piedi un governo tecnico, che non può essere sfiduciato in quanto decaduto, ma che lavora per l'ordinaria amministrazione oliando il funzionamento del Fiscal Compact.  
Così mentre Monti continuerà con la sua azione, i partiti in parlamento inizieranno una campagna elettorale che durerà a lungo promettendo paradisi artificiali al popolo del Gabibbo senza muovere un dito rispetto ai nodi di fondo. Per certi aspetti Napolitano ha fatto sue le proposte di Grillo dei giorni scorsi, "un parlamento può continuare ad operare senza un nuovo Governo" aveva detto il comico genovese, omettendo però che con questa proposta il vecchio Monti dimissionario resterà in carica fino a che non verrà votata la fiducia ad un nuovo Governo. Per tirare avanti in questa situazione Napolitano nominerà due gruppi ristretti per continuare a lavorare per trovare un programma comune per fare le "riforme". Per quanti mesi ancora durerà tutto questo non è dato sapere, dato che dopo la fine del mandato di Giorgio Napolitano occorrerà eleggere un nuovo Presidente della Repubblica, che poi eventualmente scioglierà le camere e fisserà la data delle elezioni, che forse si terranno ad Ottobre. Intanto Bersani resta in silenzio e Renzi scalpita, Monti approva ed il Pdl esprime fiducia al Presidente. Nessuna forza politica parlamentare ad ora, ha fatto una proposta sensata sulla crisi e contro i trattati internazionali che ci hanno messo al collo il cappio dell'austerity. Il M5S grida all'inciucio, ma ad ora sta facendo la figura di chi diceva di cambiare tutto ed alla fine è stato il miglior strumento per non cambiare niente.

RIAPRIAMO LE FABBRICHE, CREIAMO POSTI DI LAVORO! ESTENDIAMO IL CONFLITTO, COSTRUIAMO L’ALTERNATIVA!

Promuovono: Comitato No Debito, Comitato Resistenza Operaia
Per aderire all’appello scrivere a:  riaprirelefabbriche@libero.it



Lo stabilimento Irisbus della Valle Ufita in provincia di Avellino è avviatoalla chiusura ed allo smantellamento, ma il Comitato di Resistenza Operaia nato dalla determinazione di un gruppo di operai della fabbrica e dai cittadini schierati in loro difesa non vogliono arrendersi. La loro mobilitazione è volta a riprendersi lo stabilimento e riavviare la produzione. Per questa ragione, e da questo luogo simbolo di mille realtà diffuse nel paese, vogliamo ripartire e riprendere la riflessione necessaria ad elaborare soluzioni praticabili qui ed ora, dall’autogestione alla nazionalizzazione degli stabilimenti in dismissione, ad organizzare la lotta coordinata con le altre mobilitazioni in corso, a costruire una campagna nazionale che imponga all’ordine del giorno il Lavoro!

Il nostro paese è devastato dagli effetti della crisi generale del sistema capitalista: da un lato smantellamento e distruzione dell’apparato industriale, licenziamenti, cassa integrazione e crescita vertiginosa dei tassi di disoccupazione, dall’altro le politiche messe in campo dagli ultimi governi Prodi- Berlusconi- Monti con il sostegno del Parlamento e la regia di Napolitano in accordo con i Marchionne di turno, gli speculatori finanziari, il Vaticano, la BCE, le Organizzazioni Criminali, la Nato, gli USA e l’UE.


Una molteplicità di provvedimenti che hanno puntato allo smantellamento dello Stato Sociale, all’ eliminazione della democrazia sindacale e alla repressione sistematica del conflitto.

Emblematiche le vicende dell’Alcoa, dell’Ilva di Taranto, della Sevel di Termoli, della Ginori fiorentina, della Fiat di Torino, di Cassino, di Melfi o di Pomigliano D’Arco, dell’Irisbus di Avellino o ancora delle “società partecipate” di servizio che vanno verso la chiusura lasciando senza stipendio centinaia di migliaia di famiglie….e ancora lo smantellamento della sanità pubblica come ci raccontano i comitati di lotta del San Raffaele di Milano o del Maresca di Torre del Greco….i soldi per i servizi necessari non ci sono e il lavoro non c’è…continuano a ripetere e a dire che bisogna tagliare perché bisogna ridurre il debito pubblico, ma a fronte di tanta miseria cui ci hanno condotto il debito pubblico continua ad aumentare!!!

I fatti, però, hanno la testa dura e dimostrano che i soldi per fare intrallazzi, per far pagare stipendi d’oro a ad amministratori delegati, notabili, clero, per acquistare F35, per finanziare grandi opere…ci sono e sono tanti, cifre astronomiche!

La realtà ci mostra che per rimettere in piedi il nostro paese, foss’anche solo per bonificarlo dalla devastazione ambientale, di lavoro da fare ce n’è tanto e ce n’è per tutti! Riconoscerlo e mettere in atto misure per realizzarlo, elaborare un Piano del Lavoro per il paese, è solo questione di volontà politica! Senza lavoro, senza un salario non c’è progresso, né democraziae né dignità!
E’ possibile far fronte a tutto ciò? E’ possibile riprenderci e conquistare ciò di cui abbiamo bisogno? E’ ormai palese che continuare a rivendicare ad un qualche governo emanazione dei poteri forti i nostri diritti non è sufficiente, da parte loro non c’è nessuna intenzione di soddisfare le nostre rivendicazioni.
E’ necessario costruire un’alternativa politica all’UE del debito, della macelleria sociale, dei padroni e delle banche!
E’ necessario qui ed ora connettere le lotte per iniziare a praticare le soluzioni ai nostri problemi, senza più deleghe né attendismi.

A partire dalle fabbriche e dai territori in lotta per la difesa dei diritti della maggioranza, dalla Val Susa alla classe operaia che non si è piegata a Pomigliano, Mirafiori, Melfi, Taranto, Termoli... dagli operai dell'ALCOA ai
lavoratori dell'ospedale S. Raffaele di Milano, dai lavoratori dell'Ikea al Comitato di Cittadini Liberi e Pensanti di Taranto, dagli operai che occupano le fabbriche minacciate di chiusura al movimento dei beni comuni fino ad arrivare al movimento studentesco, è necessario coordinare le azioni di lotta e confrontarsi per iniziare ad elaborare e sperimentare la messa in campo di possibili misure atte alla ripresa delle produzioni utili alla collettività o alla conversione di quelle dannose, salvaguardando i posti di lavoro, i diritti e le condizioni di vita dei territori, creando nuovi posti di lavoro.


Il 6 Aprile ad Avellino vogliamo costruire un’assemblea pubblica delle realtà in lotta, degli operai, dei precari, dei disoccupati, degli studenti, dei cittadini che in questi mesi si sono organizzati per opporre resistenza all’avanzare della crisi nelle sue molteplici forme.

Invitiamo a partecipare tutti coloro tra intellettuali, tecnici specialisti, rappresentanti istituzionali progressisti che a vario titolo possono o dicono di voler dare un contributo alla rinascita del paese.



ASSEMBLEA PUBBLICA - SABATO 6 APRILE Ore 16,00 presso Seconda Università di Napoli-Grottaminarda, via Francesco Flammia, Grottaminarda (AV)
a cento metri dall'uscita dell'autostrada di Grottaminarda.

Promuovono: Comitato No Debito, Comitato Resistenza Operaia
Per aderire all’appello scrivere a: riaprirelefabbriche@libero.it




Adesioni al 28.03.13
Esponenti della società civile, della sinistra sindacale e dei partiti
Giorgio Cremaschi (Rete 28 aprile Cgil)
Paolo Sabatini (USB Lavoro privato - esecutivo nazionale)
Giulietto Chiesa (presidente di Alternativa)
Ugo Mattei (giurista)
Valerio Evangelisti (scrittore)
Sergio Bellavita (Rete 28 aprile Cgil)
Franco Russo (Forum diritti/lavoro)
Moreno Pasquinelli (Movimento Popolare di Liberazione)
Paolo Brini (Comitato Centrale Fiom-Cgil)
Marco Ferrando (Partito Comunista dei Lavoratori)
Giovanni Russo Spena (direzione nazionale di Rifondazione Comunista)
Franco Turigliatto (Sinistra Critica)
Prof. Francesco Musumeci vice presidente ISDE ( medici per l'ambiente sezione di Salerno )
Tecnici impegnati nella lotta per riavviare la produzione nelle fabbriche chiuse o in crisi
Mirko Sangalli (M5S Bg, tecnico specializzato in progetti per il riavvio della produzione)
Fabbriche in lotta e RSU
RI-MAFLOW di Trezzano sul Naviglio
COBAS Richard Ginori
Massimiliano Murgo (RSU FIOM Marcegaglia Buildtech Milano)
Sandro Pescopagano (rsu-rls CUB industrie Zignago Portogruaro Venezia)
Domenico Loffredo (FIOM Pomigliano)
Marielena Muffato (FISAC CGIL, Rete 28 Aprile)
Fabio Frati (CUB trasporti)
Coordinamenti di lavoratori e operai
Coordinamento lavoratrici e lavoratori autoconvocat* - contro la crisi
Assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici in mobilità della Fini Compressori di Bologna
No Austerity - Coordinamento delle lotte
Coordinamento delle aziende partecipate (Campania)
Sindacati
Rete 28 Aprile
USB Lavoro Privato
Confederazione Cobas
Sindacato Lavoratori in Lotta – per il sindacato di classe
Unione Sindacale Italiana (USI)  
Giornalisti e redazioni progressiste
Redazione di Penna Biro
Jacopo Venier (Libera TV)
Sandro Moiso, insegnante e redattore di Carmilla On Line
Radio Vostok
Redazione Nuova Alba
Collettivi, organizzazioni e coordinamenti politici
Comitato No Debito (Milano)
Comitato No Debito (Napoli)
Rete dei Comunisti
Partito dei CARC

Laboratorio Politico Iskra
Comunisti per l'Organizzazione di Classe
PCL
Sinistra Critica
Rete No Commons - Napoli
CAU - Collettivo Autorganizzato Universitario Clash City Workers
PdAC - Campania
Coordinamento provinciale Napoli Giovani Comunisti/e  
Federazione Irpina PRC
Circolo PRC "G. Di Vittorio" Gesualdo (Av) 
Rouge spazi pubblici autogestiti
PRC federazione provincia di Salerno

Il minatore rosso intervista Barbara Balzerani .

Antonello Tiddia


Il 27 aprile a Cagliari ci sarà la presentazione del libro ‘ Compagna Luna ‘ di Barbara Balzerani.

Barbara Balzerani fu dirigente della colonna romana delle Brigate Rosse, cui aderì nel 1975, e prese parte a numerose azioni militari, come quella di via Fani. Durante il sequestro di Aldo Moro occupò assieme a Moretti la base brigatista di Via Gradoli 96 a Roma, la cui scoperta a causa della banale perdita di una tubatura, produsse uno degli argomenti principali delle ricostruzioni dietrologiche e delle teorie dei misteri. Né Balzerani né Moretti erano presenti nella base nel momento dell'intervento delle Forze dell'ordine e scamparono così all'arresto. Nel 1981 partecipò al sequestro del generale della NATO James Lee Dozier. Dopo l'arresto di Mario Moretti nel 1981, tentò senza successo di gestire la scissione dell'organizzazione, guidando poi la fazione delle "Brigate Rosse - Partito Comunista Combattente", mentre l'altra ala, detta "Brigate Rosse - Partito Guerriglia" fu capeggiata da Giovanni Senzani. Dopo il declino e la crisi delle BR, Balzerani fu tra gli ultimi militanti ad essere arrestata il 19 giugno 1985, assieme a Gianni Pelosi. Al momento dell'arresto aveva una pistola calibro 9. È stata condannata all'ergastolo. È tornata definitivamente in libertà, avendo scontato la pena, nel 2011. Ha lavorato in diverse cooperative, occupandosi di informatica e poi di progettazione di interventi sociali.  Ha scritto vari libri:
                        Compagna luna, Feltrinelli, 1998
                        La sirena delle cinque Jacabook, 2003
                        Perché io, perché non tu DeriveApprodi, 2009
                        Cronaca di un'attesa DeriveApprodi, 2011
                        Compagna luna è stato ristampato da DerivApprodi, 2013

Dopo la presentazione del libro “ Maelstrom “ di un altro ex brigatista Salvatore Ricciardi, stiamo continuando questo lavoro di analisi di quegli anni senza condannare nessuno e senza enfatizzare il fenomeno. Pongo quindi cinque domande a Barbara .

Barbara  prima di parlare del tuo libro e di farti delle domande che entrano più nei dettagli. Sicuramente sei a conoscenza delle varie lotte fatte negli ultimi tempi in Sardegna. Lotte di lavoratori che vedono le fabbriche chiuse, pastori, artigiani che protestano in svariati modi. Che idea ti sei fatta della colonizzazione fatta negli anni dall’Italia nei confronti dell’isola, che detiene il record di basi militari, carceri ecc.. e come sempre lo Stato Italiano combatte il tutto con la repressione ( vedi operazione Arcadia ) cosa ne pensi ?
Ti racconto un piccolo episodio: molti anni fa sono sbarcata per la prima volta nella vostra terra diretta sulla costa nord. Dopo qualche giorno di slalom tra divieti e guardie private armate, io e i miei compagni di viaggio abbiamo capito che non saremmo mai riusciti a campeggiare liberamente come in quegli anni si faceva ovunque. Il mare riuscivamo a vederlo solo in lontananza dalle strade sbarrate dei villaggi turistici. Tutto privatizzato! E un’ostilità inequivocabile da parte dei nuovi padroni di terra, aria, mare, strade e accessi, tutti, grandi e piccoli, con accenti del nord Italia. A un passaggio a livello, sotto il sole di agosto, ci hanno ospitato due casellanti, madre e figlio. All’ombra di un pergolato, tra acqua fresca, pane e formaggio, è stato facile capirsi. Il ragazzo aveva lavorato in uno dei tanti cantieri dei villaggi della costa e a conclusione dei lavori, il prezzo di una birra nel bar appena aperto gli aveva fatto capire che non avrebbe più potuto metterci piede. “Come avete fatto a farvi colonizzare così la vostra isola?”, mi è venuto spontaneo chiedere? Solita storia di false promesse di posti di lavoro e maggiore benessere. Il risultato stampato nella faccia dei due nostri ospiti, colpiti prima di tutto nella loro dignità calpestata e nel dolore di dover assistere alla trasfigurazione e alla militarizzazione della loro terra ricca di storia e antiche tradizioni. Che risponderti? Stiamo assistendo alla messa a regime della conversione dei sistemi economici produttivi nazionali in quello finanziario transnazionale che è stata preparata negli ultimi decenni con il sostegno di tutte le forze politiche parlamentari e sindacali. Il liberismo è diventato cultura politica dominante e le risorse drenate dal “sociale” a favore dell’apparato affaristico del mercato mondiale del denaro sono state fatte passare come “sacrifici necessari” per il futuro Bengodi di nuovo sviluppo. Senza se e senza ma i poteri forti stanno marciando sui loro obiettivi e travolgono a suon di devastazione, militarizzazione dei territori e repressione poliziesco/giudiziaria ogni espressione di resistenza. Questo ha spostato l’equilibrio dei rapporti di forza che possono risultare favorevoli principalmente dove sono popolazioni intere e non singole categorie a lottare per un’alternativa di sistema basata su altre scelte fondamentali: come vivere, come lavorare, come studiare, cosa produrre, quali bisogni soddisfare, come fare comunità, cultura, conoscenza, come partecipare alle decisioni sulle priorità che riguardano tutti. A partire dalle differenze di storia e condizioni dei territori e dalla evidente l’interdipendenza tra locale e globale, se non vogliamo rimanere schiacciati e impotenti di fronte a decisioni che ci sovrastano ormai anche a livello nazionale, dobbiamo imparare a riconquistare l’egemonia politica e culturale a partire dalla soglia di casa, dai diritti delle persone e dalla salvaguardia dei beni comuni su cui deve essere intransigente l’indisponibilità a trattare. Soprattutto in luoghi come la vostra terra, impoverita, militarizzata e depredata oltre ogni limite.     

-          Il tuo libro "Compagna Luna"  volutamente non è la storia delle Brigate Rosse, ma un'autobiografia storicamente contestualizzata, narrata in terza persona, con uno stile che rispecchia con grande evidenza il carattere dell'autrice. Determinata e nello stesso tempo fragile e dubbiosa. Il libro narra di una bambina nata nel 1949 nella periferia romana, da una famiglia numerosa e decorosamente povera, di un padre licenziato perché ammalatosi sul lavoro, di una madre sempre troppo stanca al ritorno dalla fabbrica per potersi concedere il "lusso della tenerezza" verso la piccola Barbara che, crescendo, nella madre vedeva il mondo da cui voleva fuggire e la figura femminile su cui, più che su altre. Quella madre che avrebbe tanto amato da scegliere il suo nome, Maria, come nome di battaglia da brigatista. Cosa puoi dire di più di questo libro ? Ho molto apprezzato il tuo libro, il fatto che sfugge alle catalogazioni sterili del mondo letterario .
-          “Compagna Luna” è stata la mia prima ripresa di parola dopo la militanza nelle BR. Su quella storia era calata come una mannaia la scure delle ricostruzioni ufficiali che ne hanno fatto scempio, riducendola a una sequela di fatti criminali, diretti da forze occulte, completamente scollegati dalle dinamiche politiche di questo paese. La mia esigenza è stata di provare a raccontarla sottraendomi al gioco perdente delle tesi contrapposte, delle giustificazioni e delle spiegazioni ma scegliendo un altro piano di linguaggio comunicativo: quello proprio del racconto di una storia personale rivolta ai tanti e tante rimasti senza voce dopo la rivolta degli anni ‘70. Il mio tentativo è stato quello di svelare che dietro il trucco semantico della riduzione ad “ex” dei militanti rivoluzionari, figuranti decontestualizzati nel teatrino delle ricostruzioni di comodo, ci fosse un pezzo importante della storia sociale delle classi subalterne di questo paese, la loro condizione, la loro emancipazione e la loro sconfitta. Dentro questo sono nate, vissute e morte anche le Brigate Rosse. Questo mi interessava: ritrovare il senso collettivo di una memoria dei tanti e tante che hanno vissuto quella straordinaria e diversificata stagione di lotte e di conquiste, condannata e sfigurata nella narrazione dei vincitori e dei loro galoppini che ha lasciato insoluto e senza risposte le ragioni di uno scontro sociale e politico che ha coinvolto il paese e ne ha condizionato la storia. In questo percorso di scrittura “Compagna luna” è stata la prima tappa di un doloroso viaggio di ritorno in solitaria in un mondo ostile e irriconoscibile dopo gli anni separati della galera.   

Hai detto «Non mi riconosco in nessuna categoria. La distinzione tra pentiti, dissociati e irriducibili rappresenta un artificio semplificatorio. Io non ho voluto ricorrere ai premi previsti dalle leggi eccezionali nei confronti di chi collabora. Non faccio nomi, non mando compagni in galera, ma non significa che non veda i nostri errori passati e non giudichi l’esperienza armata del tutto chiusa». [Dell’Arti-Parrini 2008] Puoi spiegare meglio ai lettori questa tua importante dichiarazione ?
Quelle categorie sono figlie della cultura e della legislazione speciale che ha distribuito premi e punizioni ai reduci della lotta armata degli anni ’70 e ha ridotto a schemetto semplificato il dramma di un pezzo di generazione sconfitta e seppellita da secoli di galera. A ben vedere si possono applicare a un più ampio schieramento politico, a tutti quelli che “volevano fare la rivoluzione”, che ci hanno persino adulato e hanno “tifato” per noi, e che poi, nella sconfitta, si sono “pentiti” dei loro eccessi di gioventù e hanno riscoperto le bellezze e, soprattutto, le convenienze del migliore dei mondi possibili. Naturalmente non sto condannando né ripensamenti né autocritiche, ognuno è legittimato a ripensare la propria esperienza, ma il commercio delle indulgenze che se ne è fatto, perché non sono stati consentiti né confronto né rielaborazione critica sulle proprie e altrui responsabilità politiche in quello scontro. La battaglia per una soluzione politica di liberazione degli anni ’70 dalle ricostruzioni di parte per riconsegnarla intera alla società, è stata l’ultima battaglia persa e ci hanno lasciato solo due strade: o passare sotto la gogna di riconoscere solo le ragioni del vincitore oppure rimanere schiacciati sulle posizioni di chi ha continuato a proporre l’attualità della lotta armata, in tutta evidenza improponibile. La “terza strada” quella di chi come me ha dichiarato chiusa quella stagione insieme all’indisponibilità di imbattersi nelle illuminazioni su qualche via di Damasco, ha comportato un’espiazione delle condanne giudiziarie per intero e la negazione del diritto di parola, a supplemento di pena. Sui “pentiti” (edulcorazione della categoria dei delatori per attribuirgli un valore morale da sacrestia) c’è poco da dire, storicamente i Giuda sono sempre stati disprezzati sia da chi se ne è servito sia dalle loro vittime. Sulla dissociazione invece va fatto un ragionamento a parte perché rappresenta una operazione politica ideata soprattutto dell’allora partito comunista che è riuscito ad estorcere umilianti dichiarazioni di abiura in cambio di sconti di pena, e così a coronare il suo disegno di togliere ogni ragione (politica, sociale, persino morale) alla scelta armata per bocca dei suoi ex militanti. E questo al di là delle buone intenzioni dei singoli, quando c’erano. A quei tempi Franco Fortini scriveva che lui non giudicava, perché non poteva dire cosa avrebbe fatto nelle stesse condizioni dei prigionieri politici che si dissociavano, ma che una cosa non perdonava loro: aver dato ragione all’ex nemico, che non ne aveva alcuna. Condivido.
Quanto all’irriducibilità. Che vuol dire? Omologare chiunque non abbia voluto scegliere le altre due vie a una continuità con un passato che non passa perché è sempre comodo ritirarne fuori il fantasma, specie per agitarlo contro i movimenti attuali. Le polemiche per il funerale di Prospero Gallinari ne sono l’ennesima triste dimostrazione. Per non parlare del gridare alla emergenza di un “pericolo terrorista” ovunque le lotte si radicalizzano.      

Cosa rimane oggi della lotta armata? 
Per quanto mi riguarda principalmente il rammarico di non essere riusciti a sottrarre quel pezzo di storia dalle mani di chi ne ha fatto uso e consumo per fini opportunistici e di puntello a un sistema impresentabile. L’operazione di mistificazione che è stata fatta è andata in profondità e, soprattutto nei riguardi delle nuove generazioni, questo è un danno perché non conoscere produce rigetto o emulazione acritica. In ogni caso sottrae elementi importanti di comprensione del mondo attuale che l’esito di quello scontro ha contribuito fortemente a configurare. Rimangono i compagni, i valori, le esperienza di vita, l’impegno specchiato di militanza rivoluzionaria, l’assunzione di un esercizio di responsabilità. Rimane la libertà di chi non ha svenduto le ragioni delle proprie scelte, pur riconoscendone i limiti e gli errori. E un insegnamento sempre valido: non delegare e credere mai che non si possa fare niente per provare a cambiare lo stato presente di cose, anche quando la rivoluzione non è all’ordine del giorno. L’odio verso gli indifferenti è sempre una valida prescrizione morale.

Il tuo caro amico Erri De Luca ha detto questa frase la condividi?
Non so in che contesto Erri abbia detto questa frase. Mi pare di capire che abbia inteso sottolineare una differenza tra la militanza politica e la produzione artistica in polemica con il ceto dei mestieranti della parola quasi mai disponibili a spendersi per cause con cui non si fa carriera. La produzione artistica non dovrebbe lanciare messaggi, non dovrebbe essere finalizzata a convincere nessuno o a propagandare un’idea ma comunicare uno stato d’animo, una condizione umana, la memoria di un vissuto e di chi non c’è più. Per questo un testo di saggistica scade e la poesia attraversa i secoli e continua a parlarci e, in certe condizioni estreme, a salvarci.

Frosinone Multiservizi: umiliazione e disprezzo

Oltre l'occidente


«La giunta comunale ha approvato, nella giornata odierna, una proroga per 15 giorni dei servizi affidati alla società pubblica, per verificare la permanenza dell’interesse della Regione Lazio all’investimento finanziario nell’azienda in house».
Così l’Amministrazione Comunale ha annunciato una proroga tanto attesa quanto inevitabile, dopo la disponibilità ad un immediato incontro data da Zingaretti in persona. 
15 giorni, però, non di più…«La procedura di affidamento dei contratti di servizio, per cinque mesi, alle cooperative sociali di tipo B, al fine di garantire i livelli occupazionali e l’erogazione dei servizi in favore della collettività, è stata ultimata dagli uffici con l’individuazione di imprese di consolidata affidabilità economica e finanziaria». Insomma qualsiasi cosa accadrà la strada è quella delle cooperative.

In questi giorni si sono susseguite giornate convulse giocate sulla disperazione e disorientamento dei lavoratori che vedono chiudersi il futuro, i progetti di una vita, l’esistenza minima, improvvisamente, con un incomprensibile colpo di coda dell’Amministrazione. 
Questa, non contenta di aver immolato 150 famiglie sull’altare del pareggio di bilancio, ha contribuito ad imperversare con ogni mezzo umiliando di fatto i lavoratori per indurli, attraverso dei compiacenti dipendenti della Frosinone Multiservizi, ad una masochistica autodichiarazione di effimera e inesistente disponibilità per contratti «con altri soggetti», tempestandoli di chiamate fin dalla serata di venerdì, per annunciare sì la CIG a zero ore ma soprattutto per convocarli per la firma di un fantomatico documento da sottoscrivere per disponibilità per il futuro in altre aziende… La mattina dopo però “pilato” Lombardi affermava in sede sindacale l’inesistenza di tale documento, negando che i lavoratori sarebbero dovuti andare a firmare alcunché. Nonostante questa dichiarazione nel pomeriggio sempre gli stessi “disponibili” dipendenti della Frosinone Multiservizi continuavano l’opera di “convincimento” dei lavoratori, spalleggiati da consiglieri comunali che propagandavano il bene assoluto delle cooperative.
Un clima di tensione altissimo dove si respira l’aria della conta dei buoni e dei cattivi e dove viene fuori l’immancabile atavica etica della destra nei confronti di chi non si allinea: umiliazione e disprezzo, in virtù anche del ruolo istituzionale usato come forma (inutilmente) ricattatoria davanti alle difficoltà di chi sta perdendo il lavoro.

Ma perché tanta acredine, tanto livore? Per mostrare alla città che le scelte della Amministrazione sono accettabili? O per mettere in minoranza quelli che si stanno opponendo a tale perverso disegno di cancellare posti di lavoro e servizi? A coloro che non vogliono rinunciare ad un salario dignitoso? 
E queste vicende già le abbiamo viste alla Provincia di Frosinone con Iannarilli… -
In ogni modo i sindacati e i lavoratori si attrezzeranno per capire se si possa configurare un reato o più reati davanti ad atteggiamenti simili messi in atto proprio dalle strutture della società Frosinone Multiservizi.

Il passaggio dei lavoratori in cooperativa avverrà come previsto dai cambi appalti nei servizi, previsto all’art. 2112 del c.c., Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. Il personale individuato in quello specifico servizio verrà obbligatoriamente convocato dalla cooperativa che si vedrà affidare i servizi, e solo in quel caso un lavoratori potrà decidere se passare o meno nella società subentrante. 

Cosa dirà quindi il Sindaco di Frosinone in sede di riunione regionale il prossimo 3 aprile, due giorni prima dell’incontro aperto ai soci e alle oo.ss. sempre in Regione?
A che scopo si chiedono i soldi alla Regione Lazio? Per ripianare i debiti in essere? -quelli sono previsti dalla legge-. Per far giocare il Comune alle cooperative allungando il brodo della CIG in deroga, tanto da simulare un salario decente, visto che le cooperative potranno “elargire” solo 500 euro? Oppure, appunto, per un serio e decisivo rilancio di una grande società pubblica per la stabilità del lavoro e per la qualità dei servizi? 
Quale risposte la Regione, socio di maggioranza della Frosinone Multiservizi, potrà dare se la strada all’orizzonte è quella delle cooperative? Quale risposta potrà dare una Regione davanti alle emorragie generate e degenerate dal comportamento della Amministrazione Provinciale, comportamento che ha causato decine e decine di cause contro la Frosinone Multiservizi e che definiscono debiti in crescita. Tutti e tre gli enti soci, che usufruiscono delle attività della Società, dovrebbero andare con una posizione comune, legata ad un piano di rilancio dell’impresa, ad un piano di superamento della situazione attuale. Se si procede in ordine sparso quale potrà essere l’atteggiamento della Regione?

La Regione amica, a guida Polverini, non fu incalzata con tanto ardore e richiesta di soldi come adesso viene inseguita la giunta Zingaretti. 
Con l’esperienza di chi ha corso questi 17 anni dietro alle amministrazioni centrali dello stato, dapprima, e poi dietro gli enti locali, appare chiaro che siamo arrivati a sera. Il buio fra poco avvolgerà le residue speranze di chi manda avanti servizi da decenni per pochi euro, da chi cittadino ha cercato di vivere anche con poco, dignitosamente. Oggi prevalgono umiliazioni e disprezzo per la condizione umana, alla faccia della Pasqua e del messaggio che questa racchiude anche e soprattutto per chi può decidere le sorti del prossimo.
       

Licenziamo i poliziotti assassini di Federico Aldrovandi

Activism Petizione Online


Il 21 giugno 2012 la Cassazione si è espressa in modo definitivo sul caso di Federico Aldrovandi, il diciottenne ucciso durante un controllo di Polizia all’alba del 25 settembre del 2005 a Ferrara. La Corte ha confermato la condanna dei quattro poliziotti per eccesso colposo in omicidio colposo riprendendo così le sentenze di primo e secondo grado.
Alla luce della sentenza, chiediamo:
che i quattro poliziotti, condannati ora in via definitiva, vengano estromessi dalla Polizia di Stato, poiché evidentemente non in possesso dell’equilibrio e della particolare perizia necessari per fare parte di questo corpo; che venga stabilito in maniera inequivocabile che le persone condannate in via definitiva, anche per pene inferiori ai 4 anni, siano allontanate dalle Forze dell’Ordine, modificando ove necessario le leggi e i regolamenti attualmente in vigore; che siano stabilite, per legge, modalità di riconoscimento certe degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, con un numero identificativo sulla divisa e sui caschi o con qualsivoglia altra modalità adeguata allo scopo; che venga riconosciuto anche in Italia il reato di tortura – così come definita universalmente e identificata dalle Nazioni Unite in termini di diritto internazionale – applicando la Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 contro la tortura e le altre pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti, ratificata dall’Italia nel 1988.

venerdì 29 marzo 2013

L’avvenire è un buco nero in fondo al tram

Luciano Granieri


Ciao Enzo, grazie per l’immensa quantità di brani e di trovate che hai messo a disposizione di un  blogger scapestrato per costruire le sue clip. Grazie per l’ironia, per l’amaro disincanto e spesso anche la crudezza con cui hai trattato gli eventi della vita degli umani. Grazie per aver  mirabilmente descritto la condizione operaia di Vincenzina davanti alla fabbrica, per aver    raccontato  il popolo, quello vero. Quello della Milano del quartiere “Ortica”  e non della Milano da bere e dei beceri illusionisti berlusconiani. Grazie per aver irriso i potenti, dileggiato i fascisti, e contrastato con la sola arma dell’ironia la prepotenza del potere. Grazie per la musica che ci hai lasciato con il tuo tocco pianistico importante da jazzista vero. Grazie per tutto Enzo ci mancherai

Il testo del brano che segue “Io e te” è stato scritto da Enzo Jannacci in collaborazione con un altro campione di ironia, Il giornalista e scrittore  Beppe Viola scomparso solo pochi mesi fa.





Nella clip che segue , una delle tante occasioni in cui ho scelto brani  di Jannacci per commentare i miei video. In questo caso i pezzi "Il primo furto non si scorda mai" e"Il palo della Banda dell'Ortica"  mi venivano  cecio per commentare  l'approvazione del  processo breve .


28 marzo 1980 Genova brigatisti uccisi dai Carabinieri. Dinamica poco chiara

A cura di Luciano Granieri


All’alba del 28 Marzo 1980 i carabinieri del nucleo Antiterrorismo, guidati dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, fanno irruzione in un appartamento in via Fracchia 12, a Genova. All’interno si trovano 4 militanti delle Brigate Rosse, Lorenzo Betassa, Piero Panciarelli, Riccardo Dura e Annamaria Ludmann.

Il blitz era iniziato alle 2,30, la polizia aveva circondato la casa. Secondo l’Arma un militare avrebbe bussato alla porta e una voce da dentro aveva risposto che stavano per aprire. I carabinieri avrebbero poi sentito un rumore, come se da dentro avessero chiuso con una mandata la porta, e allora avevano fatto irruzione.

L’esatta dinamica degli avvenimenti non è mai stata ricostruita, il verbale dei carabinieri, consegnato alla magistratura solo 8 giorni dopo il blitz, il 5 Aprile, parla genericamente di un conflitto a fuoco, durante il quale fu ferito ad un occhio un maresciallo dei carabinieri. I brigatisti da dentro avrebbero aperto il fuoco contro i militari, che a quel punto avevano risposto, uccidendo tutti e 4 i brigatisti. La sparatoria durò pochi minuti, l’orologio al polso della Ludmann si bloccò alle 2,42.

Solo 11 giorni dopo l’accaduto vennero fatti entrare nell’appartamento i magistrati e i giornalisti, questi ultimi solo per 3 minuti ciascuno, ma molti di essi rilevarono che non tutto combaciava con quanto riportato dal verbale. Le foto scattate all’interno dell’appartamento, che mostrano i corpi dei brigatisti riversi lungo il corridoio dell’abitazione, sono state pubblicate solo VENTIQUATTRO ANNI DOPO dal quotidiano genovese Corriere Mercantile.

Il giornalista Giuliano Zincone, intervistato nel 2004 dal Corriere Mercantile, ha affermato che già all'epoca dei fatti aveva manifestato, insieme ad altri giornalisti entrati nell'appartamento, perplessità sulla dinamica degli eventi e aveva ritenuto probabile che i carabinieri avessero voluto imporre una prova di forza militare escludendo tecniche operative idonee a permettere una cattura incruenta dei brigatisti

Rimangono tuttora dubbi sulla dinamica del blitz. Molti, tra cui Prospero Gallinari, dichiararono che i 4 erano stati sorpresi nel sonno e non c’era stata alcuna sparatoria, altri, invece, che i brigatisti, presi in trappola, si erano arresi (lo stesso Peci dichiarò che quella era la procedura da seguire in casi simili, mostrandosi sorpreso delle morti). Ugo Pecchioli, ministro ombra dell’Interno del PCI, parlò di "eccidio di via Fracchia a Genova, dove i carabinieri uccisero, in un conflitto a fuoco, tutti i brigatisti che trovarono in quel covo, mentre forse avrebbero potuto catturarli vivi"

Cento piazze per cambiare rotta

Giulio Marcon. Fonte : http://sbilanciamoci.info


La politica italiana sta cambiando pelle, e non è un bello spettacolo. Le consultazioni Bersani-Cinque Stelle trasmesse in diretta con contorno di insulti; il blog di Beppe Grillo passato al setaccio come facevano i “cremlinologi” ai tempi di Breznev per indovinare le prossime mosse del “capo”; le eterne lotte intestine nel Pd; perfino – una settimana fa – la piazza di Silvio Berlusconi con i figuranti a pagamento. E ora il Presidente Giorgio Napolitano che consulta i partiti in prima persona, per un governo fatto su misura non della volontà degli elettori, ma del suo personale progetto di impossibili (e insensate) “larghe intese”.
Dal voto a oggi, lo spazio della politica è stato occupato da una rappresentazione del “cambiamento”, del “mandiamoli a casa”, che lascia tutto come prima, mostra un paese paralizzato, ridà spazio a Berlusconi. Non è questo quanto ci si aspettava dal – pur incerto – risultato elettorale. In questo mese trascorso dopo il voto per una parte significativa del mondo della rappresentanza politica la crisi è dimenticata e passata in secondo piano, la disoccupazione nascosta sotto il tappeto, i conti in rosso di imprese e banche ridotti a un dettaglio, l’emergenza ambientale trasformata in cronaca.
Ancora peggio avviene per i soggetti sociali. I lavoratori e il sindacato sono scomparsi – silenziosamente – insieme ai posti di lavoro. Movimenti e proteste sono ricacciati nel sottosuolo, perfino il grande corteo in Val Susa contro la Tav di sabato scorso non lascia traccia su gran parte della politica. La società civile è buona solo quando serve a legittimare i sussulti del palazzo. Del tutto cancellati anche i milioni di elettori del centro sinistra che l’ultima occasione per manifestarsi l’hanno avuta alle primarie del novembre scorso.
È un silenzio assordante, intollerabile. È incomprensibile che il centro sinistra lasci le piazze a Grillo e a Berlusconi. È stupefacente che il sindacato non si faccia sentire. È inaccettabile che la politica sia ridotta ad affare di palazzo o commento sul web, degenerazioni simmetriche che si alimentano l’un l’altra e azzerano la partecipazione. È il momento di ridare spazio e visibilità politica alla voglia di cambiamento che c’è nel paese, anche in molti che hanno dato il loro voto ai Cinque Stelle. È il momento di ridare forza ad una mobilitazione diffusa della politica con un richiamo, forte, alla partecipazione di tutti: un ritrovarsi insieme di centro sinistra, movimenti e sindacato, all’insegna di un “Cambio di rotta”.
Sul piano politico, si tratta di accogliere il messaggio di cambiamento venuto dalle elezioni, con un’iniziativa dell’alleanza sociale che può ricomporre un paese frammentato dalla crisi e diviso dal privilegio. Sul piano dei contenuti, l’iniziativa per il “Cambio di rotta” può individuare alcuni interventi immediati: rilancio dell’economia, produzioni sostenibili, tutela del lavoro e reddito minimo, taglio delle spese militari, cittadinanza agli immigrati.
“Cambio di rotta” è un’iniziativa che potrebbe nascere in cento città e coinvolgere le forze politiche del centro sinistra, la Fiom, la Cgil, campagne come Sbilanciamoci! e quella per l’acqua pubblica, movimenti e associazioni per l’ambiente, la pace, i diritti, la legalità, la giustizia. Potrebbe occupare – presto – una grande piazza di Roma, o molte piazze d’Italia. Può essere il contrappeso sociale del progetto di “larghe intese” che nasce al Quirinale e dell’atomizzazione del consenso organizzata dai Cinque Stelle. Vogliamo provarci?

giovedì 28 marzo 2013

Frusinati incaprettati

Luciano Granieri


Alla fine i frusinati sono rimasti  incaprettati. E’ un triste destino quello che coinvolge noi abitanti di Frosinone. Risiediamo in un  Paese, l’Italia, che ci ha già propinato la farsa delle elezioni politiche. Un esercizio di democrazia svuotato dei suoi contenuti perché qualsiasi governo nascerà dalle tristi beghe che mercanti e servi stanno cercando di risolvere per salvaguardare il proprio orticello particolare,  dovrà fare  i conti con il pareggio di bilancio inserito in Costituzione, opera omnia di due dei tre partiti che oggi vorrebbero candidarsi a governare . Inoltre chi guiderà le sorti del paese da oggi e per i prossimi vent’anni dovrà impegnarsi, secondo i trattati europei, a ridurre  il rapporto debito pubblico/Pil al 60%. Si tratterebbe di passare in un ventennio dall’attuale 120%   al 60% così come prevede il trattato Ue. Il  prossimo governo, chiunque ne sia iL presidente, dovrà pagare  85 miliardi di euro solo per interessi sul debito (2000 miliardi) che lo Stato deve  al capitalismo finanziario. La redazione di una manovra di almeno 45 miliardi di euro all’anno è l’unico punto programmatico certo che dovrà stare alla base dell’azione di un  qualsiasi esecutivo che si prenderà la briga di guidare il paese, sia esso targato Grillo, piuttosto che Pd  o Berlusconi. Un tale dissanguamento non è recuperabile neanche con la peggiore macelleria sociale possibile. Quindi è palese che il secondo punto obbligatorio del prossimo programma di governo sarà quello di ricorrere ai prestiti del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) per avere restituiti con  pagamento di interessi quei 125 miliardi che il nostro stato ha  messo a disposizione aggratis  del fondo, meglio conosciuto col nome improprio  di   Fondo salva Stati. Come ben sanno i cittadini greci che già hanno usufruito di questo aiuto avvelenato, ricorrere al  fondo salva Stati significa finire sotto la mannaia dei tagli alla spesa sociale, agli investimenti per la ricerca e l’innovazione, subire l’aumento illimitato di tasse e tributi, nonché l’alienazione del patrimonio paesaggistico e culturale pubblico a favore di privati miliardari signori degli edge fund. Cioè dalla macelleria sociale si passerebbe direttamente alla strage e all’olocausto sociale. Il tutto condizionerà non solo il governo prossimo venturo, ma anche tutti gli altri esecutivi che gli succederanno da qui a vent’anni con buona pace degli elettori che ancora crederanno di essere protagonisti della vita democratica andando a votare. In questo quadro si inserisce la   posizione ancora peggiore che occupano da ieri i cittadini di Frosinone. A fronte di un debito dell’ente comune che ieri è stato stimato fra i 40 e i 50 milioni di euro, solo l’altro ieri era collocato fra i 30 e i 40,  speriamo che le stime ultime siano finalmente le definitive, l’amministrazione guidata dal sindaco Ottaviani, accertata l’impossibilità di coprire una tale mancanza di denaro,  ha approvato,  in un consiglio comunale  la cui più virulenta espressione dell’opposizione è stata quella di uscire dall’aula al momento del voto ( e sai che paura),   l’adesione al fondo salva comuni. Resta da capire come in una città che staziona da decenni negli ultimi posti delle classifiche sulla qualità della vita, si sia determinato un debito così elevato, ma tant’è .  Per accedere al fondo Salva Comuni dal quale ci sarà concesso un prestito di 11 milioni di euro, è necessario dichiarare lo stato di Pre-dissesto. Un piano di rientro non solo del prestito, ma di tutti i 40 o 50 milioni di debiti, della durata di dieci anni. Per soddisfare tale programma il sindaco può aumentare i tributi locali in deroga ai limiti stabiliti, può ridurre di oltre il 35% le spese per l’erogazione di beni e servizi per i cittadini, può e deve licenziare i dipendenti comunali. Dunque i cittadini del Capoluogo oltre a   subire l’austerity imposta dalla politica nazionale di asservimento alla troika europea,  dovranno ridursi ad una condizione prossima alla povertà  cadendo sotto l’ulteriore mannaia che il proprio comune gli impone per il rientro di debiti contratti dalla speculazione edilizia e finanziaria, non certo dalla collettività. A occhio e croce l’amministrazione comunale dovrà estorcere ai propri amministrati la bellezza di quattro o cinque milioni l’anno, più le rate del prestito di 11 milioni di euro, per dieci anni. Ecco dunque che il percorso governativo del comune è già segnato. Ma il bello è che anche il prossimo sindaco, chiunque esso sia, dovrà proseguire l’opera devastatrice iniziata da Ottaviani perché il piano di rientro dura 10 anni, ossia questa e la prossima consiliatura. Che brutta fine abbiamo fatto miei cari concittadini. Privati del diritto ad una vita dignitosa sia dallo Stato che dal Comune e privati della titolarità  del voto. Infatti chi abbiamo eletto alle elezioni politiche, indipendentemente dallo schieramento  che governerà , e chi eleggeremo da qui fino ai prossimi vent’anni dovrà proseguire nella sanguinosa strada imposta dai trattati europei. Allo stesso modo chiunque eleggeremo a presiedere il consiglio  comunale nei 5 anni successivi all’attuale giunta, dovrà continuare il processo di depauperamento del benessere sociale ed economico della città imposto dalla sciagurata scelta del sindaco Ottaviani di svendere i propri cittadini al potere del capitalismo finanziario. Insomma il nostro comune ha chiesto prestiti  al Fondo salva  Comune, il  nostro Paese ha chiederà prestiti al Fondo Salva Stati.  E i cittadini? A quale fondo SALVA CITTADINI potranno rivolgersi?  CHI SALVERA’ NOI CITTADINI?


   

mercoledì 27 marzo 2013

Morte del Comune e della comunanza

Luciano Granieri


Il Comune è dovrebbe essere un luogo dove gli abitanti di una città mettono in comune  i loro sogni  e dei loro bisogni. E’ , o dovrebbe essere, un luogo dove i cittadini si legano gli uni agli altri solidali nell’elaborare in modo autonomo le norme che regolano la vita della città, così  che ognuno possa vivere  in modo dignitoso la propria realtà di cittadino, con spazi pubblici condivisi dove coltivare i rapporti sociali. Il comune è, o dovrebbe essere,  un luogo in cui l’interesse generale della comunità costituisce l’anticorpo principale all’appropriazione indebita privata dei luoghi di proprietà dei cittadini. Il comune è, o dovrebbe essere,  un luogo dove nuove politiche economiche basate sullo sviluppo dell’energie rinnovabili, sulla promozione delle risorse naturali e culturali, su un nuovo modo di erogare i servizi, possono  costituire fonte di prosperità per tutta la cittadinanza, creando e non alienando posti di lavoro, sottraendo il tessuto urbano alle scorribande speculative di pochi scaltri imprenditori  messi in questo caso  fuori gioco da un sistema che esclude il cemento e  l’urbanistica contrattata come mezzi per accrescere  la ricchezza di pochi. Il “COMUNE” lo dice la parola stessa, è un luogo dove tutto viene messo in comune.  Una città   con un  Comune che avesse cura del benessere dei cittadini, anziché porre maniacale attenzione al mantenimento e all’accrescimento dei privilegi degli amministratori che operano al suo interno, sarebbe uno spazio brulicante di vita. Se invece in una città  gli amministratori svendono pezzi del territorio  alla speculazione edilizia e finanziaria per alimentare il proprio bacino elettorale, se il risultato dell’azione normativa di questi burocrati  produce  la riduzione degli spazi vitali a disposizione della comunità, l’alienazione e la devastazione dei diritti della cittadinanza a vivere in un posto non inquinato, non congestionato dal traffico, con edifici scolastici moderni e sicuri.  Se in questa città  si trasferisce il  debito accumulato a causa delle agevolazioni fiscali concesse agli speculatori di cui sopra   sulle spalle degli incolpevoli cittadini, la comunità e la città stessa sono destinati a morire. E’ ciò che  sta accadendo a Frosinone  dove un non precisato debito, che aumenta di giorno in giorno,( oggi pare che si sia attestato a 45 milioni di euro),  formatosi grazie alla non riscossione degli oneri concessori e di altri tributi, al pagamento di laute consulenze esterne e al foraggiamento di avidi manager messi a capo delle società partecipate, vedi  Multiservizi, Società Aeroporto di Frosinone, viene scaricato sulla cittadinanza attraverso il taglio dei servizi,  l’aumento dei tributi e il licenziamento di coloro che si occupavano della cura della città.  Ecco dunque che l’altro ieri i cittadini, al seguito dei lavoratori della Multiservzi, il cui mancato rinnovo del contratto di servizio da parte del comune, ne decreta il licenziamento o la precarizzazione ulteriore delle condizioni di lavoro, hanno celebrato il funerale della città. Ma noi speriamo che con l’aiuto di tutta la cittadinanza che possa sostituirsi  ad  una opposizione molle e in insistente all’interno dell’aula consiliare, il Comune torni ad essere luogo di comunanza e la città possa risorgere. Considerata la partecipazione dei cittadini al corteo di protesta dell’altro ieri c’è poco da stare allegri.  

Muore la Multiservizi, muore la città.

Marisa Cianfrano
Video Luciano Granieri


Vicenda Frosinone Multiservizi s.p.a .  A  tre giorni dallo scadere del contratto di servizio i lavoratori che hanno servito l’ente per 17 anni  (11 come lavoratori socialmente utili 6 anni come dipendenti Frosinone Multiservizi s.p.a.,  società  costituita dopo un lungo percorso di sacrifici, lotte, scontri con le varie giunte centro sinistra ed oggi centro destra), sono diventati gli agnelli sacrificali da sgozzare  sull’altare del rientro del debito che loro, come tutta la cittadinanza non hanno provocato.  Come se i lavoratori buttati in strada risolvessero il problema di cassa dell’ ente .   La giunta di  destra,   arroccata sulla sua intenzione di smantellamento, spacchettamento, macelleria sociale non ho altri termini per definire l’operazione di questa amministrazione,  decreta l’affidamento dell’erogazione dei servizi  a società cooperative , tutto ciò per RISPETTARE IL PAREGGIO DI BILANCIO e provare inutilmente a tamponare un DEBITO CHE LIEVITA DI GIORNO IN GIORNO, A OGGI SIAMO A 45 milioni di euro . I lavoratori della Multiservizi non vogliono pagare per una situazione debitoria che non hanno provocato. Il  25 marzo   sono scesi in piazza con un corteo che ha attraversato parte della città informando e coinvolgendo la cittadinanza anche sui piani del nostro sindaco che oggi  27 marzo ha dichiarato  il predissesto finanziario . Non si vede luce,  quello che oggi i cittadini lavoratori onesti di questa città si troveranno ad affrontare saranno soltanto tasse tagli dei servizi, chiusure dei negozi ,una città invivibile una città corrotta una città dove regna l’ illegalità del  cemento dove ognuno ha fatto i propri comodi esenti da tasse,  una città che vive sul “non ti preoccupare ci penso io”.  I lavoratori Multiservizi lo hanno provato sulla propria pelle assistendo e subendo in silenzio discriminazioni sociali  e angherie grazie a chi è stato messo alla dirigenza della società a riscossione di cambiali politiche pagate dai lavoratori.  Destra,  sinistra,   ognuno ha fatto la sua parte.


 L' amministrazione comunale di Frosinone ha chiesto di accedere al fondo salva comuni allo scopo di ottenere un prestito di 11 milioni di euro. Per far questo il comune ha dovuto dichiarare lo stato di pre - dissesto ed impegnarsi a rientrare in 10 anni dal debito accumulato quantificato in 45 milioni di euro. Lo stato di pre - dissesto consente al sindaco di aumentare i tributi comunali in modo illimitato, di ridurre del 35% l'erogazione dei servizi ai cittadini di licenziare i dipendenti comunali. Tutto ciò sta accadendo a Frosinone. Una città in cui i cittadini si troveranno a pagare i debiti contratti da altri. Debiti accumulati dal comune per il mancato trasferimento dei fondi regionali, per i tagli operati dal governo centrale, per l'austerity imposta dal patto di stabilità, e per la mancata riscossione degli oneri concessori dovuti dalle imprese edili che hanno cementificato la città attraverso il sistema dell'edilizia contrattata al di fuori di ogni piano regolatore. Dunque una città senza servizi, con l'aumento indiscriminato dei tributi e senza addetti alla manutenzione degli arredi urbani, alla guida degli scuola bus, alla cura dei cittadini, è destinata a morire. Così come sono destinati ad un futuro gramo i lavoratori della Multiservizi. La società partecipata dal comune che provvedeva alla manutenzione città a cui l'amministrazione comunale di Frosinone non ha rinnovato il contratto proprio in ottemperanza alla politica dei tagli. E sono proprio i lavoratori della Multiservizi, destinati al licenziamento o, ben che vada, ad essere riassunti a 500 euro al mese della società cooperative che prenderanno gli appalti per l'erogazione dei servizi , a celebrare i funerali della città. 


Luciano Granieri


L’ACQUA E’ UN BENE COMUNE


Riccardo Palma  Segretario Circolo PRC Cassino “M. De Sanctis

Il Tar del Lazio con una sentenza non definitiva ha disposto che entro 90 giorni l’acquedotto del Comune di Cassino debba passare nelle mani di ACEA. Infatti il Prefetto di Frosinone ha nominato un commissario ad acta per gestire il passaggio delle consegne. Dopo il referendum promosso dal comitato per l’acqua pubblica che ha visto un risultato eccezionale di grande partecipazione nella riappropriazione dei beni comuni, ci ritroviamo di fronte a decisioni che sono a dir poco paradossali per altro quando si è ancora in attesa di una pronuncia da parte del Consiglio di Stato. Una “forzatura” quando le cose potrebbero cambiare in senso opposto. Una sentenza arrivata dopo un lungo contenzioso iniziato nel 2003 ma che avrà uno strascico per la richiesta di risarcimento danni da parte della ACEA per non aver potuto usare l’acquedotto ed ha già richiesto il pagamento di 12 milioni di euro per il mancato guadagno e per le quote non versate per l’utilizzo del depuratore.
            E’ sicuramente sconcertante vedersi “sfilare” gli impianti della sorgente più grande d’Europa ed è ancora più difficile da digerire quando il Consiglio di Stato ha bocciato l’aumento del 7% sulle bollette perche “non coerente” con i risultati del referendum sull’acqua pubblica perché ritenuto illegittimo e dovrebbe essere immediatamente restituito ai cittadini con la prima bolletta utile per restituire i soldi indebitamente incassati a partire dal 21 luglio 2011.
            La decisione contrasta anche con lo stesso Consiglio Comunale che si è espresso all’unanimità per difendere l’acqua pubblica modificando lo statuto comunale in favore dell’estensione della rete pubblica dell’acqua a tutto il comune.
            L’ACEA è una società privata che ha legittimamente vinto la gara per la gestione del servizio idrico, ma la politica ha il compito soprattutto per la propria  e specifica situazione idrica, continuare a combattere affinché i risultati dei referendum siano resi esecutivi. Inoltre l’ACEA ha dimostrato in questi anni una cattiva gestione, con una serie di inadempienze che sono andate a danno dei cittadini della provincia, come dimostrato da recenti e numerose sentenze. Il Commissario ad acta non può supplire all’autorità idrica che è l’organo dei sindaci per proporre tariffe che non tengano conto anche della qualità del servizio. La recentissima sentenza del TAR toscano e del Consiglio di Stato sono sentenze storiche da questo punto di vista perché dichiarare illegittime le tariffe praticate dai gestori significa rispettare prima di tutto l’esito referendario, che era applicabile fin da subito, e soprattutto significa riaprire concretamente la strada della ripubblicizzazione del servizio idrico. Una pagina importante che difenderà tutti quei cittadini che, aderendo alla campagna di Obbedienza Civile promossa dal Forum dell’acqua, si sono autoridotti le bollette “obbedendo” agli esiti referendari. Dunque ridiventa attuale l’imperativo di “rimborsate quanto dovuto”.
All’ACEA ATO 2 diciamo: la rete idrica invecchia, lo sappiamo, le perdite di rete toccano percentuali altissime e sono destinate a salire fino oltre il 50% proprio perché le risorse non bastano. Ma la risposta sta nel riportare i grandi investimenti plurigenerazionali nella fiscalità generale, come si fa per ospedali e scuole, liberando così la tariffa da spese insostenibili. Solo così si potrà far fronte alla manutenzione ordinaria, altro che disapplicare i referendum! All’amministrazione comunale va dato il massimo sostegno politico per percorrere tutte le strade possibili per scongiurare la consegna dei nostri impianti e riprenderci una sana gestione della stessa a partire da una diversa concezione della depurazione delle acque con tecniche che scongiurano effettivamente la carica batterica delle stesse con l’elettrolisi prevedendo spese piu basse ed una qualita’ maggiore del bene più prezioso che abbiamo.

LETTERA APERTA AI MILITANTI E AGLI ISCRITTI DEL PRC E DEL PDCI.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI


Cari/e compagni/e, 

La disfatta dell'operazione “Rivoluzione civile” non è solo elettorale, ma politica. E' il capolinea definitivo di un lungo corso trasformista dei gruppi dirigenti di PRC e PDCI, che ha distrutto e disperso, in tanti anni, energie, passioni, potenzialità enormi. E che si è rivelato irriformabile. 

Ci rivolgiamo a voi- nel nome di tante battaglie comuni- per chiedervi di trarre un bilancio onesto di questo fallimento politico senza ritorno. E di compiere l'unica scelta politica conseguente : quella di unirvi al Partito Comunista dei Lavoratori, e dunque al programma e ai principi del marxismo rivoluzionario. Per rafforzare l'unico partito a sinistra che non si è mai compromesso nelle politiche borghesi. Per costruire insieme, finalmente, una coerente presenza anticapitalista e comunista, contro ogni opportunismo e trasformismo. 


L'OPERAZIONE “INGROIA”: IL CAPOLINEA DEL TRASFORMISMO 

Non si tratta di discutere con voi dell' “insuccesso elettorale” in quanto tale dell'operazione Ingroia o del mancato ritorno in Parlamento di PRC e PDCI. Né si tratta di confrontare i 113.000 voti del PCL al Senato ( comunque conquistati -senza mezzi e senza coprire tutti i collegi- su un programma anticapitalista,) con i 500.000 o poco più di “Rivoluzione Civile” al Senato( IDV+ PRC+ PDCI+ Verdi+ De Magistris..), che è l'unico terreno omogeneo di confronto possibile. Perchè successi o insuccessi, tanto più sul piano elettorale, possono essere a volte indipendenti dalle scelte politiche che si compiono. 

Si tratta invece di discutere esattamente della scelta politica compiuta: quella di aver annullato la propria autonomia e riconoscibilità di “comunisti” dentro l'arancione dei pubblici ministeri, nel momento della massima crisi del capitalismo. Quella di aver imboscato la stessa centralità delle ragioni del lavoro dentro l'abbraccio col liberal questurino Di Pietro, nel momento della più grave aggressione contro i lavoratori dell'intero dopoguerra. La disfatta elettorale ha solo registrato l'enormità di questa scelta politica. Che ha esposto decine di migliaia di compagni/e ad un'autentica umiliazione. E che oltretutto ha favorito lo sfondamento grillino a sinistra. 

Il punto è : qual'è la radice di questa scelta politica abnorme? Non siamo in presenza di un “errore”, per quanto letale. Siamo in presenza dell'ennesima manifestazione del codice politico di fondo dei gruppi dirigenti di PRC e PDCI: quello per cui la propria collocazione o ricollocazione istituzionale ( o... la speranza di conseguirla) prevale su ogni considerazione di principio. E tanto più sul rispetto dei propri militanti e delle loro ragioni. 


LA LUNGA STORIA DI UNA DERIVA ISTITUZIONALE 

E' lo stesso codice genetico che ha segnato, con responsabilità anche più gravi, il lungo corso dei gruppi dirigenti di Rifondazione. 

E' il codice che nel 96/98 spinse l'intero gruppo dirigente del PRC ( Bertinotti, Cossutta, Ferrero, Diliberto, Grassi, Rizzo..) a entrare nella maggioranza del primo governo Prodi, votando l'introduzione del lavoro interinale (Pacchetto Treu), il record delle privatizzazioni, i campi di detenzione per i migranti( legge Turco- Napolitano). 

E' il codice che nel 99/2001 spinse Diliberto (e Rizzo) a sostenere i bombardamenti “umanitari” su Belgrado, in cambio di un ministero nel governo D'Alema-Cossiga per il neonato PDCI. 

E' il codice che nel 2006/2008 spinse PRC e PDCI a entrare nel secondo governo Prodi, votando missioni di guerra e detassazione dei profitti, in cambio di un ministero( Ferrero) e della Presidenza della Camera (Bertinotti). 

E' il codice che tuttora spinge PRC e PDCI in tante giunte locali di centrosinistra a votare tagli sociali in cambio di assessori. Magari a braccetto dell' UDC, come in Liguria. 

Del resto: la stessa operazione Ingroia non è nata forse per il solo rifiuto del PD di accettare Di Pietro e Diliberto nella coalizione di Centrosinistra? E a nome di “Rivoluzione civile” Ingroia non ha forse continuato ad offrire al PD la propria disponibilità di governo, al posto di Monti, durante tutta la campagna elettorale? 

Questo codice politico si è rivelato irriformabile. Ha disperso e demotivato negli anni un patrimonio enorme di energie e di speranze di decine di migliaia di attivisti e di milioni di lavoratori e di giovani. Ed oggi è giunto semplicemente al suo epilogo. 


PERCHE' UNIRSI AL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI 

Il Partito Comunista dei Lavoratori è nato (tra il 2006 e 2008) contro questa politica, dopo una battaglia di 15 anni all'interno del PRC, basata sui principi anticapitalistici e di classe. E' nato non per “dividere” i comunisti. Ma per liberarli da partiti che comunisti non erano e non sono. Per dare loro un riferimento coerente da cui ripartire. Per evitare loro nuove delusioni e dispersioni. 

Certo: siamo un piccolo partito. Che si è dovuto confrontare , in anni difficili, con gli effetti di confusione e demoralizzazione prodotti dal fallimento del PRC governista in un vasto settore della stessa avanguardia. Che ha dovuto lottare controcorrente , negli anni della peggiore crisi sociale, rispetto allo stesso arretramento della coscienza politica del movimento operaio . Ma abbiamo lavorato e lavoriamo per ricostruire una coscienza di classe , non per contribuire a disperderla. Da qui la nostra battaglia, in tutte le lotte e i movimenti, contro ogni subordinazione al PD, o al giustizialismo, o al grillismo. Da qui anche la nostra presenza alle elezioni: come terreno di presentazione di un programma comunista, alla luce del sole e senza mimetismi. 

Oggi possiamo dire di aver costruito, con tutti i nostri limiti, l'unico partito a sinistra del PRC realmente presente su scala nazionale, dotato di un minimo di organizzazione e di radicamento. L'unico che, nel suo piccolo, sta estendendo la propria presenza territoriale. L'unico, non a caso, che può presentarsi alle elezioni nazionali. L'unico, soprattutto, che non ha altro interesse da difendere che gli interessi del lavoro e della rivoluzione sociale. 

Cari compagni e compagne, 

diversi militanti di PRC e PDCI, in diverse parti d'Italia, hanno raggiunto in questi mesi le fila del PCL. E' un fatto prezioso. Ma se entrassero nel nostro partito tutti coloro che- tra voi- ci hanno detto e ci dicono che “sono d'accordo” con il PCL, con la sua politica, con il suo programma, la nostra comune battaglia comunista e rivoluzionaria farebbe un grande passo avanti. Nell'interesse dei lavoratori e di tutti gli sfruttati. 

Questa è esattamente la proposta che vi avanziamo. 
Disponibili, con i nostri dirigenti, e con le nostre sezioni territoriali, ad ogni occasione di incontro , di confronto, di approfondimento. A partire dalle lotte comuni di ogni giorno.