Alberto
Valleriani - Presidente RETUVASA
Francesco
Bearzi - Coordinatore RETUVASA Frosinone
Piangere
oppure ridere? Questa l’alternativa di fronte al grottesco comunicato stampa del
Ministero dell’Ambiente “Torna alle Regioni la competenza di 18 aree da
disinquinare”, da oggi sul sito web dell’ente.
Dopo aver
magnificato le conseguenze della trasformazione di 18 ex Siti di Bonifica di
Interesse Nazionale (SIN) in altrettanti Siti di Interesse Regionale (SIR),
parola d’ordine “Meno burocrazia, più velocità negli investimenti e più
vicinanza ai cittadini e alle esigenze locali” - ma ci sembra invece che
nella filosofia del provvedimento e nei riferimenti normativi a monte prevalga
l’intenzione di dismettere competenze governative, con dequalificazione della
rilevanza delle aree soggette a bonifica, e delega alle Regioni di compiti di
coordinamento e di spesa che spetterebbero a istituzioni di livello superiore -
il Ministero, guarda caso, si sofferma nello specifico su un solo SIN, quello
della Valle del Sacco.
Riportiamo
testualmente:
“Nel caso
della valle del Sacco, la zona è distinta in due diverse aree. Una zona è l’area
del polo chimico di Colleferro, per la quale nel 2005 era stata dichiarata
l’emergenza socio-economica-sanitaria. Questa area non è compresa nel decreto
perché non è mai stata classificata Sin ed era di competenza di un commissario
straordinario. Il decreto invece trasferisce alla Regione Lazio una seconda
area, l’ex sito di interesse nazionale della valle del Sacco: è una parte del
territorio del bacino del fiume Sacco completamente distinta da quella
dichiarata in stato d’emergenza; non vi sono attività industriali di dimensione
significativa tale da poter essere considerata presupposto per la
classificazione di sito di interesse nazionale”.
Ci si passino
i termini, qui siamo di fronte ad affermazioni incredibili, che sembrano frutto
di disinformazione o di incompetenza.
In primis -
ricorda Alberto Valleriani, presidente RETUVASA - “il decreto istitutivo del SIN
(L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 11 quaterdecies, comma 15 - ma cfr. già
O.P.C.M. n. 3441 del 10 giugno 2005, in particolare art. 1) non esclude certo
dai confini del SIN il polo chimico di Colleferro, origine della contaminazione
stessa”.
In
secundis - ipotizza Francesco Bearzi, coordinatore RETUVASA Frosinone - “gli
autori del comunicato stampa forse identificano il SIN con la perimetrazione del
bacino ripariale contaminato, ma si tratta di due cose ben distinte. La
perimetrazione è complementare al SIN, non lo sostituisce. Identificando
erroneamente il SIN con la perimetrazione delle aree ripariali, il Ministero fa
bene a sostenere che non vi si trovano impianti industriali significativi,
perché in tal caso dovrebbero essere ubicati sulle sponde del fiume
Sacco. Si trovano invece tutti nel raggio di qualche chilometro e, come
tutti sanno, ad eccezione, pare, dello stesso Ministero dell’Ambiente, gli
scarichi industriali sono confluiti e continuano a confluire nel fiume Sacco,
determinando criticità ambientali storiche e recenti”.
A prescindere
dalle affermazioni clamorosamente erronee riportate nel comunicato stampa
ministeriale - concludono Valleriani e Bearzi - la Rete per la Tutela della
Valle del Sacco ha già anticipato pubblicamente dieci giorni fa il cuore delle
ragioni per cui il “declassamento” del SIN sembra risultare, alla luce della
normativa, decisamente illegittimo, e in base alle quali RETUVASA e altre
associazioni ricorreranno in sede giudiziaria.
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