Comunicato del Comitato Democrazia Costituzionale sul MES

Comitato per la Democrazia Costituzionale



Il Ministro Gualtieri ha convenuto che nella situazione attuale non è possibile concludere la riunione dell’Eurogruppo prevista per il 16 marzo con la firma l’accordo “politico” sulle modifiche da apportare al Mes.

 Correttamente le misure urgenti da decidere sono quelle relative alle conseguenze dell’epidemia di coronavirus in corso, con maggiore, come nel caso dell’Italia, o minore incidenza in tutta Europa. 

Le conseguenze dell’attuale emergenza sanitaria debbono avere risposte urgenti, come si chiede da più parti in questi giorni, decidendo anche l’emissione di eurobond finalizzati a finanziare misure per contrastare l’epidemia e le sue conseguenze sul piano economico e sociale. 

La riforma del Mes va rinviata per poterne approfondire i meccanismi di funzionamento che appaiono immaginati in una fase precedente, completamente diversa dall’emergenza attuale. Diverse sono state le obiezioni che sono state sollevate da quando sono note le nuove norme che si vorrebbero introdurre con l’attuale versione del Mes. Non solo a livello politico e sociale, ma anche nell’ambito della comunità scientifica sono state sollevate critiche e proposte di modifica del meccanismo che si vorrebbe approvare, occorre quindi tempo e le condizioni necessarie per discuterne. 

Una riflessione ulteriore si impone perché la situazione economica europea, peggiorata in modo sensibile dall’epidemia in corso, è nel frattempo mutata e richiede ben altri interventi, quali, ad esempio, quello dell’eurobond sopra citato. 

Inoltre bisogna garantire che i parlamenti, e, per quanto ci riguarda, quello italiano, siano messi nelle migliori condizioni di conoscenza, efficienza e operatività per discutere se esistono o meno i presupposti per una ratifica di una riforma che è destinata ad influire in modo considerevole sui modi di funzionamento e sulla sorte stessa dell’Unione europea. 

Il rinvio deve quindi servire a un esame del Mes alla luce delle nuove esigenze del sistema economico e sociale, aggravate dalla crisi del coronavirus. 

La Presidenza nazionale

venerdì 13 marzo 2020

Salvate la soldatessa Lagarde

Luciano Granieri





E’ da qualche anno che mi interesso  alle  dinamiche del sistema economico capitalistico-finanziario. Lo faccio perché sono convinto che è solo combattendo un’economia ultraliberista,  basata sulla tirannia del  debito e la depredazione delle classi subalterne da parte di pochi ultraricchi detentori dei fondi d’investimento, si può sperare di uscire dalla barbarie. 

Ebbene da allora mai e poi mai avrei pensato di spezzare una lancia a favore di Christine Lagarde. Una classica burocrate prestata all’economia grazie alla sua grande capacità di giurare eterna fedeltà a colori i quali di volta, in volta si sono trovati a comandare in tutti i contesti. Un’esemplare esecutrice, quando era alla guida del FMI,  delle politiche predatorie e d’impoverimento di parti intere di mondo, fondate sulla trappola del debito , ordite dal capitale finanziario. 

Chiristine Lagarde, oggi a capo della Banca Centrale Europea,  è stata letteralmente massacrata da politici e media italiani per quanto detto durante la conferenza stampa di ieri,  assise in cui ha illustrato  le azioni della Bce finalizzate a tamponare la crisi economica causata dal Coronavirus e non solo. 

L’ex ministra dell'econommia  Francese ha affermato  testualmente: «Non siamo qui per ridurre gli spread. Non è la funzione della Bce. Ci sono altri strumenti e altri attori per gestire queste questioni». Apriti cielo! Lo spread, dopo questa affermazione è salito a 273 punti e tutte le borse, da Milano a Wall Street, hanno subito un tracollo, soprattutto dopo che si è fatta strada l’indiscrezione che quella frase era farina del sacco di Isabel Schnabel, una presunta  sottoposta della Lagarde nel board della Bce, ma potente esecutrice, all’interno di Francoforte,  dei desiderata del presidente della Bundesbank , Jeins Wideman.  In pratica la Lagarde  non ha fatto altro che sciorinare una piccata posizione del presidente della banca centrale tedesca desideroso di invertire la politica del bazooka, basata sul  quantative esasing,  del precedente presidente della Bce Mario Draghi, politica  mai  andata completamente a genio a tedeschi.  

Siamo  sicuri che il tracollo sia da addebitarsi solamente ad una frase così incauta? Un uscita che  pure ha   suscitato lo sdegno di tutta la politica italiana. sovranista e non, con il Presidente Mattarella in prima linea.  Io sono convinto che c'è dell'altro.  La catastrofe si è  generata semplicemente perché Christine Lagarde ha deciso di privilegiare con il   taglio dei tassi l’economia reale piuttosto che alimentare ulteriormente la speculazione finanziaria . Un affronto per chi ha sempre approfittato di tassi d’interessi bassi, quando non negativi, sull’acquisto da parte della Bce dei titoli di Stato dei Paesi dell’area Euro, per farci sopra la propria bella speculazione finanziaria.  

La bazookata comunque  è arrivata. Infatti  anche la Bce targata Lagarde  ha previsto di irrorare la banche con un piano di acquisto di titoli pari a 120 miliardi di euro ma a  tassi invariati. Dunque poco spazio di manovra per chi si aspettava, grazie al Coronavirus, di inaugurare una nuova stagione di speculazione  e realizzare profitti su una catastrofe che ha messo in ginocchio l’Italia e  ormai sta per coinvolgere il mondo intero. 

Voglio ricordare che il piano di Mario Draghi, basato  sull’acquisto da parte della Bce di titoli di Stato   , per lo più detenuti dalla banche, ma anche da fondi d’investimento privati, doveva servire a  fornire liquidità per  far ripartire l’economia ed innalzare il tasso d’inflazione almeno al 2%, con la speranza che le banche destinassero quella massa di soldi al finanziamento delle attività produttive    e che, il conseguente deprezzamento dell’euro, favorisse l’aumento del tasso d’inflazione. 

Da allora ad oggi nulla di ciò si è verificato, quella massa di denaro è confluita nel mercato finanziario arricchendo i soliti pochi noti. Senza contare che possedere una massa così ingente di debito consente  alla Bce di esercitare un controllo sulle politiche economiche dei Paesi debitori, ricordate il famoso “pilota automatico” sempre di  draghiana memoria ?

 La Lagarde, chissà, forse ingenuamente,  ha deciso di cambiare strada e di destinare l’abbassamento dei tassi  al  cosiddetti “tltro” (Targeted Longer-Term Refinancing Operation). Anche questo è uno strumento  per  immettere liquidità nel sistema economico,  ma si basa sulla fornitura alle banche  di prestiti a tassi agevolati della durata di 4 anni . Gli istituti che ricevono questi soldi sono obbligati ad usarli esclusivamente per finanziare le attività produttive. Il piano  prevede di destinare risorse al  tasso negativo del -0,75% . Ossia la Bce, non solo non pretende interessi, ma addirittura paga le banche per concedere prestiti finalizzati agli investimenti sull’economia reale. 

E' chiaro che in questo caso  per i fondi d’investimento non c’è trippa per gatti anche se, considerata la natura della banche italiane, tese a favorire gli  amici degli amici, e visto che proprio per stimolare la ripresa economica la Lagarde allenterà i vincoli  per la concessione dei prestiti, non è detto che questi soldi arrivino a chi realmente ne ha bisogno ma  probabilmente andranno  a foraggiare la solita classe imprenditrice accattona italiana. 

Il tutto sarebbe molto più efficace se le banche fossero nazionalizzate in modo da stabilire vincoli precisi per la concessione dei prestiti   tltro,  ad esempio il mantenimento dei livelli occupazionali, la salvaguardia dei diritti dei lavoratori da parte delle imprese beneficiarie. 

Dunque Christine Lagarde ha per la prima volta invertito la rotta cercando di agevolare l’economia reale in luogo dell’ulteriore regalo  ai signori degli hedge fund. Sono manovre insufficienti in presenza della crisi del Coronavirus? Certamente stiamo  parliamo di una banca, un'istituzione che comunque si cura del profitto dunque cosa si pretende.

Resta il fatto però che la  presidente della Bce ha voluto ribadire un principio, già fatto proprio da Draghi, ma mai realizzato, secondo cui le crisi prodotte dal capitalismo,  di  cui l’infezione da Covid-19  è anche una conseguenza, non possono essere sempre e solo risolte da la leva monetaria ma, soprattutto in questo caso, devono essere le politiche fiscali a fornire gli strumenti per uscirne. 

Cosa vuol dire?  Provo a tradurre. Le risorse dovranno passare, dall’abolizione definitiva dei vincoli del patto di stabilità e  del Fiscal Compact, dovranno originare da politiche fiscali comuni a tutti i Paesi, in cui tutti i cittadini europei pagano  le tasse in egual misura e in modo progressivo . Sarebbe necessaria uno stato sociale forte che garantisca a tutti gli europei i diritti universali inviolabili e massicci investimenti pubblici. 

Ho tradotto male? E' vero. Una cosa del genere Christine Lagarde non l’avrebbe mai potuta pensare  , anche lei esecutrice di un sistema economico barbaro che produce povertà e malesseri.  Sicuramente  avrà sbagliato  nel pianificare il programma della Bce che ha così tanto indignato i mercati finanziari.  Mi  piacerebbe pensare che anche  in questo caso possa valere il detto,  sbagliando s’impara, ma vedrete come la neo presidente verrà rimessa  in riga da un sistema che non è aduso a fare prigionieri.


mercoledì 11 marzo 2020

RIMANIAMO A CASA, MA NON RIMANIAMO IN SILENZIO

 Marco Bersani


E’ il momento di mettere in campo una grande solidarietà collettiva. L’epidemia di Covid 19 continua a estendersi e il sistema sanitario è a rischio collasso, con il serio pericolo che, se il contagio non si ferma, le fasce più esposte, anziani con patologie pregresse, non possano ricevere le adeguate cure. In questa fase, tutte e tutti dobbiamo assumere la grande responsabilità di fare la nostra parte per fermare il contagio e permettere all’insieme della collettività di poter tornare, in un tempo più o meno lungo, alla normalità.
In questo tempo le nostre vite sono state interamente stravolte e all’ansia generale di essere di fronte a qualcosa che al momento non si riesce a governare si è sommata la necessità di riorganizzare la quotidianità di bambine/i, giovani, adulte/i e anziane/i.

Tutti desideriamo tornare alla normalità, per questo tutti dobbiamo rimanere a casa.
Ma siamo così sicuri di voler tornare alla normalità? Non è esattamente quella normalità la causa principale di dove siamo ora finiti?
Per questo dobbiamo rimanere a casa, ma non dobbiamo assolutamente rimanere in silenzio.

Proviamo allora a riflettere su alcune cose che questa drammatica esperienza ci ha insegnato.

Usciremo dall’emergenza Covid 19 e ci proporranno la nuova emergenza economico-finanziaria. 
Le misure adottate per fermare il Coronavirus comporteranno una crisi economica paragonabile almeno a quella del 2007/2008. E le misure che verranno proposte per uscirne saranno le medesime: trappola del debito e politiche di austerità. Magari con un governo di unità nazionale per poterle applicare meglio.
Grazie alla trappola del debito, ogni anno paghiamo 60 miliardi di interessi e dal 1980 ne abbiamo già pagati quasi 4000. Possiamo continuare a pensare che il debito pubblico è la priorità o è tempo per rimettere tutto in discussione? Sono le banche e i fondi d’investimento a salvarci dalle emergenze sanitarie?
Grazie alle politiche di austerità abbiamo tagliato tutta la spesa per istruzione, ricerca, sanità, previdenza sociale. Possiamo continuare a pensare che il pareggio di bilancio finanziario venga prima del pareggio di bilancio sociale, ecologico e di genere?

Deve ripartire l’economia?
Su questo tutti si affannano e reclamano qualsiasi ripartenza purchessia. E c’è chi come Confindustria chiede già di dirottare i fondi del “Green New Deal” sulla realizzazione delle grandi opere. Come se la proliferazione dei virus degli ultimi decenni non fosse esattamente il frutto di un modello economico estrattivo che ha devastato gli equilibri ecologici e che, con la crisi climatica, non potrà che provocare ulteriori conseguenze (quanti virus sono sepolti da millenni nei ghiacci che si stanno sciogliendo?). Possiamo continuare su questo modello o è venuto il momento di una drastica inversione di rotta verso un’economia socialmente ed ecologicamente orientata, con al centro solo l’interesse generale?

Ora sappiamo cos’è la precarietà
In queste settimane abbiamo tutte/i sperimentato cosa vuol dire la precarietà in senso esistenziale: le nostre certezze, i nostri riti quotidiani, i nostri universi relazionali sono stati messi a soqquadro e tutte/i abbiamo dovuto prendere atto della fragilità intrinseca della vita umana e sociale.
Ma moltissime donne e uomini, esattamente in queste settimane, hanno fatto conti anche più concreti e drammatici su cosa significhi non avere un reddito perché si ha da sempre un lavoro precario e non garantito. Possiamo far ripartire il carrozzone economico basandolo sulla conferma e l’estensione della precarietà? Avere una garanzia di reddito ha a che fare con la salute oppure no?

Ora sappiamo cos’è il mercato
Se c’è una dimostrazione lampante del fallimento del mercato è esattamente quella che stiamo sperimentando in queste settimane. Il possibile collasso del sistema sanitario italiano è stato abbondantemente preparato dal pensiero unico del mercato, quello che ha imposto tagli draconiani alla spesa pubblica sull’altare dei vincoli di bilancio.
Ed è sempre più chiaro come la ricerca scientifica gestita dal mercato si attivi sempre e solo dopo l’emergenza, con l’esigenza di fare profitti sui vaccini, e mai prima perché non vi è alcuna remunerazione dei profitti nella prevenzione.
Il mercato basa le sue leggi sulle capacità economiche delle persone, non riconosce alcun diritto universale. Beni comuni, servizi pubblici e diritti possono continuare ad essere consegnati al mercato?

In fin dei conti, si tratta sempre di democrazia
Tutto quello che ci aspetta dopo l’emergenza sanitaria avrà molto a che fare con la democrazia. Dovremmo fare tesoro del paradosso di questi tempi: oggi viene chiesto a tutte e tutti di farsi carico del bene collettivo della salute e della solidarietà con le fasce più esposte; domani verrà chiesto a tutte e tutti di farsi nuovamente da parte per delegare ogni scelta ai poteri forti, magari ad un governo di unità nazionale (Draghi premier?) che proseguirà nell’espropriazione collettiva di tutto quello che ci appartiene.

Per tutto quanto sopra detto, oggi dobbiamo essere responsabili e rimanere a casa.
Per tutto quanto sopra detto, domani dovremo essere altrettanto responsabili e riempire le piazze.

Emergenza Covid-19, Cuba presente!

  Redazione Contropiano


Con un appello al Ministro della Salute, l’Associazione Italia-Cuba offre l’avvio dell’importazione del farmaco IFRrec (interferone alfa 2B) già in uso in Cina, e l’invio delle sue brigate mediche per fronteggiare la grave carenza di personale negli ospedali. Una buona notizia e un’ulteriore conferma che nei momenti di crisi le risposte possono venire solo da una certa direzione.
Dell’eccellenza cubana nel campo della sanità pubblica e dell’industria biotecnologica ci siamo occupati 
di recente. Nell’ambito della solidarietà internazionalista attiva Cuba non è da meno, come già avvenuto per l’epidemia di Ebola in Africa.
Ora sta al Ministro della salute, e al governo, attivarsi il prima possibile.
*****
Ill.mo Ministro Speranza,
In relazione all’attuale emergenza sanitaria, con la presente desideriamo portare alla sua attenzione la disponibilità di un farmaco prodotto a Cuba, che si è reso utile per affrontare l’epidemia del nuovo coronavirus Covid-19. Si tratta dell’interferone cubano alfa 2B (IFRrec) adottato dal mese di gennaio dalle autorità sanitarie cinesi insieme ad altri farmaci e che risulta abbia dato ottimi riscontri.
Come le è noto Cuba è all’avanguardia in tutto il mondo nel campo della ricerca scientifica e della salute, nonostante il blocco economico, finanziario e commerciale a cui è sottoposta da parte degli Stati Uniti da quasi 60 anni.  L’eccellenza del suo Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologica e dell’industria biotecnologica sono una realtà di livello internazionale, così come la produzione di farmaci di elevata tecnologia come l’interferone alfa 2B.
L’affidabilità scientifica del prodotto è sancita da numerose ricerche e sperimentazioni sul campo effettuate nel corso degli anni e che hanno determinato ottimi successi.   Ciò è riscontrabile tramite le fonti specialistiche ufficiali, ma anche  dall’ampia disponibilità di articoli sul tema .
Il farmaco peraltro è già in uso in altri paesi come il Messico e la Spagna in Europa.
Ci rivolgiamo pertanto a Lei in qualità di Ministro competente per verificare la possibilità di prendere in considerazione l’importazione e l’utilizzo di tale farmaco anche in Italia.
Riteniamo fondamentale utilizzare ogni strumento, come appunto quello dell’interferone alfa 2B per contribuire ad aiutare nello sforzo di combattere il coronavirus.
Inoltre, vista la carenza di personale sanitario disponibile, ci permettiamo di suggerirle di promuovere un Accordo con le autorità cubane competenti per richiedere la collaborazione di  medici e infermieri cubani,  nelle strutture ospedaliere italiane.
L’elevata competenza, preparazione e specializzazione del personale medico cubano,  così come l’esperienza nel campo delle malattie infettive ed epidemiologiche, hanno avuto importanti riconoscimenti a livello internazionale. In questa direzione, la stessa OMS ha dichiarato che Cuba è stata esemplare nella lotta contro l’epidemia del virus Ebola in Africa.
Nel trasmetterle il nostro apprezzamento per la serietà e competenza con la quale sta affrontando la gestione del fenomeno, rimaniamo a completa disposizione.
In attesa di un suo cortese cenno di riscontro, con l’occasione i più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.
La Presidente
Irma Dioli
*****
Intervista di Rafael Correa a Luis Herrera, consulente scientifico e commerciale del Presidente di BIOCUBAFARMA.
Correa: È un orgoglio per l’America Latina che la Cina stia utilizzando tecnologia cubana per tenere sotto controllo il coronavirus, e con grande successo. Questo lo devono sapere i nostri ascoltatori. L’interferone alfa-2b che stanno utilizzando in Cina è tecnologia cubana, latinoamericana. Che ci dobbiamo aspettare? Il virus sarà sotto controllo a breve scadenza? Fino a dove può arrivare? Che danni può causare?
Herrera: Io penso di sì, perché nel caso delle zone che sono chiuse, la diminuzione della possibilità di ammalarsi, e il fatto che in un certo periodo, forse, non so se sarà un anno o qualcosa del genere, deve esserci un’alternativa vaccinale, perché esistono già i meccanismi di tipo tecnologico che la rendono possibile. E se si ottiene un processo accelerato di approvazione delle stesse, e se si evidenzia che non c’è né tossicità né conseguenze negative, lo sviluppo della generazione di queste possibilità è molto forte. Perciò, in un modo o nell’altro, questo elemento sarà un elemento, a mio modo di vedere, controllabile in un tempo abbastanza ragionevole.
Correa: Quale tempo? Quale sarebbe questo tempo?
Herrera: Per me è circa nell’ordine di un anno.
Correa: Un anno. Cioè l’interferone è curativo. E si sta elaborando il vaccino per la prevenzione.
Herrera: Esattamente.
Correa: E lei crede che questo durerà un anno.
Herrera: Io credo un anno, un anno e mezzo, non credo di più. Con il livello di potenza tecnologica di cui si dispone attualmente ci si deve arrivare.
Correa: Chi dispone di cosa?
Herrera: Il contributo alla Cina non è stato solo l’interferone. Il primo anticorpo monocoronale che è stato prodotto in Cina in quantità industriali è cubano.

Fermare il capitalismo per fermare il virus

Francesco Ricci




Socialismo o barbarie. Torna alla mente in queste ore l'alternativa indicata da Friedrich Engels un secolo e mezzo fa, poi resa celebre sulle barricate della rivoluzione tedesca da Rosa Luxemburg. Una frase che abbiamo ripetuto per decenni e che forse, nel ripeterla, quasi aveva assuefatto anche noi rivoluzionari, facendoci smarrire il senso profondo di quelle parole. Ma questi giorni drammatici ci offrono una illustrazione che non richiede didascalie di cosa realmente significhi: socialismo o barbarie.
E' il capitalismo con la sua barbarie il legittimo padre del coronavirus. E' un sistema che distrugge l'uomo e l'ambiente in cui viviamo, contrappone la produzione per il profitto alla salvaguardia del pianeta, aprendo il vaso di pandora da cui sfuggono nuove malattie, epidemie come questa che sta facendo una strage in Italia e nel mondo.
Questo sistema barbaro, basato sulla divisione in classi della società, produce mostri che non è poi in grado di fronteggiare. Essendo un sistema basato sul profitto di una manciata di miliardari, il capitalismo non vuole – e non può – fermare la produzione volta al profitto. Per questo le zone rosse, arancioni o gialle e le misure dei governi borghesi non fermano il contagio: perché si chiede ai lavoratori di non assieparsi dopo il lavoro, ma al contempo di stare tranquillamente ammassati nelle fabbriche e negli uffici negli orari di lavoro.
D'altra parte già Marx ci spiegava che i governi sono i "comitati d'affari della borghesia": il loro compito è preservare i profitti dei padroni, non certo occuparsi della salute pubblica. Per questo aggiungono al danno la beffa: non solo loro ci hanno trascinato in questo disastro, ma ora ne approfittano per giustificare, in nome di un virus, la crisi economica del loro sistema sociale e per legittimare nuove misure anti-operaie, licenziamenti di massa, nuovi tagli, in una spirale da Inferno dantesco.
Essendo un sistema sociale in cui la vita delle masse non vale nulla, il capitalismo taglia la Sanità pubblica (una quarantina di milardi dall'inizio della crisi economica mondiale) per usare le risorse per salvare le banche; taglia i fondi per ospedali, apparecchiature e personale per foraggiare la sanità privata e alimentare nuovi profitti sulla pelle dei proletari.
Educando le masse con l'ideologia dominante del profitto come scopo della vita, e privando le coscienze di una visione sociale e collettiva, il capitalismo diffonde insieme al virus anche una concezione individualistica, necessaria in un sistema basato sul mercato. Per questo è così difficile persino far rispettare quelle necessarie (anche se di per sé insufficienti) misure razionali per evitare il contagio. Governanti e pennivendoli si indignano perché nelle ore in cui non sono concentrati nei luoghi di lavoro i proletari non rispettano le distanze di sicurezza, i giovani non vogliono rinunciare al bar o alla festa e molti si mostrano indifferenti al contagio che è provocato anche da questi comportamenti egoistici. Ma anche l'egoismo individualistico è figlio legittimo del capitalismo.
Alcuni scienziati sostengono ora che l'unica via per fermare realmente il virus sarebbe quella di fermare la produzione e ridurre al minimo indispensabile le attività per quindici giorni. Ma questo non è possibile farlo finché a governare sarà la borghesia che non è disposta a rinunciare ai suoi profitti. Per questo il coronavirus costerà migliaia, se non di più, di vite umane. Vite degli anziani (che già vengono considerate sacrificabili, dato che non producono profitti) e vite di giovani (perché a breve il sistema sanitario collasserà, non essendo in grado di curare nemmeno altre malattie).
Ci vorrebbe una dittatura del proletariato, cioè un governo degli operai per gli operai, l'unico in grado non solo di porre fine in prospettiva alla distruzione del pianeta e dell'uomo, ma anche, in questa situazione disastrosa, di prendere tutte le misure realmente necessarie nell'immediato: fermare la produzione (con l'eccezione dei generi di prima necessità), fermare realmente i trasporti, interrompendo così realmente la catena del contagio del virus; stanziare i miliardi necessari per le strutture adeguate a curare chi già si è ammalato. Un governo che troverebbe immediatamente le risorse espropriando i grandi industriali e i banchieri.
Un governo operaio, l'unico vero governo di "salute pubblica", letteralmente.
Oggi tutto questo appare lontano ma non si tratta di un sogno: è una necessità, che deve vedere impegnati lavoratori e giovani da subito, nella costruzione attorno a un programma rivoluzionario della loro forza organizzata, del loro partito mondiale della rivoluzione socialista. Su questa via siamo impegnati come militanti della Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale.
Che non sia un sogno lontano ma piuttosto un incubo presente per la borghesia ce lo dicono le immagini di questi giorni (che sono non a caso censurate nei telegiornali e ignorate da tutta la sinistra riformista) dei milioni in piazza nella rivoluzione cilena, delle lotte di massa in tante parti del mondo. Ce lo dicono, vogliamo aggiungere con orgoglio, le bandiere del Mit, la sezione cilena della nostra internazionale, che sventolano sulle barricate di Santiago del Cile, simbolo di un progetto rivoluzionario internazionale in marcia. Quei vessilli sono, per dirla con Trotsky, le bandiere di una possibile vittoria che si avvicina, l'unica via di uscita possibile. Una vittoria delle masse proletarie, di quel socialismo senza il quale l'umanità è condannata alla barbarie del capitalismo e alla morte per i suoi virus, di questo o del prossimo. Una vittoria che siamo impegnati in tutto il mondo a costruire nelle lotte quotidiane dei lavoratori e dei giovani. Unisciti a questa lotta!
Socialismo o barbarie.

martedì 10 marzo 2020

Il Presidente della Camera annuncia la “riduzione concordata” dei parlamentari che affluiranno a Montecitorio: una scelta radicalmente incostituzionale


Dichiarazione di Massimo Villone, presidente
del Coordinamento per la democrazia costituzionale

Il Presidente della Camera informa che per ragioni di coronavirus è stata decisa con il consenso di tutti i gruppi “una riduzione concordata nel numero di deputati che affluiranno a Montecitorio che garantisca la proporzionalità fra i gruppi stessi e il plenum della maggioranza assoluta dei componenti”. È un vero e proprio contingentamento degli accessi, radicalmente e insanabilmente incostituzionale.

Il diritto di partecipare ai lavori e di votare è l’essenza della funzione di ciascun parlamentare, e quindi della funzione di rappresentanza dell’assemblea. Non c’è nessuna autorità, monocratica o collegiale, che possa privare di tale diritto il parlamentare, fuori dei ristrettissimi casi che i regolamenti contemplano, a fini essenzialmente sanzionatori (Camera, art. 58 segg.; Senato, art. 66 segg.). Meno censurabile appare la decisione del Senato, che fa riferimento a un “voto per scaglioni e attraverso appello nominale”, tale quindi – a quanto sembra di dover intendere - da consentire comunque il voto a tutti i senatori.

In ogni caso, colpisce la stupidità politica di una scelta che tutela la sicurezza dei parlamentari al di sopra della necessità che l’istituzione Parlamento dia al paese un esempio di fermezza e di capacità di resistere in una condizione difficile. Un regalo ai nemici della “casta” e a chi vorrebbe sostituire il Parlamento rappresentativo con gli strumenti – attaccabili solo dai virus informatici - della democrazia diretta in rete.

Roma, 10 marzo 2020





lunedì 9 marzo 2020

8 marzo ai tempi del colera



Oggi (ieri ndr) se vorremo ricordare il sacrificio delle operaie della Cottons bruciate vive e la Giornata Internazionale della Donna, dovremo farlo da sole, a casa nostra. Perché il Covid-19, il corona virus, ha fatto una grande vittima: il pensiero e l’azione collettivi. 
Dovunque risuona l’appello alla paura: non avvicinatevi, non toccatevi, statevene lontani gli uni dagli altri. Sospesi, in nome della salute pubblica, persino i diritti costituzionali come la libertà di riunione e di manifestazione. Il tutto senza che nessuno alzi la voce o esprima, perlomeno, un dubbio.

Per restare in argomento, una conquista fondamentale del femminismo di classe degli anni ’70 fu proprio questo: il riconoscimento dell’importanza del pensiero, dell’analisi e della lotta collettiva, in prima persona,  per i propri diritti e contro lo stesso nemico della parte maschile del proletariato, contro il capitale. Parallelamente si sviluppava in quegli anni lo stesso fenomeno nei riguardi della salute in fabbrica:  insieme a Giulio Maccaccaro e ad altri medici e tecnici, gli operai della Montedison di Castellanza e della Franco Tosi, della Breda di Sesto San Giovanni, imparavano a fare l’inchiesta sulle loro condizioni di lavoro e di salute, imparavano a definire il loro diritto alla salute senza delegarlo ad altri ma ragionando, appunto, collettivamente.
Da questo sforzo collettivo nacquero i movimenti  e le lotte per i diritti delle donne e per la  salute in fabbrica e sul territorio.

Ed è questa capacità di pensare e agire collettivamente che oggi viene cancellata, con la scusa del corona virus.
Sì, scusa, e lo dicono i numeri. A ieri 7 marzo 233 morti per il corona virus.
Nel 2019 (secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente) l’Italia, primo paese per morti premature da biossido di azoto, ha avuto 14.600 decessi; 3.000 morti da ozono; 58.600 per particolato fine.
I morti da amianto sono – ormai da decenni e purtroppo anche per gli anni futuri - più di 4.000 all’anno.

La scrittrice statunitense Naomi Klein scrisse alcuni anni fa un libro interessante, “Shock Economy”, in cui mostrava come l’uso della paura può essere utilizzato per distruggere persone, organizzazioni e società, per riscrivere nuove regole più favorevoli ai potenti. Ed è ciò che sta accadendo oggi, quando lo Stato prova a riscrivere le regole per un prossimo futuro, militarizzato e ordinato in base agli interessi del capitale, con il consenso di tutti i partiti e di una parte della popolazione, accuratamente terrorizzata dai mezzi di disinformazione.

Bene, allora oggi pensiamo, ad esempio,  a tutte quelle lavoratrici (e lavoratori, naturalmente) che sono precarie, che lavorano in nero,  che non hanno un contratto di lavoro regolare, che non hanno diritto né alla cassa integrazione né alla malattia: chi le pagherà per la sospensione forzata del lavoro? Chi pagherà i costi di questa “crisi”?

Una cosa è certa: la necessità sempre più pressante di difendere la possibilità di pensare e agire collettivamente, il che significa un’organizzazione politica che sappia dare voce agli interessi degli sfruttati, perché non siamo tutti, neppure riguardo al corona virus, sulla stessa barca.

E vogliamo rivolgere un saluto a tutte le donne che nel mondo oggi fanno dell’8 marzo una giornata di lotta e, in particolare, nella vecchia Europa, alle lavoratrici francesi che, con i loro gilet gialli, hanno sfidato e sfidano i decreti di Macron, tolti direttamente dal codice di guerra, e rappresentano così un esempio da seguire.

Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

domenica 8 marzo 2020

Il tappeto volante di McCoy Tyner non ci farà volare più

Luciano Granieri





Un altro grande musicista ci ha lasciato. E morto il 6 marzo  scorso McCoy Tyner.  Il pianista, nato a Filadelfia nel 1938, è stato uno fra i più grandi jazzisti che abbiano mai  calcato i palchi di tutto il mondo. Ma la sua capacità di innovatore, insieme al sassofonista  John Coltrane, con cui ha condiviso gran parte della sua vita creativa,  concentrata soprattutto su un nuovo modo di concepire l’armonia, lo annovera a pieno diritto nella categoria dei maestri di tutto  il panorama musicale e non solo del jazz. 

Il protagonista di un vero e proprio collettivo,  formato dal quartetto con Coltrane, Elvin Jones alla batteria e il contrabbassista, Jimmy Garrison, impegnato nella definizione di una nuova concezione armonica  il cui principale obiettivo era   rafforzare quel rapporto fra tensione e relax  sui cui il materiale improvvisativo fluisce libero e  crea correnti emozionali senza pari. Un discorso iniziato da Miles Davis e lo stesso Coltrane con il disco Kind of Blue, ma che con Tyner  ebbe  la massima evoluzione anche quando il sassofonista di Hamlet decise di intraprendere altre strade.  

Un esempio mirabile è il brano “Atlantis”, registrato dal vivo al Keystone Korner di San Francisco nel 1974 e inserito nell’album omonimo registrato per la Milestone, con Juni Booth al contrabbasso Wilby Fletcher alla batteria  Guilherme Franco alle percussioni, Azar Lawrence al sax tenore. Ma al di la dei rilievi più tecnici ciò che impressiona  è  l’arioso tappeto di note che il pianista di Filadelfia riusciva ad intavolare con la mano sinistra, mentre con la destra volava con arpeggi contrappunti mozzafiato. Una tessitura dagli orizzonti infiniti  e nello stesso tempo incalzante e percussiva. Il fatto che fosse mancino avrà potuto influire ma il suo stile era veramente unico, ripreso da molti pianisti. 

Importante anche la sua funzione di stabilizzatore della fruizione ritmica. Ad esempio nel quartetto  con Coltrane,  Jimmy Garrison tendeva a suonare “indietro” come si dice in gergo, cioè a rallentare il fraseggio,  al contrario Elvin Jones, aveva la marcata attitudine a “tirare in avanti” cioè ad anticipare leggermente   rispetto alla pulsione base portandosi dietro Coltrane anch’egli  in sintonia con il suo batterista nell’anticipare il  ritmo.  McCoy Tyner grazie al suo pianismo,  fiammeggiante ma preciso, era l’equilibratore di tutta la struttura. Una manna per tutti i batteristi, ancora più liberi di inventare le più ardite poliritmie. 

Elvin Jones era un maestro in questo, ma anche drummer  del calibro di  Tony Williams e Jack DeJohnnette, hanno avuto la possibilità, suonando con lui, di esprimersi al meglio.  L’album doppio  “Supertrios” uscito nel  1977 per la Milestone,  in cui nel primo vinile suona con Tony Williams   e Ron Carter al contrabbasso, nel secondo è accompagnato dal contrabbassista Eddie Gomez e DeJohnnette, è una splendida testimonianza delle preziose perle  che Tyner è stato in gradi di regalarci con due batteristi straordinari.

Insomma Tyner era un elemento fondamentale per quel tipo d’improvvisazione trasversale. Una forma in cui ogni solista improvvisa dialogando sempre  con il suo compagno.  Così era il quartetto del pianista di Filadelfia con Coltrane. 

Nel 1985 ricordo un concerto a Roma, mi sembra al Teatro OIimpico,  in cui McCoy Tyner si esibì  con Avery Sharp al basso, Babatunde alle percussioni ed un altro grande della batteria, Louis Hayes. Una performance esaltante anche se l’accordatore del pianoforte era seriamente preoccupato per  lo stile percussivo, rutilante, aperto,senza confini , che avrebbe probabilmente “scordato” il piano, ma avrebbe donato agli appassionati  delle emozioni straordinarie.