sabato 31 luglio 2010

Le promesse si infrangono sui numeri - di Peduzzi e Nobile (FDS)

“Un assestamento di bilancio che taglia i servizi e i diritti”. Così Ivano Peduzzi e Fabio Nobile, capogruppo e consigliere della Federazione della Sinistra alla Regione Lazio, commentano la manovra di assestamento di bilancio nel corso della conferenza stampa convocata stamattina dalle opposizioni.
 
“La manovra della Giunta Polverini – continuano Peduzzi e Nobile - si caratterizza per la forte riduzione degli stanziamenti in alcuni settori chiave e impone tagli netti a stanziamenti fondamentali con forti ripercussioni sulla sanità, sulla scuola, sui servizi alle famiglie, sull’emergenza casa e sui trasporti”.
 
“Per quanto riguarda la sanità e il sociale – precisano – è prevista una riduzione di investimenti che porta la Polverini a contraddire se stessa quando, da un lato, propone il potenziamento del “distretto” come alternativa agli ospedali, mentre, dall’altro, riduce le spese per l’assistenza distrettuale e taglia i posti letto degli ospedali. Verranno tagliati infatti oltre 117 milioni di euro di risorse alle Asl e 49 milioni di euro per l’edilizia sanitaria.
 
Per non parlare poi della riduzione di 2.618.826,06 euro nel campo dell’assistenza sanitaria e di 4 milioni di euro al concorso finanziario della Regione ai costi sostenuti dai comuni per la partecipazione alle spese per le residenze sanitarie assistenziali.
 
Inoltre, l’assestamento taglia 800 milioni di euro al fondo regionale per la non autosufficienza e azzera l’investimento per gli interventi di prevenzione nell’area dell’assistenza alla donna e al bambino”.
 
“Non va meglio per quanto riguarda la scuola – continuano Nobile e Peduzzi -  è previsto infatti un taglio di 3.304.593 euro il taglio dei contributi ai comuni per la gestione degli asili nido e nessun investimento nell’anno corrente per quanto concerne la realizzazione delle aule multimediali per gli studenti delle medie”.
 
“Per quanto riguarda l’emergenza abitativa – proseguono Peduzzi e Nobile - la giunta Polverini cancella i fondi destinati nel bilancio di previsione all’attuazione di quanto disposto dalla legge 21, che vincola il 5% del gettito introiettato dalla Regione con le tasse automobilistiche al finanziamento del piano straordinario per l’edilizia residenziale sociale.
 
Complessivamente, nel piano triennale, la giunta regionale sottrarrà 80 i milioni all’attuazione del piano straordinario”.
 
“Nel campo dei trasporti, poi, la manovra non lascia scampo: con lo slittamento previsto dei fondi in bilancio nel 2011, per complessivi 400 milioni di euro, le aziende del trasporto pubblico verranno messe in ginocchio a causa del mancato trasferimento dei fondi del Governo per l’anno successivo”. 
 
“A tutto questo va aggiunto il taglio di 15 milioni di euro tolti al fondo regionale per il reddito minimo garantito; di ulteriori 15 milioni sugli interventi per la viabilità regionale; la riduzione dei fondi destinati all’emersione del lavoro nero e il taglio di un quarto del finanziamento previsto per le energie intelligenti”.
 
“La realtà è quindi ben diversa da quanto la Polverini aveva annunciato più volte perché, di fatto, le promesse si infrangono sui numeri – affermano - Per tutti questi motivi, ci opporremo in aula, come nei territori, a questo assestamento di bilancio. All’azione politica delle destre – concludono -  che mira a demolire lo stato sociale, risponderemo attraverso la costruzione di un conflitto che nasce dal basso, insieme alle realtà locali e ai movimenti contro una manovra che penalizza in primo luogo le fasce deboli e le famiglie di cui tanto la destra si è riempita bocca in campagna elettorale”.   

venerdì 30 luglio 2010

La bomba ad orologeria di Veltroni – da Luciano Granieri

Veltroni colpisce ancora. La furia distruttrice  del Walter , quello famoso, come dice la mia amica e redattrice di AUT Fausta, è arrivata a travolgere anche il Pdl. Che c’entra Veltroni con la cacciata di Fini e i suoi sodali dal partito del Presidente? C’entra  eccome. Se non ricordo male nel 2007, a governo Prodi agonizzante,  la smania del correre da soli, con la riesumazione dell’allora mezza salma Berlusconi , impantanato nel rigurgito di AN , dell’Udc di Casini e dell’insoddisfazione della Lega, determinò l’elimninazione dell’ala estrema nella coalizione di centro sinistra per costruire un partito nuovo, dialogante con tutti anche con i gaglioffi che gli si contrapponevano. Lo scopo  era di arrivare con tali fini statisti  all’accordo per la redazione di una nuova legge elettorale diversa dalla “porcata” in vigore , e quindi  andare tutti  allegramente   a votare. Il risultato è noto, grazie alla spallata di Mastella niente legge elettorale, batosta nelle elezioni anticipate e nelle seguenti tornate amministrative, partiti della sinistra alternativa (o presunta tale) fuori dal Parlamento. La decisione di Veltroni di costruire un nuovo partito, quel PD che ha già cambiato due segretari, liberandosi dagli orpelli dell’ultra sinistra, ha indotto Berlusconi a fare altrettanto nel suo schieramento. MAI IMITARE  CHI PER SUA VOCAZIONE HA LA TENDENZA A DISFARE PIUTTOSTO CHE A FARE!!!.  Il precorso del “predellino” , pur con gli stessi obbiettivi,  è stato diverso rispetto alle dinamiche che hanno determinato la costituzione del PD. Berlusconi, in virtù della gestione padronale della coalizione, ha intimato a Fini e Casini di sciogliere i propri movimenti e di confluire nel partito unico, modello PD, di cui sarebbero stati i cofondatori ma di fatto ancora di più sottomessi al padrone. Con la Lega (L’Idv della coalizione opposta)  le cose sono andate diversamente . La richiesta non è stata neanche formalizzata, non era necessaria perché la fedeltà dei beoti nordici era assicurata dalla promessa di approvare quel federalismo che da 16 anni i Padani, pur sedendo nei banchi della maggioranza, non sono mai riusciti ad ottenere.  Dopo il “no grazie “ di Casini, la poco spontanea adesione di Fini, che scioglieva AN per confluire, nasceva il Pdl. Ma nasceva già malato perché inglobava un contrasto profondo che prima era esterno alla sua organizzazione, quello con Fini. Il quale riteneva vantaggioso per la sua affermazione l’ingresso nel Pdl allo scopo di  logorare da dentro il suo ex alleato. E così è puntualmente avvenuto. Purtroppo la vittoria elettorale di questo organismo malato, ottenuta grazie al nuovo assetto,  e il conseguente suo governo, hanno devastato ulteriormente l’Italia . Il dispotismo berlusconiano è dilagato depredando ancora di più la Costituzione, i diritti dei cittadini, espropriando  il Parlamento di ogni sua funzione, partorendo “leggiacce” come il Lodo Alfano, la riforma Gelmini,  e meno male che l’iter di approvazione della legge sulle intercettazioni si è allungato. Berlusconi ha acuito i contrasti con i vertici istituzionali , Presidente della Repubblica e Presidente della Camera, guarda caso proprio Gianfranco Fini. Gli scandali, le cricche, la P3, il furore padronale di Marchionne, non hanno fatto altro che esasperare la situazione e dare nuove motivazioni a Fini e i suoi per  attaccare l’ex capo riuscendo a determinare, più dell’opposizione,  la dismissione  di pezzi importanti del governo: Scajola, Brancher, Cosentino. Ed è arrivato il “redde rationem”. Fini fuori dal Pdl con l’intimazione di dimettersi da presidente della Camera. Intimazione  che non  sta ne in cielo, ne in terra. L’estromissione di un Presidente della Camera,  eletto dal Parlamento,  non è atto che risiede  nelle prerogative del Capo del Governo. Ma state certi che le bocche di fuoco mediatiche delle truppe berlusconidi sono già pronte a sparare tonnellate di fango sul dissidente. Il “Giornale” di oggi ad esempio avvisa Fini che chiunque si azzarda a massacrare attraverso il discredito o il semplice dissenso il Presidente del Consiglio è destinato a subire massacri ancora peggiori con conseguenze devastanti. Nel frattempo il Paese è allo sbando. Il Pd oltre che richiedere a Berlusconi di riferire in Parlamento non riesce a fare. Chissà se Bersani riuscirà ancora una volta nell’impresa di resuscitare la controparte in via di decomposizione come il suo predecessore Veltroni? Dovrà comunque prestare una maggiore attenzione perché come abbiamo dimostrato Walter, quello famoso, nell’attuare il primo intervento di rianimazione ha innescato una bomba a tempo nelle fondamenta del Pdl, ordigno che oggi è scoppiato.

giovedì 29 luglio 2010

Il fascismo come serra artificiale del capitalismo - a cura di Luciano Granieri

Questa è una edizione un po’ particolare della rubrica periodica “Riletti per voi da AUT”.  I documenti che seguono sono tratti dal libro “Antologia di scritti: L’analisi economica dei comunisti italiani durante il fascismo” di GIULIO SAPELLI   Il saggio propone alcuni articoli scritti da militanti comunisti italiani  e  pubblicati dalla rivista bimestrale “Lo Stato Operaio”, sulla situazione economica dell’Italia durante il fascismo. Il contributo è un po’ lungo  tanto che abbiamo deciso di suddividerlo in tre post diversi. Fate conto che la rivista “Lo Stato Operaio” anche se attiva dal 1922 fino al 1939  collabora con AUT e ci ha inviato questi tre interventi. Oh!.... e poi è  estate non avete una cazzo da fare potete pure mettervi a leggere..... Del resto per sostenere la lotta antifascista il fascismo bisognerà anche   conoscerlo. Non come quei quattro deficienti che vogliono infestare il centro storico blaterandosi  fascisti  del terzo millennio senza  sapere  di che diavolo  stanno parlando. Comunque, tornando un minimo seri, leggendo questi articoli ci si rende conto di come la lotta partigiana, i conflitti sociali del 68’-69’ siano stati sacrifici  inutili. Non vi pare che le situazioni descritte negli interventi sotto riportati siano rimaste tale e quali a quelle di oggi? 

La stabilizzazione del capitalismo in Italia - da “Lo stato Operaio” marzo 1928

Che cosa è il fascismo? Noi abbiamo definito il fascismo come il tentativo di stabilizzazione del capitalismo italiano, cioè del capitalismo di un paese ad economia prevalentemente agricola, sprovvisto di materie prime,  di mercati esterni e di un largo mercato di consumo interno. Come si è proceduto alla stabilizzazione del capitalismo in Italia?  Ribadendo che il paese non ha materie prime e deve importare  dall’estero, non ha il possesso di capitali ingenti che gli consentano, senza l’intervento di prestiti esteri, la trasformazione  degli impianti, quale elemento , tra gli elementi fondamentali alla produzione, il capitalismo italiano è libero di controllare? L’elemento lavoro, l’elemento mano d’opera. Se diamo un’occhiata alla storia politica italiana , dal sorgere di un’industria moderna dal nord in poi, vediamo subito che quel momento coincide con l’inizio dello scatenarsi di violente lotte di classe. Perché in Italia lo sciopero fu sempre così frequente e cosi  violento? Forse per una ragione di temperamento dei nostri lavora
tori o perché il nostro proletariato si fa facilmente istigare “dai sobillatori” come si legge nei rapporti di polizia? No davvero. La ragione di “conflitto permanente” fra capitale e lavoro in Italia è da cercarsi nel fatto che il più basso costo dei prodotti è stato sempre ottenuto da noi opprimendo le condizioni del proletariato. Tutti sanno che l’operaio italiano è stato sempre il più miserabile operaio del mondo “civile” . E’ questo un elemento fondante della situazione italiana giacché spiega perché in Italia, Paese il cui sviluppo capitalistico è relativamente arretrato, la situazione sia stata fin dall’armistizio (1° guerra mondiale ndr) una situazione apertamente rivoluzionaria e sia rivoluzionaria ancora oggi. I contrasti di classe sono sempre più acuti in Italia e la guerra li ha esasperati. Da  questi lineamenti dell’economia italiana il capitalismo doveva procedere ad un’offensiva contro il salario per tentare la propria stabilizzazione , e tale tentativo assunse quindi il carattere di una azione politica particolare contro le classi lavoratrici, tento più che queste – provviste di un’antica esperienza di lotte- non si sarebbero fatte schiacciare senza una resistenza decisa e “armata”. Il metodo particolare della stabilizzazione del capitalismo italiano è il Fascismo, che perciò, ha un’essenza profondamente e tipicamente anti proletaria e anti contadina. Il capitalismo italiano è in tal modo riuscito ad assicurare le più alte quote di reddito agli investimenti industriali ed agricoli, consentite dallo schiacciamento inaudito delle classi lavoratrici delle città e delle campagne . E il metodo fascista ha in più modi favorito un processo più accelerato di concentrazione dell’economia italiana, il fascismo, avendo distrutto le organizzazioni di classe, ed immobilizzato le classi lavoratrici, ha potuto realizzare le condizioni di massima libertà capitalistica nel cui ambiente ha adottato tutta una serie di misure che hanno permesso il saccheggio del salario operaio, del reddito contadino,  e del piccolo risparmio. Queste misure sono state in particolare: l’applicazione di un largo regime di protezione doganale e – in un primo tempo e fino alla primavera del 1925-  di una politica di inflazione monetaria. Questa politica ha favorito nel 1924-25  uno slancio della produzione, ha evitato una larga disoccupazione “visibile” ed ha permesso  il collocamento dei prodotti dell’industria di esportazione sui mercati esteri in condizioni di concorrenza. Ma una politica di inflazione monetaria non poteva essere prolungata senza provocare una catastrofe economica dato che l’infalzione avrebbe distrutto le fonti del risparmio e avrebbe messo in moto tutti i fattori economici e politici di disgregazione del regime, che non avrebbe resistito alla prova. Ciò spiega anche il perché della nuova politica di rivalutazionista suggellata, recentemente, con la stabilizzazione legale della lira, e la nuova crisi generale economica. La rivalutazone monetaria impone un arresto di programma dell’espansione industriale del fascismo e pone in termini più acuti il problema della conquista delle fonti di materie prime e dei mercati, svelando crudelmente tutte le contraddizioni e le debolezze dell’economia italiana, a cui un nuovo intervento di capitali esteri potrebbe fornire un rimedio parziale e provvisorio, ma a sua volta preparatore di nuove e più profonde contraddizioni, di una crisi più radicale. Preclusa la via ad una larga espansione verso i mercati esteri alla produzione italiana ed impossibilitata questa a trovare sbocco verso l’interno, l’imperialismo italiano si contrae, segna il passo e si prepara alla guerra. La guerra è l’unico tentativo di soluzione della crisi. Solo dalla guerra l’imperialismo italiano può sperare una nuova spartizione delle colonie. Se esso non gioca questa carta terribile, accetta la necessità dello smantellamento delle sue posizioni industriali ed accetta la necessità di fare dell’Italia il mercato dei grandi Paesi industriali, cioè una colonia degli imperialismi forti. La fase fascista del capitalismo italiano è caratterizzata dallo schiacciamento delle condizioni delle classi lavoratrici. Il regime democratico-parlamentare suppone l’esistenza di partiti d’opposizione, di una stampa di opposizione, di organizzazione autonome. Qualunque partito d’opposizione esistesse oggi in Italia  non potrebbe non esprimere i bisogni delle classi lavoratrici, cioè minaccerebbe di strappare al potere il controllo sull’unico elemento sul quale il potere poggia per la sua politica di stabilizzazione . Ciò vuol dire anche che non può stabilizzarsi una successione democratica del fascismo e che il fascismo è l’ultima fase del capitalismo italiano.

Il costo della vita è basso abbiate fiducia! (titolo del redattore) – Angelo Tasca da”Lo Stato Operaio” aprile 1927

Il governo italiano tende  a rendere sempre più problematico il controllo delle varie manifestazioni della vita economica. Dal novembre 1926 sono scomparsi dai supplementi mensili della Gazzetta Ufficiale tutti gli “indici” economici che accompagnavano , a partire dal 1925, i rendiconto del Tesoro. I dati statistici vengono ancora comunicati al pubblico, ma attraverso le varie agenzie ufficiose, con una conveniente “presentazione” e in modo affatto frammentario, oppure sono raccolti in pubblicazioni di più ristretta circolazione. Mussolini ha poi avuto un’altra geniale trovata contro il sovversivismo delle cifre. Siccome i numeri indici pubblicati dagli uffici del lavoro di alcuni maggiori Comuni denunciavano il persitstente alto costo della vita, e ciò imbarazzava la campagna in corso per la riduzione dei salari, un decreto , 3 marzo c.a., affidava all’Ufficio Centrale di Statistica la formazione di una nuova serie – più addomesticata- di numeri indici. I Comuni continueranno a raccogliere i dati , ma secondo le istruzione dell’Ufficio ministeriale , il quale determinerà pure la “qualità” e la quantità delle derrate e delle merci da prendere in esame. Il decreto legge fa divieto alle altre amministrazioni pubbliche , agli enti Parastatali, alle organizzazioni sindacali di intraprendere e proseguire il calcolo degli indici del costo della vita, e stabilisce pure che la serie di numeri indici che attualmente si compilavano da parte di alcuni Comuni, vanno tutte abbandonate dopo cinque mesi da che si sarà iniziata la pubblicazione dei nuovi indici. E’ evidente che al carattere obbiettivo, scientifico degli accertamenti del costo della vita si vuole sostituire un criterio politico.  L’Ufficio Centrale di Statistica sarà uno strumento di politica antiproletaria , e le cifre si piegheranno a tutte le esigenze  di manovre capitaistiche.

Il dissesto della Banca Commerciale – da “Lo stato operaio” ottobre- novembre 1931

Per quanto non sia facile conoscere appieno il contenuto dei provvedimenti presi nel corso del mese di novembre per regolare  la situazione della Banca Commerciale e il finanziamento dell’industria una cosa si può affermare con certezza, ed è che il comunicato del 4 novembre , col quale veniva annunciata una grande operazione finanziaria della BC, ha segnato ufficialmente  il passaggio della crisi economica dal campo della produzione al campo del credito e della finanza. Quale operazione ha compiuto la BC?  Il comunicato dice che la banca ha proceduto ad un’integrale smobilitazione del proprio possesso di azioni industriali, cedendo questo possesso senza perdita a una “società finanziaria italiana” il cui finanziamento è assicurato con autonomia di mezzi nello stesso tempo sempre con autonomia di mezzi all’infuori della della BC “il Consorzio Mobiliare Finanziario” che dispone della maggior parte dei capitali della BC, aumenta il proprio capitale per entrare in possesso di quelle azioni della Commerciale che ora sono nelle mani di un sindacato il quale verrà sciolto. Con parole più semplici, la BC cede tutte le azioni industriali di cui è in possesso a un nuovo organismo che viene finanziato con nuovi capitali, e i fornitori di questi capitali entrano in possesso di un grosso pacco di azioni della banca. Quale significato ha questa operazione?  E’ la consueta operazione di salvataggio di una grande banca da parte dello Stato. Ma da che risulta  che è lo Stato che interviene a mezzo del nuovo organismo e dietro di esso? Il salvataggio non poteva essere compiuto che mediante l’intervento del solo organismo che abbia una forza adeguata, la Banca d’Italia. Ma dietro la Banca d’Italia vi è lo Stato. Tutto questo perché la BC è stata  l’ispiratrice  della politica economica fascista  e ne ha approfittato fino al limite estremo. La potenza della Banca Commerciale giunse al colmo quando si accelerò, favorito dal governo fascista il processo di concentrazione delle aziende, di penetrazione del capitale finanziario in tutta l’economia del paese. Al timone dell’economia italiana essa aveva posto un uomo di sua fiducia, godeva del credito di circoli finanziari americani  nel momento in cui un flusso in dollari doveva venire, come premio di una rivalutazione sì saggiamente eseguita, a dare nuovo ossigeno all’attività produttiva . La BC fu dispensatrice di questo ossigeno. In questo periodo, mentre tutte le aziende erano alle prese con gravi difficoltà di credito, dovendo procedere alla svalutazione  degli impianti , degli stocks di materie prime, e della produzione accumulata in magazzino e non trovavano i mezzi finanziari  per provvedere a questi bisogni , la BC entrò in possesso di un’ingente portafoglio di titoli industriali. Il fine cui si tendeva era evidente. Si cercava di estendere sempre più il controllo della banca,  di concentrare sempre il maggior numero d’imprese nella speranza di poter  aumentare il profitto riducendo i costi e creando condizioni di monopolio . E’questa la linea della  politica economica fascista . La stessa politica agraria  del governo fascista ha servito egregiamente gli interessi della BC. La Montecatini che era una cosa sola con la Banca Commerciale, produttrice fra le altre cose di fertilizzanti e prodotti per l’agricoltura ndr , ha tratto enormi vantaggi dalla “battaglia del grano”. Si ricordi infine che in questo periodo l’offensiva spietata contro i salari consentiva un compenso dell’aumento del costo di produzione causato dalla contemporanea rivalutazione della lira. Il predominio della BC poteva quindi sembrare fondato su qualcosa di solido, mentre nella realtà si stavano accumulando le contraddizioni  che ora la crisi porta alla luce così crudelmente.La crisi mondiale trova la BC esposta proprio in alcuni dei punti più colpiti. La  mancanza di capitali comincia ad essere sensibile, i piccoli e i medi risparmiatori rifuggono dagli impieghi industriali. Il mercato internazionale si fa sempre più avaro e vengono ritirati i presti a breve scadenza fatti all’estero dalla BC. Il mercato italiano subisce il salasso dei 7 miliardi del prestito pubblico per il rinnovo dei buoni novennali . La BC comincia a non trovare i mezzi per alimentare le industrie che essa finanzia, di cui ha nel suo portafoglio i titoli. La situazione minaccia di diventare insonstenibile e lo stato deve intervenire oppure lasciare che si produca un crollo dalle conseguenze incalcolabili. La BC controlla 9 miliardi di capitale azionario questa cifra indica molto chiaramente che cosa  significa per l’economia italiana la crisi della BC , fa capire come avendo sulle  spalle il finanziamento di gran parte delle imprese, questa avesse bisogno di capitali e quale crollo la minacciava . Dunque ha fatto ricorso alla Banca d’Italia offrendole di rilevare il portafoglio industriale. La Banca d’Italia ha accettato nella forma che è stata resa pubblica creando la “Società Finanziaria Italiana” La BC era salva dal fallimento perché le sue passività sono  state assunte dalla Banca dello Stato e quindi il loro peso deve finire per ricadere sulla collettività in un modo o nell’altro . Il problema di trovare le centinaia di milioni di credito cui l’industria ha bisogno il fascismo lo risolve mobilitando sino all’ultima risorsa del paese per servire la grande industria “Il Consorzio  mobiliare italiano” riceve 500 milioni che sono dati per metà dalla cassa dei depositi e prestiti cioè dalle casse di risparmio dello Stato  alimentate dal piccolo risparmio borghese. Questo rifuggiva dagli investimenti aleatori e pericolosi ? Ebbene il fascismo  con un abile giro di mano apre agli industriali e ai finanzieri  le casse di risparmio  pubblico così che queste vengono legalmente scassinate  dallo stato fascista e la cosa viene presentata come la valorizzazione del risparmio. Il piccolo medio borghese risparmiatore può stare tranquillo: il fascismo gli prende i soldi ma rende omaggio alla sua ideologia.

Prove di fascismo nel basso Lazio - da (P-CARC) Sezione “Luigi Di Rosa” Priverno/Roccasecca

29 Luglio 2010

Due militanti del P-CARC denunciati per aver preso parte alla manifestazione dei lavoratori Nexans del 15 Luglio: solleviamoci contro le prove di fascismo dei CC di Priverno e della Digos !!!

Ieri pomeriggio la stazione dei CC di Priverno ha notificato una denuncia per “manifestazione non autorizzata” ad Andrea De Marchis, segretario della sezione “Luigi Di Rosa” del Partito dei CARC e ad un’altra militante della sezione. Secondo i CC di Priverno e la Digos di Latina i due militanti del P-CARC sarebbero “rei” di aver compiuto “manifestazione non autorizzata” (art.18 Tulps) per aver partecipato alla manifestazione tenuta il 15 Luglio a Fossanova dai lavoratori della Nexans di Latina in lotta contro i licenziamenti e la delocalizzazione della loro fabbrica (manifestazione autorizzata dalla Questura).

L’atto notificato quest’oggi ai due compagni del P-CARC rappresenta molto di più che una semplice denuncia. Siamo di fronte ad una palese e mastodontica violazione dei diritti costituzionali e di tutte quelle leggi che sanciscono e tutelano le libertà d’espressione, associazione e organizzazione. Questa denuncia è una prova di fascismo al pari di tanti altri fatti che dimostrano come in Italia sia un atto un tentativo di riscrivere i diritti costituzionali e mettere in discussione le libertà ad oggi esistenti.

Digos e CC di Priverno con queste denunce alzano il tiro nell’accanimento repressivo contro la nostra attività. Giocano a mostrare i muscoli per intimidirci, limitare la nostra agibilità politica e dunque soffocare la nostra attività a sostegno resistenza che le masse popolari oppongono alla crisi.

Denunciamo che questi provvedimenti repressivi sono anzitutto un attacco mirato all’attività del nostro Partito. Le forze dell’ordine vogliono tenerci lontani dalla classe operaia e soprattutto vogliono introdurre una sorta di legislazione speciale cui sottoporre i militanti del nostro Partito. Se in passato denunciavamo di subire un trattamento da “sorvegliati speciali” oggi i CC di Priverno e la Digos di Latina ce ne danno la conferma in maniera plateale!

Denunciamo che queste provvedimenti repressivi rappresentano un attacco a tutta la classe operaia della provincia in lotta contro la crisi, i licenziamenti e i piani di lacrime e sangue della banda Berlusconi. Il messaggio è chiaro: gli operai in lotta contro i licenziamenti devono restare soli, addomesticati dai sindacati di regime e rassegnati alla sconfitta.

Le Autorità, i politicanti corrotti che le dirigono e la loro schiera di magistrati e sbirri scodinzolanti hanno paura del Partito dei CARC! Per quanto rappresentiamo una piccola forza, temono l’influenza che possiamo esercitare su tutti quei lavoratori che oggi scendono in strada e si organizzano per non pagare il prezzo della crisi generata dai padroni. Ci colpiscono perché temono che con il nostro intervento nelle lotte operaie possiamo contribuire a farle uscire dal vicolo cieco della concertazione tra padroni e sindacati di regime (linea che equivale alla morte delle rivendicazioni operaie). Ci colpiscono perché diciamo agli operai che devono pretendere misure d’emergenza dalle Autorità a tutela del posto di lavoro e perché indichiamo nella lotta di piazza lo strumento principale tramite cui far avanzare le loro rivendicazioni. Ci colpiscono perché indichiamo agli operai che la sola alternativa alla miseria, ai licenziamenti e ai piani di lacrime e sangue dei governi della Repubblica Pontificia, che la sola via d’uscita dalla crisi sta nell’instaurazione del socialismo, sta nel liberarsi della cricca di mafiosi, padroni, faccendieri, cardinali e parassiti vari che ci governano e costruire una società basata su superiori relazioni sociali in cui il potere stia nelle mani dei legittimi detentori: i lavoratori!

Chiediamo a tutte le forze sociali, alle RSU della Nexans, alla CGIL e al sindacalismo di base, ai democratici, ai progressisti e ai comunisti, di prendere posizione e chiedere il ritiro di queste denunce: è un atto opportuno e necessario a fronte di un azione repressiva che se dovesse passare non rappresenterebbe soltanto un colpo al Partito dei CARC ma un colpo rivolto a tutti quei soggetti che in provincia di Latina si fanno promotori della lotta per non pagare la crisi dei padroni.
Per quel che ci riguarda mandiamo a dire a CC di Priverno e Digos di Latina che con queste denunce non ottengono nulla: saremo come prima e più di prima al fianco degli operai della Nexans!


Le denunce per la manifestazione del 15 Luglio sono vere e proprie prove di fascismo che fanno il paio con tantissimi fatti ed eventi che stanno accadendo nel nostro paese nell’ultimo periodo e che mirano a riscrivere i diritti costituzionali in senso autoritario. Sono i passaggi con cui chi ci governa cerca di creare il terreno per l’instaurazione di un governo d’emergenza reazionario che con l’autoritarismo e il terrore imponga alle masse popolari di pagare la crisi.

E’ possibile stroncare le “prove di fascismo” che la destra reazionaria sta facendo per mettere alla prova e selezionare individui e organismi che facciano quello che i nazisti e fascisti fecero nello scorso secolo. E’ possibile impedire l’istituzione di nuovi tribunali speciali. E’ possibile impedire l’istituzione di un governo d’emergenza della destra reazionaria. Per raggiungere tutti questi obiettivi, la Organizzazioni Operaie e Popolari devono prendere in mano le redini del paese e costruire un loro governo d’emergenza, che adotti le misure necessarie per far fronte agli effetti peggiori della crisi e sbarri la strada a fascisti e razzisti!

martedì 27 luglio 2010

SI E’ COSTITUITO IL COORDINAMENTO PROVINCIALE PER L’AMBIENTE -Rete per la Tutela della Valle del Sacco -

A seguito del molto partecipato incontro pubblico del 10.07.2010, si è svolta ieri dalle 19 alle 21, nella Sala di Rappresentanza della CIA Frosinone, una riunione tecnico-organizzativa del Coordinamento provinciale per l’Ambiente.
Si è ricordato come la sinergia tra associazioni di categoria dell’agricoltura e associazioni ambientaliste provinciali abbia già negli ultimi mesi sollecitato positivamente e concretamente le istituzioni, trovando corrispondenza nei casi della bocciatura dell’impianto di incenerimento di car fluff ad Anagni, dell’impianto di smaltimento amianto di Villa Santa Lucia e nelle recenti dichiarazioni d’intenti dell’Assessorato all’Ambiente provinciale circa l’opportunità della ricalibrazione del Piano di distretto rurale e agroenergetico. Si ringraziano inoltre le istituzioni per la sensibilità e la partecipazione a questi primi incontri: l’Assessore e Vicepresidente della Provincia di Frosinone Fabio De Angelis e l’Assessore all’Ambiente del Comune di Frosinone Francesco Raffa.
Ma gli obiettivi del Coordinamento sono ancora più ambiziosi: unire le forze dell’associazionismo e della società civile, a tutti i livelli, per formare un patrimonio comune, teorico e pratico-operativo, di conoscenze, competenze ed esperienze. In questo modo si potranno superare i localismi, ponendo le premesse per affrontare “dal basso” le emergenze ambientali dell’intero territorio provinciale e per valorizzare le potenzialità del Frusinate in termini non solo di sviluppo, ma più ampiamente di qualità della vita. Il Coordinamento ha stabilito che il Consiglio direttivo assuma una veste aperta e democratica, evitando i personalismi e l’individuazione di un portavoce. Ne faranno parte dunque le associazioni operanti sull’intero territorio provinciale e i referenti delle macroaree, che nel tempo saranno sempre più circoscritte. La strutturazione provvisoria, aperta a nuove adesioni, è la seguente: Mario Mancini, Presidente provinciale CIA Frosinone; Gianni Lisi, Direttore provinciale Coldiretti Frosinone; Riccardo Consales, consigliere nazionale VAS; Francesco Bearzi, Direttivo Rete per la Tutela della Valle del Sacco; Antonio Setale, Presidente Legambiente Frosinone; Giovanni Nardone, Presidente provinciale Federconsumatori; Area Centro/Frosinone, Francesco Notarcola, Presidente Consulta delle Associazioni della Città di Frosinone; Area nord/Anagni, Mario Sarasso, libero professionista; Area sud/Cassino-Cervaro, Fausto Colella, Associazione “P.P. Pasolini”.

Frosinone, 27.07.2010  

lunedì 26 luglio 2010

Four Stick - di Luciano Granieri

La serata di venerdì, 23 luglio l’Alatri in blues festival prevedeva oltre all’esibizione di Billy COBHAM_ già trattata in altra parte del blog, anche quella dello Stickmen trio di Tony Levin. Un set che si preannunciava molto particolare non fosse altro che per la natura degli strumenti protagonisti;  due Chapman stick e una batteria. Lo Chapman stick ha  dodici corde, sei di basso e sei di chitarra, senza cassa armonica e un’uscita stereo. I due stick men in questione erano Michael Bernier, musicista poliedrico che vanta collaborazioni, fra gli altri, anche con  
MARCO MINNEMANN batterista noto ai naviganti di AUT, e il maestro assoluto del Chapman stick, quel Tony Levin già bassista e collaboratore di Peter Gabriel, eroe assieme a Bob Fripp della terza era “King Crimson” , fase cui partecipò anche Pat Mastelotto, batterista dal drumming vigoroso guarda caso anche lui della partita nel concerto alatrese. Su questi presupposti le aspettative erano quelle di un set dalle sonorità tipiche del “Re Cremisi” (seconda e terza versione), con Bob Fripp convitato di pietra. “Red” il brano dei King Crimson tratto dall’omonimo album del 1974 ha aperto il concerto e ciò sembrava confermare le attese. Sicuramente l’esecuzione di Levin & co. , pur mantenendo le linee guida della versione originale, si distanziava non poco dall’incedere incalzante tipico del trio Fripp, Wetton, Brufford. Ciò era probabilmente determinato delle enormi possibilità timbriche degli stick. Ma dopo l’eccellente riproposizione di “Red” il concerto prendeva tutt’altra piega. Lo stickmen trio abbandonava le sonorità “progressive” e si spingeva verso una  vera e propria sperimantazione tonale. Su una scansione ritmica altalenante, costante, a volte marcata da Mastelotto, più spesso eseguita in alternanza da Levin e Bernier con le corde di basso dello stick, nasceva e prendeva consistenza un caleidoscopio di suoni. Giri armonici appena accennati si scioglievano in sonorità elettricamente distorte. Questa suggestione timbrica si arricchiva degli interventi vocali dei due stickmen anche in rap e di suoni campionati  pre registrati. L’ampio utilizzo di sequencer e sustainer consentiva la riproposizione ripetuta di linee  di basso, eseguite precedentemente, sulle quali sia Levin che Bernier si producevano in mirabolanti improvvisazioni  utilizzando anche l’archetto. Spesso anche Mastelotto abbandonava il sui incalzante beat per partecipare alla fiera del suono con la batteria elettronica. Particolare è stata la versione dell’uccello di fuoco di Igor Strawinsky con cui si è chuisa la performance. Dunque sperimentazione pura che dai King Crimson approdava alla ricerca timbrica  spinta sulla falsa riga di alcuni lavori   incisi da Brian Eno in collaborazione con il solito Bob Fripp, ci viene in mente l’album del 73’ Pussyfooting. Non c’è che dire un esibizione di grandi musicisti anche se spesso ridondante, troppo ripiegata sui suoi esecutori. Ciò che usciva dall’effluvio sonoro era una materia freddina, forse troppo cerebrale, sicuramente di grande caratura tecnica ma un po’ noiosa. Trattasi evidentemente di opinione personale, infatti il pubblico era entusiasta. Sicuramente il concerto per i cultori del genere sarà stato memorabile. Noi vi lasciamo alla musica attraverso tre contributi filmati in modo che, anche se tre brani non sono sufficienti, ognuno potrà farsi un’idea.
Buona Visione.






Divestement Movement breaktrough -di Aaron Levitt

Wow!

I'm writing you from New York City where I just
got back from the TIAA-CREF annual meeting
and I'm still a bit overwhelmed by the experience.

TIAA-CREF is one the largest retirement funds in the world, and it holds investments in companies that profit from the Israeli occupation.

I can't tell you what it meant to have so many people at the TIAA-CREF meeting asking them to do better. 15,300 people to be exact. Each one had signed a petition or a postcard, or secured hundreds of postcards in their own community asking the fund to divest from the Israeli occupation. And you know what? That made all the difference --- to us, and
to the leadership of TIAA-CREF.

We finally got a chance to call on TIAA-CREF, in person, to divest from companies like Caterpillar and Elbit that profit from Israel's occupation. As a fellow activist in the room said, "This was a real breakthrough today." I couldn't agree more.

At the meeting, those who have retirement accounts with the company can stand up and speak. We had a designated speaker delivering the postcards to TIAA-CREF management, and we knew a few other people, mostly professors and teachers, would get up and ask that their money not be invested in companies that profit from discrimination, death, and destruction, and push hope and peace ever further away.
But  happened was extraordinary. First 5, then 10, then 14 people, then more got up, one after another, to speak from the heart about why TIAA CREF must not profit from Israel's occupation. These people weren't just JVP members, but included TIAA-CREF shareholders attending the meeting for entirely different reasons, who were spontaneously moved to speak in support of our campaign.

Not a single person spoke to defend Israel's occupation. Not one. But we all know that will change, which is why we need you now to join our call and help us grow the 15,300 to 25,000 and then 50,000.
Please sign the TIAA-CREF petition now.

In that meeting, the voice for justice, for full equality, for a lasting peace between Israelis and Palestinians, dominated the room. So many inspiring and courageous JVP activists stood up to say how TIAA-CREF was fueling death and destruction by literally investing in it. To implore TIAA-CREF to find a new way.

During the meeting, we had the honor of delivering the many stacks of petitions and postcards directly to the Chief Financial Officer, and could feel the energy in the room change as the TIAA-CREF executives saw how many people we were representing. The CEO of TIAA-CREF announced they would be meeting with our campaign team tomorrow, and I knew they were taking us seriously.

It was impossible for anyone in that room to not have been affected by what they saw and heard. Just imagine - statement after statement opposing the Israeli occupation were made in the boardroom of one of the largest financial services companies in the world. The executive managers and board members present listened attentively, respectfully.

We know the struggle will be long to actually get TIAA-CREF to divest, but this is just the beginning. Our story is already spreading across the world, with media coverage in US News and Report, Inside Higher Ed, Israel's Ha'aretz, Tablet and the Jewish Telegraphic Agency.

Please join our call! We are already having an impact at 15,300 but want to grow to 50,000. Please sign our petition today.
Thank you for listening. I wish we could have videotaped the statements of every person in that room-I promise you, you would have been moved and inspired. But none of us who were there will ever forget it.
Onward,
Aaron Levitt



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Caro Luciano,

Ti sto scrivendo da New York City dove sono appena tornato dall’ incontro annuale del TIAA-CREF e sono ancora un pò emozionato dall’ esperienza.

TIAA-CREF è uno dei più grandi fondi pensionistici, e detiene investimenti in compagnie che traggono profitto dall’ occupazione israeliana.

Non posso dirti cosa significa avere così tante persone al TIAA-CREF. 15,300 persone per l’esattezza. Ognuno ha firmato una petizione o una cartolina, o garantito centinaia di cartoline nelle loro comunità, chiedendo la privazione dei fondi dall’ occupazione israeliana. E sai cosa? Ha fatto la differenza---per noi e per la leadership della TIAA-CREF.

Abiamo finalmente la possibilità di chiamare la TIAA-CREF in persona per privare compagnia come Caterpillar e Elbit del loro profitto tratto dall’occupazione israeliana. Come un attivista ha detto: “Questà è una grande opportunità”. Non posso non essere d’accordo.

All’incontro, quelli che hanno un conto pensionistico con l’azienda possono alzarsi e parlare. Abbiamo un relatore designato che consegna le cartoline alla direzione della TIAA-CREF, e sappiamo che altre persone, per lo più professori ed insegnanti, sarebbero disposti a chiedere che i loro soldi non siano investiti nelle compagnie che traggono profitto dalla discriminazione, dalla morte, dalla distruzione, e a spingere la speranza e la pace ancora più avanti.

Quello che è successo è straordinario. Prima 5, poi 10, poi 14 persone, poi altre, una dopo l’altra a spiegare il perchè TIAA-CREF non deve trarre profitto dall’ occupazione israeliana. Queste persone non erano solo membri JVP, ma anche azionisti TIAA-CREF che partecipavano all’ incontro per tutt’ altre ragioni, e che hanno parlato spontaneamente per supportare la nostra campagna.

Neanche una singola persona ha parlato a favore dell’ occupazione israliana. Ma noi sappiamo che cambierà, ecco perchè noi abbiamo bisogno di te adesso a rispondere alla nostra chiamata e ad aiutarci a crescere da 15.300 a 25.000 e poi 50.000.

Per favore firma la petizione della TIAA-CREF ora.

Nell ‘incontro, la voce per la giustizia, per l’ uguaglianza, per la pace tra israeliani e palestinesi ha dominato  nella sala. Così tanti coraggiosi membri JVP hanno parlato di come la TIAA-CRE stia alimentando la morte e la distrizione finanziandola direttamente. Ad implorarla di trovare una nuova soluzione.

Durante il meeting abbiamo avuto l’onore di consegnare la gran moltitudine di petizione e cartoline all’ amministratore ufficiale, e abbiamo sentito come l’energia nella sala è cambiata quando l’ esecutivo della TIAA-CREF ha visto quante persone stiamo rappresentando. Il CEO della TIAA-CREF ha snnunciato che avrà un incontro con noi domani e so che ci stanno prendendo seriamente.

Sappiamo che la lotta sarà lunga prima che la TIAA-CREF privi complatemnte i fondi, ma questo è solo l’inizio. La nostra storia si sta già diffondendo in tutto il mondo con la copertura mediatica del US News and Report, Insider Higher Ed, la Ha’ aretz di Israele, e l’ Agenzia Telegrafica Ebrea.

Per favore rispondi alla nostra chiamata! Stiamo già avendo un impatto con 15.300 persone ma vogliamo arrivare a 50.000. Per favore firma la nostra petizione oggi.

(per firmare la petizione basta cliccare sulle frasi scritte in rosso dall'inglese)

Musica nella Valle del Sacco - da Retuvasa

Questa volta non parliamo di disastri ambientali, ne di processi o di proposte alternative, ma di un qualcosa che non conosce tempo. Di un qualcosa che ha subito contaminazioni positive nel tempo per rendere più vicine culture provenienti da differenti continenti.



Si alla revisione del Distretto Rurale Agroenergetico - dalla Rete per la Tutela della Valle del Sacco

Le dichiarazioni dell’Assessore all’Ambiente e Vicepresidente della Provincia di Frosinone Fabio De Angelis circa il Piano del Distretto rurale e agroenergetico della “Valle dei Latini” elaborato dall’Arsial costituiscono a nostro avviso la prima corretta, razionale e limpida posizione sul tema espressa ad ogni livello istituzionale. Riteniamo anche noi potenzialmente molto pericoloso il progetto di produrre energia dai pioppi e biocarburanti dai girasoli: invece di sostenere e implementare le tradizionali attività agro-zootecniche, rischierebbe di rimpiazzarle con filiere produttive inadatte alla vocazione territoriale, penalizzando dunque il settore primario, da sempre “guardiano” della situazione ambientale. Aggiungiamo che ogni tipo di incenerimento non si coniuga facilmente con il risanamento ambientale. Più specificamente, nel caso dell’incenerimento di biomasse già organoclorurate, che possono aver immagazzinato ulteriore cloro dal beta-HCH, non è escluso l’incremento delle emissioni di PCB, diossine e furani in fase di combustione.
Manca invece in quanto comparso sulla stampa un cenno a una posizione che peraltro ci risulta condivisa dall’Assessore provinciale all’Ambiente: la positività di un altro progetto parte del “contenitore” del Piano di Distretto, ovvero la produzione di biogas mediante digestione anaerobica dal letame bovino, capace di coniugare una significativa produzione energetica al mantenimento della popolazione del bestiame esistente, con minimo impatto ambientale. Ricordiamo che il bilancio del biogas è decisamente più favorevole di quello della combustione di biomasse, sia in termini energetici che ambientali, come riportato da ultimo nel Rapporto Ispra 105/2010.
Concordiamo inoltre sull’opportunità di riperimetrare la “fascia rossa” cum grano salis e di estendere verso il sud del Frusinate il novero dei Comuni inclusi nella zona emergenziale.   
Interessantissimo inoltre il riconoscimento che per accelerare la naturale e lentissima degradazione del beta-HCH presente nei sedimenti del fiume Sacco, invece che piantumare pioppi è possibile promuovere opportuni interventi agronomici e sfruttare la naturale capacità dei microrganismi del suolo (batteri), come del resto fu segnalato nel corso dell’ultima legislatura regionale da studiosi della Facoltà di Agraria dell’Un. della Tuscia. Sarebbe dunque opportuno avviare una sperimentazione ad hoc di medio termine, volta a verificare l’applicabilità su larga scala di tali tecniche di biorisanamento.

domenica 25 luglio 2010

Ospedali, Medici, Medicine e Guaritori - da Tribunale del Malato

UN CONCETTO MIOPE DELLA SANITA
NON SI  APPROFONDISCE MAI IL LEGAME TRA  RISPETTO DELL'AMBIENTE E SALUTE.
SI RIMANDA TUTTO  ALLA EMERGENZA  DELLA TERAPIA E COSI I MALI CONTINUANO AD AFFLIGGERCIIL CANE SI MORDE LA CODA
PIERLUIGI FANFERA



Una sanità basata quasi totalmente sugli ospedali, con un territorio non in  grado di rispondere alle esigenze dei cittadini e ai compiti affidatigli dai  piani sanitari nazionale e regionale. Sono solo alcuni dei principali aspetti  emersi dal II Rapporto Audit civico del Lazio, realizzato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, in collaborazione con la Regione Lazio,  presentato il 13 luglio a Roma. Il lavoro è stato condotto da equipe “miste”,  composte da cittadini e operatori appositamente formati, e ha coinvolto 120  cittadini che, volontariamente, hanno analizzato 111 strutture sanitarie; in  particolare 29 ospedali, 18 distretti, 34 poliambulatori, 18 centri per la  salute mentale e 12 SerT, per un totale di 20 aziende di riferimento tra ASL, 
Aziende Ospedaliere e IRCSS. Il quadro che ne emerge è di una sanità regionale  che vede convivere eccellenze accanto all’inefficienza, non solo confrontando  diverse realtà, ma anche all’interno di una stessa azienda, con enormi  differenze a seconda di dove si risieda. “Dai dati del nostro rapporto emerge 
che la vera emergenza nella regione è l’assistenza domiciliare,ad oggi è  garantita in minima parte solo nei giorni feriali, mentre nei giorni festivi e  prefestivi l’unico riparo è l’ospedale. Come se i malati di Alzheimer, malati  di tumore, anziani, malati neurologici, guarissero miracolosamente il venerdì  sera e si riammalassero solo il lunedì mattina. Non esistono nei giorni festivi  servizi domiciliari pubblici adeguati e nel caso di una banale emergenza, come  per esempio la necessità di applicare un catetere vescicale, le possibilità che 
si hanno sono due: andare al Pronto Soccorso chiamando un’ambulanza oppure  ricorrere ad alternative onerose pagando la prestazione”. Diversi gli argomenti  affrontati da questa seconda edizione dell’Audit civico, con 380 indicatori  diversi. Gli aspetti valutati riguardano l’orientamento al cittadino nell’ organizzazione e gestione dei servizi; la prevenzione dei rischi, la riduzione  del dolore e il sostegno ai malati oncologici e cronici; il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini nel sistema sanitario regionale. Cercheremo ora di  analizzarne sinteticamente i principali. Il livello aziendale: maggiore 
attenzione alla sicurezza, terapia del dolore e oncologia punti dolenti. Il  fattore “accesso alle prestazioni” registra l’indice più elevato nell’edizione  2010 di Audit, sebbene anche in questo caso si registrino enormi variazioni  passando di realtà in realtà. A fronte di questo, comunque, i cittadini si  trovano molto spesso a non ricevere adeguate informazioni per poter usufruire  al meglio dei servizi. Quello che ne emerge è quindi un servizio sanitario  regionale fortemente incentrato sugli ospedali, con i cittadini che, una volta  usciti dal nosocomio, avvertono un senso di profonda solitudine. Le cure  primarie si confermano anche in questa edizione il vero anello debole del  sistema, nonostante le ripetute promesse susseguitesi negli anni, con punte 
particolarmente preoccupanti per quanto riguarda Centri per la Salute Mentale e  Servizi Territoriali per le Tossicodipendenze. La priorità individuata da  Cittadinanzattiva su questi argomenti è il potenziamento del territorio, prima  di un affidamento di un ulteriore ruolo di erogatore di servizi che attualmente  non sembra in grado di poter sostenere. I punteggi più elevati riguardano la  sicurezza delle strutture e degli impianti IAS 98 (Indice Adeguamento agli  Standard), così come quella dei pazienti (IAS 89). In tutte le aziende, con  qualche importante eccezione, non esiste inoltre una politica di reale  coinvolgimento delle associazioni dei cittadini, sia nelle scelte aziendali,  che nella possibilità di verificare e intervenire sulla qualità delle  forniture. Spesso ci si rifugia nella sola attivazione del Comitato Etico,  mentre poco o nulla si è fatto sul fronte delle forme extragiudiziali di  risoluzione dei conflitti. Inoltre, ancora troppo poco si fa sul fronte della  gestione del dolore (IAS 59), mentre l’attenzione per i pazienti oncologici o  affetti da patologie croniche è ancora non sufficiente (IAS 47). L’Assistenza  domiciliare integrata, vera chimera del sistema, erogata da pochissime realtà, 
non è altro che la conferma di quanto sinora detto. “Quello che chiediamo con  urgenza alla Regione”, sostiene Scaramuzza, “è di strutturare un’assistenza  domiciliare 7 giorni su 7. Ciò significa evitare non solo ricoveri impropri, ma  alleggerire le famiglie da un onere economico ed assistenziale pesantissimo,  oltre che fornire un’adeguata e doverosa assistenza sanitaria. Tutte le Giunte  che si sono susseguite negli ultimi quindici anni hanno sempre annunciato un rafforzamento della sanità territoriale, ma alla fine sono rimaste sempre solo 
promesse con qualche piccola eccezione”. L’assistenza ospedaliera: punto di  forza del SSR. L’analisi delle 29 strutture prese in considerazione conferma  come gli ospedali rappresentino la “prima donna” della sanità laziale. Sebbene  il risultato registrato sia buono, restano delle enormi differenze tra ospedale  e ospedale, e spesso anche tra reparto e reparto. Inoltre, gli ospedali che  dipendono dalle ASL registrano performance inferiori rispetto alle Aziende Ospedaliere o agli IRCSS. I punteggi inferiori riguardano l’informazione e 
comunicazione (IAS 51 per le Asl, 66 per gli altri), comfort (IAS rispettivamente 51 e 71) e personalizzazione delle cure (59 e 72). E’ quindi  necessario intervenire per migliorare il livello dell’informazione e comunicazione con i cittadini, in particolare rispetto ai loro diritti in  ospedale, alle informazioni generali sul funzionamento interno, alla diffusione  e accuratezza del consenso informato scritto rispetto agli interventi di 
adenotonsillectomia e/o appendicectomia; predisporre e attuare un piano di  verifica e intervento mirato e sistematico per il controllo e la manutenzione  degli edifici ospedalieri: esiste infatti una situazione diffusa di presenza di  segni di fatiscenza e di degrado strutturale. E’ necessario inoltre sviluppare  modalità d’accoglienza e di assistenza ai degenti attente alle differenze  culturali e agli aspetti socio-relazionali che, ci piace sottolinearlo, fanno  parte della presa in carico della persona che ha bisogno di cure in una cultura 
dell’umanizzazione delle cure e dell’assistenza. Anche la gestione del dolore,  il cui IAS è pari a 49, indica chiaramente la necessità di intervenire sul tema  negli ospedali dipendenti dalle ASL. L’assistenza sul territorio: cenerentola  della sanità laziale. Come già anticipato, l’assistenza al livello del  territorio risulta essere la “priorità delle priorità”. Il cittadino si trova  infatti molto spesso di fronte ad una vera e propria sindrome dell’abbandono  quando passa dall’ospedale al territorio. Mancano le informazioni sulle  modalità di accesso e sui servizi disponibili, quando questi esistono. Tra le  criticità più evidenti la mancanza di servizi adeguati per l’assistenza ad  anziani non autosufficienti, o la mancanza di continuità assistenziale che  dovrebbe invece garantire l’ADI. I fattori più critici per quanto concerne l’orientamento verso i cittadini sono la tutela dei diritti e l’informazione e la  comunicazione (IAS medi da 41 a 47). Il risultato è che spesso i cittadini sono  spinti a “doversela cavare da soli”, sia sul fronte delle informazioni che per  affrontare spese per servizi che dovrebbero invece essere erogati dal SSR. “Attraverso l’Audit civio crediamo possa nascere nel Paese un modello Lazio, basato sul contributo dei cittadini, la trasparenza, i controlli e la valutazione dei dirigenti. In vista della nomina dei Direttori generali delle ASL, e considerando che la valutazione di essi è sempre stata annunciata ma mai  perseguita negli anni passati, crediamo che sia arrivato il momento di attuare veramente la valutazione dei direttori attraverso i risultati realmente raggiunti”. “Proponiamo, quindi”, “che nel fornire ai nuovi Direttori generali gli obiettivi di mandato (Rispetto del Piano Sanitario nazionale, Piano sanitario Regionale, Piano di rientro, ecc.) ci possa essere spazio anche per degli obiettivi “civici”, definendo un vero e proprio set di indicatori presi dall’Audit civico, su cui valutare, a distanza di 18 mesi, le capacità manageriali”. “Questo sarebbe un modo per caratterizzare il Lazio con un sistema sanitario trasparente in grado di contribuire ad accrescere la fiducia nelle Istituzioni, e a mettere realmente al centro delle scelte il punto di 
vista dei cittadini che partecipano direttamente e concorrono attivamente al miglioramento della qualità del servizio sanitario regionale”.





UNIVERSITA' UNA RIFORMA DA INCUBO - di Fabiana Stefanoni

E' un'afosa serata di fine luglio, sono passate da poco le ore 20. Mentre scoliamo la pasta, in sottofondo è sintonizzato il telegiornale "progressista" de La7. Certo, non che si parli dei milioni di licenziamenti in corso, né tantomeno - ci mancherebbe! - delle lotte degli operai o dei precari della scuola: ma almeno qualche cosa sugli scandali della P3 la dicono. Meglio di niente, meglio di Minzolini: giusto per scolare la pasta.
Dallo schermo ronzano le solite noiose notizie, che stancamente si mischiano alla canicola estiva: ministri e sottosegretari coinvolti in logge massoniche o associazioni a delinquere di stampo mafioso, festini a luci rosse per i parlamentari del centrodestra e del centrosinistra, preti e prelati pedofili difesi a spada tratta da papa Benedetto XVI. La solita tiritera, nessuno ci fa più caso: anche il cane sbadiglia.
Ma c'è una parola che suscita terrore, più di tutte, soprattutto se la si sente pronunciare nel cuore dell'estate: è la parola "riforma". Il cane, che sonnecchiava, ha uno sconquasso e drizza le orecchie quando sente che, "finalmente", è arrivata in Senato "la tanto attesa riforma dell'università". Se si parla di riforme -soprattutto, se si parla di riforme di mezza estate- un cataclisma, di sicuro, è in arrivo. "Una riforma di alto profilo", rincara la dose il relatore del provvedimento, Giuseppe Valditara del PdL: la pasta si raffredda, il cane mugugna.
 
Tremonti e Gelmini: un cocktail micidialeLe notizie che giungono, a ministri e sottosegretari, dalle tradizionali località turistiche estere degli italiani non sono per loro rassicuranti (sarà per questo che il presidente del Consiglio si cimenta in prima persona negli spot per incentivare le vacanze in Italia?). In Grecia, la rivolta è all'ordine del giorno e non risparmia nessuno, nemmeno i turisti: i porti sono rimasti bloccati per una serie di scioperi che hanno paralizzato il trasporto marittimo. In Spagna, lo sciopero dei trasporti organizzato dal sindacalismo conflittuale ha paralizzato il Paese: e nuove proteste si annunciano, anche in piena estate. Per fortuna dei ministri e dei sottosegretari di casa nostra, la Francia non è una meta molto ambita d'estate: altrimenti ai turisti italiani toccherebbe di sentire delle decine di fabbriche occupate e presidiate dagli operai in via di licenziamento. Meglio che l'Italiano che può permettersi una vacanza resti in Italia, dove, grazie al prezioso (per i padroni) lavoro di pompieraggio del conflitto orchestrato dalle direzioni dei sindacati concertativi (dall'Ugl alla Cgil) -e grazie anche al settarismo e all'autoreferenzialità di una gran parte delle attuali direzioni del sindacalismo di base, più pronti a ritagliarsi spazi di sopravvivenza nella barca che affonda che a organizzare le lotte- la protesta di massa non è ancora arrivata.
Ma, a nostro avviso, manca poco: il massacro in corso non risparmia nessuno. Il settore privato oggi appare come un malato terminale, che è tenuto in vita solo dagli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, contratti di solidarietà, ecc). Il pubblico subisce la più grossa batosta dal dopoguerra: agli 8 miliardi di tagli previsti dalla Legge 133 dell'estate 2008 vanno ad aggiungersi altri pesantissimi tagli con la manovra Tremonti. E' prevista per il prossimo anno, sulla pelle dei lavoratori dell'università e degli studenti, una cura dimagrante pari a 1,3 miliardi di euro al fondo di funzionamento degli atenei, senza contare gli altri tagli che riguardano il mondo della cultura e dell'istruzione.
La "riforma" Gelmini dell'università, come già quella della scuola primaria e secondaria, serve a dare un vestito alla realtà nuda e cruda dei tagli miliardari. Se nel nostro Paese l'aria che tira è ancora fiacca, è lecito supporre che si tratti della calma prima della tempesta: nessun governo è così sciocco da pensare che si possano far digerire milioni di licenziamenti senza aspettarsi qualche fuoco di protesta, tanto più se finiscono le briciole da distribuire. E a fronteggiare quel fuoco il governo si è già preparato, inasprendo le cosiddette leggi sulla sicurezza. Dall'altra parte della barricata, ci dovremo preparare a organizzare le lotte affinché siano vincenti.
 
Non c'è mai fine al peggioL'Università italiana godeva di pessima salute, su questo non c'è dubbio. Decenni di riforme bipartisan -da De Mauro e Berlinguer  per il centrosinistra, fino alla Moratti per il centrodestra- l'hanno trasformata in un contenitore vuoto, sempre meno alla portata dei figli dei lavoratori (per il vertiginoso aumento delle tasse e per lo smantellamento dei servizi), sempre più scadente dal punto di vista della formazione. Gran parte della didattica degli atenei, fino a oggi, si è basata sul volontariato di borsisti e ricercatori sottopagati, disposti ad accettare condizioni salariali infime e degradanti (i borsisti non hanno nemmeno un contratto di lavoro!) pur di svolgere attività di ricerca. Il baronato è una realtà palpabile negli atenei italiani: chi, fino ad oggi, aspirava a un posto di lavoro, doveva farsi decenni di gavetta non pagata, per sperare che il buon animo di un professore ordinario lo aiutasse a organizzare un concorso ad hoc come premio a tanta prostazione. Si poteva così diventare ricercatori a poco più di mille euro al mese, ma finalmente a tempo indeterminato.
Ora, grazie alla Gelmini, tutto questo squallore baronale scomparirà: come scompare il male a un piede dopo che la gamba è stata amputata. Il paragone è macabro, ma rende bene l'idea di quello che sta per accadere all'università italiana e, in particolare, ai tanti precari della ricerca: l'università statale verrà privata delle risorse minime utili a sopravvivere, i precari potranno sperare solo nella disoccupazione. Il Ddl, infatti, prevede, oltre al taglio delle risorse, la scomparsa del contratto a tempo indeterminato per i ricercatori: verranno assunti per tre anni, rinnovabili di altri tre. E poi? "Al termine dei sei anni (3+3) se il ricercatore sarà ritenuto valido dall'ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come associato", recita un opuscolo informativo diffuso dall'ufficio stampa del ministero. Peccato che quel "se" sia grosso come una montagna: il blocco del turn over farà sì che per ogni cinque docenti che vanno in pensione se ne assumerà, se va bene, solo uno. Sempre che nel frattempo l'ateneo abbia raggiunto gli standard richiesti dal Ministero -ricevendo quindi i finanziamenti dal governo- e non sia andato in bancarotta. Per la stragrande maggioranza di coloro che riusciranno ad ottenere un contratto da ricercatore la probabilità di restare disoccupato dopo il secondo rinnovo (a sua volta incerto) è altissima.
A questo vanno aggiunti: la riduzione di un terzo dei fondi per le borse di studio, la riduzione del 20% delle risorse per mostre e convegni, la riduzione del 50% dei fondi per i viaggi d'istruzione all'estero (Erasmus), la dilatazione del pagamento del Tfr, il congelamento degli effetti economici delle conferme in ruolo per un triennio (ricostruzioni di carriera). Per i ricercatori già assunti, la musica non cambia: si propone il blocco degli scatti di anzianità per ricercatori e docenti fino al 2013, l'eventuale recupero potrebbe dipendere dall'aumento delle tasse sul consumo di tabacchi. E' proprio il caso di dire che l'università sta andando in fumo...
 
La complicità del Pd, la necessità di una risposta di classeLa riforma dell'università, a differenza di quella della scuola primaria e secondaria, è un argomento che interessa molto la borghesia italiana: non è un caso che il quotidiano che sta dedicando più spazio al decreto legge è il Sole24ore. Lo sfascio dell'università statale apre, per banche e imprese, l'occasione di investire nella formazione privata: il loro auspicio è che si possa arrivare presto a università appendici di banche e imprese, con rette stratosferiche. La stessa riforma Gelmini apre le porte a quel modello, imponendo ad ogni ateneo un consiglio di amministrazione costituito per il 40% da esterni (cioè manager privati, incluso il presidente) che dovrà gestire le università come fossero aziende: la didattica diventa un optional, la cultura pure.
In vari atenei hanno preso il via le prime proteste: dopo lo sciopero del personale universitario del 1 luglio (con occupazioni simboliche in tutte le università), i ricercatori, i borsisti ma anche alcuni docenti stanno organizzando azioni di protesta che potranno paralizzare l'avvio dell'anno accademico.
Proprio perché la riforma dell'università è cara a Confindustria,  il Pd -a differenza che per la riforma delle scuole primarie e superiori, dove si concede di emettere qualche gemito di rimostranza (per bocca di quelli che hanno contribuito ai tagli, come Fioroni e la Bastico)- collabora attivamente. L'onorevole Treu del Partito Democratico si è pubblicamente compiaciuto del "clima di dialogo costruttivo" che c'è stato in Commissione Cultura, sottolineando come le "idee di fondo si sono rivelate comuni". Quando si tratta degli interessi fondamentali della borghesia, i due schieramenti padronali, Pd e Pdl, marciano compatti.
L'unica strada che occorre percorrere per respingere i tagli all'istruzione è quella della lotta: occorre unificare le vertenze e creare un fronte unico della classe lavoratrice che respinga la manovra finanziaria e i licenziamenti nel pubblico e nel privato, rispedendoli al mittente.

Fasti Fringe Festival - da Assessorato alla cultura di Frosinone



26 luglio
1 agosto
Fasti Fringe Festival Internazionale Artisti di Strada
  Frosinone, Villa  Comunale


Il Festival è aperto ad : artisti di strada , teatro, nuovo circo, pittori (writers e madonnari), scultori (installazioni all’aperto) musicisti e performer di strada.


L’idea è quella di portare i Fringe Festival che normalmente si svolgono nei centri cittadini, in un parco pubblico, a contatto con la natura e l’aria fresca, e più protetti per bambini e famiglie. In questi ultimi anni è sempre minore e sempre più difficile uno spazio pubblico all’interno dei nostri centri storici, e per quanto sia piacevole vedere evoluzioni al trapezio davanti una cattedrale crea comunque noie ai residenti per via della tanto amata mobilità e difficoltà di parcheggio, senza poi parlare del rumore che inevitabilmente un festival produce, un parco pubblico offre però emozioni differenti e suggestioni diverse.





Cobham un cantiere aperto sulla World Music - di Luciano Granieri

Billy Cobham è tornato in ciociaria. Dopo la performance a Colfelice di tre anni fa, il batterista panamense ma newyorchese d’adozione, si è esibito sabato scorso ad Alatri  nell’ambito della rassegna Alatri in blues. Questo festival sta diventando una solida tradizione in Ciociaria e già da quando era Colfelice blues esibiva  la peculiarità  di ospitare  grandi batteristi.  Da Karl Palmer a Dave Weckl a Oracio El Negro Herndez. Insomma un  appuntamento  imperdibile per chi ama tamburi e cimbali. Anche venerdì  infatti il popolo dei batteristi, dopo aver visitato gli stand con le ultime novità in fatto di bacchette piatti e tamburi, si è radunato sotto il palco per non perdersi neanche un beat di un musicista, che ha fatto la storia della batteria jazz e jazzrock. Di Billy Cobham abbiamo già scritto in sede di presentazione dell’evento pubblicando anche una interessante intervista nel post  COBHAM_DAL_JAZZ_AL_JAZZROCK_AL_MONDO
Concentriamoci quindi sul concerto, di cui trasmettiamo un ampio contributo filmato con ben quattro brani. Billy Cobham anche questa volta ha tenuto fede alla sua fama di scorpitore di talenti. La nuova line up è composta da musicisti giovani e di grande talento provenienti dalla Francia multietnica , e dall’Inghilterra multietnica  . Jean -Marie Ecay– chitarra da Parigi  , Fifi Chayeb – basso,  da Nizza, Junior Gill - steel pan/Pan Cat Mallots/percussioni, da Londra,  Christophe Cravero – tastiere e violino,  da Iles de France  Camelia Ben Naceur – tastiere dai Pirenei, tutti dotati di ottima tecnica improvvisativa, ampia  varietà di fraseggio, grande capacità di dialogare fra loro, con lampi di virtuosismo di notevole livello. Il tutto però senza cadere nell’autocompiacimento e nel manierismo. Una band dal groove illimitato, ma anche dall’estrema raffinatezza di esecuzione. Una menzione speciale per la stupenda Camelia Ben Naceur, una musicista notevolmente  talentuosa dalle grandi risorse  improvvisative. Il concerto si è sviluppato sulla traccia dell’ultimo CD di Cobham “Palindrome” incisione di cui abbiamo già trattato sempre nel post  COBHAM_DAL_JAZZ_AL_JAZZROCK_AL_MONDO Sono stati eseguiti tutti i brani di questo lavoro da Mirage, a Cancun Market, a Two For Juan, da Saippuakivikaupias, Obliquely Speaking. Molto particolare è stata l’esibizione di Junior Gill allo steel pan in Cancun Market, il musicista inglese di origini brasiliane ha  creato  un gioco precussivo che, incrociando col drumming di Cobham, produceva un complesso armonico ritmico veramente originale. Numerosi e notevoli le sortite solistiche di  Chayeb Ecay, cosi come sono stati determinanti i contributi di Cristophe Cravero con il Violino e le tastiere. Un consiglio, non perdetevi l’assolo di Cameila Ben Naceur in   “Stratus”,  un brano tratto dall’LP del 73’ Spectrum, strabiliante. Ma veniamo a Billy. Questo signore di 65 anni è la dimostrazione vivente che dopo decenni e decenni di concerti, incisioni, composizioni, clinics , si è ancora in grado di migliorare. Il suo drumming pur mantenendo quelle caratteristiche magmatiche, rutilanti  cariche di controtempi (più volte ha eseguito delle bossa nova, sempre con soluzioni ritmiche differenti) tipiche del Cobham che conoscevamo, si impreziosisce di una raffinatezza fuori dal comune. Altro consiglio, per rilevare l’evoluizione tecnico ritmica di Cobham ascoltate le due versioni di Stratus, quella pubblicata nel post COBHAM_DAL_JAZZ_AL_JAZZROCK_AL_MONDO e quella che segue questo intervento. La differenza è enorme. Un ulteriore testimonianza della ricerca  ancora ben attivo che contraddistingue il linguaggio del batterista panamense è stata l’assolo finale. Oltre alle solite sfavillanti e spericolate rullate, in cui traspare una tecnica immensa (spalle e braccia quasi ferme, con le bacchette che volano governate esclusivamente dai polsi e dalle dita)  la sortita solistica ha messo in luce la sperimentazione  timbrica con la modulazione del beat ora più marcato ora più accennato, una straordinaria  combinazione di timing fra i piedi (doppia cassa /charleston), e le mani (rullante tom e cimbali). Insomma cosa altro chiedere ad un musicista, che è sempre in evoluzione alla ricerca di linguaggi sempre diversi, che in ogni suo progetto valorizza giovani musicisti dal talento cristallino? Nulla, c’è solo da ascoltare
Buona visione.