sabato 7 febbraio 2015

NON UN PASSO INDIETRO

fonte: http://www.noisaremotutto.org/




Alla nostra grande famiglia, ai banditi senza tempo, agli antifascisti, alla classe operaia, ai lavoratori, ai disoccupati, agli sfruttati…”
Non un passo indietro! Ни шагу назад!
Dopo l’aggressione alla ex-Yugoslavia, la ferocia imperialista sta di nuovo  insanguinando l’Europa a cent’anni esatti dallo scoppio della prima guerra mondiale.
Quello che in atto oltre i Carpazi palesa di nuovo il volto dell’imperialismo occidentale così come avvenuto in Yugoslavia ed in Iraq, in Afghanistan come in Libia, in Kurdistan come in Palestina.
In Ucraina, il golpe naziatlantista nei piani americani ed europei del febbraio scorso ha trovato sulla sua strada una coraggiosa resistenza sulla quale si sono costituite le Repubbliche popolari della Nuova Russia di Lugansk e Donetsk.
Sin dalle avvisaglie di Maidan, Noi Saremo Tutto ha prestato la massima attenzione alla vicenda denunciando senza mezzi termini l’appoggio che alcuni settori della cosiddetta sinistra, fraintendendone completamente il significato, stavano dando al golpe di Maidan e smontando i tentativi di delegittimazione della resistenza popolare nata nel Donbass.
Abbiamo contribuito all’organizzazione e partecipato alla Carovana Antifascista della Banda Bassotti per portare la nostra solidarietà  al popolo di Lugansk e Donetsk.
Nel solco tracciato dalla Carovana Antifascista che la Banda Bassotti ha avuto l’onere e l’onore di promuovere ed in continuità  con il lavoro di tutti i comitati di solidarietà  internazionalista con la resistenza popolare, Noi Saremo Tutto lancia Non un passo indietro: con questo progetto intendiamo permettere ad un piccolo gruppo di compagni di tornare in Donbass quanto prima per poter raccontare direttamente quello che sta succedendo, facendo interviste, riprese video, racconti e documentando l’esperienza ed il ruolo della classe operaia nelle Repubbliche Popolari.
Crediamo che questo progetto possa non solo portare la nostra solidarietà e svolgere un lavoro di documentazione, ma essere utile a considerare l’internazionalismo, come una necessità e non una buona parola d’innocua liturgia.
Come avvenuto per la Carovana Antifascista, utilizzeremo lo strumento della raccolta fondi digitale (fundraising) ed il progetto verrà presentato lungo lo stivale e promosso con cene, iniziative, dibattiti e qualsiasi forma di sostegno che ci verrà offerta.
Successivamente pubblicheremo i dettagli del progetto aggiornando tutti i nostri sostenitori su novità e sviluppi.
I compagni che si recheranno in Nuova Russia si occuperanno di inviare aggiornamenti sulle loro attività e, al termine dell’esperienza, verranno sistematizzati i materiali raccolti in un progetto editoriale ed audiovisivo con cui fare informazione e sostenere la battaglia antifascista.
Utilizzare il nome che abbiamo scelto per questo progetto rappresenta per noi una grande responsabilità: Non un passo indietro fu infatti il nome dell’ordine 227 emesso il 28 Luglio 1942 ed inviato a tutti i soldati dell’Armata Rossa spinta ormai a ridosso del Caucaso dall’incalzare dell’avanzata nazista che in Ucraina trovò dei buoni alleati tra le forze nazionaliste addirittura inquadrate nelle SS. Ma arrivò la resa dei conti.
Settant’anni dopo l’Ucraina è stata trasformata in un grande laboratorio per le forze fasciste al servizio degli interessi europei e nordamericani:
è dunque necessario lottare, ed è necessario vincere.
Per questo abbiamo bisogno del contributo e del sostegno di tutti gli antifascisti e di tutti i figli della stessa rabbia.
Non un passo indietro! Ни шагу назад!

Renziana, la squadraccia digitale che fa parlare di sé

Redazione Senza Soste


La presa del potere di Matteo Renzi, eletto alla segreteria del Pd, nei sempre più rari sottoboschi della politica viene definita come il trionfo di un ex Dc in un partito sostanzialmente egemonizzato dagli ex Pci. Certo, l’appartenenza di Renzi ai giovani popolari, ultima stagione democristiana, è innegabile. Come il fatto che Renzi abbia conteso ad Angelino Alfano, quando si dice il destino, proprio la segreteria nazionale dei giovani popolari nei primi anni ’90. Eppure, proprio se si guarda a Firenze, Renzi non fa parte della tradizione Dc dei La Pira o del cattolicesimo popolare che ha prodotto, oltre a livelli oggi inimmaginabili di clientelismo, quadri intellettuali e politici attenti alle dinamiche di equilibrio sociale. Certo il milieu politico dal quale nasce Renzi - basta guardare al padre che è punto di incrocio tra politica, comunicazione e mattone - è abbastanza chiaro. Ma, dal punto di vista culturale, Renzi è un’anomalia. Nel nuovo segretario del Pd c’è piuttosto una rielaborazione, grazie alla cultura neotelevisiva e dietro modi che si vogliono simpatici, dell’arroganza dello squadrismo fiorentino. Quello della “Disperata”, che si scagliava contro i lavoratori del capoluogo della regione. Allora usando il manganello come procedura, mentre oggi, sempre contro i lavoratori, usando la procedura, di privatizzazione, come un manganello. Oggetto appena rinfoderato, come è accaduto per la vicenda Ataf, per non trovare sugli stessi schermi nazionali sia la notizia dell’incoronazione di Renzi che lo sciopero a causa delle politiche del lavoro promosse dal sindaco di Firenze. Politiche che, come al solito, la Cgil farà finta di non vedere ma che per essere promosse, tagliando salari e diritti, hanno proprio bisogno della spinta di un’arroganza di fondo nei confronti dei lavoratori che non si trovava nemmeno nella Dc di Scelba. Democrazia Cristiana che, se qualcuno non lo sapesse, i lavoratori li caricava non appena mettevano il naso in piazza. Ma qui più che contenere le folle, secondo le rigide leggi della deflazione salariale imposte dal patto di stabilità e dalle esigenze del mondo della moneta, c’è proprio bisogno di attaccare i residui diritti del lavoro.
Allora la Renziana, squadraccia di creativi digitali, ecco che ti mette in campo il set di Matteo che lodava Marchionne ieri come un piano per il lavoro oggi che, in quanto a salario reale, è qualcosa che erogherebbe più salario solo rispetto ad un rastrellamento per spedire la gente in un campo di lavoro. Diverse radici culturali della Renziana sono quindi maggiormente rintracciabili in riviste futuriste fiorentine degli anni ’10 del ‘900 come Lacerba, che diventò interventista, che per la demolizione del cascame culturale italiano promuoveva “genio”, “cinismo” e “la vittoria dell’uomo creatore”. Naturalmente oggi tutto questo è riletto secondo i canoni del politicamente corretto, l’estetica Apple e il gergo da bar dove si fa l’aperitivo giusto, ma l’anima culturale della Renziana è quella. D’altronde attaccare il lavoro, e i lavoratori, i cui diritti sono definiti privilegi, richiede un’anima che si vuole energetica, cinica e creatrice del nuovo. Introvabile nella vecchia cultura Dc toscana, rintracciabile in questi archetipi sempre attivi della cultura italiana contemporanea, comunicabile grazie a spin-doctor nemmeno tanto superlativi. Vi è quindi il momento il cui la Renziana si fa, necessariamente, Orwelliana. È quello in cui le politiche promosse dal sindaco di Firenze, antisociali e contro i lavoratori, vengono codificate “di sinistra”. Tutto ciò che fa privatizzazione (che diviene sfacciatamente qualcosa di assimilabile al bene comune perché “abbatte il deficit”), taglio dei salari (almeno 200 euro al mese nei trasporti fiorentini, tutta roba di sinistra perché “abbatte i privilegi”) riduzione dei servizi (venduta come “razionalizzazione”, niente di più progressista del razionale). Mentre a destra ci sono i “conservatori”: quelli che vogliono mantenere un livello di vita decente e dignitoso e che si ostiano a rivendicare la “rigidità” dei diritti”. La Renziana, assieme alla sottosquadraccia Orwelliana, non ha inventato molto di nuovo. Ha però adattato al format della promozione delle politiche dei Chicago Boysad un elettorato, quello di centrosinistra, che prima di essere ridotto a comunicare politicamente quasi solo su Facebook e col telecomando di Sky Active contro tutte queste politiche, definite da Renzi “di sinistra”, ci scendeva in piazza fino a non molti anni fa.
E qui fa effetto il segreto industriale della Renziana, il lato buono del marketing della squadraccia fiorentina. Quello del rivolgersi “alle mamme”, di parlare “delle nostre scuole”, che sarebbero ferocemente privatizzate da Renzi, e “del nostro welfare”, pronto ad essere cannibalizzato dai consiglieri economici superliberisti della Renziana. E si vede anche che il renzismo, sottoprodotto patinato ma aggressivo dell’autoritarismo, rappresenta la bancarotta mentale dell’elettorato di centrosinistra impaurito dalla crisi che, attratto da parole confortevoli, si getta per l’ultima volta, forse l’estrema, proprio nelle braccia del liquidatore dei beni che sostiene di voler tutelare. Naturalmente ci sarà chi guadagnerà, e molto, da tutta questa operazione. Ma non per chi si è convinto di andare a votare in nome dei propri figli o delle proprie scuole. Infatti se Pci e Dc erano, in modi molto diversi, rappresentanti diretti di interessi sociali, il Pd direttamente rappresenta solo interessi di ceto. Quello scosso dalla voragine bancaria, quello che deve muovere indici di borsa, quello che deve aprire a “investitori esteri”, che ribassano il salario. Tutta gente alla quale stanno strette le decisioni del parlamento, che infatti vuol dimezzare, figuriamoci i diritti.
In Cile, per implementare le politiche alla Renzi, c'è stato bisogno dei carri armati, qui bastano le primarie. Certo dopo Prodi, Berlusconi e Monti, il sindaco di Firenze trova il lavoro molto avviato. E una governance europea pronta a supportarlo. Ma la strada da fare è irta di ostacoli e pericoli. Ce ne saranno ancora di più se passerà la consapevolezza che, contro una destra di questo genere, un antifascismo di tipo nuovo sa essere un valido argine. Ci vada pure il Renzi dall’Anpi a fare la comparsata, secondo il copione stabilito dalla Renziana. Assomiglia a quel Franjo Tudman che, dopo aver portato la Croazia a destra, rispettava formalmente qualche vestigia della lotta partigiana. Un antifascismo di tipo nuovo, intelligente e capace di capire il mondo digitale, sa come leggere i comportamenti della Renziana. Intanto, per gradire, un fascista vero a Livorno si è presentato a un seggio del Pd per votare alle primarie. È stato accolto, non c’è alcun regolamento che vieti ai fascisti di inquinare le primarie di un partito democratico (sic), ha aderito al programma Pd ed ha votato Renzi. In attesa che si capisca la portata potenzialmente devastante, plebiscitaria e antidemocratica, della Renziana, ecco un camerata vero che rompe gli indugi. Non resterà solo, non c’è da dubitarne.

Asl di Frosinone, punta avanzata della sperimentazione sul Tisa

Luciano Granieri



Mentre procede a tappe serrate il  TTIP (Tarnsatlantic  Trade and Investiment Partnership) - lo scellerato accordo semi segreto tra Usa e Ue  che consente alle multinazionali di esercitare anche in Europa   pratiche commerciali pericolose come il fracking e l’utilizzo di OGM , di scarificare gli standard di protezione della salute e dell’ambiente sull’altare del profitto, con il diritto di non rispettare le leggi  dello Stato che le ospita -   avanzano anche le trattative sul Tisa. 

Il Trade in Service Agreement,  è un’altra devastante trattativa, anche questa portata avanti senza che i cittadini dell’Unione europea ne sappiano molto  se non per  le rivelazioni Wikileaks , a cui prendono parte i Paesi con  i  più grandi mercati al mondo nel  settori  dei servizi.   Si tratta di: Usa, Australia, Nuova Zelanda, Canada, i 28 Paesi dell’Unione Europea, più altri 18 Stati il cui settore servizi produce il 70% del Pil globale. Un’opportunità di profitto colossale che le multinazionali non intendono farsi sfuggire. 

L’obbiettivo è la totale liberalizzazione dei servizi pubblici,(Sanità, istruzione, previdenza, gestione dell’acqua). Un accordo ripreso  dal  vecchio piano generale sul commercio  dei servizi (Ages), discusso  oltre 10 anni fa nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Programma  fallito sotto le proteste del movimento alter-mondialista. 

 In relazione alla sanità è di questi giorni un documento, scoperto e diffuso dalla rete Associated   Whistle-Blowing  Press,   secondo il quale lo scorso 6 ottobre è  stata discussa a Bruxelles un proposta che  prevede l’apertura totale delle frontiere del mercato della sanità, un business valutato attorno ai 6 trilioni di dollari. Il sistema prevede  facilitazioni  alla mobilità dei pazienti  nei  diversi Stati, con la libera trasmissione dei dati sensibili dei potenziali utenti da un paese all’altro, da una clinica all’altra,  in barba ad ogni normativa sulla privacy. 

E’ prevista la distribuzione  di voucher sanitari  utilizzabili dai pazienti    nella Nazione  e  nella  struttura privata che preferiscono . Un passaggio decisivo    per la privatizzazione totale del sistema sanitario a vantaggio dei cittadini più ricchi, delle cliniche private e delle compagnie di assicurative.  Il meccanismo  dei voucher, ovviamente,  dovrà essere finanziato con i soldi dei contribuenti.   

E’ indubbio che quanto sta accadendo al sistema sanitario della nostra Provincia,  definisce  il nostro  territorio come punta avanzata della sperimentazione sull’applicazione del Tisa.  Nella Asl della nostra Provincia  è   agevolato, e di molto,   il passaggio dei pazienti a strutture esterne ai  distretti  di competenza dell’azienda.  Nell’atto aziendale in votazione in Regione, la maggior parte dei tagli  dei posti letto è a carico dei presidi  pubblici.  

E’ in atto lo smembramento delle strutture riabilitative pubbliche, allo scopo di lasciare la gestione delle terapie di riabilitazione  totalmente  nelle mani delle cliniche private (ad alcune delle quali è stata rinnovata la convenzione nonostante la loro accertata condotta truffaldina). Per tacere dei laboratori di analisi, svenduti alle lobby private del settore.  Addirittura  gli aumenti del ticket per l’effettuazione di alcuni esami, come le analisi del sangue, rendono più  vantaggioso rivolgersi ai privati.  

Un emocromo completo svolto direttamente nel laboratorio senza impegnativa del medico costa 48,97 euro, pagando il ticket per la prestazione in pubblico servizio il costo sale a 67,90. E’ chiara dunque  la direzione del processo in corso.  Si tratta di una sperimentazione avanzata del Tisa. Ciò che nel mondo occidentale si sta preparando segretamente sulla pelle dei cittadini, qui nella nostra Provincia si sta già mettendo  in atto, neanche troppo segretamente,  con protervia e prepotenza, ai danni dei  ciociari. Asl di Frosinone come punta avanzata della sperimentazione Tisa? Certamente,  e non ci si venga a dire che nel nostro territorio non si pratica ricerca e innovazione. 


venerdì 6 febbraio 2015

Il fenomeno di Podemos è "progressivo"?

Alejandro Iturbe (*)
 
Nelle ultime settimane ha avuto grande risonanza sulla stampa internazionale la notizia che il partito Podemos (Spagna) e la coalizione Syriza (Grecia) potrebbero vincere le elezioni nei loro Paesi e, in questo modo, andare al governo [l'articolo è stato scritto poco prima della vittoria di Syriza, ndt].
La notizia non ha fatto altro che accentuare il carattere di “star” che queste correnti politiche hanno attualmente nella sinistra mondiale. Specialmente nel caso di Podemos, che ha ottenuto rapidamente 100.000 iscrizioni e la cui pagina facebook supera i 900.000 seguaci.
Molti operai e settori popolari spagnoli, e di tutto il mondo, vedono con molta simpatia questa organizzazione. L’impressione è così grande che anche organizzazioni o militanti che si dichiarano della “sinistra rivoluzionaria” condividono questa simpatia.
Questa simpatia si spiega per l’impressione che Podemos sia “il nuovo contro il vecchio” e, più concretamente, “l’erede degli indignados” (chiamato anche Movimento 15M), il grande processo di mobilitazioni popolari che, nel 2011 e 2012, scosse la Spagna e venne conosciuto in tutto il mondo.
Ma è così? Podemos è realmente l’erede politico del movimento degli indignados? Noi crediamo di no. Crediamo che, nonostante la base sociale di entrambi sia molto simile, gli indignados furono un processo molto progressivo nel complesso, mentre Podemos è un fenomeno regressivo che cerca di “uccidere” il significato del 15M.

Indignados: un processo molto progressivo
Diciamo che quello degli “indignados” è stato un processo molto progressivo nel complesso per varie ragioni. Primo: si basava sulla mobilitazione delle masse e questa era il centro delle sue azioni. Secondo: avanzava un giusto programma di rivendicazioni popolari. Terzo: anche se in modo confuso, ha significato una forte denuncia del regime monarchico che domina lo Stato spagnolo e i legami di questo regime (e delle sue principali forze politiche, Pp e Psoe) con il potere economico. Nei fatti si scontrava con le istituzioni borghesi.
Una sua componente era molto contraddittoria. Da una parte era molto positiva la rivendicazione della “democrazia di massa” contro gli apparati burocratici e verticisti, come i sindacati Ugt e Comisione obreras, o le organizzazioni politiche che si dicono di sinistra, come il Psoe e Izquierda unida. Queste organizzazioni, insieme, sono state complici del potere politico ed economico (dalla caduta del franchismo nel 1976), lo hanno aiutato a far passare i suoi feroci piani di risanamento e hanno impedito una reazione operaia e popolare molto maggiore. Di fronte a questo, sia la rivendicazione della lotta come della democrazia di massa risultavano una boccata di aria fresca.
Ma, allo stesso tempo, questa giusta rivendicazione era accompagnata dalla falsa illusione che bastava “radicalizzare la democrazia” attraverso le assemblee popolari per affrontare il potere e cambiare le cose.
Infine vi era anche un aspetto totalmente negativo: confondendo gli apparati sindacali con la classe operaia, il movimento si rifiutava di includere i lavoratori organizzati (forza sociale centrale di una lotta contro il potere politico ed economico della borghesia), e rivendicava la costruzione di un movimento collettivo formato solo da “singoli cittadini” e non da settori sociali.
Questa visione si è manifestata negativamente durante la “marcha negra” del luglio 2012, quando diverse organizzazioni fecero appello ad appoggiare i minatori delle Asturie (eredi della migliore tradizione di lotta operaia del Paese) che manifestavano a Madrid in difesa dei loro posti di lavoro. Le assemblee più importanti degli “indignados” votarono contro l’appoggio, con argomenti “ecologisti” contro l’uso del carbone come combustibile. Al contrario, le assemblee dei quartieri più operai diedero il loro sostegno e si unirono alla “marcha negra” con lo slogan “Madrid obrero apoya a los mineros”.

Fenomeno progressivo o regressivo?Anche avendo una base sociale simile, Podemos è l’opposto degli indignados. È un partito che cerca di “addomesticare” la rabbia di questa base sociale e sterilizzarla all’interno delle istituzioni borghesi.
Podemos “uccide” gli aspetti più positivi degli indignados, come la loro proposta di mobilitazione e lotta di massa, e il loro programma di rivendicazioni, trasformandolo in una proposta di “democratizzare” le istituzioni imperialiste.
Allo stesso tempo, si appoggia sull’illusione di “radicalizzare la democrazia” per sostenere che questa “radicalizzazione” può avvenire attraverso il vicolo cieco delle elezioni borghesi. Infine, rafforza gli aspetti negativi, come la rivendicazione del “singolo cittadino” contrapposta alla classe operaia in quanto forza organizzata. Secondo la visione ideologica di Podemos c’è una contraddizione tra “la gente” (raggruppamento positivo degli individui) e “la casta” (i politici corrotti). La battaglia è tra questi settori la cui definizione è completamente ambigua e non tra classi e settori sociali (proletariato e borghesia).
Per questo diciamo che la proposta di Podemos è “regressiva” e non “riformista progressiva”, come affermano molti. Non è erede degli indignados, ma è la liquidazione del significato di questo movimento. È necessario differenziare la radicalizzazione che esprime la crescita dell’appoggio elettorale a Podemos (fenomeno progressivo) dalla politica totalmente negativa di questo partito che tenta di sterilizzare questa radicalizzazione e assimilarla al sistema.

L’appoggio dei grandi mezzi di comunicazioneLa situazione spagnola (profonda crisi economica, feroci piani di risanamento, crisi del Psoe e degli altri apparati della sinistra tradizionale) crea le condizioni per la crescita dell’influenza elettorale di Podemos. Ma questo processo è lungi dall’essere “puro” o “indipendente”. Per questa crescita Podemos ha potuto contare sull’appoggio dei grandi mezzi di comunicazione della stampa borghese.
Il più rilevante è il gruppo Mediapro, nato come produttore di film di grande successo come Los lunes al sol e Vicky Cristina Barcelona. Oggi è associato alla multinazionale pubblicitaria britannica Wpp, è il principale azionista del canale televisivo La Sexta e produttore di molti programmi per altre reti.
Un altro appoggio importante è quello del gruppo Multiprensa y Mas, il cui azionista di maggioranza è il consorzio norvegese Schibsted, proprietario di molti quotidiani (gratuiti e a pagamento), Tv, radio ecc. in vari Paesi del mondo. In Spagna pubblica il quotidiano gratuito 20 minuti, il più letto del Paese (2.911.000 lettori) che ha, inoltre, una edizione online molto visitata.
Un terzo gruppo di media è Connectors, il cui azionista di maggioranza è il catalano Toni Casis. Questa impresa ha gestito più di 100 periodici nel mondo. Tra questi The Independent (Regno Unito), La Stampa (Italia), Clarin (Argentina), El Comercio (Perù), O Estado de São Paulo (Brasile), La gazzetta dello sport (Italia), Metro International y Público (Spagna), Daily Mirror (Regno Unito) ecc. In Spagna gestisce anche il periodico digitale ad accesso gratuitoPúblico.es, con quasi 7.600.000 viste mensili.
Per concludere questo punto, aggiungiamo che questo partito conta sull’appoggio di Hispan Tv, edizione spagnola dell’emittente televisiva pubblica iraniana. Pablo Iglesias ha un programma su questo canale (Fort Apache).

Mancanza di democrazia internaDall’altro lato, la direzione di Podemos, capeggiata da Pablo Iglesias (PI) sta liquidando la democrazia interna del partito. Così denuncia un articolo pubblicato dalla pagina di Izquierda anticapitalista (sezione dell’organizzazione internazionale conosciuta come Segretariato unificato della IV Internazionale – Su), che è stata promotrice di Podemos dalla sua fondazione.
L’articolo (scritto da un militante di Madrid, lavoratore della sanità) informa che “Pablo Iglesias ha designato personalmente i 62 membri che oggi formano il Cc e i 10 della Commissione di garanzia” e che stanno scegliendo “dall’alto” tutti i segretari generali regionali e le diverse candidature. Aggiunge che “le vere decisioni si prendono in alto e si applicano in basso” e che questa mancanza di democrazia si esprime in “un programma in processo di adattamento alla logica dei mercati (“realista e pragmatico” lo chiama Iglesias)”. (3)

Il programma di Podemos è “riformista” o pro-imperialista?Un elemento centrale per definire il carattere di una organizzazione politica è analizzare il suo programma. Cioè quelle misure che si propone di applicare in caso arrivi al governo. In questo seguiamo il criterio del nostro maestro Lev Trotsky, che affermava che “un partito è, in primo luogo, il suo programma”.
Un’analisi del programma di Podemos ci mostra che, lungi dall’essere “riformista progressivo” è, in realtà, profondamente pro-imperialista.
* Il punto 1.3 si intitola Conversione della Bce in una istituzione democratica per lo sviluppo economico dei Paesi.
* Nel punto 4.1 (Incentivare la partecipazione) si propone la creazione di un “Commissariato della partecipazione nella Commissione europea, proposto e eletto dal Parlamento europeo…”
* Nel punto 5.1 (Abrogazione del trattato di Lisbona) si propone la “rifondazione delle istituzioni dell’Unione europea (Ue)…” (1)
In altre parole, la politica di Podemos è “democratizzare” l’Ue e la Bce. È necessario ricordare che la Ue (e le sue istituzioni) e la Bce sono parte centrale della struttura politica e finanziaria creata dai Paesi imperialisti dell’Europa (con la Germania alla testa) il cui obiettivo è attaccare l’insieme delle conquiste dei lavoratori e delle masse europee, e sfruttare i Paesi membri più deboli.
Aggiungiamo che la Ue e la Bce, insieme al Fmi, formano la “troika” che impone e controlla i feroci piani di risanamento in Spagna e Grecia. A Podemos manca solo di chiedere la “democratizzazione” del Fmi perché il suo programma giri intorno a una “troika democratizzata”.
Non c’è nessuna possibilità di “democratizzare o “riformare” questi strumenti imperialisti. Sono e saranno sempre armi contro i lavoratori e le masse.
Non è casuale che il Financial times (voce della borghesia finanziaria imperialista della Gran Bretagna) abbia elogiato la proposta di Podemos nell’articolo "La sinistra radicale ha ragione sul debito europeo", in cui nota che il programma di Podemos sembra “un approccio coerente per gestire il rischio economico successivo alla crisi”. Per caso qualcuno crede che questa vecchia ed esperta borghesia imperialista è “ingenua” o “è stata ingannata”? O che quello che è buono per “loro” può essere favorevole per i lavoratori e le masse spagnole?
Le proposte attuali di Syriza hanno un contenuto simile: negoziare (nel quadro dell’Ue e senza rompere con questa) una ristrutturazione del debito greco e l’applicazione di piani di risanamento “meno brutali”.
In momenti in cui le masse spagnole e greche lottano duramente contro i piani imposti dalla “troika” e, sempre più, arrivano alla conclusione che si deve rompere con l’Ue, Podemos e Syriza arrivano “da sinistra” a tentare di salvare le istituzioni imperialiste e a creare l’illusione reazionaria che possano essere “democratizzate”.
Questa deplorevole politica di organizzazioni che si dicono di “sinistra” finisce per portare acqua al mulino dell’estrema destra fino alle organizzazioni fasciste europee (come Alba dorata in Grecia, il Fronte nazionale francese e l’Ukip britannico) che prendono la bandiera della rottura con l’Ue per guadagnare influenza di massa.
D’altra parte, nel caso di Podemos, il suo carattere pro-imperialista si esprime anche con la posizione sulla lotta del popolo catalano. Come ha rimarcato Corriente roja [sezione spagnola della Lit-Quarta Internazionale, ndt], di fronte alle grandi mobilitazioni di massa e al recente plebiscito in Catalogna, questo partito (che, in astratto, difende il diritto di autodeterminazione) ha avanzato la posizione della difesa della “unità della Spagna” (analogamente a Pp e Psoe). Peggio ancora: hanno affermato che qualsiasi decisione sulla Catalogna avrebbe dovuto essere presa all’interno delle “istituzioni democratiche spagnole”. Cioè all’interno del regime monarchico marcio e oppressore ereditato dal franchismo.
In altre parole, la logica di Podemos è che esiste il “diritto astratto di autodeterminazione” … ma se lo si vuole applicare, come nel caso del popolo catalano, Podemos è contrario. 

Ambiguità e omissioni delle proposte di Podemos
Di fronte al debito spagnolo con l’Ue e le banche straniere, lo slogan degli indignados era “Non possiamo, non paghiamo”. Podemos inizialmente avanzava una proposta progressiva: auditoria sul debito, moratoria sul pagamento durante questa revisione e rifiuto del debito illegittimo.
Dopo, la direzione eletta “dall’alto” da Pablo Iglesias ha svoltato decisamente a destra e la sua proposta attuale è, fondamentalmente, rinegoziare il debito e continuare a pagarlo. Naturalmente, democratizzando la Bce.
Un altro problema gravissimo delle masse spagnole è quello delle famiglie che non possono continuare a pagare le ipoteche delle loro case. Ci sono più di 140 sfratti al giorno per questo motivo e, ad aggravare la situazione, le legge spagnola impone che queste famiglie debbano continuare a pagare il debito anche se hanno perso la casa. Le rivendicazioni del movimento che lotta contro questa realtà sono: debito zero se si perde la casa e alloggio sociale (a prezzi accessibili) per chi non ha casa. La proposta di Podemos si limita a proporre la “rinegoziazione” del debito con le banche.
Infine, è impossibile sapere quello che pensa Podemos su temi così importanti come il salario minimo (oggi di 640 euro, molto sotto le necessità di una famiglia) o delle pensioni ancora più basse. Anche se la stampa ha chiesto più volte che soglie propongono per questi punti, la risposta è stata l’omissione e, come dice il detto, “chi tace acconsente”.

Quale deve essere la politica dei rivoluzionari?
Molte volte, nella storia recente, sono sorti movimenti ampli che influivano e incidevano sui lavoratori e sulle masse. Molte volte si è quindi posta la necessità che i rivoluzionari definiscano la loro posizione di fronte ad essi.
Per noi, il primo passo per avanzare una qualsiasi politica verso questi processi è definire la loro caratterizzazione e il loro segno di classe. Come abbiamo visto, c’è un dibattito in corso, all’interno della sinistra, sul significato di Podemos, dibattito che deve continuare e approfondirsi.
Le richieste operaie e delle masse popolari continuano a passare per le strade, come dimostrano le mobilitazioni di massa del 22 marzo e, più recentemente, del 29 novembre convocate dalla Marcia della dignità (per pane, lavoro, casa). È un compito molto importante tentare di assumere queste richieste e far sì che le lotte abbiano una espressione politica. Tuttavia non sarà attraverso Podemos: questa organizzazione e il suo programma non rappresentano un vero “cambiamento”: sono le ricette della vecchia socialdemocrazia, ma nel mezzo della crisi più grave del capitalismo. L’unica soluzione progressiva alla crisi spagnola, europea e mondiale deve venire dalla lotta della classe operaia che guidi le masse popolari. Qualsiasi altra cosa è una pura illusione. Puntare su Pablo Iglesias darà solamente un altro Felipe Gonzalez, corretto e peggiorato.
Per questo crediamo che la politica dei rivoluzionari verso Podemos debba passare oggi dal più duro confronto politico. Crediamo che la necessità più immediata delle masse nel mondo è costruire una direzione che possa guidare e incoraggiare le loro lotte.
Una parte importante della risposta a questa necessità è la costruzione di partiti rivoluzionari in ogni Paese, che siano parte di una organizzazione internazionale rivoluzionaria, e non quella di una nuova alternativa elettorale ingannevole che non fa altro che riproporre il programma pro-imperialista della vecchia socialdemocrazia europea.
Un’alternativa che, come diceva Lenin, dobbiamo presentare “spiegando pazientemente” la nostra posizione ai lavoratori e alle masse che simpatizzano per Podemos. Dobbiamo farlo, usando anche un altro concetto di Lenin, “senza timore di rimanere in minoranza” in questi momenti, mentre questi settori fanno le loro esperienze. È l’unica maniera di costruire una alternativa rivoluzionaria.  
 
(*) dal sito della Lit-Quarta Internazionale www.litci.org


(traduzione dallo spagnolo di Matteo Bavassano)

giovedì 5 febbraio 2015

Chi ci manda Tsipras a parlare con i tedeschi e con la Bce? Ecco il ritratto dell’uomo più importante d’Europa.

Sergio Cori di Modigliani . fonte http://www.libero-pensiero.net/

Che cosa ne dite di questo signore?
La sua faccia vi ispira?
Secondo voi è pulito, schietto, sincero e ce la farà?
Oppure è semplicemente la maschera di un’eterna finzione che finirà per deludere tutti?
Innanzitutto, il suo nome: si chiama Yani Varoufakis.
Il Wall Street Journal lo ha definito “il falco del radicalismo di sinistra in Europa”.
Ma non è un giornalista o qualcuno in cerca di visibilità televisiva.
Dal 26 Gennaio 2015, costui è il nuovo Ministro delle Finanze della Grecia.
Il suo “protettore”, maestro, (nonché capo ufficio) è lo statunitense James Kenneth Galbraith, un economista e pensatore americano che rappresenta l’indomito spirito antagonista dei liberals d’oltreoceano. Galbraith lo ha voluto a tutti i costi nella università di cui lui è preside, la prestigiosa University of Texas, ad Austin, dopo averlo scoperto come assistente alla cattedra di macroeconomia presso l’Istituto di Studi di Alta Economia a Canberra, Australia.
Varoufakis ha due lauree, una in scienze dell’economia, l’altra in matematica. E’ specializzato nella “teoria dei giochi” ed è un esperto di “simulazione di costruzione di realtà virtuali di composizione e decomposizione della scena finanziaria”.
E’ l’incubo della finanza speculativa internazionale, non tanto per il fatto che avesse potere, non ne aveva nessuno dato che era soltanto l’allievo prediletto di James Galbraith, quanto piuttosto per il fatto che è considerato il più grande esperto tecnico al mondo sui sofisticati giochetti speculativi dell’architettura finanziaria.
Fino a ieri, lo conoscevamo in pochi e il suo potere -tranne che all’interno dei circuiti progressisti statunitensi- era equivalente a zero.
Non è più così.
Da oggi è il Ministro delle Finanze della Grecia.
Da ieri è diventato per la troika, la Bce, la Merkel e Juncker, l’uomo più temibile in assoluto.
Si racconta che il magnate proprietario di Sky, di centinaia di tabloid, e della Fox news, Rupert Murdoch, quattro mesi fa aveva inviato (firmata di suo pugno) una informativa -probabilmente un ordine dall’alto- a tutti gli impiegati della cupola mediatica che fanno parte del suo impero, spiegando che per nessun motivo doveva essere né intervistato, né citato, pena il licenziamento in tronco del giornalista che avesse osato dargli spazio.
Apparso tre settimane fa sulla BBC, aveva dichiarato che “l’Europa non esiste più, è stata sequestrata da una cricca di criminali assetati del sangue pulsante dei cittadini, i quali vogliono dettar legge truccando i conti, alterando i bilanci, distruggendo i diritti civili, approfittando del fatto che nel loro quartiere generale persone davvero molto in gamba, e altamente competenti nel campo dell’alta tecnologia finanziaria, sono in grado di operare seguendo lo schema di un gioco perverso e diabolico che finirà per distruggerci tutti, riportandoci nel buio del medioevo. Datemi la possibilità di sedermi al loro tavolo e spezzo loro la spina dorsale”.
E’ uno che parla così.
Questo è l’uomo che venerdì mattina, 28 Gennaio, alle ore 12, incontrerà nel suo ufficio di Atene gli emissari della Bce, del Fondo Monetario Internazionale, della Commissione Europea, oltre al braccio destro del ministro dell’economia tedesco.
Per averlo lì, Alexis Tsipras ha compiuto un’azione di grande azzardo, da tutti considerata geniale quanto pericolosa. Si è alleato con la destra alla quale ha dato il ministero degli interni e il ministero della difesa affidando loro l’incarico di gestire il disagio sociale, pretendendo in cambio (e ottenendo) carta bianca per Varoufakis.
“Distruggeremo le basi sulle quali hanno distrutto l’Europa, decennio dopo decennio, costruendo un sistema che succhia l’energia e il potere economico da ogni altro membro della società…l’Europa, nelle loro mani, è diventato un riformatore vittoriano, perché questo è il loro progetto: far regredire i popoli e costituire una neo-aristocrazia imperiale di tipo dittatoriale, una vera e propria monarchia assoluta”.
Così si concludeva la sua intervista alla BBC.
Non ha nessuna intenzione di uscire dall’euro e ha ufficialmente dichiarato (poche ore fa) che Mario Draghi può dormire sonni tranquilli a condizione che sia disposto e disponibile a svegliarsi prima che sia troppo tardi; “io sono a disposizione, e posso dire che come Ministro delle Finanze, pienamente appoggiato e delegato dal capo del governo, non andrò alla riunione dell’Eurogruppo cercando una soluzione che sia buona solo per il contribuente greco e cattiva per quello slovacco, irlandese, tedesco, francese, italiano. Il divide et impera è finito”.
In Italia, il Sole24ore, a nome della Confindustria, ha pubblicato oggi un articolo su di lui (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-01-27/alle-finanze-falco-varoufakis-economista-accidentale-103043.shtml?uuid=ABFDzdkC) che intitola “Chi è il falco Yani Varoufakis”, in cui leggo tra le righe il timore reverenziale per una personalità con la quale non sarà facile trattare, tanto meno sarà possibile abbindolarlo.
In America, un entusiasta Galbraith, nel commentare l’avvenuta nomina al dicastero delle finanze del suo allievo e adorato pupillo, ha detto “è una grandiosa vittoria per le speranze, le ambizioni e i progetti di ogni progressista europeo che voglia combattere”.
E’ l’osso più duro disponibile sul mercato in Europa.
Staremo a vedere che cosa combina, come se la cava, che cosa ottiene.
E’ presto per dirlo.
Ma mi sembra davvero una ottima notizia per tutti noi europei che a fronteggiare i mastini della guerra e i fondamentalisti finanziari ci vada qualcuno che ha la giusta competenza tecnica e il suo merito se l’è conquistato sul campo.
Non è davvero poco, di questi tempi.
Buona fortuna e che il Signore lo assista.

Ospedale di Frosinone. Il non luogo del reparto di riabilitazione

Nell'ospedale del capoluogo il reparto di riabilitazione, benchè presente, non ha mai avuto effettiva funzione, e ultimamente è stato del tutto disattivato. Non è stata creata alcuna alternativa presso altri servizi o ospedali pubblici.
 In compenso l’attività di riabilitazione è fiorente e si è si molto sviluppata presso le strutture sanitarie convenzionate, agevolata  con il trasferimento di posti letto dal pubblico al privato.
Nel 2010 esistevano due strutture pubbliche:  Ceprano e  Ferentino con 12 posti letto ciascuna, successivamente trasferiti al “Fabrizio Spaziani”.
 Sembra che non vengano effettuati controlli adeguati per verificare che le patologie da trattare in regime di ricovero siano effettivamente quelle per cui il reparto deve operare, e viene proporzionalmente pagato, e non invece pazienti meno impegnativi ( ma pagati come i più difficili).
Lo stesso discorso vale per i Day Hospital riabilitativi, dove non si capisce se i pazienti pagati dalla Regione come DH non siano in realtà dei semplici pazienti ambulatoriali.
 Chi controlla e chi garantisce e si assume la responsabilità del corretto uso del denaro pubblico?

Frosinone 04.02. 15

                                    Il Coordinamento Provinciale Sanità

mercoledì 4 febbraio 2015

Frosinone Multiservizi. L'epilogo....ma non tutto è perduto

Luciano Granieri


Questa è una storia di ordinaria disperazione.  Alla fine degli anni ’90 il lungo e devastante percorso della grande industrializzazione nel nostro territorio si avviava all’epilogo.  Grandi aziende e multinazionali, facevano incetta dei contributi pubblici, messi a disposizione della cassa del mezzogiorno, per colonizzare la nostra Provincia. Una volta sfruttati, fino all’ultimo centesimo ingenti quantità di denaro pubblico, la grande industria, così invocata e idolatrata, toglieva le tende per cercare altrove altri polli pubblici da spennare.  

L’abbandono  pianificato da questi squali, con le tasche piene del denaro dei contribuenti, lasciava sul terreno la disperazione dei lavoratori licenziati e il deserto di un territorio defraudato della sua  originaria vocazione agricola, sacrificata sull’altare della grande speculazione fondiaria e finanziaria. 

Colpiti da sindrome di Keynes, ci si inventava la formula dei lavoratori socialmente utili (LSU). I lavoratori spremuti e abbandonati dalle aziende private, venivano  riutilizzati per svolgere attività in favore delle città e delle Province. A loro erano demandati i servizi di pubblica utilità fra i quali, la manutenzione dell’arredo  urbano, delle strade, dei parchi, i servizi cimiteriali, la mobilità scolastica e la cura dei disabili. Attività importanti molte vote di grande responsabilità e pagati con un piatto di lenticchie. 

Gli enti  locali, i Comuni e le Province in particolare, hanno avuto nella loro disponibilità mano d’opera gratuita per svolgere una serie infinita di servizi risparmiando ragguardevoli somme di denaro. Infatti  per un lungo periodo questi  lavoratori sono stati retribuiti  per metà dallo Stato, attraverso il fondo nazionale per la disoccupazione, per metà dalla Regione. Nello specifico, dal 1997 al 2007 una buona parte degli operali lasciati per strada dalla voracità delle multinazionali sbarcate a bivaccare in  Provincia, hanno messo a disposizione le proprie professionalità a favore dei cittadini di Frosinone, Alatri, e della Provincia di Frosinone, senza che questi  enti sborsassero una lira  per il  loro salario . 

Nel 2007,  secondo il programma  dedicato ai lavoratori socialmente utili, gli enti  beneficiari hanno  dovuto costituire una società  in-house per stabilizzare questi operai  e accollarsi il relativo onere contributivo sollevando lo Stato e la Regione.  E’ nata così la Multiservizi Spa i cui soci (Comune di Frosinone, Provincia di Frosinone, Comune di Alatri) avrebbero dovuto pagare quegli stessi addetti che per dieci anni avevano contribuito al benessere dei proprio concittadini. 

C’è da rimarcare, inoltre, che fra sgravi contributivi e agevolazioni fiscali gli azionisti  della Multiservizi hanno continuato ad usufruire  quasi gratuitamente dell’opera di questi la lavoratori. A partire dal 2010, quando l’onere è definitivamente passato agli enti soci questi si sono trovati in una   posizione   economicamente invidiabile.  La  società riceveva commesse  esclusivamente dei suoi azionisti,  con la perpetua assicurazione del lavoro, senza concorrenza alcuna e zero possibilità di fallimento.  

Ma si sa  la longa manus dei comitati elettorali che gestiscono le amministrazioni locali è più spietata delle multinazionali private. Immediatamente la Multiservizi spa diventava il verdeggiante campo  dove pascolare le mandrie clientelari.   La dirigenza della società diventava ipertrofica con un consiglio di amministrazione funzionale  a pagare laute cambiali elettorali. Crebbe un conglomerato di manager e amministratori dallo stipendio iperbolico, (250mila euro annui per presidente e consiglio di amministrazione),  la cui  retribuzione era pari alla loro incapacità. 

Non è un caso che una parte del debito della Multiservizi  (156mila euro)  si sia determinato per le cantonate  amministrative prese  da lor signori.  E mentre i costi di gestione aumentavano vertiginosamente per alimentare le  clientele,  gli enti soci (Provincia e Comune di Frosinone, Comune di Alatri)  pensavano bene di sotto pagare i servizi, di corrispondere il corrispettivo dovuto in enorme ritardo, producendo così un debito  pari al 40%  di una somma complessiva stimata in 9.319.000 euro.  Un salasso così ripartito:  1 milione800 mila euro per la Provincia di Frosinone, più o meno altrettanto per il Comune capoluogo, 1 milione per il Comune di Alatri, 4 milioni e mezzo per la Regione.

 In questo perverso meccanismo, sono rimasti incastrati proprio quei lavoratori  per la  cui salvaguardia del posto di lavoro tutto il progetto  era stato pensato. 306  addetti  venivano messi in cassa integrazione e quindi licenziati fino all’epilogo del fallimento della società decretato dal tribunale fallimentare  il 27 gennaio del 2015.  

Nel frattempo gli enti hanno provveduto a foraggiare ulteriormente il proprio bestiame elettorale attraverso l’affidamento dei servizi,  precedentemente svolti dai lavoratori licenziati, a cooperative amiche, amiche degli amici, secondo una modalità, poco trasparente,   più onerosa per la comunità. L’altra ha riguardato  la forma  del fallimento, parametrato, su una tipologia di società, non rispondente alle caratteristiche della Multiservizi, ma utile a sollevare gli enti, primi responsabili dello sfascio, da ogni addebito. E soprattutto funzionale  a non pagare i risarcimenti e le indennità ai lavoratori licenziati. 

Un epilogo drammatico ma che apre un’opportunità.  L’attuale situazione di crisi del mercato basato sulla compravendita delle merci, ha reso fortemente appetibili le opportunità di profitto fornite dalla gestione dei servizi. Ecco perché la speculazione privata sta investendo sempre maggiori risorse sull’acquisizione di queste attività. 

Quindi una società di servizi   che un fallimento pilotato ha reso pulita da debiti, può tornare appetibile per il profitto privato. Pare che una società privata si sia proposta per la compartecipazione del 50% al capitale di una new company che possa assorbire gli addetti licenziati. Le mire di una tale compartecipazione privata sono tristemente note e non propriamente favorevoli ai  lavoratori, ma intanto uno spiraglio si è aperto, e se ciò è avvenuto lo si deve alla caparbia lotta di donne e uomini  che da più di 300 giorni resistono per protesta sotto una tenda davanti al Comune.  La lotta paga? Forse si ma è necessario tenere alta la guardia affinchè  non vada in scena l’ennesima triste storia di speculazione costruita sulla pelle dei lavoratori.





martedì 3 febbraio 2015

Incontro con i rappresentanti cittadini dei partiti, sui problemi della sanità a Frosinone.

Gentili segretari,
Le associazioni ed i comitati del distretto B, aderenti al,Coordinamento provinciale della sanità, nell’ambito di una serie di azioni rivolte alla discussione per la conoscenza dei problemi della sanità locale e provinciale e delle proposte avanzate per la loro soluzione, hanno organizzato un incontro con i rappresentanti locali dei partiti e dei movimenti politici.
 Tale evento  vuole essere un ulteriore momento di confronto costruttivo e di arricchimento delle opinioni e delle proposte provenienti da tutti i movimenti politici, e vuole altresì costituire un solido passo di un percorso complesso finalizzato alla valorizzazione dell’offerta sanitaria pubblica.
Certi della partecipazione delle  SS.LL. si comunica che l’incontro di cui trattasi si terrà VENERDI’ 06 FEBBRAIO 2015, ALLE ORE 17,15  presso la Sala conferenze della Libreria “Edicolè” in Piazza Madonna della Neve.

Distinti saluti      


lunedì 2 febbraio 2015

Da Napolitano a Mattarella....

Comitato centrale (nuovo) Partito Comunista Italiano

Sabato 31 gennaio Renzi è riuscito a portare in porto l’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Quando sarà passata la sbornia delle cerimonie per la beatificazione di Sergio Mattarella, la sinistra borghese troverà che con le elezioni del Presidente della Repubblica si è messa ancora di più nelle mani della destra borghese: tra le forze della sinistra, solo il M5S non si è associato all’unità attorno al candidato di Renzi. Riemergerà quindi nelle file della sinistra borghese il pianto che oramai è impossibile distinguere le attività criminali dagli affari economico-finanziari: la criminalità organizzata è presente in forze e detta la sua legge ovunque si possono fare soldi. Riprenderà anche il lamento impotente della sinistra borghese sul legame tra il PD di Renzi e la banda Berlusconi: grideranno che la rottura del Patto del Nazareno era una finta. La sinistra borghese ne pagherà le conseguenze già alle prossime elezioni regionali e comunali.
A chi oggi ha dubbi sull’opera futura del nuovo Presidente della Repubblica e sul suo legame di sempre con la criminalità organizzata, sul suo ruolo nell’inserimento vittorioso delle Organizzazioni Criminali nei vertici della Repubblica Pontificia, diamo principalmente un’indicazione di metodo: guardate ai risultati degli ultimi trent’anni, guardate principalmente ai fatti. L’ascesa delle OC è stata irresistibile perché la borghesia imperialista italiana ne aveva bisogno. La connivenza con le OC è per la borghesia italiana una necessità dettata dalla sua lotta contro le masse popolari, come lo è la connivenza con la Corte Pontificia e la gerarchia ecclesiastica. I gruppi e i personaggi che hanno avuto potere nella Repubblica Pontificia si distinguono solo tra quelli che hanno direttamente favorito l’ascesa delle OC e quelli che vi hanno acconsentito. Quanto alla famiglia di Sergio Mattarella, è stato vietato anche solo parlare del suo ruolo nella Mafia e in particolare nella strage di Portella della Ginestra (1947): per averne parlato, Gaspare Pisciotta finì avvelenato in carcere e Danilo Dolci fu condannato per diffamazione. Chi invoca a prova dell’impegno antimafia della famiglia di Sergio Mattarella l’eliminazione (gennaio 1980) del fratello Piersanti Mattarella o l’opposizione (luglio 1990) di Sergio Mattarella all’ascesa della banda Berlusconi, confonde le lotte tra cosche mafiose rivali con la lotta contro la Mafia. A questa stregua anche Vito Ciancimino andrebbe annoverato tra i protagonisti della lotta contro la mafia e la criminalità organizzata!
A chi invece giura sull’impegno di Sergio Mattarella a difesa della Costituzione del 1948, parimenti indichiamo di guardare principalmente ai risultati, ai fatti, più che alle dichiarazioni. Ai risultati sul lungo periodo, se non basta che come Ministro della Difesa del governo D’Alema coprì la partecipazione dell’Italia alla guerra in Jugoslavia (con l’uso criminale di armi all’uranio impoverito) in plateale violazione della Costituzione o l’acquiescenza pluriennale al Porcellum, la legge elettorale truffa messa a punto da Calderoli.
L’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della RP conferma quindi in tutto e per tutto il corso antipopolare che il  governo delle Larghe Intese persegue nella politica italiana: il programma comune della borghesia imperialista. Il governo Renzi continuerà la politica dei governi Prodi, Berlusconi, Monti e Letta. La novità sta nel fatto che, come l’ascesa di Bergoglio al vertice della Corte Pontificia, l’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della RP segna un rafforzamento dell’influenza dei gruppi imperialisti americani in contrasto con i gruppi imperialisti franco-tedeschi. Quindi pone premesse per una maggiore partecipazione dell’Italia alle guerre promosse nel mondo dai gruppi imperialisti USA e sionisti e per una maggiore libertà d’azione del governo della RP rispetto al rigore finanziario: i gruppi imperialisti europei devono dare alla borghesia di tutto il mondo maggiori garanzie, per rimontare lo svantaggio politico e militare che li separa dai gruppi imperialisti americani e prevalere nella lotta per la supremazia nel mercato finanziario mondiale. Infatti oggi la posta in gioco tra i gruppi della borghesia imperialista è chi comanda nella finanza mondiale che a sua volta comanda nel resto dell’attività economica capitalista.

L’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della RP è un evento che riguarda principalmente i contrasti nel campo della borghesia imperialista e le relazioni tra i gruppi imperialisti. La vittoria elettorale di Syriza in Grecia domenica 25 gennaio con la conseguente formazione del Governo Tsipras è invece un evento che avrà certamente notevoli ripercussioni anche nel campo delle masse popolari del nostro paese e del resto del mondo.
La vittoria elettorale di Syriza contro le destre è certamente una buona cosa per le masse popolari greche ed europee, per le masse popolari di tutto il mondo, dato che la lotta di classe è internazionale. È vero che la concezione del mondo che guida Syriza, con cui ha preparato e ottenuto il suo successo elettorale, è del tutto interna alla concezione borghese; che le sue parole d’ordine e le misure pratiche che si propone non rompono le catene della Comunità Internazionale dei gruppi finanziari europei, americani e sionisti che strozzano le masse popolari greche e le masse popolari di gran parte del resto del mondo.
Il successo elettorale di Syriza è dovuto a vari fattori:
- al fatto che ha alzato la bandiera della ribellione alle imposizioni della Troika;
- al prestigio che hanno presso le masse popolari greche molti suoi dirigenti che provengono dal movimento comunista;
- al sostegno che ha dato alle iniziative di autorganizzazione del lavoro, all’occupazione di fabbriche e al contrasto dell’eliminazione di servizi (acqua, elettricità, ecc.);
- alle opere assistenziali, caritative e filantropiche che ha promosso in questi anni (in concorrenza con la Chiesa Ortodossa e con i fascisti di Alba Dorata) per attenuare gli effetti più distruttivi della crisi generale del capitalismo e delle imposizioni della Troika;
- alla corrispondenza del suo programma e delle sue proposte al comune buon senso che impregna le misure sostenute dalla sinistra borghese di tutti i paesi imperialisti (in Italia il manifesto, ATTAC, Sbilanciamo l’Europa, ecc. ne offrono un campionario ininterrotto).
Ma le promesse che Syriza ha fatto non sono solo un campionario d’illusioni: la loro diffusione e popolarità e l’organizzazione dei loro sostenitori ne fanno una forza materiale. Le speranze che ha acceso tra le masse popolari è possibile realizzarle solo rompendo le catene della Comunità Internazionale dei gruppi finanziari europei, americani e sionisti.
La posta in gioco reale quindi è: prevarrà la volontà delle masse popolari, prevarranno l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari per realizzare le proprie aspirazioni e quindi rompere quelle catene? È infatti sicuro che solo le masse popolari greche, organizzate e in definitiva dirette dal Partito comunista, possono creare in Grecia un sistema di relazioni sociali corrispondente ai loro interessi e difenderlo con successo contro l’aggressione della Comunità Internazionale dei gruppi finanziari europei, americani e sionisti e il sabotaggio della borghesia imperialista e del clero ortodosso greci. Prevarranno le masse popolari greche o i mille vincoli e le mille relazioni, gli aspetti arretrati  di Syriza?
Questa è una lotta reale aperta e al suo esito concorreranno anzitutto i comunisti greci del KKE e gli elementi avanzati delle masse popolari greche. Ma concorriamo anche noi, comunisti italiani. La lotta di classe si sviluppa in modi e con tempi diversi da paese a paese, ma è internazionale. Solo opportunisti superficiali o dogmatici incartapecoriti possono pensare che la rivoluzione socialista avanzi in modo uniforme e ordinato contemporaneamente in tutti i paesi. Ma lo sviluppo della lotta di classe in ogni paese è influenzato dagli avvenimenti degli altri paesi.
La vittoria elettorale di Syriza ha dato gioia e acceso speranze anche nelle masse popolari del nostro paese. I passi avanti delle masse popolari greche nello spezzare le catene della Comunità Internazionale dei gruppi finanziari europei, americani e sionisti rafforzeranno la nostra lotta. I reazionari e gli opportunisti del nostro paese non mancheranno di usare ogni cedimento di Syriza e del nuovo governo greco e ogni sconfitta delle masse popolari greche per seminare disfattismo, sfiducia e rassegnazione nelle masse popolari italiane. Ma sta a noi comunisti promuovere la rivoluzione socialista nel nostro paese e in concreto promuovere la costituzione del Governo di Blocco Popolare facendo sorgere a migliaia Organizzazioni Operaie e Organizzazioni Popolari decise a costituirlo, a farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia e ad agire in ogni azienda e in ogni territorio come nuove autorità pubbliche, forti del sostegno e della mobilitazione delle masse popolari che seguono le loro indicazioni. Proseguire su questa strada è il principale aiuto che possiamo dare alle masse popolari greche. Se avanzeremo su questa strada, ogni nostra vittoria avrà ripercussione positiva anche in Grecia e in ogni altro paese: solleverà il morale delle masse popolari e le rafforzerà nella loro lotta. E questo dipende solo da noi!
Quanto agli esponenti della sinistra borghese del nostro paese ammiratori di Tsipras (da Nichi Vendola a Paolo Ferrero, da Marco Revelli a Maurizio Landini, da Luigi De Magistris a Giuliano Pisapia), se vogliono veramente “fare come Syriza” devono rimediare al discredito e alla sfiducia che si sono meritati partecipando al governo Prodi e collaborando a livello locale e nazionale con il PD e con la destra della CGIL, devono cioè mettersi a fare quello che non hanno fatto finora (e questo vale anche per il M5S di Beppe Grillo): ribellarsi con misure pratiche al Patto di Stabilità, mobilitare e chiamare a organizzarsi le masse popolari, sostenerne senza riserve le iniziative. Devono cioè fare quello che abbiamo in sintesi chiamato “costituire Comitati di Salvezza Nazionale”.

Il corso delle cose, anzitutto la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale ma anche l’azione condotta dalla borghesia imperialista da quando ha ripreso in mano la direzione del mondo, ha potentemente unito l’umanità intera. Prima è stata unita nella fiduciosa lotta per un futuro di civiltà e di progresso che la vittoria della Rivoluzione d’Ottobre aveva acceso in ogni paese del mondo. Ora si trova unita nel vortice di miseria, di inquinamento e di guerra in cui il sopravvento della borghesia imperialista e del suo clero, in particolare la Comunità Internazionale dei gruppi finanziari europei, americani e sionisti, ha trascinato e trascina il mondo intero. Oggi gran parte dell’umanità vive nello sconforto e nella disperazione, molti si ubriacano e distraggono in mille modi e perfino danzano come i condannati a morte danzavano sulla tolda del Titanic. La borghesia imperialista e il suo clero non possono fare altro che imporre sofferenze ed evasione nello stordimento e in illusioni che si alternano alla disperazione e al nichilismo morale e intellettuale. Stiamo vivendo un periodo di corruzione e di abbrutimento prodotti della sconfitta che il movimento comunista ha subito a causa dei suoi propri limiti. Solo la rinascita del movimento comunista può tirar fuori l’umanità da questo vortice.
La nostra impresa è del tutto possibile: dobbiamo solo superare i limiti che hanno impedito al movimento comunista di condurre la prima ondata della rivoluzione proletaria alla completa vittoria in tutto il mondo. Noi comunisti dei paesi imperialisti siamo in una posizione privilegiata, perché l’instaurazione del socialismo, la vittoria della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, in paesi come il nostro, sarà un evento decisivo per tutta l’umanità.
 Sta quindi a noi comunisti scuoterci di dosso l’influenza morale e intellettuale della borghesia imperialista e del suo clero, rompere i mille vincoli della vita quotidiana con cui essi rendono difficile a ogni uomo e donna delle masse popolari di dedicarsi senza riserve alla rivoluzione socialista. Chiunque lo fa, apre la strada anche ad altri che lo faranno.
La rinascita e la vittoria del movimento comunista sono certi, perché l’umanità non ha altro futuro di vita e di progresso. Il nuovo Partito comunista italiano è un partito ancora piccolo, ma ha già compiuto un grande lavoro per chiarire i limiti che hanno portato all’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, per mettere a punto la strategia e i principi di tattica e organizzativi che i comunisti devono seguire per essere promotori efficaci della rivoluzione socialista. È ad assimilare e sviluppare i risultati di questo lavoro che il nuovo Partito comunista italiano chiama tutti i lavoratori avanzati, in primo luogo gli operai. Ad assimilare e sviluppare i risultati di questo lavoro il nuovo PCI chiama le donne delle masse popolari, i giovani, gli immigrati, i disoccupati. A dare il loro contributo a questo lavoro il nuovo PCI chiama i pensionati delle masse popolari.
Questa è la via per provvedere al nostro futuro e per aiutare la masse popolari di tutto il mondo.

domenica 1 febbraio 2015

Impegni


Coordinamento Provinciale della Sanità Frosinone


Una delegazione del Coordinamento provinciale della sanità si è incontrata con il Presidente della Provincia il 30  gennaio scorso.
La delegazione ha rappresentato al Presidente il precipitare della situazione sanitaria provinciale  verso un  caos organizzativo senza precedenti, a cominciare dall’ospedale del Capoluogo.
Ancora una volta si è ribadito l’urgente necessità di un incontro con il Presidente della Regione e con il Presidente della competente commissione regionale.
Il Presidente Pompeo  ha assicurato il Suo impegno in questa direzione.


Frosinone  01 febbraio 15



Accorpamento dei consorzi di sviluppo industriale

Il segr. Prov. Del PdCI Frosinone

Oreste Della Posta


La proposta del Consigliere regionale Bianchi, di accorpare i consorzi di sviluppo industriale in modo da ridurre drasticamente il numero e le spese della nostra Regione, è nettamente condivisa dai Comunisti di Frosinone. Il primo motivo perché bisogna ridurre le spese inutili e improduttive che sono a carico di tutti i contribuenti della Regione Lazio e adottare politiche serie della salvaguardia del Bilancio Regionale.
I Comunisti di Frosinone da tempo hanno denunciato gli sperperi dovuti alla presenza nel nostro territorio del COSILAM e dell’ASI; da tempo hanno proposto un accorpamento in un’unica struttura, diretta da un tecnico capace e competente senza alcun consiglio d’amministrazione.
Ma questo è evidente che non basta, occorre una svolta  nelle politiche attive del Lavoro. Il nuovo organismo deve essere una struttura snella tutta proiettata al sostegno della piccola e media impresa.
In questo quadro riteniamo che le nostre imprese devono essere aiutate in:

1.       Trovare nuovi prodotti che possano conquistare i nuovi mercati;

2.       Acquisire competenze  nello sviluppo di  nuove tecnologie che migliorino la qualità del prodotto;

3.       Accedere, soprattutto le piccole realtà, alla possibilità finanziarie  fornite dai fondi strutturali europei;

4.       Creare una pianificazione territoriale regionale in modo da utilizzare tutte le potenzialità.

Tutto ciò deve essere svolto in modo lineare e comunicativo, cioè il piccolo imprenditore e il piccolo artigiano devono sentire la struttura vicina ed operativa. Un ulteriore sforzo che la nostra Regione dovrebbe fare è aprire ai mercati emergenti come Cina, India e Brasile.
I Comunisti sono stati sempre convinti che l’impresa è una ricchezza del territorio purché con economia legale e ecocompatibile. Noi ci auguriamo che il Presidente della Regione Lazio voglia e sappia portare avanti questa riforma, che per la sua valenza e profondità, possiamo definirla senza ombra di dubbio una rivoluzione copernicana.

Schiena dritta

Luciano Granieri

L’elezione ampiamente annunciata del nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dato agio ai media di scrivere e trasmettere una quantità smodata di servizi, sulla persona, sul politico, sul giudice costituzionale. Ovviamente la figura di questo democristiano ortodosso  si è dilatata e distorta a seconda della faziosità dei media. Assodata la sobrietà dei  modi, la Panda grigia,  il lucido silenzio, la volontà di ascolto, e la inossidabile  intransigenza nel valutare le questioni giuridiche, le valutazioni sono state diverse e spesso contrapposte. 

Da un lato si è evidenziato  il suo coraggio nel dimettersi da ministro del governo Andreotti  in dissenso all’approvazione della  legge Mammì sull’emittenza radiotelevisiva, enorme regalo fatto  a Berlusconi, dall’altro qualche voce contraria ha ricordato come  nel 1998  Mattarella, capogruppo dei deputati del Partito Popolare Italiano  nel governo Prodi ,  contribuì, lasciando libertà di voto ai suoi Parlamentari  sulla richiesta di arresto per Cesare  Previti,  a salvare l’avvocato dell’odiato Berlusconi dalla galera.   

Mentre  la maggior parte dei quotidiani lo ha   incensato come icona della lotta alla mafia, per via  del terribile omicidio con cui Cosa nostra nel gennaio del 1980 uccise il fratello Piersanti ,allora Presidente della Regione Sicilia, altri hanno ricordato le frequentazioni non certo cristalline del padre,  Bernardo Mattarella, uno dei fondatori,  assieme a De Gasperi, della Dc, più volte ministro negli anni ’50. Accuse  all’onorevole  Bernardo, in relazione a presunte collusioni mafiose giunsero anche dal criminale  Gaspare Pisciotta e dall'attivista  Danilo Dolci. Rimanendo in ambito familiare i detrattori ricordano anche  l’altro fratello, Antonio,  in rapporti finanziari, non propriamente ortodossi,  con Enrico Nicoletti ex cassiere della banda della Magliana.  Una  figura, quella di Antonio, omessa dalla maggior parte degli organi di informazione manistream.  

Analizzando la figura del ministro della difesa del governo D’Alema ,  molti lo ricordano per l’abolizione del servizio militare obbligatorio, altri per aver autorizzato la partecipazione del nostro esercito al conflitto nei Balcani negando, in seguito, che la Nato avesse usato   proiettili all’uranio impoverito, causa delle terribili leucemie linfoblastiche che colpirono i soldati italiani inviati a combattere in quello scenario di guerra.  

Molti ricordano la sua intransigenza nel rispetto della Costituzione.  Sempre in qualità di capogruppo alla Camera dei Popolari, il cattolicissimo Mattarella, in commissione affari costituzionali,  votò in favore della costituzionalità di norme relative ai  diritti delle coppie di fatto  e alla fecondazione eterologa. In una lettera inviata al giornale dei Vescovi “Avvenire” Mattarella spiegò così la decisione “ La legge non viola la carta, ma affermarlo non significa condividerne il contenuto” Infatti il voto favorevole relativo esclusivamente all’ammissibilità costituzionale, si trasformò in negativo, nel merito dei contenuti, in aula. 

Come si vede in questi giorni si è letto, sentito e visto, tutto e li contrario di tutto.  E’ evidente che l’elezione di Mattarella mette a nudo un percorso storico disarmante  per la mia generazione: siamo nati e cresciuti democristiani, abbiamo messo su famiglia nell’era berlusconiana  e diventeremo vecchi di nuovo  in regime democristiano . Purtroppo  la colpa di questo  sciagurato  percorso è da attribuire proprio alla nostra generazione, ma questo è un altro discorso. 

Personalmente il battage mediatico mi interessa il giusto. Nella rassegnazione di morire democristiano, mi piacerebbe almeno che questo nuovo Presidente mostri realmente intransigenza nella difesa della Costituzione. Nei prossimi giorni  molta sarà la merda che dal governo arriverà sul tavolo dell’inquilino del Colle: l’abuso ingiustificato  dei decreti  legge , come la riforma  delle  banche popolari che avrà effetti fra 18 mesi e dunque  senza i requisiti d’urgenza necessari  per diventare un decreto, la legge elettorale (Italicum) che contiene norme già bocciate da quella Corte Costituzionale di  cui Mattarella era esponente,  una riforma del Senato inaccettabile,  il decreto fiscale  in cui è stato inserito un comma (il famoso 19 bis salva Berlusconi)  in un fase inappropriata , cioè  successiva all’approvazione del consiglio dei ministri , tanto da prefigurare il reato di falso in atto pubblico.  Mattarella dovrebbe apporre la sua firma su tutta stà monnezza. Lo farà? 

Io sostengo però che se il neo Presidente avesse a cuore la Costituzione,  in qualità di ex giudice costituzionale dovrebbe agire ben prima.  Nel rispetto della sentenza n. 1 del 2014 della Corte Costituzionale, che   sancisce l’incostituzionalità del sistema elettorale determinate nella  formazione del l’attuale Parlamento e del  relativo Governo,  Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrebbe esortare lo stesso  Parlamento a definire una nuova legge elettorale che tenga conto della sentenza  n. 1 2014, (  senza liste  bloccate e premi di maggioranza). Dopodichè sciogliere le Camere elette con una legge incostituzionale, indire nuove elezioni con la nuova norma, formare il nuovo Parlamento in base al risultato di elezioni regolari, quindi dimettersi, perché anch’egli eletto da Camere costituzionalmente illegittime. Ciò  in modo da consentire l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, che, a questo punto,  avrà legittimazione costituzionale.   Mattarella avrà le schiena così dritta da ridare legittimità costituzionale e autorevolezza  al Parlamento, al Governo e  alla figura del Presidente della Repubblica?