sabato 5 novembre 2011

Un nuovo miracolo italiano. Nelle mani del Fmi

Maurizio Matteuzzi  da "il manifesto" del 5 novembre 


Sì, va bene. Ma cos'è il Fondo monetario internazionale? Come funziona? Come ha operato?
Cominciamo col rinfrescare la memoria, o a dare qualche informazione ai più giovani che soltanto ora ne sentono parlare, iniziando con il succoso articolo di Maurizio Matteuzzi.

Ricatti e disastri: il palmares del Fondo monetario internazionale 
Maurizio Matteuzzi
Sic transit gloria mundi, fu il commento - da brividi per cinismo - di Berlusconi alla notizia del linciaggio di Gheddafi a Sirte. Sic transit gloria mundi (o quantomeno dell'Italia) viene da dire ora dopo la notizia che sarà il Fondo monetario internazionale a vegliare sullo stato dei conti del nostro paese e sul rispetto degli impegni presi dal governo Berlusconi per evitare che la barca (e la banca) affondi.
Fino a 10-15 anni fa, e per i 20-30 anni precedenti, l'Fmi era il bulldog che, per conto dei «paesi centrali», sorvegliava e azzannava al minimo sgarro i paesi dell'ex Terzo mondo - periferici o emergenti, sottosviluppati o «in via di sviluppo» -, dell'est, dell'ovest, del sud. Russia, Thailandia, Corea, Messico, Brasile, Bolivia, Argentina... se li ricordano ancora quei distinti killer sociali in colletto bianco, il francese Michel Camdessus, il tedesco Horst Khöler, l'americana Anne Krueger, nomi oggi dimenticati ma che allora facevano il bello e il cattivo tempo dando i voti (e i crediti) e decidendo i destini di interi paesi. In nome, sempre, delle regole ferree dell'economia (neo-liberista) e dei creditori. 
Oggi l'Fmi fa da bulldog ai paesi «sfigati» di quel Primo mondo - l'Italia, la Grecia, il Portogallo - di cui solo pochi anni fa era lo spietato cane da guardia. Sic transit gloria mundi. La gloria passa, ma la memoria resta.
Fmi e Banca mondiale, entrambe creature di Bretton Woods, portano la resposabilità storica di 20 anni almeno di liberismo sfrenato in America latina (o anche 30 se il fischio d'inizio si fa risalire ai Chigago boys cileni del generale Augusto Pinochet e del professor Milton Friedman) che portarono alla disintegrazione di strutture sociali di paesi appena usciti, e devastati, da qualche decennio di dittature militar-fasciste. In America latina quelle degli anni '80 e '90 del secolo scorso furono due «decadi perdute», un mix di ortodossia economica e macelleria sociale, come quello che adesso il girotondo - per mano dell'Fmi - riserverà all'Italia. 
La ricetta dell'Fmi in America latina era sempre una sola e la stessa: gli «aggiustamenti strutturali», propinati alla metà degli anni '80 dopo la prima grande crisi del debito estero nell'82 in Messico. Aggiustamenti che prescrivono - impongono - privatizzazioni di tutto ciò che è pubblico, mano libera ai capitali, al mercato delle merci e dei servizi, azzeramento del miserrimo welfare dove c'era (in Argentina e in Cile, per esempio) e della spesa sociale. L'America latina fu, a partire dal golpe cileno del '73, il laboratorio sperimentale delle ricette del Fondo monetario. Terra di conquista dei capitali «voltures» o «golondrinas», avvoltoi o rondini, comunque speculazione pura benedetta dalle liberalizzazioni e dalle libertà portate - imposte - dall'Fmi e dalla filosofia che c'era dietro. Dopo le nuove crisi del debito degli anni '90, l'inflazione divenne il tabù intoccabile del Fondo (come lo è adesso della Bce) a cui sacrificare tutto il resto, a cominciare dalla crescita economica e dal welfare sociale. E dove la crescita ci fu, come nel Cile pinochettista e post-pinochettista, fu al prezzo di diseguaglianze sociali scandalose, da cui solo adesso, sotto la spinta del movimento degli studenti, il paese sembra volersi riscattare.
Quegli anni di egemonia del Fondo furono un disastro per l'America latina. La crisi in Brasile del '98, la dollarizzazione completa in Ecuador del '99, la «guerra dell'acqua» contro la californiana Bechtel e il presidente Sánchez de Lozada in Bolivia del 2000... Un ciclo che ebbe la sua conclusione «logica» con il collasso, economico, sociale, politico e umano, in Argentina del 2001. Collasso che arrivò dopo il decennio sfrenato del peronista neo-liberista Carlos Menem, quello del parità 1-1 fra il dollaro e il peso, quello del liberismo assoluto. Fu lo stesso Fmi che alla fine diede il colpo di grazia all'Argentina, quando il giocattolo andò in pezzi, negando crediti al suo allievo prediletto, il fantasmagorico ministro dell'economia Domingo Cavallo e provocando il default.
Da allora, nel primo decennio del XXI secolo, l'Fmi è stato praticamente espulso dall'America latina. O di fatto, attraverso leader di sinistra o progressiti - Lula, Chávez, Morales, Correa, i Kirchner ... - o di diritto - con il pagamento anticipato del debito e l'uscita del Fondo e delle sue interferenze da Brasile, Venezuela, Argentina ... E - sarà un caso o sarà il «socialismo del secolo XXI» -, da allora l'America latina è l'unica area del mondo che è cresciuta a ritmo sostenuto, non solo economicamente ma anche socialmente, e l'unica che ha resistito bene all'impatto della crisi globale del 2008. Adottando politiche alternative, estranee e contrarie a quelle dell'Fmi.
Adesso tocca all'Italia a sperimentare le ricette cucinate dalla signora Lagarde. Viene quasi da rimpiangere che non ci sia più Strauss-Khan. Perché con Berlusconi avrebbero certo trovato altri interessi comuni anziché infernizzare ancor di più la nostra vita già così grama.

Indignati contro che e per fare cosa?

Marco Verruggio


Il 15 ottobre è la giornata di mobilitazione internazionale lanciata dal movimento spagnolo M15, i cosiddetti indignados. Siamo tutti indignati è vero, ma contro chi? Vogliamotomar las calles, prenderci le strade, ma per fare cosa? Noi non siamo indignati soltanto con Berlusconi, ma con un sistema politico in cui l’opposizione critica il Governo impugnando contro di lui le relazioni delle agenzie di rating, gli ultimatum di Confindustria e le critiche del’Economist. Siamo indignati anche con quelli che si stracciano le vesti per il conflitto d’interesse, le intercettazioni, le escort e il giro della Padania, ma sostengono i bombardamenti in Libia e l’occupazione militare della Val di Susa e rispondono alla macelleria sociale di Tremonti e della BCE con la ‘coesione nazionale ‘ e il ‘senso di responsabilità’.
Il movimento M15 nasce in un paese il cui go-verno socialista aveva suscitato entusiasmi an-che da noi. Ci ricordiamo ‘W Zapatero’?  Dopo qualche mese arrivano gli indignati greci a oc-cupare piazza Syntagma, contro un governo di centrosinistra che massacra la gente che lavora per garantire il pagamento degli interessi a banche e speculatori. Oggi l’indignazione ir-rompe anche nella ‘nuova’ America di Obama: Occupy Wall Street (Occupare Wall Street) si chiamano. Ai primi di ottobre la polizia ne arre-sta 700, colpevoli di aver manifestato contro gli autori della più colossale truffa ordita ai danni dei lavoratori e dei risparmiatori americani e del mondo intero. Gli agenti li manda Obama, l’uomo che tre anni fa aveva ‘liberato’ il paese da G.W. Bush e mandato in visibilio i pro-gressisti di tutto il mondo e anche tanti lavoratori americani. In Italia ci sentiamo anche noi vicino alla ‘liberazione dal tiranno’, ma stiamo per fare la stessa fine degli spagnoli, dei greci e degli americani.
Il PD e Repubblica gongolano tutte le volte che Confindustria critica il Governo o che un’agenzia di rating emette un giudizio negativo sul debito italiano. ‘Il Governo è debole’ commentano. Ma debole per fare cosa? Per far pagare la crisi alla gente che lavora e affrontare la
conseguente reazione sociale – dice Standard & Poor’s – specificando che il nemico sono i lavoratori e il sindacato. Nel malcelato entusiasmo del centrosinistra per le picconate del capitalismo internazionale a Berlusconi c’è una rivendicazione chiara: ‘Per colpire i lavoratori e tenere a freno il sindacato c’è bisogno di noi’. Il Presidente della Regione Liguria Burlando a proposito della lotta alla Fincantieri di Genova dichiara: ‘L’azienda e il Governo si prendano le loro responsabilità: è stato ritirato un piano che prevedeva la chiusura del cantiere di Sestri. Ora ci dicano quali sono le alternative. Io mi sono preso le mie respon-sabilità, come Presidente della Regione, quando ho dovuto chiudere degli ospedali’. Insomma: noi sappiamo chiudere gli ospedali, loro non sanno chiudere una fabbrica. Dunque non sappiamo se dopo Berlusconi avremo un governo tecnico, di unità nazionale o di centrosinistra. Ma ne conosciamo già il programma: riuscire dove Berlusconi sta fallendo, attuare senza tentennamenti il programma integrale della BCE, di Standard & Poor’s, di Con-findustria e della FIAT.
Oggi non basta indignarsi, bisogna anche decidere cosa fare e organizzarsi di conseguenza.  Tirare la volata a un Obama o a un Papandreou nostrano, spendere le nostre energie per portarlo al Governo, creare attorno a lui la speranza che qualcosa possa cambiare e finire come negli USA, in Spagna, in Grecia? Neanche l’esperienza di Pisapia a Milano ci è servita? Non sono bastati l’aumento del biglietto degli autobus da un euro a uno e 50; la sostanziale conferma della politica della Moratti sulle aree dell’EXPO 2015, lo scandalo Penati? L’alternativa è – più realisticamente – cominciare a costruire un’opposizione sociale e politica, oggi al Governo Berlusconi e domani al governo che Napolitano, Draghi, Marcegaglia ci stanno apparecchiando. E’ come scegliere tra comprare un biglietto della lotteria Italia e fare un mutuo per comprare casa. La lotteria ti fa sognare, ma sai che tanto non vinci. Il mutuo non ti fa sognare, ma alla fine ti sei messo un tetto sulla testa.
In Italia è in atto una corsa ad accaparrarsi il ‘marchio’ degli indignati tra intellettuali, politici, sindacalisti, leader ‘di movimento’, insomma al 90% quelli che – più o meno direttamente – hanno regalato il paese a Berlusconi e gli hanno fatto fare quello che voleva per 17 anni. ‘Diffidare delle imitazioni’ si diceva una volta. Gli indignados nascono come un movimento popolare di critica all’establishment politico ed economico. Da noi qualcuno cerca di appropriarsi di questa immagine per dare appeal al solito cartello di fiancheggiatori, suggeritori, stimolatori di Bersani. Ma è come appiccicare un’etichetta colorata su una scatola di cibo scaduto. Dopo un po’ la gente se ne accorge., ma è meglio dirlo prima, così si evita il mal di pancia a qualcuno.
Ci dicono che bisogna intervenire perché l’economia è in crisi e i conti pubblici vanno risanati. Ma non può essere chi ha causato l’epidemia a insegnarci come va debellata. Né si può curare la malattia con le stesse terapie che hanno contribuito ad aggravarla e a diffonderla. Alla patrimoniale di Montezemolo e Profumo, alla Tobin Tax di Sarkozy e Merkel contrapponiamo tre punti di buon senso. 
1. AUMENTARE I SALARI, perché se invece di diminuire la tasse in busta paga crescono le retribuzioni, allora le entrate dello Stato aumentano; se si vuole far ripartire l’economia bisogna rilanciare la domanda interna; se si vuole combattere l’evasione fiscale è necessario trasferire ricchezza dai profitti, che sono soggetti a evasione, ai salari, che non lo sono, perché vengono tassati alla fonte. 
2. PROPRIETA’ PUBBLICA DELLE BANCHE E DEI SETTORI CHIAVE DELL’ECONOMIA, perché dando ai privati le attività redditizie e tenendosi quelle non redditizie i conti pubblici non migliorano. 
3. BILANCI E GESTIONE DELLE AZIENDE SOTTO IL CONTROLLO DI CHI LAVORA, perché così si colpiscono i veri sprechi, si previene la corruzione e l’evasione fiscale (160 miliardi l’anno), si mettono le aziende sotto il controllo dell’unico soggetto che ha interesse a farle funzionare, a non chiuderle, a non delocalizzarle. 
4. NON PAGARE I DEBITI AGLI SPECULATORI, MA INVESTIRE IN SCUOLA, SANITA’, PENSIONI. Queste misure migliorerebbero lo stato dei conti pubblici e al contempo segnerebbero un passo avanti verso una società migliore, con meno sfruttamento e più giustizia sociale. A Puerta del Sol a maggio abbiamo visto un cartello con la scritta ‘errore di sistema’. In effetti il sistema operativo capitalistico, che fa girare la nostra società e la nostra economia, ha un baco che rischia in ogni momento di farlo esplodere. Non basta resettare il computer, va cambiato, appunto, il sistema operativo.

Artemisia , storia di una passione

Franca Dumano


Ho visitato con interesse e segnalo ai lettori di AUT come imperdibile la mostra “Artemisia, storia di una passione”, a Palazzo Reale di Milano fino al 29/01/2012.
E' la prima mostra antologica dedicata a questa eccelsa pittrice del '600, la cui luce è stata per secoli oscurata dal successo del padre e dello zio- entrambi  pittori di origine pisana. Conosciuta più per  vicende private legate alle violenze subite da adolescente che per il  valore artistico, viene finalmente riconosciuta come artista dalla critica internazionale, sulla scia delle tesi  evidenziate più volte nel corso degli anni dalle studiose femministe e descritto magistralmente da Anna Banti nel 1947 nel romanzo “Artemisia”.
Oltre 50 opere e documenti -(un inedito carteggio composto di 36 lettere della pittrice e del marito Pierantonio Lattesi, indirizzate a Francesco Maria di Niccolò Maringhi, che diverrà il suo amante)-
offrono uno sguardo completo sulla avventura pittorica di Artemisia, su ricerche stilistiche e innovazioni, sulla sua dignità di artista e sulla sua  determinazione di donna che vuole affermare il suo talento, sui rapporti di influenza reciproca ed emancipazione dallo stile paterno, sul suo ruolo di capo bottega in età avanzata (con figlia apprendista) , sulle sue invenzioni stilistiche e simboliche.
L'esposizione ripara dunque a 3 secoli di ingiustizia e permette alla figura di Artemisia (prima donna ad essere ammessa all'Accademia del disegno di Firenze) di brillare finalmente di luce propria: ampie tele con giochi cromatici, corpi opulenti in stile rinascimentale, gioielli e stoffe magistralmente resi in ogni dettaglio, superbi panneggi, nudi seducenti, audaci rivisitazioni mitologiche, splendide immagini di Cleopatra e Danae, ma anche di “classiche” Madonne.
Attraverso lettere, quadri e disegni, si ripercorrono 4 fasi della vita della pittrice: - dagli esordi a Roma, presso la bottega del padre Orazio ( a soli 16 anni Artemisia irrompe nel panorama artistico caravaggesco dipingendo”Susanna e i vecchioni” tema biblico su cui tornerà più volte)- agli anni a Firenze, stimata artista alla Corte di Cosimo II, circondata da preziose e stimolanti amicizie (Galilei e Michelangelo Buonarroti il giovane – il ritorno a Roma e la fase della maturità artistica a Napoli, con splendide tele quali “L'Annunciazione”, La ninfa corisca e il satiro, il Miracolo di San Gennaro.
Oltre ad un'oscura parentesi a Londra, che testimonia comunque il coraggio e l'audacia di questa donna avventurosa, la mostra espone come centrali le tele dai toni cruenti : Giuditta ed Oloferne, Giuditta e la fantesca Abra con la testa di Oloferne, Gioele e Sisara, Giuditta decapita Oloferne: in essi la critica evidenzia , oltre al gesto barocco e teatrale, la rabbia e il desiderio di riscatto della donna offesa, il desiderio di raffigurare donne forti , capaci di imporsi anche con la violenza e la vendetta, la profondità del dolore sopportato, il bisogno di ritrarre la violenza subita per liberarsene.
Con la celebrazione di un'arte completa, poliedrica, innovatrice e temeraria, cade finalmente il triste sudario del passato- dei secoli in cui per Artemisia alle violenze subite dal maestro di prospettiva, Tassi, si unirono quelle del processo (in cui la pittrice accettò di testimoniare e di essere sottoposta al supplizio della ”sibilla” consistente nel fasciare le dita con funi, fino  a farle sanguinare) nonché alla beffa per cui Tassi – sposato con un'altra donna- esce indenne dal processo, nonostante la condanna che non sconterà, mentre la famiglia Lomi- Gentileschi subirà pesanti conseguenze sociali- e si aprono nuovi orizzonti di ricerca (alcune attribuzioni sono ancora dubbiose),e riflessione, confronto...



Il brano musicale è
Desert Air
Chic Corea - Pianoforte
Gary Burton-Vibrafono

venerdì 4 novembre 2011

Hard to believe

Dear Luciano,



It's hard to believe. I mean, I've known, we've all known, that the United States' Israel-Palestine policy has always been bad for the world and bad for its own citizens. But it's never been so ridiculously obvious. 

Not until yesterday.

You see, decades-old U.S. legislation meant to punish the Palestinians could very well mean that the United States is about to end its funding for many of the world's most important international bodies including the World Health Organization, the World Intellectual Property Organization-- which manages copyrights and patents, UNICEF, and even the International Atomic Energy Agency, as well as a range of lesser known but critical agencies.

The legislation doesn't even let the president override the bill to protect the national interest.

If you're a U.S. citizen, I want you to write your representatives now to tell them to waive the provision that bars the president from making a decision based on the national interest—and to work towards repeal of the legislation.


This is how it happened. Yesterday, 107 member nations in UNESCO, the United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, voted to admit Palestine as a member. UNESCO protects world heritage sites and leads global efforts to bring clean water to the poor. They even manage a tsunami early-warning system in the Pacific. 

The U.S. was one of just 14 countries that voted “no” to Palestinian admission.
 
But within hours of the vote, the Obama Administration announced it would stop paying its $80 million in total yearly dues to UNESCO, which amounts to over 20 percent of UNESCO's total budget. Why? Because the vote triggered decades-old U.S. legislation that requires that the U.S. stop paying any UN body that accepts Palestine as a member—even though official U.S. policy is to support a Palestinian state.   

That has to change.

You see, the Israeli government and its right-wing supporters in the United States don't even want a symbolic recognition of the Palestinian's right to self-determination or participation on the world stage. That's what the law is really about. The Israelis have already announced that they are expediting the construction of even more settlements and withholding life-sustaining tax monies that belong to the Palestinian Authority as punishment for the vote.

But to the rest of the world, this is more than a symbol.
The threat that this will start a cascade as other UN bodies vote to accept Palestine is real. In fact, the Obama Administration already called a meeting with top U.S. companies like Apple and Google who are none too happy with the idea of the U.S. weakening and ceding power in the World Intellectual Property Organization. And that's just the tip of the iceberg. 

Remarkably, 107 UNESCO member countries voted in favor of the resolution, despite knowing that the agency could lose over one fifth of the agency’s budget. What UN body will be next?  

Now, the U.S.’s policies on this issue are clearly isolating us further on the world stage. The U.S. is endangering its status at the UN and impoverishing critical global program needs simply because Palestinian admission to UNESCO angered Israel.  
  



Don't let this go unanswered,
Cecilie Surasky, Deputy Director
Jewish Voice for Peace



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E’ difficile da credere,   voglio dire che sapevo , noi tutti sapevamo che la politica degli  Stati Uniti  sulla questione israelo-  palestinese  è sempre stata nociva per il mondo e i suoi cittadini. Ma non è mai stata così scioccamente  ovvia . Non fino  ieri . Vedete, una  legge  vecchia di decenni   finalizzata a punire i palestinesi  potrebbe decretare  che gli Stati Uniti  non destineranno più  i loro fondi  a molti dei più importanti organismi internazionali , tra cui l’organizzazione mondiale della sanità  ,l’  organizzazione delle proprietà intellettuali  che  gestisce i diritti d’autore e i brevetti  l’Unicef e persino l’agenzia  internazionale per l’energia atomica  così come una serie di agenzie meno note  che versano nelle stesse situazioni critiche . La legislazione non consente neanche al presidente di modificare  il disegno di legge allo scopo  di  proteggere gli interessi nazionali . Se siete cittadini americani  vorrei che scriveste  ai vostri rappresentati  per abolire    il provvedimento che impedisce  di prendere una  decisione  relativa all’interesse nazionale e di lavorare verso  l’abrogazione della legge  . Se abitate fuori dagli Stati Uniti  fate notare al presidente come sia sciocca la decisione di ritirare fondi da organismi dell’ONU  che accettano  i palestinesi come membri. Questo è quanto è successo   lunedì scorso , 107 stati membri dell’UNESCO  (Organizzazione  Educative Scientifica e Culturale delle Nazioni Unite)  hanno votato per ammettere la  Palestina  come membro dell’organizzazione   L’UNSCO protegge i  siti naturali patrimonio   dell’umanità  conduce sforzi globali per portare  l’acqua pulita ai poveri, gestisce  un sistema di allarme tsunami nel Pacifico.   Gli Stati Uniti sono stati fra le 14 nazioni che si sono opposte all’ingresso della Palestina nell’UNESCO  . A poche ore dal voto, l’amministrazione Obama  ha annunciato di non voler pagare la propria quota di  80 milioni di dollari  al  budget  generale annuale destinato all’UNESCO ,quota che ammonta  ad oltre i 20% del bilancio totale . Perché? Perche il voto ha attivato la vecchia legge  decennale  che obbliga  gli  Stati Uniti a  bloccare i finanziamenti verso ogni organizzazione che accetti la Palestina come membro . Anche se la posizione ufficiale degli Stati Uniti è di supportare lo stato palestinese .Ciò deve cambiare . Vedete come  il governo israeliano e i suoi supporter di destra all’interno  degli Stati Uniti  ancora non vogliono  il riconoscimento simbolico dei diritti della Palestina all’autodeterminazione  e alla sua partecipazione  alla ribalta mondiale  questo è quello che la legge determina  realmente . Gi israeliani hanno già annunciato  di aver  accelerato la costruzione  di altri  insediamenti  e chiederanno di pagare al governo Palestinese una ritenuta fiscale come tassa  di punizione per la votazione dell’UNESCO  . Ma per il resto del mondo questo è più che un fatto simbolico  . La minaccia  che  inizierà  una rappresaglia economica   verso altre organizzazioni delle nazioni Unite che voteranno per ammettere al proprio interno  la Palestina è reale. Infatti l’amministrazione Obama ha già organizzato un incontro  con le più grandi compagnie statunitensi  come  la Apple e Google  che non apprezzano molto il fatto che gli Stati Uniti cedano potere  e si indeboliscano all’interno dell’organizzazione mondiale per la difesa della proprietà intellettuale  e questa è solo la punta dell’iceberg . Straordinariamente i 107 paesi membri dell’UNESCO   hanno votato a favore della risoluzione pur sapendo che l’organizzazione avrebbe potuto  perdere più di un quinto del suo bilancio . Quale organismo  ONU sarà il prossimo?  Le politiche americane su questo tema stanno chiaramente  ulteriormente isolando  gli Statu Uniti nella scena internazionale . Gli Statu Uniti stanno indebolendo il loro status   presso le Nazioni Unite  e impoverendo le necessità   del loro programma critico globale semplicemente perché ‘l’ammissione palestinese all’UNESCO  ha fatto arrabbiare gli israeliani . Per favore scrivete ora ai vostri rappresentanti americani  convinceteli a rinunciare a quella parte dalla legge che impedisce al presidente di prendere decisioni  finanziarie basate sull’interesse nazionale  e di lavorare per l’abrogazione della legge . Se vivete  fuori dagli Statu Uniti inviate un messaggio all’amministrazione di Obama  perché questa politica è nociva per il mondo intero  e che non lasci questa questione senza risposta .

Per rispondere  all'appello cliccare sulle frasi scritte in rosso del testo in inglese

Inceneritori Colleferro: occupazione, CIP6 e Cdr

Rete per la tutela della Valle del Sacco

Il re ormai è nudo: la pratica dell’incenerimento rivela tutta la sua perversa logica, lasciando sul nostro terreno non solo ceneri inquinate, ma anche vacanza di posti di lavoro e di sicurezza ambientale.
La settimana scorsa abbiamo evidenziato il rischio di licenziamento di addetti della Gaiagest, società controllata al 95% da GAIA spa che si occupa della gestione degli inceneritori di Colleferro, con conseguente ricaduta negativa in termini di sicurezza degli impianti. Il verbale della nuova riunione sindacale interna del 19 ottobre 2011 pone l’accento su altre criticità, segnalate da tempo dalla nostra associazione.
“[…] La direzione aziendale ha evidenziato come la EP Sistemi e Mobilservice, a causa di intervenuti fattori di criticità d’origine legislativa (cessazione di incentivi statali alla produzione di energia da fonti rinnovabili) e commerciale (prezzi di conferimento del Cdr non compatibili con i costi di produzione), hanno già riscontrato Risultati Operativi negativi e che le previsioni per l’intero anno in corso confermano tale condizione. Pertanto - ha sostenuto la direzione aziendale - dette società, nel tentativo di scongiurare la cessazione delle attività, debbono necessariamente ridurre i costi di gestione degli impianti, anche per quanto riguarda la gestione operativa affidata alla società Gaiagest […]”. La direzione ripropone in termini netti la necessità di licenziamenti con cassa integrazione in deroga, al fine di contenere i costi di gestione. Nel verbale si parla, al momento, di 25 addetti su un totale di circa 90. Come già argomentato in modo circostanziato qualche tempo fa, meno addetti significa necessariamente meno sicurezza. Le motivazioni economiche addotte, seppur note e denunciate da tempo dalle associazioni ambientaliste, non finiscono mai di stupire: senza sovvenzioni pubbliche (com’è noto, prelevate direttamente dalle tasche degli utenti attraverso il meccanismo del CIP6), gli inceneritori sono destinati al fallimento. Inoltre, l’assimilazione dei rifiuti a merci, come tali sottoposti alle regole del mercato, contrasta con i principi dettati dalle normative europee sui rifiuti, secondo cui essi, per evidenti ragioni ambientali, devono percorrere il minor numero di chilometri fino al conferimento. In realtà, i rifiuti finiscono dove costa meno smaltirli.
Cerchiamo di trarre qualche altra considerazione:
1. Il CIP6 non sarebbe mai dovuto esistere. Classificare gli inceneritori come produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili è un attentato alla logica. I cittadini pagano il 7% della loro bolletta per mantenere in vita impianti nocivi alla loro salute, al loro ambiente, all’economia nazionale.
2. Fino a ieri i prezzi di conferimento del Cdr non rappresentavano un problema: presso gli impianti di Colleferro era possibile conferire in maniera pressoché indiscriminata, con conseguente continuità di produzione, pagando per Cdr anche ciò che non era conforme e che altrove sarebbe costato di più. Oggi i controlli dovrebbero essere più ferrei. Inoltre uno dei maggiori fornitori, l’AMA (tra l’altro, proprietario per il 40% di una delle due linee di incenerimento), non garantisce le quantità di Cdr stabilite. Scoppia dunque l’emergenza produttiva e si utilizza quasi esclusivamente Cdr proveniente extraregionale. La situazione economica determinata dall’abolizione del CIP6 e dall’aumento del costo di conferimento del Cdr, ora a norma di legge, produce in ultima analisi un evidente ricatto occupazionale. Ricatto che in linea di principio potrebbe essere rivolto anche agli enti autorizzativi dell’impianto di Trattamento Meccanico Biologico da installare a monte della discarica di Colle Fagiolara, che dovrebbe produrre cospicue quantità di Cdr (circa il 25% delle 125.000 tonnellate di rifiuti annui in ingresso), soluzione in fondo di comodo per lo smaltimento dei rifiuti via incenerimento, in netto contrasto con le direttive europee. I posti di lavoro sono preziosi, specie in periodi di difficoltà economica. Ma non si barattano con la  salute o con danni ambientali. Ma è proprio impossibile conciliare piena occupazione e salvaguardia ambientale?
In realtà, l’occupazione sarebbe salvaguardata in modo strutturale, anche se apparentemente meno diretto, abbandonando l’incenerimento e praticando un ciclo virtuoso del trattamento dei rifiuti, incentrato sulla raccolta domiciliare porta a porta con destinazione al riciclo e riuso e la gestione della frazione umida in impianti di compostaggio. Questo dovrebbe essere l’obiettivo, realistico e   possibile, della Regione e di Lazio Ambiente SpA, la società che potrebbe acquisire Gaia e le sue  strutture. Purtroppo però questo profilo di soluzione alla controversia occupazionale non sembra interessare le parti in causa.

Colleferro, 04.11.2011

giovedì 3 novembre 2011

Roma Città Aperta

Caludio Ortale


ROMA CITTA' APERTA? "Ammazzate i Comunisti" e arrestate gli studenti che scendono in piazza. Solidarietà a Paolo Marchionne e al movimento studentesco. Nessuna schedatura per gli studenti e le studentesse che difendono gli spazi di questa ormai sbiadita democrazia.

Roma, 3 novembre 2011. La nostra città si allontana sempre di più da quella definizione di ROMA CITTA' APERTA che per tanti decenni avevamo costruito e poi difeso. Soltanto ieri notte alcuni giovani del PD, insieme al capogruppo democratico del IV Municipio, si son visti assalire da neofascisti armati di "mazze di legno e barre d'acciao", mentre stavano affiggendo dei semplici manifesti contro la mafia. Gli squadristi, insediatisi ormai da mesi in quel municipio con tanto di "benedizione" da parte di chi governa tristemente la nostra città, hanno pensato bene di cercare il morto. E quindi il grido: "ammazzate i comunisti" può andare benissimo per fare da preambolo all'assalto vigliacco che ha mandato i giovani e il capogruppo del PD al Policlinico Umberto I e al Sandro Pertini con numerose lesioni e tagli anche alla testa. Questo è stato l'antipasto della giornata di oggi che ha visto la manifestazione degli studenti medi e universitari bloccata per ore ed ore dalle forze dell'ordine alla stazione Tiburtina e il fermo di molti di essi. Gli studenti manifestano giustamente contro il divieto di Alemanno che a colpi di ordinanze sta via via imponendo una "zona rossa", di fatto, nel centro della città. Per questi signori probabilmente la soluzione migliore è soltanto quella del reprimere, con l'arresto un bel numero di studenti che scendono in piazza e, per fare cifra tonda, schedare tutti quelli che stamattina non hanno risposto all'appello in classe nelle scuole superiori. Questa sarebbe la loro democrazia? Questo è il loro modo per farci intendere come vorranno imporre le loro ulteriori scelte di macelleria sociale? Nell'esprimere a nome dei compagni e delle compagne di Rifondazione Comunista FdS la nostra solidarietà al compagno Paolo Marchionne, agli altri ragazzi del PD e agli studenti che hanno giustamente manifestato contro la "zona rossa" di Alemanno, affermiamo che nessuna schedatura deve essere fatta agli studenti che difendono con la loro mobilitazione gli spazi di questa ormai sbiadita democrazia italiana. Con gli studenti e le studentesse la lotta continua!

Dentro i cittadini, fuori i poteri forti

Alex Wilks - Avaaz.org 

Cari Amici 



E' uno scandalo: il G20, il vertice governativo più importante al mondo, si riunirà oggi per discutere della crisi economica mondiale. E sapete chi lo sponsorizzerà? Le banche e le multinazionali!

Non c'è da sorprendersi alla notizia che Cannes, la città che ospiterà il vertice, è chiusa come un fortino e i normali cittadini non possono accedervi, mentre gli amministratori delegati di banche e multinazionali avranno libero accesso per dire ai governi quel che devono fare.

Le multinazionali e le banche hanno preso in ostaggio i nostri governi, ottenendo diversi fondi di salvataggio nonostante abbiano contribuito alla creazione della crisi. Ora hanno conquistato le chiavi d'accesso all'incontro che potrebbe decidere il futuro finanziario del pianeta. Insieme possiamo convincere il padrone di casa Nicolas Sarkozy a cancellare la sponsorizzazione: costruiamo un appello pubblico enorme in grado di sollevare un polverone mediatico che costringa Sarkozy a buttare fuori le multinazionali sponsor e a ripulire il G20. Firma la petizione e inoltrala a tutti:


La linea di confine fra le multinazionali e i governi si è sbiadita sempre di più, mettendo in pericolo le nostre democrazie e la nostra economia. I politici ricevono finanziamenti per le loro campagne elettorali dalle aziende, una volta eletti implementano politiche che tutelano i loro interessi e poi ricevono sempre dalle aziende incarichi strapagati una volta terminato il mandatoC'è una sola parola per descrivere tutto questo: corruzione.

Ora Société Générale, una banca francese salvata dal fallimento grazie ai soldi dei contribuenti e che cela numerosi interessi nei confronti della politica fiscale europea, è uno sponsor ufficiale del vertice. Beninformati hanno riferito ad Avaaz che questa banca e altre 20 multinazionali hanno pagato grandi somme di denaro per sponsorizzare l'incontro e sedere così al tavolo con i nostri governi.

L'unico modo per ottenere politiche che proteggano il lavoro, che attacchino gli speculatori e che garantiscano un futuro più equo a tutti noi è allontanare le lobby e gli interessi delle grandi aziende dai nostri leader. Diciamo a Nicolas Sarkozy e agli altri leader che il loro futuro dipende dalla loro bravura nello scaricare gli sponsor ora e dal liberare i nostri governi dalla morsa delle grandi aziende. Firma la petizione e inoltrala a tutti:


La crisi economica mondiale è risultata in gran parte dall'attività di banche spericolate prive di un quadro regolatore imposto dai governi, visto il controllo che le banche esercitano sui nostri leader. Questa presa in ostaggio dei governi da parte dei poteri forti è uno dei pericoli più grandi che fronteggiamo oggi, sia alla democrazia che a un'economia efficiente ed equa. In tutto il mondo i cittadini sono scesi in piazza per riprendersi la democrazia. Cominciamo dal G20 nel giro delle prossime ore. 

Con speranza e determinazione, 

Alex, Maria Paz, Emma, Ricken, Morgan, Wissam e il resto del team di Avaaz 

mercoledì 2 novembre 2011

I mercati non amano la democrazia

 Confederazione Nazionale USB

I mercati, ormai si sa, sono soggetti sensibili, hanno la febbre, sono depressi, a volte euforici, non gradiscono o sono nervosi, ma di certo non amano la democrazia.
E’ bastato che un Paese sovrano, la Grecia, decidesse di sottoporre a referendum la scelta di accettare o respingere le politiche di lacrime e sangue imposte dal direttorio franco-tedesco dell’Unione Europea, per scatenare la speculazione, far crollare pressoché tutte le borse europee, far tremare la stabilità della zona euro, far gridare all’attentato alle sorti magnifiche e progressive del mercato.
Subito si sono riuniti i consigli dei ministri, il G20 di Nizza, i presidenti delle repubbliche si sono messi al telefono a dettare linee bipartisan di immediato intervento per adottare le necessarie contromisure, le opposizioni, petto in fuori, si sono dette pronte ad assumersi le loro responsabilità, ovunque si magnificano le potenziali enormi possibilità di uscire dalla crisi che avrebbero governi tecnici, di salvezza nazionale, di unità delle forze sane delle nazioni…se solo i governi in carica si decidessero a togliersi di torno.
Non ce n’è uno, dicasi uno, in giro per i talk show, per le radio, per i dibattiti più o meno scomposti cui ci costringono ad assistere ormai da tempo immemore, che provi a scansarsi da questa impostazione secondo cui ai mercati tutto è dovuto, anche le nostre esistenze e il nostro futuro.
Non ce n’è uno che dica che la scelta di chiamare i cittadini Greci ad esprimersi sulle politiche di lacrime e sangue imposte dall’Europa è una scelta sacrosanta, forse tardiva, ma sacrosanta.
E nessuno dice che se non ci fossero stati scioperi generali ripetuti ed imponenti, se non ci fosse stata una vera e propria sollevazione di popolo, quel referendum, molto probabilmente, non ci sarebbe. Che non è una scelta illuminata di Papandreou e del suo governo, ma il portato di una mobilitazione senza precedenti.
Ora siamo tutti con il fiato sospeso, ad attendere di conoscere quali altre pesantissime misure saranno prese dal nostro governo pro tempore. Per sapere se ci colpiranno direttamente, se questa volta ne usciremo ancora vivi o con le ossa definitivamente rotte. Non sappiamo ancora cosa succederà esattamente ma possiamo immaginarlo. Sappiamo però, e oggi la Grecia ce lo dimostra, che la mobilitazione di massa, decisa, energica e radicale, può contribuire a scrivere un’altra conclusione della storia.
Il 2 dicembre portiamo in piazza e nel nostro sciopero questa consapevolezza.

La strillona stravagante

Paola Staccioli


Fino a non molti decenni fa, in epoca pretelevisiva, era la voce degli strilloni a far arrivare all’orecchio dei romani gli eventi storici come quelli più minuti. I giornalai ambulanti, spesso circondati da capannelli di curiosi, comunicavano lo scoppio di una guerra come un uxoricidio, la morte di un papa o una vittoria della Roma. A piazza Fiume, alla Galleria Colonna, a Piazza Venezia, ai capolinea dei tram e negli altri luoghi affollati della città si sentiva gridare: È uscita la Tribuna… chi magna e chi digiuna, una frase che ricalcava lo spirito sarcastico e bonaccione del «romano de Roma».
Angelina Biancatelli, chiamata da tutti la sora Nina, era la strillona più conosciuta. Una popolana bassina e paffutella che infarciva di doppi sensi i suoi commenti piccanti e maliziosi interpretando, con ironica e a tratti amara semplicità, la politica, la cronaca, l’economia, il costume. Un Pasquino in carne e ossa, insomma. Che invece di urlare come tutti gli altri borbottava, fra i vicoli e le piazzette dei rioni storici della vecchia Roma, con la sua voce roca, brontolante, e con il tono monotono e privo di enfasi di chi recita un rosario. Solo a tarda sera si concedeva, sempre carica di quotidiani, qualche incursione lavorativa nella mondanità di via Veneto.
Pian piano però la sora Nina si inoltrò per una strada un po’ particolare. E chi si precipitava a comprare il giornale per leggere di formiche giganti a Ostia Lido, fughe di rinoceronti dal Giardino zoologico, retate di briganti a Piazza del Popolo, e persino di incontri amorosi del papa, rimaneva poi deluso. Negli articoli non c’era traccia di tutto ciò. I fatti sempre più sorprendenti che Angelina annunciava accadevano solo nella sua fantasia.
Così, alla strillona considerata dai benpensanti troppo stravagante e trasgressiva fu tolta la licenza. Con un po’ di immaginazione, probabilmente, qualcuno affermò che a decidere fu il Ministro dell’Interno in persona, il democristiano Mario Scelba. La stessa Angelina ci ironizzava su: «Scelba me lo ha proibito perché le dicevo troppo grosse... So’ disgraziata perché so’ invidiata. Sto senza denti, sto senza stommico, ma cio’ la forza de spirito; so’ sverta e vendo le corna».
Proprio così. Non potendo più dispensare notizie, tornò in strada a spacciare fortuna, proponendo un bizzarro armamentario antiscalogna composto da corni, ferri di cavallo, quadrifogli e tredici in quantità.

Delibere ipocrite

Luciano Granieri


Se fosse necessaria  un’ulteriore testimonianza del fatto che il Comune di Frosinone è sotto lo scacco dei poteri  forti i identificati nelle grandi imprese operanti nel territorio, questa è fornita  delle  vicende relative  alle  terme romane . Il 14 settembre 2011 il consiglio comunale  approvò una  DELIBERA per cui l’area limitrofa alla villa comunale -  scriteriatamente concessa dal comune alla Nuova Immobiliare Srl, società partecipata al 50% dal gruppo Zeppieri,  sotto la quale   diverse documentazioni redatte dalla sovraintendenza ai beni archeologici  avevano segnalato la presenza di reperti di epoca romana - era interdetta ogni attività di scavo  finalizzate alla costruzione  di unità abitative, fino a  che  non si  fosse accertata  l’effettiva presenza dei  reperti . La delibera fu presentata  dalla consulta delle associazioni , forte dell’avvallo di 970 cittadini che con  la loro firma avevano confermato la volontà di difendere il patrimonio archeologico  bene  comune della città,   e dal consigliere comunale Francesco Smania  della Lista la Sinistra , che , obtorto collo, su forti pressioni del circolo cittadino di Rifondazione “Carlo Giulliani”  cui risulta tutt’ora inscritto, aveva forzato con questo atto  il suo devoto sentimento di fedeltà al sindaco Marini .  L’approvazione della delibera, un fatto di eccezionale valenza democratica,  vide l’immediata presa di distanza del sindaco pubblicata dal giornale di proprietà della famiglia detentrice del 50% delle azioni  della immobiliare Srl  e un attacco diffamatorio,  della stessa famiglia a mezzo del   SOLITO GIORNALE , nei confronti  dei cittadini che in nome della tutela del bene comune archeologico avevano osato  opporsi ai desiderata del padrone  . A seguito di quella delibera, gli scavi della Nuova  Immobiliare  si sarebbero dovuti fermare . Ciò non è avvenuto perché si sostiene che i lavori  siano finalizzati alla verifica della presenza di reperti archeologici .  La concessione ad operare sul terreno, assegnata  in base  all’art.5 del  decreto 40/2010 che disciplina l’attività edilizia libera,  non prevede scavi per  accertamenti archeologici ,ma solamente per ricerche geosismiche dunque del tutto estranee alle finalità stabilite dalla delibera  approvata l 14 settembre . Nonostante la consulta delle associazione, attraverso il suo presidente Francesco Notarcola, abbia sollevato il problema  chiedendo un incontro esplicativo al sindaco , dall’amministrazione non è arrivato alcun chiarimento e gli scavi continuano. In mancanza di risposte   la consulta ha interessato il Prefetto affinchè attivi tutte le autorità competenti per garantire il rispetto delle leggi vigenti  e della volontà espressa dalla cittadinanza. Questa è l’ennesima dimostrazione di come la volontà dei cittadini  non conti nulla di fronte agli interessi della finanza, delle imprese  e degli interessi politici predominanti. Il comune ancora una volta si fa beffe delle delibere approvate quando  queste vanno contro certe categorie intoccabili. La non ottemperanza della delibera del 14 settembre fa il paio con la stesso vulnus compiuto ai danni dell’altra DECISIONE  approvata dalla maggioranza,  relativa alla definizione di Frosinone comune antifascista. In base a questo documento il comune  si sarebbe dovuto impegnare a vietare ogni manifestazione pubblica di gruppi che si rifacessero ai disvalori anticostituzionali fascisti.  Ebbene il 7 ottobre i fasci stelli del terzo millennio hanno sfilato per le vie cittadine con tanto di autorizzazioni concesse dalle autorità comunali in barba alla delibera approvata nel marzo scorso.  Le  vicende molto più gravi della non applicazione del volere popolare espresso dai referendum sull’acqua pubblica e questi altri due esempi di inadempienza democratica perpetrati dal comune di Frosinone, dimostrano che tutte le istituzioni (locali e nazionali) sono lontani anni luce dall’obbligo istituzionale di assicurare il benessere dei propri amministrati quando questo è contrario agli interessi delle lobbies finanziarie e imprenditoriali . Forse è giunto il momento che le cose cambino e i cittadini riprendano il mano il proprio destini a cominciare dalle decisioni relativi alla propria città.

martedì 1 novembre 2011

La Grecia annuncia referendum contro le misure dell'Unione Europea

Stefano Porcari   fonte http://www.contropiano.org



L’importante e inatteso annuncio del premier greco semina il panico nelle borse e nelle quotazioni dell’euro. Rabbiose reazioni di Germania e Francia. La maggioranza della popolazione greca voterebbe "No" al massacro sociale imposto dall’Unione Europea.
Il nuovo piano di finanziamenti dell’Unione Europea per la Grecia sarà sottoposto a referendum. Lo ha annunciato il premier George Papandreou di fronte al Parlamento greco. Papandreou ha dichiarato che si tratta della “più alta forma di democrazia”, di un “grande momento di patriottismo” e che “sta ai cittadini decidere”. I leader dell’Eurozona hanno accordato ad Atene un secondo prestito da 130 miliardi di euro. Ma circa il 60% dei greci considerano negativo l’accordo raggiunto la settimana scorsa con i creditori europei. Il ministro delle finanze ellenico, Evangelos Venizelos, ha detto che la consultazione popolare ci potrebbe essere all'inizio del 2012 e, secondo i sondaggi, i greci voterebbero “NO” nel referendum.
Rabbiose le reazioni di tutto l’establishment europeo. «Sembra una mossa per fare retromarcia sull'accordo raggiunto», ha detto il capogruppo parlamentare dei Liberali democratici tedeschi, Rainer Bruederle, in toni piuttosto irritati, secondo quanto scrive Reuters. «Il gesto della Grecia è irrazionale e, dal loro punto di vista, pericoloso». Sarebbe questa l'opinione del presidente francese, Nicolas Sarkozy, in merito all'annuncio di Atene di indire un referendum per la ratifica del piano di Austerity, secondo quanto riporta il quotidiano Le Monde, citando fonti vicine al presidente.
Immediate le ripercussioni dell’annuncio anche sulle quotazioni dell’euro che è in ribasso contro dollaro e yen, sulla base dell’annuncio del primo ministro greco di indire un referendum sull'accordo raggiunto per il piano di salvataggio del paese, che ha aggiunto nuova incertezza alla crisi del debito. L'euro è sceso ai minimi di seduta di 1,3674 dollari e a 106.80 su yen. Si segnala un pesante ribasso per la borsa greca sui timori che la decisione del governo greco di indire un referendum sull'ultimo accordo finanziamento della Ue possa innescare un periodo di incertezza."Le banche scendono perché gli investitori hanno paura che avremo un lungo periodo di incertezza politica e instabilità economica", commenta all’agenzia Reuters Takis Zamanis di Beta Securities. "Il mercato adesso aspetterà per mesi il risultato del referendum e quello che potrà seguire". Secondo un analista della società finanziaria Ing altro scenario percorribile in caso di una vittoria di coloro che si oppongono al pacchetto, potrebbe essere altrettanto dolorosa, ovvero un’uscita dal’Eurozona.
Un importante limite è stato dunque toccato. Sembrava che il governo Papandreou potesse andare avanti all'infinito nell raccogliere e obbedire alla imposizioni della troika (Ue, Bce, Fmi). Ma niente può durare per sempre. Non si può chedere a un popolo di suicidarsi per non disturbare l'ordinato scorrere dell'economia, né a un governo di prestarsi a fare da killer a tempo indeterminato.

Anagrafe degli eletti

Giuseppina Bonaviri  Segretaria Idv città di Frosinone 

Chiedere la trasparenza sulle attività pubbliche, amministrative e patrimoniali di chi assume responsabilità politiche ci pare cosa ragionevole. In uno Stato democratico non è permesso lasciare all’arbitrio di pochi individui -siano essi stati individuati con logiche elettive o, disgraziatamente, nominali “di favoritismo, scambio, benevolenza”-  il funzionamento delle proprie istituzioni e le scelte di governo che riguardano il futuro di una intera nazione. Le nostre amministrazioni comunali e regionali sono affollate di consorzi, agenzie, comitati, consulenti . Tale proliferazione oltre che un costo per il bilancio e l’efficienza del servizio pubblico diviene l’occasione di rafforzamento della rete di clientele tra politica, funzionari, imprenditori, mondo del lavoro: nomine e posti fittizi che nulla hanno a che vedere con la meritocrazia ed il talento e con i tanti sacrifici che le famiglie   affrontano per dare ragionevoli opportunità di inserimento ai propri figli. La messa in atto, tanto per iniziare, della proposta di legge di una Anagrafe degli eletti e degli amministratori consentirebbe ai cittadini di conoscere ufficialmente come vengono spesi i loro soldi proprio dai rappresentanti parlamentari, regionali e dai loro sindaci. L'istituzione dell'Anagrafe fornirebbe uno strumento per radiografare lo stato reddituale e patrimoniale, l’operato complessivo di coloro che esercitano nelle amministrazioni comunali ed oltre come anche nei vari Cda di partecipate e collegate. La conoscenza, affare serio, rende tutti più consapevoli per le scelte sul futuro. Gli elettori potrebbero valutare consapevolmente e, di conseguenza, decidere come comportansi nelle urne ai vari livelli consultivi. Pubblicando i dati riguardanti le presenze, lo svolgimento dei lavori, i risultati, gli stipendi, gli emolumenti, le consulenze, i pagamenti, le spese di staff, i voti espressi sui provvedimenti adottati da tutti gli amministratori e componenti di giunta, dagli  eletti, dalle persone che ricoprono un ruolo politico pubblico, i bilanci, le proprietà immobiliari e le loro destinazioni d’uso, condizioni di incompatibilità, bandi di concorso e avvisi degli appalti pubblici si verrebbe a ridare dignità alla vita pubblica ed istituzionale ovviamente mantenendo il confine non intrusivo sui comportamenti che individuali, affettivi e privati rimangono. L’Anagrafe è passo dovuto di trasparenza e di civiltà delle istituzioni verso la società. Perché, dunque, non istituire anche un registro pubblico dei candidati che solo su regole trasparenti e codice etico predeterminato democraticamente potranno proporsi in lista per concorrere? Un segnale di cambiamento di pensiero e di stili a costo zero, un investimento sul merito e sul capitale umano- no sulle tutele burocratiche e di casta- diverrà di per se rigenerante e vincente.
Si può fare sul serio a costo zero 

Dal Comitato Cenetrale del PdCI

Oreste Della Posta Comitato centrale PdCI


Sono Oreste Della Posta ed Orlando Cervoni i rappresentanti della Ciociaria nel Comitato Centrale del PdCI.

I due sono stati eletti dal Congresso Nazionale del partito che si è tenuto nei giorni scorsi a Rimini e che ha visto la partecipazione di moliti esponenti del mondo istituzionale.

Molto apprezzato ed applaudito l’intervento del sostituto procuratore di Palermo, Antonio Ingroia che ha affermato a gran voce la necessità di difendere la Costituzione, vero faro e legge fondamentale dello stato. Tra i numerosi congressisti che alla fine del suo intervento si sono avvicinati a lui per congratularsi, uno ha detto che quelle parole erano di un eroe. Il magistrato ha risposto dicendo non essere un eroe ma di fare solo il suo mestiere,. Difendere lo Stato e le sue Istituzioni.

Il rieletto segretario nazionale, Oliviero Diliberto nel suo intervento conclusivo ha rimarcato con forza la necessità di riunire la sinistra per poter mettere in campo politiche veramente di sinistra, difender la Costituzione, il diritto al lavoro, all’istruzione fortemente messi in discussione da questo Governo che non governa e sta portando il Paese al collasso.

“Ora più che mai – ha detto Oreste Della Posta – è necessario raccogliere l’invito del segretario Diliberto. È indispensabile anche nella nostra provincia costruire una sinistra forte in grado di condizionare la ,politica del Pd all’interno di una grande alleanza di centrosinistra.  La Federazione di Frosinone è da tempo impegnata per questo e lo continuerà in questa direzione ancora con più forza e vigore.

Il congresso nazionale ha eletto anche Antonio Cuffaro Presindente del PdCI.

 01/11/2011, Frosinone

lunedì 31 ottobre 2011

Compagno, perchè questa volta non voti la Fds

Laura Jurevic con la complicità di Luc Girello


macciao compagno, perchè questa volta non voti la fds? Sai dobbiamo battere le destre
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- abolite la legge trenta? il precariato?
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- beh no
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- ottengo l'acqua pubblica? mi so' fatto un culo così per il referendum, c'eravate pure voi,  ma la destra...
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- beh no, il pd non è per la statalizzazione, e poi siamo con sel, quelli hanno bruciato il referendum esattamente il giorno dopo..
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- abolite la tav allora!!!
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- beh no, sai il pd non vuole, poi c'è pure il terzo polo... e sel...
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- allora una bella legge per la classe operaia, non dico le fabbriche agli operai per ora, ma almeno niente accordo del 28 giugno e varie? ripristino di tutti i diritti dello statuto dei lavoratori, ccnl ecc? Aumento dei salari magari pure la scala mobile???
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- beh no, la prima botta al CCNL gliela demmo proprio con il governo prodi, c'abbiamo Ichino, Renzi, Bersani... chiedi troppo
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- e sulle pensioni? eh?
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- no Bersani ha detto che si può alzare l'età effettiva tra i 62 e i 70....
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- mh... almeno togliete i soldi alla scuola privata e li date tutti alla scuola pubblica come impone la costituzione?
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- ... O.O... ... no... il pd non ce lo fa fare...
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- eh, però... ma almeno mandate a quel paese la BCE? eh? eh?
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- no  
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- e la crisi la pagano le banche?
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- ...no... =.='
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.- scusa compagna, ma io perchè devo votare la fds???
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- MA PER BATTERE LE DESTRE!!!
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- quale, quella che c'è o quella che volete metter su?
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    D:
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BUIO
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sipario.












 ve lo ricordate?