sabato 7 luglio 2012

Sentenza della Corte di Cassazione per i fatti della scuola Diaz: importante ma incompleta e tardiva

Amnesty International



Quella emessa oggi dalla Corte di Cassazione su quanto accaduto alla scuola Diaz di Genova nel luglio 2001 è, per Amnesty International, una sentenza importante, che finalmente e definitivamente, anche se molto tardi, riconosce che agenti e funzionari dello stato si resero colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani di persone che avrebbero dovuto proteggere. 


Tuttavia, Amnesty International ricorda che i fallimenti e le omissioni dello stato nel rendere pienamente giustizia alle vittime delle violenze del G8 di Genova sono di tale entità che queste condanne lasciano comunque l'amaro in bocca: arrivano tardi, con pene che non riflettono la gravità dei crimini accertati - e che in buona parte non verranno eseguite a causa della prescrizione - e a seguito di attività investigative difficili ed ostacolate da agenti e dirigenti di polizia che avrebbero dovuto sentire il dovere di contribuire all'accertamento di fatti tanto gravi. Soprattutto, queste condanne coinvolgono un numero molto piccolo di coloro che parteciparono alle violenze ed alle attività criminali volte a nascondere i reati compiuti.



Per Amnesty International, la conclusione di questo difficile processo non può rappresentare la fine del tentativo di dare piena giustizia alle vittime del G8 di Genova. Terminata la fase degli accertamenti delle responsabilità individuali, resta infatti tutta da fare un'analisi che porti a conclusioni condivise su cosa non funzionò a Genova nel 2001 a livello di sistema e su come fare in modo che ciò non si ripeta più.



Amnesty International continuerà a chiedere alle istituzioni italiane di:


· condannare pubblicamente le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia 11 anni fa e fornire scuse alle vittime;



· impegnarsi ad assicurare che violazioni quali quelle accadute a Genova nel 2001 non si verifichino di nuovo attraverso l'attuazione di misure concrete per garantire l'accertamento delle responsabilità per tutte le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia;



· introdurre nel codice penale il reato di tortura e adottare una definizione di tortura che includa tutte le caratteristiche descritte nell'articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura;



· creare un'Istituzione nazionale sui diritti umani in linea coi "Principi riguardanti lo statuto delle istituzioni nazionali" (Principi di Parigi);



· ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura e istituire un meccanismo indipendente nazionale per prevenire torture e maltrattamenti;



· condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, incluse quelle in materia di addestramento e dispiegamento delle forze di polizia impiegate nelle manifestazioni, di uso della forza e delle armi da fuoco e che tenga conto della necessità di introdurre elementi di identificazione individuale degli appartenenti alle forze di polizia nelle operazioni di ordine pubblico.



FINE DEL COMUNICATO 
Roma, 5 luglio 2012


giovedì 5 luglio 2012

Il canzoniere illustrato ll nuovo lavoro di Daniele Sepe

Daniele Sepe


Canzoniere Illustrato" è il titolo del nuovo album di Daniele Sepe.

In realtà è molto di più di un semplice album... "Canzoniere Illustrato" è un bel volume di ben 106 pagine contenente12 fumetti per 12 canzoni. Fumetti realizzati da geniali maestri del colore (Mauro Biani, Squaz, Kanjano, Akab, Kranti, Rosaria Cefalo, Shaone, Fulvio Cozza, Giuseppe Guida, Antonino Iuorio, Marcella Brancaforte, Tony Afeltra, Enzo Troiano, Giuseppe Guida, Luigi De Michele) ed arricchito da una splendida copertina del grande Altan.

La musica prevede un menù internazionale di canzoni provenienti da tutto il mondo e dal folklore italiano e con la partecipazione delle voci di Floriana Cangiano, Paolo Romano Shaone, Ginevra DI Marco, Flori N Barbu, Mazouk Mejri, Josè Seves, Robero Argentino Lagoa e Brunella Selo, oltre ad una nutritissima schiera di fantastici musicisti.
Libro + Cd audio a 25 euro


Distribuito da Lucky Planet - Edel

Le  clip editate con i fumetti e le musiche sono veramente belle è nostra intenzione proporle tutte, divise in tre post da quattro ciascuno. Ecco le prime
Buona visione.



Floriana Cangiano voce
Tommy De Paola pianoforte e Hammond
Aldo Vigorito contrabbasso
Daniele Chiantese batteria
Daniele Sepe sax tenore







Francesco Citera Fisarmonica
Illustrazioni di Akab








Floriana Cangiano voce
Daniele Sepe sax tenore
Rosaria Cefalo illustrazioni




Votare contro questo govenro

Oreste Della Posta


Ormai la Ciociaria è in una grave crisi sociale ed economica dalle proporzioni spaventose, a tal fine basta ricordare che molte famiglie non sono riuscite a pagare l’IMU, nonostante i commercialisti abbiano compilato il famigerato F24.
A questo va aggiunto che anche nelle piccole imprese, l’IMU tassa in modo vergognoso i capannoni indu-striali e le stalle agricole, si sono visti F24 di migliaia di euro che non riescono a pagare. Questa situazione dimostra che abbiamo un governo che sta distruggendo l’economia del paese e massacrando i ceti più poveri. A questo pun-to bisogna fare alcune riflessioni;
1) Abolire l’IMU sulla prima casa anche perché la prima casa è una necessità e gli italiani se la sono fatta con grandissimi sacrifici;
2) Un reddito agricolo praticamente inesistente, come fa a pagare l’IMU sulle stalle se il reddito non c’è più. Invece toccherebbe rilanciare l'agricoltura, invece con questa tassa l’agricoltura è praticamente annientata;
3) Un piccolo imprenditore, ad esempio con 7 operai che non riuscirà a pagare migliaia di euro di IMU, sarà costretto a diminuire la manodopera e lo stato incasserà meno IRPEF, contributi INPS e contributi INAIL alla fine lo Stato ci avrà comunque rimesso. Ormai questo governo con questa politica ci ha portato nell’abisso con una recessione che aumenta sempre di più e con decine di imprese che chiudono ogni giorno. Un’altra strada è possibile per esempio imponendo una patrimoniale finanziaria oltre i 100.000 euro, riducendo tutte le spese improprie della politica per esempio tagliando il 50% degli stipendi dei politici tassando i capitali scudati dal 5% al 20% come l'hanno fatto gli inglesi. Non capiamo perché il governo non fa questa politica che porterebbe soldi nelle casse dello stato e sviluppo. Ma Monti è l’erede di Quintino Sella della tassa del macinato, prima va a casa e meglio è per tutti la logica di questo governo è: “bisogna pigliare i soldi ai poveri, hanno poco ma sono tanti” di Petrolini.

L’associazione 20 ottobre fa appello ai cittadini della provincia di Frosinone di organizzarsi per le prossime politiche e votare partiti alternativi chi sostiene questo governo.
Oreste Della Posta
Per la A.P.C. 20 ottobre

La crisi dell'Europa capitalistica

Alberto Madoglio




ll 28 e 29 giugno scorsi si è svolta la riunione dell’Eurogruppo che negli auspici degli organizzatori avrebbe dovuto placare una volta per tutte le turbolenze  economico finanziarie che da due anni stanno devastando l’Europa. L’accordo trovato ha in un primo tempo creato un clima di entusiasmo tra la maggior parte dei commentatori economici, e nelle borse mondiali. Ma già questo week end sono apparsi i primi dubbi. Tra gli altri, il direttore del Sole 24ore nel suo editoriale di sabato 30 giugno ha raffreddato gli entusiasmi. Ha dovuto ammettere che, se pur non si è arrivati alla rottura che molti temevano (e che molto probabilmente avrebbe segnato al fine dell’euro), l’accordo trovato al momento non è altro che una scatola vuota. All’inizio della nuova settimana, altre notizie sembrano avanzare ulteriori ombre sui risultati del vertice: Finlandia e Olanda (tra i più conseguenti difensori del rigore di bilancio in salsa tedesca) hanno criticato i risultati del vertice, annunciando nei fatti il loro boicottaggio, mentre in Germania alcuni deputati della maggioranza che sostiene la Merkel hanno depositato un ricorso alla Corte Costituzionale di Karlsruhe per chiedere ai giudici di dichiarare l’illegittimità del Fiscal Compact approvato dal Parlamento di Berlino nelle stesse ore in cui si chiudeva il vertice a Bruxelles. La soluzione per i capitalisti appare sempre più lontana.
Il malato è grave ma i medici si accapigliano sulle terapie. 
Le ricette per tentare di uscire dalla crisi che da un biennio paralizza il Vecchio Continente sono varie. Chi sostiene che bisogna fare come la Germania, cioè prima risanare i bilanci pubblici e riformare il sistema produttivo, chi al contrario pensa che eccessive politiche di rigore fiscale non possano far altro che peggiorare la situazione, e che quindi bisogna seguire l’esempio di quei Paesi, come Usa, Giappone e Gran Bretagna che in questi anni hanno usato tutti i mezzi, fiscali e monetari, per rilanciare le loro economie.
In realtà nessuna di queste due ricette (quella monetarista classica e quella neokeynesiana) hanno sortito, dove applicate, gli effetti sperati.
Il rinascimento renano: realtà o speranza?
I partigiani del modello tedesco dicono che le riforme attuate dal governo di Berlino all’inizio degli anni 2000 hanno fatto sì che il Paese diventasse una sorta di paradiso terrestre, in cui la crisi del 2008/2009 ha sì colpito duramente l’economia, ma il sistema nel suo complesso è riuscito a ripartire molto velocemente, tanto che ad oggi rappresenta un esempio di oculatezza nel gestire i bilanci pubblici che ogni altra nazione nel Vecchio Continente, ma non solo, dovrebbe seguire.
Tuttavia, come dice un vecchio adagio popolare, ogni rosa ha le sue spine. Partiamo dal sistema industriale. Il sistema produttivo tedesco ha recuperato abbastanza velocemente i livelli precedenti l’apice della crisi (2008/09). Nonostante ciò notiamo che, nel suo insieme, dal 1991 al 2011 il sistema Germania ha avuto un calo medio della competitività (tenuto conto delle variazioni del tasso di cambio del marco prima e dell’euro poi, e della produttività del lavoro) dello 0,2% annuo. Di più, a livello dell’Europa a 27, la quota della produzione industriale renana nel 2011 era agli stessi livelli del 2001 (1), con ciò smentendo chi ad oggi sostiene che la Bundesrepublik sia la sola vincitrice della contesa economica in atto a livello continentale. Se a ciò aggiungiamo che il peso dell’industria è circa un terzo del Pil del Paese (fonte Cia World Factbook), mentre circa due terzi risultano prodotti dai servizi, che includono il sistema bancario, vero tallone d’Achille del Paese, possiamo affermare che nemmeno sulle rive della Sprea l’aria è tranquilla.
Gli Usa: se lanciare dollari dall’elicottero non serve.
La musica non cambia se si supera l’Atlantico: nonostante la Fed abbia letteralmente invaso il Paese con una quantità enorme di denaro, la situazione non è migliorata di molto rispetto allo scoppio della crisi. Ancora nel maggio di quest’anno il livello di utilizzo degli impianti industriali era pari al 79%, a dimostrazione di un eccesso di capitale investito che nessuna immissione di denaro sostanzialmente gratuito è in grado di sanare. Ecco spiegato perché la disoccupazione negli Usa è ancora a livelli molto alti (oltre l’8% secondo fonti ufficiali, ma molto di più se si tiene conto di chi ha rinunciato a cercare lavoro, e dell’enorme popolazione carceraria, o soggetta a altre forme restrittive della libertà, che sfugge alle statistiche ufficiali), e perché chi è riuscito a mantenere il posto di lavoro lo ha fatto al prezzo di enormi sacrifici salariali dai quali non si è ancora liberato (vedi il cosiddetto salvataggio della Chrysler fatto da Marchionne).
Dulcis in fundo, come ciliegina sulla torta nella messe di dati negativi per il sistema capitalistico mondiale, il Wto prevede per il 2012 un aumento del commercio mondiale al livello più basso degli ultimi venti anni, nonostante il crollo del 2009, e questo in un quadro complessivo in cui le economie che sembrano essere meno in difficoltà, lo sono proprio grazie alle esportazioni, a scapito dei consumi interni (falcidiati da politiche di austerità e riduzioni salariali).
Curano i sintomi, non la malattia.
Ecco quindi perché sono veramente patetici i tentativi che vengono fatti per cercare di raddrizzare la situazione economico-finanziaria dell’Europa: si cerca di curare la febbre non capendo le cause che l’hanno scatenata.
Pensare che gli Eurobond, pacchetti di stimolo alla crescita (al vertice citato all’inizio si è approvato un piano per la crescita di 120 miliardi di euro, circa l’1% del Pil continentale, ma per la maggioranza si tratta di fondi già in bilancio, mentre le risorse realmente nuove ammontano a soli 5 miliardi, cioè lo 0,04% del Pil!), un fondo di garanzia bancaria a livello continentale, siano gli strumenti idonei a stabilizzare le economie in crisi, è una vera e propria menzogna.
Una Europa “unita in pace” dalle forze del mercato ovvero la Shangri-la del xxi secolo (2)
Ma l’inganno più grande, perché ammantato di un’aura di serietà e di visione di lungo periodo, è quello che vuole far credere che la vera soluzione definitiva si avrebbe con la creazione degli "Stati uniti di Europa". In molti la vogliono. Certo, i liberisti puri e duri vorrebbero una Europa in cui fossero abbattute una volta per tutte le barriere che impediscono agli animal spirits del mercato di dispiegare la loro potenza creativa. I riformisti del tipo Ferrero, Vendola e Cremaschi, vorrebbero una "Europa sociale", in cui sarebbe più facile difendere gli interessi dei lavoratori e delle classi subalterne. Pur da versanti differenti, e anche se i secondi in particolare non lo ammetterebbero mai, si tratterebbe di duplicare nel Vecchio Continente, l’esperienza che ha dato vita, oltre oceano, agli Usa.
La prima obiezione che ci viene da fare è che il processo che diede vita a quella che sarebbe diventata la maggiore potenza del pianeta fu tutt’altro che pacifico e lineare. Gli Usa come li conosciamo oggi nacquero sui campi di battaglia della Guerra Civile del 1861/65, un conflitto che causò un numero di vittime superiore a quello di tutte le guerre in cui gli Usa hanno partecipato in seguito (e non sono state poche). E nonostante fosse una nazione relativamente giovane. Si può immaginare che quello che non è successo in un Paese senza tradizioni e interessi consolidati da secoli, creare cioè una unione superiore per via pacifica e “costituzionale”, possa capitare in Europa, dove le varie borghesie nazionali si combattono in varie forme da almeno trecento anni?
E se, per pura ipotesi, ciò avvenisse, è consentito illudersi che una volta spariti i contrasti tra le varie borghesie nazionali non continuino quelli tra i vari settori di questa nuova, fantasmagorica, "borghesia europea"? Già oggi assistiamo in ogni Paese a duri contrasti fra banche e industrie su chi debba fare sacrifici, quali settori della produzione (se la chimica, la siderurgia, le costruzioni) debbano essere privilegiati e così via. A livello europeo non sparirebbero di certo, ma verrebbero amplificati a dismisura. Di contro, possiamo illuderci che una Federazione degli Sati uniti d’Europa -su base capitalistica- attuerebbe politiche sociali meno devastanti di quello imposte dai Governi di Roma, Berlino, Atene, Londra e Madrid?
Keynesismo o monetarismo? I minatori delle asturie “votano” con i lanciarazzi
No! Se questa crisi ha un merito è quello di fare chiarezza una volta per sempre sulla vera posta in gioco oggi per l’umanità. Non qualche abbellimento o ritocco di facciata, non qualche alchimia politica condita da qualche spruzzata di keynesismo fuori tempo massimo. Nel loro piccolo i minatori delle Asturie in lotta da settimane ci danno la risposta: contro i licenziamenti e le cariche della Guardia Civil, rispondono con l’autodifesa a colpi di lanciarazzi e l’occupazione degli impianti dai quali i padroni li vogliono cacciare perché interessati solo al profitto. Lo stesso hanno fatto i lavoratori immigrati di Basiano, che per fermare un pullman di crumiri difesi dalle guardie armate del capitale non hanno chiesto l’intervento di un “giudice a Bruxelles”, ma hanno difeso con il loro corpo e le loro mani il diritto a vivere una vita dignitosa.
Questa dignità non la può certo garantire il capitalismo, ma solo la crescita e lo sviluppo delle lotte che abbiano come scopo la distruzione di un sistema politico e sociale che oggi più che mai appartiene ai rifiuti della storia. Per costruire gli unici veri Stati Uniti d'Europa in grado di far uscire dalla miseria e dalla disoccupazione milioni di persone: gli Stati Uniti socialisti d'Europa, sbocco di un processo rivoluzionario che rovesci i governi della borghesia e li sostituisca con governi dei lavoratori.
 

(1) “L’industria italiana perde peso”, Focus, settimanale del servizio studi Bnl, 18 maggio 2012.
(2) Luogo mitologico fondato su una società perfetta, descritto nel racconto “Orizzonte Perduto” di Hilton,




mercoledì 4 luglio 2012

Invertire la rotta dei sindaci PODESTA'

Vito De Russis



Se per risolvere i problemi dell'ATO4 Latina dobbiamo ricorrere al soggetto terzo (magistratura) significa che le due parti attrici non si capiscono ovvero non vogliono capirsi. Così nasce e vive il gioco delle tre carte; così vivono le tre scimmiette. E, vissero tutti felici e contenti (amareggiando nostra sorella Acqua, umile, preziosa e casta e pura).
Tra appena 31 giorni scatteranno i 10 anni di gestione da parte della Soc. Acqualatina  dell'ATO4 Latina: 2.8.2002 - 2.8.2012.
Altri 10 anni come quelli trascorsi?
Siamo tutti impazziti?
Vogliamo sperare che ci sia la volontà politica e, quindi, la forza di mettere la parola fine ai "difficili" comportamenti di tutti gli attori di questo particolare circum Barnum:
-    utenti-azionisti e le loro rappresentanze elette democraticamente (amministratori locali e dirigenti associazioni);
-    istituzioni (politiche-amministrative comunali, provinciali, regionali e nazionali; uffici giudiziari civili, penali e amministrativi; consulte ed organismi di tutela);
-    gestore e suoi azionisti pubblici e privati (capitale a maggioranza pubblico con manovratore privato investito di immenso potere).
Per poter "vivere tutti felici e contenti" con nostra sorella Acqua, umile, preziosa e casta e pura.
Che fare?
Rompere la continuità. Rompere col passato.
Rompere la continuità dei primi 10 anni. Invertire la rotta spogliando i Sindaci dal loro vestito da Podestà e rivestendoli con i vestiti di Sindaco.
Quale passato?
2.8.2002.    Partenza tipo tavolinetto stradale per il giuoco delle tre carte. Omogeneizzati nella stessa persona il Controllore (presidente della prov. di Latina) ed il controllato gestore (presidente Soc. Acqualatina) - notizia che fa il giro del mondo - che "facilita" il gestore a non applicare alcune clausole contrattuali (es.: i previsti investimenti del 2002, del 2003, ecc.; i previsti costi; la lettura dei contatori) e che "non vede, non sente, non parla" (tre scimmie) sulle numerose clausole vessatoria applicate contro gli utenti-azionisti (vedi: Carta dei servizi),. In questa assurda realtà assume un ruolo determinante l'azionista pubblico (i Sindaci dei Comuni dell'ATO4) con il suo potere del capitale di maggioranza e la sua importantissima investitura democratica (eletto dagli "utenti-azionisti").
Ed, invece ...........
Che fare?
Ripristinare l'istituto della partecipazione democratica dei cittadini a gestire i loro capitali politici, amministrativi ed i beni comuni; specie i vitali beni comuni, come l'acqua,  l'aria, la strada, la dignità delle persone,  le libertà, l'uguaglianza, la fratellanza, i diritti.
Signor Sindaco di .........,
                        iniziando dalla prossima conferenza dei sindaci sui problemi dell'acqua dell'ATO4, butti alle ortiche il suo assurdo ruolo di "Podestà" (che non le compete ed è, anche, disdicevole offensivo e non dignitoso) e svolga, invece, la sua funzione di Sindaco eletto democraticamente dai suoi concittadini insieme al Consiglio Comunale. Convochi, in seduta pubblica, il Consiglio Comunale con all'OdG quello da discutere e deliberare nella citata conferenza dei sindaci fissando la riconvocazione del CC per il giorno successivo alla conferenza al fine di relazionare sui lavori e sui risultati di quella conferenza dei sindaci. Con il verbale del suo Consiglio Comunale in tasca vada alla Conferenza e decida secondo il mandato ricevuto. Il giorno dopo la Conferenza relaziona al suo CC gli esiti.
E' una proposta per eliminare il gioco delle tre carte e dimenticare il ruolo delle tre scimmiette da parte degli eletti dal popolo (utenti-azionisti della Società gestrice dell'Acqua, vitale bene comune).
Visti gli enormi egoistici appetiti in giuoco potrebbe non essere sufficiente.
Se così fosse, vedo gli utenti-azionisti in prima linea intenti ad impedire la restaurazione ed a proseguire il cammino del consolidamento democratico della gestione dell'Acqua, vitale bene comune.
Con viva cordialità.

Marcus Miller - Renaissance Tour 2012

Simona Massimi : fonte http://www.guitar-nbass.com



Marcus Miller, una delle leggende del Basso Elettrico Jazz torna finalmente sulla scena romana accompagnato da una talentuosa band di giovani promesse della musica e da uno spettacolo denso delle sue uniche sonorità e abilità tecniche.

La sala Sinopoli dell’Auditorium di Roma ha accolto l’evento con una semplice ma efficace scenografia caratterizzata dalla gigantografia della copertina  dell’ultimo disco di Marcus (Reinassance) mentre sul palco era ben visibile la sua strumentazione, costituita da tre bassi Fender, di cui un quattro corde fretless, e due casse EBS.

L’entrata della giovane band (Alex Han al sax, Maurice Brown alla tromba, Adam Agati alla chitarra, Kris Bowers al pianoforte e tastiere, Louis Cato alla batteria) prelude all’ingresso tanto atteso del bassista: l’immancabile  copricapo si fa strada sul palco e l’inconfondibile suono slap invade subito la sala.
Già dai primi brani il talento di ogni singolo musicista concorre a formare una combinazio-ne perfetta di suoni e ritmi: le diversità dei generi si mescolano, le armonie si compenetra-no, le improvvisazioni si susseguono senza soluzione di continuità. In questo quadro spicca con fermezza  la grandezza di Marcus Miller con la sua straordinaria precisione nell’accompagnamento  (il cosiddetto groove) e con la sua altrettanto eccezionale musicalità, misurandosi in soli dalle semplici ma geniali frasi.
La scaletta del concerto piuttosto che ai grandi classici ha dato ampio spazio ai nuovi brani dell’ultimo disco, in uscita, in cui i suoi giovani musicisti danno prova di tutto il loro talento: segnaliamo, ad esempio, Adam Agati che sul brano Jekyll & Hyde esprime un bellissimo solo di chitarra, oppure Louis Cato che su Redemption  si distingue per le molteplici dinamiche  e in Detroit regala fill di grande competenza tecnica, infine  Alex Han e Maurice Brown in Mr Clean improvvisano dando prova di notevole estro artistico.

Per finire l’artista di Brooklyn si diverte prima  con un solo di basso, in parte percussivo, di grande effetto agli occhi del pubblico e poi con due dei suoi brani più conosciuti come bis:Tutu, scritto per Miles Davis, sul quale la band esprime tutta la sua carica espressiva improvvisando tra il funk, il reggae e lo swing, e Blast!, compreso all’interno del disco Marcus  (2008), gran finale dell’evento.
Il pubblico, compiaciuto e soddisfatto,  riconferma Marcus Miller tra i più grandi jazzisti  della scena musicale contemporanea.


Videocon Day

fonte: http://www.unoetre.it



Centinaia di lavoratori della Videocon hanno dato vita ad una giornata di lotta pacifica e democratica che li ha visti riuniti nella loro fabbrica ad Anagni sin dalla prima mattina del 2 luglio 2012. L'iniziativa si è avviata con un consiglio comunale aperto alla presenza dei lavoratori, delle rappresentanze delle Istituzioni provinciali e regionali per proporre e trovare soluzione alla disoccupazione forzata dei 1300 lavoratori di questa azienda, dopo che il Tribunale di Frosinone l'ha dichiarata fallita. I lavoratori tutti hanno rilanciato ancora con più vigore la lotta per difendere il loro lavoro ed il reddito delle proprie famiglie. Erano presenti alcune forze politiche, fra cui Federazione della sinistra e Italia dei Valori, i sindacati che insieme alle maestranze hanno dato vita ad una prima risposta per impegnare le Istituzioni a rilanciare un'azienda moderna che è un'eccellenza in provincia di Frosinone e nel Lazio. Continueremo a fornire, nei prossimi giorni, ai nostri lettori notizie su questa dolorosa vicenda di crisi occupazionale ed industriale cercando di capire e far capire quali realistiche soluzioni possono essere trovate per scongiurare disoccupazione e danno economico di una intera area dell nostra provincia che contuau ad impoverisi paurosamente.
Nel video che segue ci sono immagini e alcune interviste che testimoniano le presenze, le proposte, il clima di questa giornata.
(unoetre.it ha potuto intervistare Orlando Cervoni, segretario prov.le PdCi; Anna Maria Tedeschi, consigliere reg.le Idv; Franco Nobile, consigliere reg.le Fds; Ivano Peduzzi, capogurppo alla Regione lazio della Fds; Domenico De Santis, segretario generale Cgil Frosinone, Paolo Sabatini, esecutivo nazionale Usb)

VIDEOCON: CON I LAVORATORI AL VIDEOCOLOR DAY

PEDUZZI-NOBILE (FDS)

La manifestazione di oggi dimostra la grande combattività dei lavoratori della ex Videocolor di Anagni, pronti ad proseguire la battaglia in difesa dei posti di lavoro e contro la deindustrializzazione dell’intero territorio del frusinate. Oggi dal ‘Videocolor day’ è partito un chiaro messaggio che i rappresentanti delle istituzioni presenti non possono ignorare. Ora, decretato il fallimento dell’azienda e a pochi mesi dalla scadenza degli ammortizzatori sociali, non vi è più tempo da perdere. Ora, occorre trovare una soluzione per salvaguardare i 1300 posti di lavoro a rischio e per impedire che uno dei più grandi poli industriali del frusinate cessi ogni attività. Noi ci aspettiamo che venga subito convocato un incontro tra Governo, Regione Lazio e Provincia di Frosinone per il riconoscimento dello stato di crisi dell’intero distretto industriale. Chiediamo inoltre all’assessore Zezza di impegnarsi da subito affinché la Regione faccia la sua parte, reperendo tutte le risorse necessarie per rilanciare il sito produttivo della Videocon, attraverso una riconversione. Ai lavoratori e ai sindacati che proseguono la lotta e l’occupazione della mensa aziendale va tutto il nostro sostegno”. Così, in una nota congiunta, il capogruppo e il consigliere regionale della Federazione della Sinistra, Ivano Peduzzi e Fabio Nobile, a margine della manifestazione in corso alla Videocon.

martedì 3 luglio 2012

Italia o spagna, basta che se magna

Giovanni Morsillo



 Caro Luciano,
ho letto con il consueto interesse ma con un po' di soddisfazione in più il tuo  SFOGO POLITICO sulla finale Italia-Spagna. Non metto becco sugli aspetti sportivi perché non ne capisco assolutamente nulla, e riconosco il mio limite (trattandosi di affari popolari, o anche nazional-popolari, per chi vuole capire la società è comunque un grosso limite non comprendere certe dinamiche del consenso). Ho invece apprezzato molto i pur veloci richiami alla fascistizzazione sedimentata della subcultura italiana, quella di massa che come noto è assai lontana dalle vette raggiunte dalle élites nazionali in tutti i secoli della nostra storia, compreso il presente. Il riferimento al colore dei Savoia, che ogni tanto qualcuno si ricorda, è comunque quanto mai opportuno, perché siamo in una Repubblica in cui il servizio radiotelevisivo pubblico e perfino molti parlamentari e uomini pubblici si rivolgono agli eredi della corona fellona e traditrice chiamandoli con i loro decaduti e ridicoli titoli nobiliari. Il signor Emanuele Filiberto viene immancabiimente chiamato "principe" nei talk-show come sui giornali, e non solo quelli di gossip, e così tutto il nutrito manipolo di ex reali o cortigiani: la nostra Repubblica è invasa da battaglioni di contesse, baroni, principi e dignitari che esibiscono blasoni ammuffiti quanto riveriti.
Per le glorie spagnole, quelle vere, del passato di Guadalajara e Madrid, di Guernica e della Catalogna, fai bene a citare Durruti, del quale mi sembra di capire che tu abbia una venerazione particolare, del tutto meritata. Io, dal mio punto di vista marxista e non anarchico, aggiungerei (non sostituirei, naturalmente) riferiementi davvero nobili, da Luigi Longo (Gallo) a Dolores Ibarruri, da Ilio Barontini a Giovanni Pesce, da Garcia Lorca a Picasso, fino a tutti gli altri noti e meno noti, ma ugualmente eroici a dimostrazione del fatto che le battaglie vere, quelle che decidono il progresso o il buio della storia, i popoli le combattono insieme, e non sono certo assimilabili a tornei di giochi e miliardi.
Se si pensa che il riscatto nazionale possa venire da un torneo di calcio, si sta immaginando una realtà in cui non conta la vita delle persone ma l'immagine di un presunto carattere nazionale trasposto in una vuota retorica della forza. Che c'entravano le svastiche e i faccioni di Mussolini, altrimenti? Come mai quella nazionale può rappresentare anche e, forse, soprattutto loro? Non penso certamente che lo sport sia un fatto "di destra" o fascista, è evidente che non è così. Ma il consenso superficiale e simbolico che riesce a catalizzare va in quella direzione per tante ragioni più volte analizzate da gente competente e che quindi non ripeterò qui.
Salvo poi il venire in soccorso del luogo comune da parte delle autorità, dedite alla pastetta nazional-popolare da fotoromanzo piuttosto che all'educazione dei cittadini alla democrazia. Napolitano, Monti e soci sanno che si prendono più mosche con il miele che con il fiele, e quindi mentre somminsitrano mefitiche minestre avvelenate al popolo (bue?) ne coprono l'olezzo ed il sapore con racconti di miele e latte a fiumi. Di questo siamo assai lontani dal prendere coscienza.
 
Un abbraccio fraterno
Giovanni

lunedì 2 luglio 2012

Fuori l'extracomunitario

Giovanni Morsillo


Chiediamo scusa. Lo facciamo a fronte bassa, umiliati dall'evidente infondatezza delle tesi che abbiamo sempre sostenuto sugli immigrati. Abbiamo sempre detto che si dovesse lavorare sull'integrazione, che loro venivano qui in gran maggioranza per lavorare, per fuggire da condizioni oggettivamente disumane e cercavano una sopravvivenza minimamente decente, sopportabile, che pagavano con duro lavoro e umiliazoni di ogni genere.
Come acade a volte, ci siamo limitati ad osservare le grandi linee del fenomeno, senza indagare a fondo nei casi, nelle singole realtà e nonstante sapessimo benissimo che alcuni di essi delinquono, e non sempre perché non trovino un lavoro da onesti sfruttati e sottopagati delle cosche che controllano l'agroalimentare, ma proprio perché vocati al crimine, gente che preferisce sollazzarsi dopo aver depredato qualcuno magari provocandone la morte piuttosto che dedicarsi alla ricerca di un guadagno magari modesto, ma etico; nonstante questo, ci siamo concentrati sull'aspetto che ci pareva più urgente, che descriveva cioè l'odissea di milioni di esseri umani in fuga terrorizzata verso un buco nerissimo che era il destino. 
Abbiamo così trascurato il problema degli extracomunitari che devastano la nostra terra, il nostro popolo ed il nostro sapere fatto di esperienza e scienza, a vantaggio di uno stile di vita deresponsabilizzato e osceno, che non vuole e non prevede regole, ma solo la legge violenta della forza bruta. E nemmeno ci ha sfiorato la preoccupazione che questo potesse avere un effetto eversivo, e nel profondo: può, cioè, sfasciare le coscienze faticosamente costruite in decenni di democrazia costituzionale, può deviare i lavoratori ed i cittadini verso concezioni feudali della società, dove la forza è ineluttabilmente l'unica regola, l'unica legge che vale, tornando ad un'idea del diritto naturale come fondamento lecito ed essenziale di qualsiasi rapporto umano (società, famiglia, Stato, lavoro, scuola, servizi, tutto funzionerebbe così).
Ci riferiamo ovviamente ad un soggetto esemplare di questo pericolo, troppo sottovalutato e non solo da noi, anzi addirittura osannato e portato a modello da larghi ambientio dei poteri forti: Sergio Marchionne. Questo elvetico-canadese, extracomunitario che di più non si può, non si accontenta di agire nella prassi ladronesca di appropriazione indebita di ciò che il Paese ha costruito con il lavoro e inimmaginabili montagne di denaro elargite in un secolo all'azienda che oggi amministra, ma si sente in diritto di entrare nella teorizzazione di un ordine giuridico sui generis dove le conquiste civili del lavoro e della società diventano folklore, come una sagra qualsiasi, una giostra che non ha altra utilità che quella di girare a vuoto per stordire e divertire i bambini che ci salgono sopra. I bambini, però, ché i grandi come lui sanno che quello che conta veramente non è il lavoro, e neanche il lavoratore, ma i soldi, e siccome nessuno ne riscuote più di lui, è solo lui che può dire cosa si fa e cosa non si fa.
Il suo è lo stipendio più alto in assoluto nell'Unione Europea, unico primato che possiamo vantare e che non ci mette in buona luce con i partners, ma nessuno si scandalizza, dato che non si tratta di un politico. Per i manager ed i calciatori non esistono tetti massimi, non ci sono limiti all'arricchimento, e la gente (che non vuole che la si chiami "massa", per carità) li applaude. Insieme ad Elsa Fornero rappresenta oggi la punta avanzata del capitalismo brutale, quello che piange di gioia quando mette sul lastrico i pensionati, e non ammette repliche alle proprie imprese (nel senso di gesta).
Per questo chiediamo scusa, con profonda contrizione, perché seppure avevamo sempre segnalato il pericolo che costui rappresentava e non solo per i suoi dipendenti, non avevamo compreso che come tutti i problemi, anche quello dell'immigrazione ha bisogno di distinzioni e di approfondimenti. Altrimenti rischiamo che le battaglie per l'integrazione si risolvano in provvedimenti approvati dai parlamenti del capitale in favore di pirati e ladroni che invece andrebbero portati in vilelggiatura in qualche Cayenna dei Mari del Sud.
Saluti internazionali.

Viva la Spagna

Luciano Granieri
  
Italia – Spagna the day after.  Dopo  l’analisi politico tattica della partita oggetto del POST PRECEDENTE , a mente fredda, grazie all’aria condizionata, pensando e ripensando, ho concluso  che Marco Travaglio non aveva tutti i torti. Perché gioire di una vittoria della nazionale di calcio? Le conclusioni sono le stesse del giornalista del “Fatto quotidiano” ma i ragionamenti sono molto diversi. Le rappresentative sportive nazionali, compresa quella di calcio, vestono ancora la divisa azzurra colore dei Savoia .  Il referendum del 1946 ha sancito la vittoria della Repubblica, dunque perché esibire ancora i colori monarchici? L’unica  alienazione concessa  al referendum è stata la  rimozione della emblema sabaudo croce rossa in campo bianco.   Il popolo italiano, nonostante la resistenza e la lotta partigiana è rimasto fascista. Tanto è vero che, a differenza della Germania e della Spagna , ancora oggi i fascisti italiani siedono in Parlamento e presiedono addirittura con un loro esponente la Camera dei Deputati. Il sindaco della capitale Alemanno  è  fascista, gira con la croce celtica al collo, acquista con i soldi pubblici dei romani un palazzetto antico  di pregio  e lo cede gratuitamente al gruppo  dichiaratamente fascista Casapound, dedica un premio a due esponenti della Repubblica di Salò, il comandante , Bartolo Galletto e l’ausiliaria  Raffaella Duelli. La governatrice delle regione Lazio (frangetta nera) Renata Polverini, è stata fotografata spesso mentre sfoggiava un sontuoso saluto romano (speriamo a beneficio degli astanti che le ascelle fossero pulite, se no sai la puzza!!!)  L’ex, post, rinnegato comunista, Violante, già presidente della Camera, ha sostenuto che in fondo i  repubblichini erano giovani immaturi  e dunque la loro posizione  andrebbe  giustificata quasi come chi ha scelto la lotta partigiana.  Ma per tornare in ambito calcistico il portiere della nazionale “L’OFFESO”   Gigi Buffon, si presentò nel 2000 in campo con la maglia n. 88 , numero strano per un portiere, ma  ampiamente spiegabile alla luce di certe simpatie. Il n.88 nella simbologia neonazista rappresenta il saluto “Heil Hitler”. Buffon, a chi gli fece notare l’incauta numerazione, si giustificò affermando di non sapere cosa quel numero significasse, già cosa gravissima in se . Poi però quando qualche anno dopo si presentò in sala stampa con una maglietta che recava la scritta “Boia chi molla” una frase tipica del neo fascismo attivo  fino agli anni ’70 fu difficile concedere a Buffon il beneficio dell’ignoranza in materia.  Per finire  ieri al Circo Massimo, sito che ospitava ben quattro maxi schermi dove era possibile seguire la finale, è comparsa una bandiera nazista e alcuni tifosi spagnoli esultanti per la vittoria della loro squadra sono stati fatti oggetto di aggressioni e violenze da parte di gaglioffi nostrani.  E allora  ‘fanculo i fascisti di merda italiani   VIVA LA SPAGNA!!!!, patria dell’anarchico BUENAVENTURA DURRUTI, capo delle milizie  antifasciste della Catalogna e protagonista della rivoluzione spagnola del ‘36. E ancora VIVA LA SPAGNA la cui vittoria calcistica ha fatto garrire al vento milioni di vessilli giallorossi, per chi è tifoso della Roma non è cosa da poco. 

domenica 1 luglio 2012

Abbiamo perso "MOLTO SERIAMENTE"

Luciano Granieri



Sono passate poche ore dalla finale dei campionati di calcio europei,  Spagna – Italia. Come è noto abbiamo subito una sonora lezione . Lo spread calcistico con le furie rosse  ha segnato l’abissale e mai registrata   in passato,  differenza di 4 punti.  Non l’abbiamo praticamente “strusciata” mai,  il giocatore italiano che ha visto più volte il pallone è stato il portiere Buffon, che lo ha raccolto per ben quattro volte dentro la propria rete.  Gli Spagnoli hanno sfoggiato una tranquillità disarmante nel sviluppare le loro trame di gioco,. Abbiamo visto Fabregas bruciare  uno STANCO  Chiellini e porgere su un piatto d’argento a Silva il pallone da scaraventare in rete per il più facile dei gol, abbiamo visto  Xavi  mandare in gol, con una verticalizzazione fulminea ,   Jordi Alba, un terzino non un temibile centravanti,  abbiamo apprezzato Fernando Torres e Mata bucare la  STANCA difesa azzurra come burro, il tutto con il sorriso sulle labbra.  Niente a che vedere con le facce tirate e arrabbiate di alcuni azzurri che hanno preso le vittorie su Irlanda, Inghilterra e Germania come rivalsa per le accuse ricevute secondo loro ingiustamente dalla stampa.  Addirittura si è arrivati a pretendere di porgere le scuse ad un offeso Buffon per aver osato stigmatizzato il fatto che abbia speso un milione e mezzo di euro  in orologi e scommesse sul cricket.  Come ho già scritto in un post precedente Italia – Spagna era una semplice partita di calcio e gli Spagnoli così l’hanno interpretata, l’hanno  giocata sereni e tranquilli  nonostante questa loro vittoria li iscriva nella storia del calcio mondiale. Mai a nessuna squadra era riuscita l’impresa di vincere in sequenza  un Europeo, un Mondiale e un altro Europeo, mai nessuna squadra era riuscita a vincere una finale europea con quattro gol  di scarto. Per noi invece questa doveva essere l’occasione del riscatto di un popolo,  il trionfo dell’orgoglio italico che s’imponeva  sulle  controversie di un destino cinico e baro che getta una sempre più numerosa parte di popolazione  nel dramma  della povertà. Il successo sportivo  doveva sposarsi con il successo politico   (effimero quanto inutile) di Monti conseguito a Bruxelles qualche giorno prima.  I nostri  eroi purtroppo sono arrivati stanchi e acciaccati all’appuntamento, afflitti da guai muscolari rimediati nelle cruente lotte combattute e vinte per riscattare un popolo accusato di accettare supinamente i recenti imbrogli calcistici oltre a tutte le altre ben più gravi corruttele che travagliano il nostro Paese.   Infatti  quando Thiago Motta è dovuto uscire per stiramento siamo rimasti in dieci perché ormai Prandelli aveva operato tutti i cambi per rimpiazzare calciatori stanchi e acciaccati . Ma perché tutta questa stanchezza?  Perché gli spagnoli  che nelle rispettive squadre di club hanno giocato fino alla fine di maggio  , Real Madrid e Barcellona sono arrivate alle semifinali di Champions League ad esempio, avrebbero dovuto essere più freschi dei nostri giocatori, che al contrario con i loro club le coppe europee non le hanno giocate proprio (Roma e Juve) o ne sono usciti molto presto (Inter , Milan) ? Non sarà che i nostro eroi vessati da implacabili e  invidiosi accusatori si allenano poco e male? Bentornato Zeman.  Comunque l’impresa di entrare nella storia agli azzurri è riuscita ugualmente , mai una squadra aveva subito quattro gol in una finale europea, dunque questa è stata una vera impresa. Chiudo con il commento di Monti il quale rispondendo ad una domanda del giornalista Amedeo Goria, il quale gli chiedeva   se fosse contento che l’Italia  del calcio avesse bissato con l’ottimo  secondo posto nella competizione europea il successo ottenuto dal lui nella assise di Bruxelles, ha affermato. Gli italiani sono un grande popolo e quando cominciano a fere le cose seriamente ottengono sempre dei successi . Ecco su questo Monti ha ragione stasera l’Italia del calcio ha perso seriamente, molto seriamente. Peccato purtroppo che la gente non è  potuta scendere in piazza a festeggiare. Per me quando le piazze rimangono  vuote è sempre un brutto segno.

E' solo una partita di calcio

Luciani Granieri


  Siamo a poche ore dalla finale degli europei Italia – Spagna. Come appassionato di calcio, o per essere più esatto, tifoso della Roma, e attento alle cose della politica, vorrei dire la mia sui temi che hanno riempito le pagine dei giornali sulla partita e sui molteplici accostamenti che l’evento sportivo ha avuto con le vicende politiche ed economiche. Tanto per cominciare  ci troviamo semplicemente in presenza di una partita di calcio. Un evento sportivo sicuramente importante perché la rappresentativa italiana ha la possibilità concreta di affermarsi come prima squadra d’Europa battendo un avversario, la Spagna,  zeppo di fuoriclasse , sono i campioni europei uscenti, nonché campioni del mondo, e a livello di club sono sempre protagonisti. Né si può nascondere che  l’importanza del calcio come coinvolgimento popolare e mediatico non è minimamente paragonabile agli altri sport. Assodato tutto questo ribadisco che ci troviamo sempre in presenza di una partita di calcio in grado di cambiare eventualmente solo i destini di chi la gioca. La vita dei tifosi sia che l’Italia vinca sia che perda rimarrà la stessa.  Rimarrà immutata anche l’azione rapinatrice della finanza e degli speculatori i quali di ciò che accadrà dentro lo stadio di Kiev non gli ne può fregare di meno. Ecco perché trovo inutile e tristemente provinciale dichiarare la propria simpatia o meno per la nazionale, tirando in ballo le conseguenze che il risultato del campo potrà determinare al di fuori dello stretto ambito agonistico, calcistico. Che senso ha affermare  così come fa Travaglio,  di sperare che l’Italia perda perché non si può sostenere una nazione che non ti rappresenta. Personalmente anche io non mi sento rappresentato da questa Italia, ma se fossi spagnolo non sarebbe diverso. Non sarei contento di vivere in un Paese governato   da Rajoy che sta consegnando il suo popolo mani e piedi agli speculatori dopo aver salvato le banche ottenendo dei prestiti che renderanno i cittadini iberici vittime sacrificali  della triade. Mi piacerebbe poco  essere un cittadino tedesco, per quanto avrei a disposizione un welfare diverso, vivrei in uno stato in cui l’incidenza dell’evasione fiscale e della criminalità organizzata e nettamente inferiore se non assente, ma sarei lo stesso succube delle  angherie del capitalismo e non mi riconoscerei mai in uno stato che non ha il minimo senso della solidarietà verso gli altri Paesi.  Per come è concepita l’Europa, non potrei riconoscermi e sostenere nessuna nazione che la compone. In merito ai colpi di spugna, alle assoluzioni facili, che in caso di vittoria della nostra nazionale getterebbero nel dimenticatoio l’ultimo scandalo del calcio scommesse, faccio presente che all’epoca dello scandalo del doping, denunciato da Zeman alla fine degli anni ’90, non fu necessaria una vittoria della nazionale per mandare assolti i colpevoli. Tutto si risolse in una bolla di sapone, nonostante l’inchiesta fosse nelle mani del capace magistrato Guariniello e l’unico a pagare fu il pazzo accusatore boemo che dovette subire una sorta di esilio dai campi di calcio che contano. Dunque, Italia campione d’Europa o meno, anche questo ennesimo scandalo del calcio scommesse finirà nel dimenticatoio con tante scuse ai calciatori. Infine un' ultima annotazione sulle lamentele del commissario tecnico Prandelli il quale  denucia che ci si entusiasma per la nazionale solo quando questa partecipa con buone possibilità di vittoria ad una competizione importante, mentre invece al di fuori di questi eventi degli azzurri non frega niente a nessuno. Da tifoso di una squadra di club, posso assicurare che per chi come me e siamo tanti, segue  le fortune di un club i destini della nazionale interessano il giusto. Il tifo è  proporzionale al numero dei calciatori della propria squadra che giocano nella rappresentativa italiana. Probabilmente un tifoso della Lazio avrebbe preferito  la vittoria della  Germania sull’Italia  perchè nelle fila teutoniche gioca il loro centravanti Klose. Anzi si arriva a maledire gli azzurri quando un convocato  in nazionale  della squadra per cui si fa il tifo    si infortuna   ed è costretto a saltare le partite di club.   La maggior parte delle persone che si esaltano non sono molto appassionate di calcio. Molti di loro disquisivano di strambate e alberi maestri, quando il veliero “Azzurra” sfidava Americani e Australiani nell’America’s cup. Certamente è luogo comune diffuso esaltarsi per una vittoria della propria nazionale anche se non si è appassionati è bello festeggiare nelle piazze ma l’entusiasmoo si spegne già il giorno successivo alla vittoria .  Allora sapete che vi dico: spero che l’Italia vinca 2 a zero con gol di  Daniele De Rossi e  Fabio Borini il quale avrà la possibilità di entrare a partita iniziata ma, spero soprattutto che né De Rossi, né Borini si facciano male e che alla fine si vada tutti a festeggiare.

Shock economy alla tedesca

Ignacio Ramonet :
 Copyright Le Monde diplomatique edizione spagnola
traduzione di Marina Zenobio : fonte "il manifesto" del 1 luglio


L’ideologia del castigo e la strategia dell’economia del disastro per creare un’integrazione europea sul modello tedesco. Ma Merkel non vede che il malcontento delle masse cresce, e potrebbe esplodere. In Spagna Rajoy sta applicando politiche selvagge di austerità. E i pilastri dello Stato si stanno sgretolando
Sadismo? Sì, sadismo. Come chiamare altrimenti questo compiacimento nel causare dolore e umiliazioni alle persone? In questi anni di crisi abbiamo visto come – in Grecia, in Irlanda, in Portogallo, in Spagna e in altri paesi dell’Unione europea – la spietata applicazione del cerimoniale del castigo richiesto dalla Germania (congelamento delle pensioni, posticipazione dell’età pensionabile, riduzione della spesa pubblica, tagli al welfare, diminuzione dei fondi per la prevenzione della povertà e dell’esclusione sociale, riforma del lavoro ecc) ha provocato un vertiginoso aumento della disoccupazione e degli sfratti, del numero delle persone costrette a elemosinare e anche dei suicidi. Nonostante le tribolazioni sociali abbiano raggiunto livelli insopportabili, Angela Merkel e i suoi seguaci (tra cui Mariano Rajoy) continuano ad affermare che il soffrire è cosa buona, da considerarsi non come un momento di supplizio ma di autentica gioia. Secondo loro ogni nuovo giorno di pena ci purifica, ci rigenera e ci avvicina all’ora ultima del tormento. Tale filosofia del dolore non è ispirata dal marchese de Sade ma alle teorie di Joseph Schumpeter, uno dei padri del neoliberismo, il quale pensava che tutta la sofferenza sociale è, in qualche modo, tesa al raggiungimento di un obiettivo economico necessario, e che sarebbe un errore alleviarla anche solo leggermente. Così stiamo. Con una Angela Merkel nel ruolo di “Wanda, la dominatrice”, sostenuta da un coro di fanatiche istituzioni finanziarie (Bundesbank, Banca centrale europea, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione mondiale del commercio, ecc) e dai dipendenti eurocrati di sempre (Durao Barroso, Van Rompuy, Ollie Rehn, Joaquin Almunia, ecc.). Tutti a scommettere su un masochismo popolare che porterebbe i cittadini non solo alla passività ma a reclamare maggiore espiazione e martirio «ad maiorem gloria Europa». Arrivano persino a sognare che le forze di polizia definiscano «sottomissione chimica» certi farmaci in grado di eliminare totalmente o parzialmente la coscienza delle vittime, inconsapevolmente trasformate in gingilli nelle mani degli aggressori. Ma devono stare attenti perché la «massa» ruggisce. In Spagna, dove il governo di Mariano Rajoy sta applicando politiche selvagge di austerità proprio al limite del «sadismo», le manifestazioni di malcontento sociale si moltiplicano. E questo in un contesto di forte smarrimento in cui, all’improvviso, i cittadini constatano che alla crisi economica e finanziaria si somma una grave crisi di governo. Contemporaneamente, alcuni fondamentali pilastri della struttura dello Stato si stanno sgretolando: la Corona (con il tetro argomento della caccia all’elefante in Bostwana), la magistratura (con il caso in Divar), la Chiesa (che non paga le imposte sui beni immobili), il sistema bancario (che ci dicevano fosse il «più solido» d’Europa e ora scopriamo che si sta sfaldando), il Banco di Spagna (incapace di mettere in guardia su Bankia ed altri spettacolari fallimenti), le Comunità Autonome (impantanate in abissali scandali di corruzione), i grandi media (troppo dipendenti dalla pubblicità e che nascondono le calamità che stanno per arrivare)… Senza parlare dello stesso governo il cui presidente, nel momento in cui la Spagna (con la Grecia) si è trasformata nel fulcro dei problemi del mondo, sembra avanzare senza bussola. E di chi, di fronte a questioni fondamentali, o non fornisce alcuna risposta o risponde con espressioni surreali («Facciamo le cose per bene”) o semplicemente con delle menzogne. Mariano Rajoy e la sua squadra hanno una grande responsabilità nel disastro attuale. Hanno gestito la crisi bancaria con evidente imperizia, hanno lasciato imputridire il caso Bankia, hanno trasformato un evidente fallimento in un impatto con Bruxelles, la Bce e il Fmi; hanno professato il negazionismo più stolto, pretendendo di far passare un salvataggio dalle conseguenze gravissime per l’economia spagnola come credito a buon mercato e senza condizioni («È un sostegno finanziario che non ha nulla a che vedere con un salvataggio», ha di dichiarato Luis de Guindos, «Si tratta di una linea di credito che non colpisce il debito pubblico», ha affermato Rajoy). Tutto dà la penosa impressione di un paese che sta naufragando. I cui cittadini scoprono, all’improvviso, che dietro le apparenze del «successo economico spagnolo» sbandierato per decenni dai governanti del Psoe e del Pp, si nascondeva un modello (quello della «bolla immobiliare») reso marcio dall’incompetenza e l’avidità. In una certa misura, comprendiamo ora – molto a spese nostre – uno dei grandi enigmi della storia di Spagna: come è stato possibile, nonostante le montagne di oro e argento provenienti dall’America dell’Impero colonizzatore e sfruttatore, che il paese si sia trasformato, a partire dal XVII secolo, in una specie di «corte dei miracoli» piena di mendicanti, poveri e senzatetto? Che si è fatto di cotanta ricchezza? La risposta a queste domande oggi l’abbiamo davanti agli occhi: incompetenza e miopia dei governanti, infinita avidità dei banchieri. L’attuale punizione non è ancora finita. Dopo che lo scorso giugno l’agenzia Moody’s ha declasso il rating del debito spagnolo di tre punti, da A3 a Baa3 (uno sopra le «obbligazioni spazzatura»), il premio per il rischio ha raggiunto limiti insostenibili. La solvibilità spagnola è sul pendio che conduce a un salvataggio. Tanto il salvataggio della banca quanto quello del debito pubblico avranno un costo sociale terrificante. In una relazione annuale sulla Spagna, il Fondo monetario internazionale, per esempio, sta già pretendendo dal Governo l’aumento dell’Iva e che approvi, prima possibile, un ulteriore riduzione del salario dei funzionari per ridurre il deficit. Inoltre, in un documento sul lavoro, gli esperti del Fmi raccomandano alla Spagna di ridurre ulteriormente i licenziamenti, pretendono il contratto unico e che si eviti la rivalutazione automatica dei salari. Anche la Commissione europea raccomanda l’aumento dell’Iva e l’adozione di nuove misure «austeritarie»: il posticipo dell’età pensionabile, il controllo dei costi delle Comunità, l’inasprimento delle prestazioni per la disoccupazione, l’eliminazione dello sgravio per l’alloggio e la riduzione del volume di spesa della pubblica amministrazione. Tutto prima del 2013.