La cerimonia del 6 gennaio scorso
a Frosinone, con la quale si è inaugurato un monumento in onore dei tre giovani
fucilati in terra ciociara il 6 gennaio del 1944 per mano di militari fascisti,
può a mio avviso diventare occasione di dibattito storico e politico. L’evento
commemorativo, per il quale un ringraziamento doveroso va all’ex assessore
Gerardina Morelli e all’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, ha visto
una grande e sentita partecipazione e ha sottolineato ancora una volta la
necessità di conservare la memoria storica, richiamando in tutti un forte senso
di disprezzo verso la guerra e le incredibili assurdità a cui questa conduce. Il
ricordo è per quei 13 ragazzi, dei circa 800 che furono chiamati alle armi in
Toscana e impiegati alle fortificazioni tedesche a Cassino, i quali, nel
tentativo di tornare a casa, si nascosero in un camion nel quale però furono
presto individuati all’altezza di Ceprano. Considerati disertori, per i 13
sfortunati giovani si prospettava la morte dinanzi ad un plotone di esecuzione,
se non fosse che i nazisti pensarono, viste le necessità di forza lavoro in
Germania, di spedirli nei campi tedeschi. Furono i fascisti ad opporsi a quello
che appariva come un gesto di clemenza e ad insistere perché la punizione fosse
esemplare. La triste storia si concluse con un accordo che prevedeva 3
esecuzioni e 10 deportazioni. I giovani furono quindi sottoposti ad un
sorteggio crudele (13 foglietti in un berretto)in seguito al quale si giunse
all’esecuzione dei tre sorteggiati. Il paradosso è che a pretendere le tre
esecuzioni esemplari furono proprio i fascisti e non i tedeschi. Una storia
assurda di guerra le cui chiare responsabilità non bisogna dimenticare. A
questo proposito però lascia molto perplessi una lapide che è possibile notare
sul luogo del fatto. Datata 2 novembre 1947, questa recita: “tre giovani caduti
sotto il piombo dei saccardi”. A seguito di una breve ricerca ho potuto
appurare che con il termine “saccardi”, termine arcaico di usanza medievale,
altri non si indicassero se non quei militari con speciale incarico di
saccheggio, attraverso il quale questi provvedevano in tal modo al
vettovagliamento delle truppe combattenti. Viene da chiedersi qual è il motivo
di una definizione così generica? Che l’amministrazione comunale dell’epoca
avesse provato a nascondere dietro una semplice parola le gravissime
responsabilità storiche? Il sospetto è che una crescente necessità di creare un
fronte anticomunista di quegli anni abbia indotto amministratori e politici
verso segnali distensivi nei confronti della destra italiana, sconfitta,
affranta, ma ancora, in termini elettorali, cospicua e determinante. Lo
dimostrano gli appelli distensivi di De Gasperi verso quell’area politica
proprio per contrapporre un proprio solido consenso a quello comunista in vista
delle elezioni del 1948. Lo stesso De Gasperi in quel periodo era stato ospite
del Presidente degli Stati Uniti, dal quale evidentemente era stato messo in
guardia rispetto alla minaccia comunista. Si potrebbe presupporre quindi che il
termine “saccardi” possa essere il risultato di un contesto politico i cui
interessi ben precisi, però, scavalcano e trascurano responsabilità storiche
chiare, a tal punto da invogliare l’idea che quell’incisione sulla vecchia
lapide determini quasi un falso storico. I Comunisti Italiani di Frosinone
propongono a tal proposito che l’attuale amministrazione di Frosinone si faccia
carico di apporre di fianco la vecchia lapide, una nuova lapide che renda
giustizia alla storia e rettifichi in tal modo ciò che appare come una
inaccettabile copertura.
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