sabato 27 settembre 2014

28 settembre 2014 Giornata globale di azione per la depenalizzazione dell’aborto

Laura Sguazzabia responsabile Commissione lavoro donne Pdac


Il 28 settembre è la Giornata Globale di Azione per la depenalizzazione dell’aborto, durante la quale da anni in alcuni Paesi si manifesta a favore dell’aborto legale o depenalizzato, sicuro e gratuito, garantito per le donne di tutto il mondo. Il diritto delle donne ad accedere ad un aborto libero, sicuro e gratuito cambia infatti da Paese a Paese: in alcuni l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) è completamente illegale, in altri è permessa solo in casi eccezionali, in altri ancora è legale ma le donne devono pagare per accedervi oppure è legale e gratuita, ma i medici si appellano all’obiezione di coscienza, rendendo di fatto impossibile l’applicazione della legge.
Perché una giornata a favore dell’aborto?
La data del 28 settembre è stata scelta in commemorazione dell’abolizione della schiavitù in Brasile e stabilita nel 1990 in seguito ad una proposta delle femministe latino-americane durante una riunione, svoltasi a Buenos Aires, al fine di promuovere l’aborto come un diritto umano, per frenare la mortalità materna e i rischi per la salute delle donne conseguenti agli aborti clandestini. Dati ufficiali recenti rilevano che mentre il numero di casi di mortalità materna è diminuito notevolmente a livello globale, così non è stato per i decessi a causa di aborti a rischio. Infatti, meno della metà degli aborti effettuati avviene in condizioni di sicurezza e per ogni donna che muore, circa 20 sono colpite da gravi invalidità o patologie. Più del 40% (8,7 milioni) degli aborti non sicuri nei Paesi in via di sviluppo, riguarda donne di età compresa tra 15 e i 24 anni: sono quindi soprattutto le giovani donne e le adolescenti a subire le complicazioni dovute ad aborti clandestini e rappresentano la percentuale più alta di bisogno insoddisfatto di contraccezione.
Tuttavia, anche nei Paesi occidentali, a cosiddetto “capitalismo avanzato”, abortire non è così facile: esemplare è il caso recente di una giovane irlandese costretta a partorire nonostante le reticenze. In Italia l’interruzione volontaria di gravidanza è tutelata dalla L. 194/78, considerata ancora oggi dai legislatori borghesi una delle leggi sul tema più avanzate a livello europeo con la quale l’Ivg viene riconosciuta come una pratica legale, libera, gratuita ed assistita. Tuttavia, la reale applicazione della 194 è oggi ostacolata da una serie di attacchi trasversali tra i quali in particolare vanno menzionati i de-finanziamenti ai consultori causati dai continui tagli alla spesa pubblica con conseguente riduzione dei servizi erogati o addirittura con la chiusura di molti presidii, e la possibilità per il personale medico, infermieristico e ausiliario di avvalersi dell’obiezione di coscienza, ossia di astenersi dalla pratica abortiva in virtù di convinzioni ideologiche o religiose. Su quest’ultimo punto in particolare dati ufficiali rilasciati dal ministero della salute parlano chiaro: in Italia la scelta dell’obiezione è in continuo aumento e più del 70% dei ginecologi non pratica interruzioni di gravidanza, con punte anche dell’85% in alcune regioni del centro sud. Questa situazione impedisce l’applicabilità della legge, anche secondo quanto denunciato dal Consiglio europeo, e contribuisce ad alimentare il mercato degli interventi illegali: molte donne scelgono di andare all’estero o di affidarsi a ginecologi che previo pagamento effettuano Ivg privatamente. Si parla di circa 15.000 aborti clandestini, cifra evidentemente sottostimata che non tiene conto ad esempio delle donne immigrate che spesso non si avvicinano alla sanità pubblica, soprattutto se clandestine, e che assumono farmaci impropri dalle conseguenze a volte mortali o si affidano alle cure di neo-mammane.
Per l’autodeterminazione femminile
E’ evidente per quanto detto che in Italia il diritto all’aborto esiste solo sulla carta, mentre nei fatti la possibilità di scelta delle donne è limitata dall’obiezione di coscienza, cioè dalla possibilità di scelta del personale medico, infermieristico e ausiliario, come a dire che una scelta è prevalente sull’altra. Come donne del Pdac riteniamo che dovrebbe essere esattamente il contrario, che debba essere la scelta delle donne a prevalere e che di conseguenza l’obiezione di coscienza vada abolita.
Solo per cominciare. La libertà di scelta delle donne deve diventare prevalente ovunque essa si deve applicare: non solo per il diritto all’aborto, ma per tutti gli aspetti dell’universo femminile. Oggi più che mai, l’attacco all’autodeterminazione delle donne si è fatto più feroce. Oggi più che mai, in questo periodo di crisi economica di cui non si vede la fine, il capitalismo cerca di imporre le proprie logiche utilitaristiche a livello locale e globale per mantenere saldo il controllo sociale e il dominio di una classe su un’altra. Oggi più che mai, quando si cerca di spingere le donne fuori dal mercato del lavoro per far posto agli uomini, e di relegarle tra le mura domestiche a svolgere la loro “naturale” funzione riproduttiva, di cura e di accudimento di bambini, malati e anziani, in sostituzione di quei servizi pubblici che i continui tagli alla spesa pubblica stanno limitando drasticamente. Oggi più che mai, lavoratrici, disoccupate, studentesse, native e immigrate insieme devono ribadire a gran voce che la scelta è solo delle donne per l’aborto, per il lavoro, per la gestione familiare perché attraverso la loro emancipazione e la loro liberazione dall’oppressione capitalistica si apre per tutti, uomini e donne, la strada del socialismo.

Vivere di politica, significa essere al servizio della comunità che si rappresenta.

Aniello Prisco - cittadino.

In un momento così difficile per il paese e per la nostra comunità cittadina e provinciale, assistiamo a lotte intestine tra fazioni interne ai partiti e accordi trasversali senza identità tra destra e sinistra, ma esclusivamente finalizzati alla suddivisione di posti di potere. I personalismi dei politici, ormai, hanno preso il sopravvento su ogni progetto futuro e possibilità di risoluzione delle numerose problematiche con cui i cittadini si trovano a combattere quotidianamente. Questo è un gioco al massacro a cui dobbiamo ribellarci per rimettere al centro del dibattito pubblico le esigenze dei cittadini. Le priorità di chi vive tutti i giorni una vita fatta di lavoro e sacrifici sono chiare: lavoro, cura della salute, sicurezza, riduzione delle tasse, lotta serrata all’evasione fiscale e alla corruzione. Ai cittadini non interessano i nomi di chi amministra o gestisce le società pubbliche, ma guardano e si aspettano risultati concreti con cui sperare in un futuro migliore per la comunità e, in particolare, per i figli. 
Da qualche anno ho iniziato a criticare chi vive di politica. Nessuno escluso: eletti, staff, addetti vari e dirigenti in enti pubblici che ricevono gli incarichi per "meriti" politici.
 Queste mie critiche non sono astratte o pretestuose, ma dopo anni di valutazione dell'operato di questi signori sono giunto alla conclusione che hanno sempre e solo ricevuto, hanno agito direttamente o indirettamente per interessi e scopi personali. Sicuramente esistono delle eccezioni, mai fare di tutta l’erba un fascio, ma i pochi che avevano ben chiaro come obiettivo il bene comune hanno abbandonato o con il loro silenzio si sono resi complici di questa disfatta politica. Tutto ciò non mi piace.
A mio avviso vivere di politica è necessario e anche giusto perché qualcuno deve occuparsi della cosa pubblica. Questo però non deve tramutarsi nel soddisfacimento di interessi o ambizioni personali. Vivere di politica significa espletare un servizio per la comunità. Non solo per i cittadini che ti hanno sostenuto, ma anche per tutti gli altri. Se vivi di politica devi rendere un servizio al prossimo, essere a loro disposizione, essere di aiuto, collaborare e nello stesso tempo capirne i bisogni e le necessità al fine di trovare le soluzioni opportune. L'unico modo è parlare, confrontarsi con i cittadini, cercare in loro anche una sponda per progettare e realizzare il modello giusto di società per il futuro. Ciò farà in modo che i politici vengano stimati e considerati un vero aiuto per i cittadini. Se, invece, i politici si adoperano per creare una rete di sostenitori e amici, se approfittano della loro posizione per soddisfare i propri interessi personali e politici saranno sempre percepiti come un peso enorme per la comunità.
Pertanto, mi rivolgo a chi vive di politica, vecchi e nuovi, interpretate il vostro ruolo, qualunque sia, come un servizio per i singoli e per la comunità a cui appartenete. Diversamente sarete un peso che dividerà e lo stesso peso, inevitabilmente, prima o poi schiaccerà anche voi. Nello stesso tempo mi rivolgo ai cittadini, l’unico modo per non far deragliare i politici dai loro doveri è partecipare attivamente alla vita politica della comunità, controllare l’operato degli eletti e non dividersi in tifosi scellerati che credendo di far vincere la propria fazione non si accorgono che stanno affondando tutti insieme. Un futuro migliore esiste, ma dobbiamo costruirlo tutti insieme.



I lavoratori Mancini due mesi di presidio

Comitato di lotta Frosinone

Domenica 28 settembre. Una domenica come tante… ma non per tutti.
Oramai il numero di senza lavoro di coloro che devono tagliare sui bisogni a causa di un reddito sempre più basso aumenta quotidianamente.
Non tutti però sono in silenzio, non tutti accettano supinamente questo stato.
Tra questi vi sono i lavoratori della ex Mancini che dal 28 luglio sono in presidio presso la loro azienda per le dovute spettanze che da tempo attendono ma non le vedono all’orizzonte.
Un gruppo di lavoratori coraggioso e combattivo, che disegna, come dice qualcuno, la civiltà del lavoro e dei diritti di questa provincia. Una civiltà non sempre compiuta ma presente nei ricordi appannati di tutti. Oggi tutto sembra lontano nel tempo, disperso nella storia.
Eppure il gruppo appare isolato, quasi respinto dalle istituzioni e dalle organizzazioni preposte alla difesa dei diritti sociali. Una spina nel fianco che oggi alcuno ha voglia di guardare né di tentare di togliere risolvendo i nodi presenti.
Il padrone, la controparte, appare una montagna invalicabile. Ma nel tempo questi lavoratori hanno contribuito ampiamente alla crescita della montagna. Hanno faticato, hanno impegnato la parte migliore della loro vita per il “padrone” ed oggi si trovano senza reddito, senza futuro, senza alleati validi e sinceri.
Le istituzioni a loro volta sono lontane, indispettite dalle proteste di chi subisce, forse prive di reali capacità di intervento, avendo da tempo anch’esse abdicato al cosiddetto libero mercato, che però, lo sanno i lavoratori, è frequentato non da libere forze ma da forze violente che impongo nuove e più cocenti regole a tutti, senza scrupolo alcuno, nemmeno di quel poco che la legislazione sociale offre.
Salari non pagati, tfr non elargiti, cig in ritardo di mesi, mobilità ridotte all’osso, posti di lavoro che scompaiono come mosche, sono tra le tante cose che le istituzioni non riescono a risolvere e che non si preoccupano di risolvere…
La politica gioca alle finte elezioni provinciali, finalmente senza inutili promesse alle masse, senza favori, anzi risparmiando quei soldi che prima servivano a “convincere”. La politica si fa liquida davanti alle richieste dei lavoratori, dei disoccupati, dei disperati; restituisce una idea fortemente ancorata agli interessi di correnti personalistiche e legati a gruppi speculativi, pronti a succhiarsi le ultime risorse disponibili.
Rimane solo il coraggio, la dignità dei lavoratori, quelli che con le lotte tengono vivo quell’ultimo filo di voce di chi racconta la civiltà del lavoro e dei diritti.
Dalla tenda al 174 giorno di protesta, un abbraccio forte e sentito ai lavoratori della ex Mancini. 

Amarezza, malinconia, impotenza…

Antonia Sani, Ivano Di Cerbo, Valentino Parlato  . fonte: http://ilmanifesto.info/


Roma e la Liberazione. La Resistenza viene conservata come in una teca. Da tenere da conto, sempre, anche se ormai «fuori moda»

Nella notte tra il 22–23 set­tem­bre qual­cuno, qual­cuna di noi ha rice­vuto que­sto sms: «Oggi alle 10.30 con il tri­co­lore Anpi… a Ponte Gari­baldi fiori per Carla Cap­poni e Sasà Ben­ti­ve­gna. Ver­go­gna. Solo il Tevere ha accolto ieri le loro ceneri…».
Ciò che era nell’aria da tempo è avve­nuto. Ma come? Cer­chiamo invano una cro­naca. Un Tevere limac­cioso ine­so­ra­bil­mente deserto è com­parso per qual­che secondo sul Tg Lazio del giorno 23, fuori campo la voce del sin­daco Marino reci­tava che Roma non avrebbe mai dimen­ti­cato i due prota­go­ni­sti della Resi­stenza romana…
Le ceneri di Carla Cap­poni (morta nel 2000) e del suo com­pa­gno Sasà Ben­ti­ve­gna (morto nel 2012) erano custo­dite dalla figlia Elena nella sua casa di Zaga­rolo (Roma) in attesa di una degna sepoltura.
Si è capito ben pre­sto dal «No» del Cimi­tero acat­to­lico di Testac­cio, su cui Elena con­tava per esau­dire un desi­de­rio dei geni­tori, che tro­vare una degna sepol­tura per i due gap­pi­sti non sarebbe stata un’impresa sem­plice. Passi da parte delle auto­rità locali ne sono stati fatti, ma evi­den­te­mente privi di quel con­vin­ci­mento inte­riore neces­sa­rio per por­tare a com­pi­mento il rico­no­sci­mento di un merito che nel clima poli­tico di que­sti ultimi anni, una sorta di disa­gio cre­scente lo creava.
In soc­corso dello sco­ra­mento di Elena si era mosso all’inizio dell’estate il Museo di via Tasso offrendo ospi­ta­lità alle ceneri, fin­ché non si fosse tro­vata la sede defi­ni­tiva per la sepol­tura. L’Anpi di Roma da parte sua aveva pro­po­sto che i due pro­ta­go­ni­sti della Resi­stenza romana fos­sero accolti nel monu­mento dedi­cato ai caduti per la Libe­ra­zione di Roma…
I vin­coli buro­cra­tici, l’inerzia che carat­te­rizza da noi ogni pro­ce­di­mento ammi­ni­stra­tivo diven­gono un utile alibi quando un’azione è meglio riman­darla: «queta non movere»…
Elena, alla fine l’ha capito, e ha dato corso a quella che defi­niva «la seconda scelta» dei suoi genitori: le loro ceneri affi­date alle acque del Tevere.
Nulla sap­piamo di come ciò sia avve­nuto. Forse quei papa­veri rossi che Carla tanto amava saranno stati get­tati nel Tevere insieme a ciò che restava di lei, della sua lumi­nosa bel­lezza, che i meno gio­vani tra noi ben ricordano….Già negli anni del com­pro­messo sto­rico Carla comin­ciava a creare imba­razzi: il suo corag­gio ardente, il suo indo­mito anti­fa­sci­smo vis­suto «con cuore di donna» susci­tava nei comizi l’entusiasmo dei gio­vani (e lo sgo­mento pal­pa­bile dei segre­tari delle sezioni del Pci, pre­oc­cu­pati delle rea­zioni degli scout, i nuovi invi­tati).

Il clima poli­tico stava cambiando.
La cul­tura sem­pre più accre­di­tata della non­vio­lenza ren­deva dif­fi­cile difen­dere l’azione dei Gap dall’accusa di ter­ro­ri­smo, soste­nere la sua col­lo­ca­zione tra gli atti di guerra, con­si­de­rare via Rasella un atto di eroi­smo, uno scatto di dignità con­tro la fero­cia nazi­fa­sci­sta sulla popo­la­zione romana che l’aveva determinato.
Carla Cap­poni fu meda­glia d’oro della Repub­blica, par­la­men­tare del Pci eletta con un vastis­simo con­senso, rico­no­sciuta pro­ta­go­ni­sta di quella Resi­stenza che tut­ta­via, ben­ché con­di­visa da donne e uomini di diverse ten­denze e idea­lità uniti nella lotta al fasci­smo, era dive­nuta nei decenni sempre più patri­mo­nio riven­di­cato dalla sinistra.
Furono le forze di sini­stra a bat­tersi per il rispetto e l’attuazione dei prin­cipi costi­tu­zio­nali, le ammini­stra­zioni di sini­stra a tenere vivo nei decenni l’esempio di chi aveva dato la vita per la demo­cra­zia nel nostro paese.
Ma pro­prio que­sta fedeltà rischia di essere tra­volta nel folle volo com­piuto dal Pci nella sua corsa verso il «nuovo», un «nuovo» che è sfu­ma­tura delle dif­fe­renze, annul­la­mento di tutto ciò che può ren­dere meno piatto il presente…
Gli eroi della Resi­stenza acqui­stano il sapore di un reperto oleo­gra­fico:sono da con­ser­varsi in una teca, come i gio­ielli di fami­glia, da tenere da conto, ma rima­sti fuori moda. Bat­tersi per una degna sepol­tura di Carla e Sasà avrebbe com­por­tato ripor­tare a galla recri­mi­na­zioni mai sopite, schie­rarsi in una difesa a tutto campo di valori rico­no­sciuti come attuali… I nostri gover­nanti, i nostri ammi­ni­stra­tori non se la sono sen­tita. Que­sta è la verità. Ha detto bene il pre­si­dente dell’Anpi di Roma: «Le ceneri dei due pro­ta­go­ni­sti della Resi­stenza romana finite nel Tevere, sono un buco nero per la democrazia».


Globalizzazione dell'inciucio.

Luciano Granieri


Se a livello nazionale il decreto sblocca Italia sblocca zero. Qui in terra ciociara il derby  del Pd ha prodotto  lo sblocco della presidenza della Società Ambiente Frosinone (Saf). Una poltrona che è stata per lungo tempo oggetto di scambio con la candidatura alla  Provincia.  Francesco Scalia, in cambio dell’endorsement ,dei demo- fascisti riuniti,  al  suo protetto per la poltrona di presidente della Provincia Antonio Pompeo, cedeva  alla reunion piddiellina la guida, per un loro uomo, della Saf.  Lo schieramento antagonista, invece, quello guidato dall’altro Francesco del Pd, De Angelis ,che punta su Enrico Pittiglio per la corsa alla Provincia,  rimaneva fermo sul nome dell’ex manager Asl Mauro Vicano non spendibile per ulteriori trattative .  

Nel corso della riunione dei sindaci,  soci della Saf, si sarebbe dovuto finalmente eleggere il nuovo Presidente. A conti fatti i primi cittadini favorevoli a Scalia e alla reunion Piddiellina, sostenitori di Pompeo alla Provincia, avrebbero dovuto imporre la forza dei  numeri ed eleggere o il loro uomo,  Scittarelli, o ottenere un rinvio al fine di trovare un candidato un po’ meno debole e un po’ più gradito ad Abruzzese e soci . 

Dopo liti, insulti, abbandoni e ritorni, a sorpresa risultava eletto Mauro Vicano, l’esponente della compagine numericamente meno significativa, quella cioè del Pd “meno democristiano” di De Angelis, pigmalione di Pittiglio per la corsa alla Provincia. Apriti cielo. Sui giornali e media locali si evidenziava come la strana alleanza, mezzo Pd, democristiani e demo fascisti, fosse andata in pezzi alla prima prova significativa, mentre dall’altra sponda  la  forza ideologicamente  meno contaminata, avesse avuto buon gioco.  

E’ pur vero che la nostra terra in quanto a stranezze politiche non ha rivali. Ma l’elezione del minoritario  Mauro Vicano alla presidenza della Saf è veramente  un fatto così  inaspettato?  Se permettete avrei qualche  dubbio. Non è forse possibile  che l’inciucio abbia  travalicato gli schieramenti?  Che il contrasto in apparenza così aspro fra le squadre di Scalia e De Angelis, non sia un gioco della parti per mascherare altri inconfessabili accordi? La presidenza  della Provincia a Scalia, quella dalla Saf, e magari del Cosilam, piuttosto che dell’Asi, a De Angelis, ad esempio . 

E guardando oltre, perchè non ipotizzare un accordo già bell’e fatto su consiglio e giunta?  Io voto  due consiglieri tuoi, tu però mi lasci un posto in giunta.  Il  dubbio che la spartizione sia cosa fatta  e che le schermaglie  della campagna elettorale siano solo polvere da gettare negli occhi della gente che non vota è forte.  E, come diceva il buon Andreotti,  a  pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina. 

Ma a noi , popolo bue,  sta bene che sopra le nostre teste, ci si dividano le spoglie del “NOSTRO” patrimonio pubblico  Provinciale?  Non sarà eccessiva  l’esclusione sempre più massiccia dalle   decisioni che coinvolgono la nostra vita?   Ricordo che qualche tempo fa si faceva un gran farneticare di ronde cittadine a difesa dell’ordine pubblico minacciato dalla presenza nei quartieri di extracomunitari, tossicodipendenti,  prostitute. Non sarebbe il caso che, anziché mobilitarsi per menar le mani contro chi subisce le stesse nostre  ingiustizie, ci si  organizzasse, in modo non violento ma giuridicamente efficace,  per controllare  quale logica vi sia dietro certe candidature, come si determinino  certe nomine,  quali siano le procedure sulla  concessione di appalti, da parte degli enti, verso determinate aziende, come vengano spesi i denari che noi cittadini paghiamo attraverso le tasse? Se non è possibile per ora riacquistare agibilità democratica, almeno che si pretenda  trasparenza e verità. Ne va della nostra dignità.

venerdì 26 settembre 2014

DA NABLUS PER ROMA

Samantha Comizzoli

Un ringraziamento video ed un invito per la manifestazione del 27/09/2014 a Roma per la Palestina, da Nablus.

giovedì 25 settembre 2014

La sanità ai cittadini

Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni di Frosinone
 Presidente dell’ass. Osservatorio Peppino Impastato

Aderente al Coordinamento Provinciale della sanità

Qualcuno ha pensato bene, in questi giorni, di scatenare un’offensiva senza precedenti, una specie di crociata della verità contro la cultura “ospedalocentrica “ di centinaia di associazioni e di decine di migliaia di cittadini che si battono contro lo sfascio della sanità ospedaliera e territoriale per tutelare il loro diritto costituzionale alla difesa della salute in una terra, la,nostra tra le più inquinate d’Italia.
E così è partito un  invito ad alcune  associazioni a sottoscrivere una lettera pre-confezionata  a sostegno di scelte come quelle operate dalla direttrice generale della asl sulla casa della salute di Pontecorvo e di altre. Questi signori,  qualcuno riveste anche ruolo  dirigente della asl, si guarda bene dallo spiegare la cultura ospedalocentrica dal momento che nella nostra provincia sono rimasti solo 4 ospedali e ne sono stati chiusi ben nove. E tra le righe si vorrebbe far apparire la rivendicazione dei posti letto che mancano,  per assicurare l'assistenza prevista per legge, come un’inezia. Ma allora come si spiega che i posti letto   mancano solo alla provincia di Frosinone? Infatti nelle regione Lazio  se ne contano quanto la legge prescrive:  il 3,7% per ogni mille abitanti.
Questi signori così titolati le conoscono le realtà precarie e di sfascio organizzativo e scientifico dei nostri ospedali a cominciare da quello del Capoluogo?  E sono a conoscenza  dei tanti strumenti scientifici accantonati in ogni angolo delle strutture ospedaliere senza essere in funzione mentre TUTTI i tempi di attesa si allungano sempre di più?  E si sono accorti del sorgere impetuoso e straripante  delle strutture sanitarie private e del progressivo aumento del trasferimento dei servizi sanitari dal pubblico al privato?
Se tutto ha sempre funzionato bene come vengono fuori le 10 condanne a super risarcimenti  per aver pagato somme non spettanti ad una struttura privata secondo quanto documenta la Corte dei Conti?
E se vogliamo parlare della efficiente eccellenza della rete sanitaria territoriale perché non ci si parla del CAD? Di quanti sono le persone non autosufficienti: anziani , portatori di handicap, persone sole, malati terminali, ecc. da assistere? Perché non parlare del sert e di come si affrontano i problemi della droga?
Insomma perché non si conduce una grande operazione di trasparenza facendo conoscere tutti i dati necessari per poter dar vita ad un confronto alla pari rigoroso e costruttivo? O si teme un’operazione verità?
E’ ORA DI USCIRE ALLO SCOPERTO.  La sanità deve essere sempre di più dei cittadini e non di chi specula sulla salute e persegue altri interessi.

Frosinone 25 settembre 2014


Video di Luciano Granieri

“Le elezioni provinciali sono una farsa dietro la quale si nascondono giochi di potere”

Oreste Della Posta

Segretario Provinciale dei Comunisti Italiani

Le elezioni provinciali che si terranno il 12 ottobre priveranno di fatto i cittadini del loro diritto al voto e non aboliranno le provincie. Questo provvedimento già di per sé lesivo per la democrazia è oltremodo accentuato dal metodo elettivo previsto, che di fatto consente di esprimere una preferenza diretta alla persona abolendo in tal modo il voto di lista. I 1040 consiglieri comunali della nostra provincia eleggeranno così in maniera spicciola i 12 consiglieri provinciali più il presidente della provincia con un voto peraltro disgiunto. Con l’approssimarsi di questa data e vista l’importanza della posta in gioco il PD della nostra provincia ha dato uno spettacolo indegno accordandosi con FI e determinando una spaccatura interna al partito. L’accordo concluso dal sindaco di Ferentino, Pompeo, uomo di Scalia, lascia intendere che quasi certamente sarà proprio lui il nuovo presidente della provincia. La fazione del PD che uscirà vincente da questa tornata elettorale verosimilmente spazzerà l’altra fazione in favore della costituzione di una vera e propria nuova DC nella nostra provincia, ma senza un partito comunista a dare battaglia. Dispiace per De Angelis che ha perso questa battaglia non ché il controllo del partito. Ricordo all’amico Francesco che nel 1991 a Rimini votò per lo scioglimento del PCI, mentre io votai contro, quello fu un errore storico che portò alla rinascita della DC. L’unica lista oggi che si è mantenuta fuori da questi giochi di potere che ha un programma credibile è la “Lista Acqua Rifiuti Sanità Lavoro”. Noi comunisti sosteniamo questa lista che è la vera alternativa negli uomini e nelle idee. Facciamo quindi appello ai Consiglieri Comunali di comportarsi da uomini liberi e votare una lista pulita e libera dai legami di potere e sudditanza.



Illustrazione di Luciano Granieri














Come sviluppare la battaglia per un sindacato di classe e di lotta

Note sul dibattito interno alla sinistra Cgil
di Alberto Madoglio




Il quadro della situazione economica in Italia, così come nel resto d’Europa, è sempre più precario. Il Pil (Prodotto interno lordo) e la produzione industriale continuano a scendere senza sosta. Lo spettro della deflazione (discesa generale dei prezzi) ha smesso di essere solo uno spettro, diventando una dura realtà con la quale fare i conti. Le armi della Bce (Banca Centrale Europea), per cercare di favorire la ripresa economica e produttiva del Continente, appaiono sempre più spuntate. I governi europei rispondono con le politiche di sempre: austerità e sacrifici a carico dei lavoratori e delle classi più deboli dei vari Paesi.
L’esecutivo italiano, guidato da Matteo Renzi, sta assumendo un ruolo di primo piano in questa azione di attacco frontale al mondo del lavoro. In maniera demagogica Renzi critica la politica europea, denunciandone il carattere recessivo e affermando che non si farà mettere sotto osservazione dai tecnici di Bruxelles, mentre, nei fatti, accetta le indicazioni della Troika, funzionali alle esigenze della grande borghesia italiana, e annuncia l’ennesima riforma del lavoro che ha, come suo asse centrale, la definitiva cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per i neo assunti aprendo la strada alla cancellazione definitiva per tutti.
Il dibattito nella sinistra Cgil
E’ evidente che questa situazione influisce, non solo sulla vita dei singoli lavoratori, ma anche delle organizzazioni del movimento operaio. La Rete 28 Aprile, oggi confluita nell’area denominata “Il sindacato è un’altra cosa-opposizione in Cgil”, non sfugge a questa regola.
Dopo un congresso, il XVII, che, al netto dei brogli e delle truffe compiuti dalla maggioranza della Cgil, conferma il controllo ferreo degli apparati burocratici sulla confederazione, è necessario interrogarsi su quale debba essere il futuro di una sinistra di classe, non solo nella Cgil, ma nell’insieme del panorama del sindacalismo non concertativo in Italia.
Sarebbe esiziale se questa discussione non fosse posta all’ordine del giorno, o se fosse riservata al dibattito degli organismi dirigenti dell’area. Purtroppo è quello che si sta verificando.
Visitando il sito web della Rete 28 Aprile appare, in data 19 settembre, una nota del portavoce nazionale Bellavita, nella quale si accenna ad un duro scontro avvenuto in occasione delle ultime due riunioni del Coordinamento Nazionale dell’area (a Viareggio, alla festa nazionale, e il 18 settembre) con protagonista l’ex portavoce, e ancora oggi componente di spicco, Giorgio Cremaschi. La nota si conclude affermando che tutto si è risolto nel migliore dei modi, facendo allo stesso tempo un appello ad essere presenti alle lotte che nelle prossime settimane si verificheranno nel Paese. Il testo di Bellavita è molto reticente: leggendolo non si capisce il termine della contesa, e su quali basi politiche il confronto si sia chiuso. Contiene anche una “pillola avvelenata”, quando riferisce della richiesta avanzata a Cremaschi di rientrare nell’esecutivo nazionale dell’area. Lascia intendere che la discussione sia nata solo per una questione di posti. Per parte nostra pensiamo, anche da questi segnali, che l’accordo ritrovato sia meno solido di quanto lo si voglia far apparire.
Noi, come tanti altri, sappiamo qual è il motivo che ha scatenato il confronto. Una lettera di Cremaschi, inviata ai componenti del coordinamento nazionale, ma poi girata in un ambito più largo, spiegava, dal versante di Cremaschi, i termini della contesa. Sintetizzando, possiamo dire che si poneva in discussione il ruolo che la sinistra Cgil deve avere: se limitarsi a fare l’opposizione all’interno del sindacato di Corso d’Italia, o se cominciare a porsi seriamente l’obiettivo di dar vita ad un soggetto sindacale alternativo a quello concertativo e rinunciatario di Cgil, Cisl e Uil.
Crediamo che il tema, al di là della lettera di Cremaschi e della reticente nota di Bellavita, sia di stretta attualità e noi non vogliamo assolutamente contribuire ad alimentare una sorta di congiura del silenzio.
Per un dibattito trasparente e per superare gli steccati delle sigle sindacali
Pensare che rendere pubblico a tutti i compagni che hanno sostenuto la battaglia congressuale in Cgil il dibattito che oggi si è aperto nella sua componente di sinistra possa creare confusione e sconcerto tra i militanti, contribuendo a rafforzare gli avversari all’interno e all’esterno del sindacato, è un’idea da respingere senza tentennamenti. Per molto tempo, negli anni passati, abbiamo sentito queste stesse argomentazioni in un infinità di casi e situazioni: in discussioni nei partiti, nei movimenti, ecc. In realtà è vero il contrario: solo un dibattito aperto e franco, fra diverse opzioni politiche, può galvanizzare e riavvicinare alla militanza tutti quei compagni che negli anni si sono allontanati dall’attività politica e sindacale perché stanchi di essere solo soggetti passivi di scelte che altri assumevano sulle loro teste.
Oggi, all’interno della più grave crisi economica della storia del capitalismo, e del fallimento totale e senza appello delle scelte seguite dagli apparati sindacali, la prospettiva della creazione di un nuovo e diverso soggetto sindacale non è più eludibile.
Non possiamo sapere come questo possa avvenire: o con la cacciata dei burocrati dal sindacato (ipotesi che a noi pare solo astrattamente possibile) oppure al termine di un processo che porti all’unificazione di tutti quei soggetti che fanno parte della galassia del sindacalismo conflittuale (termine certamente molto impreciso ma che usiamo per semplicità descrittiva).
E’ senz’altro vero che la creazione di questo soggetto sindacale non potrà avvenire a tavolino: si creerebbe l’ennesimo sindacato autoreferenziale destinato al fallimento. Ma è vero altresì che non basta limitarsi ad attendere imprecisate e futuribili condizioni ottimali perché ciò possa avvenire. E’ necessario, fin da ora, contribuire a creare le condizioni perché questo processo possa avvenire in maniera fruttuosa e in tempi non troppo lunghi.
Perché, se è vero che l’Italia negli ultimi anni si è caratterizzata per un basso livello della conflittualità di classe, fattore che certo non facilita chi vuole rompere con la routine imposta dalle burocrazie sindacali, non si può nemmeno negare che non vi siano state, e certamente ci saranno nelle prossime settimane, situazioni in cui cominciare a gettare le basi per la creazione di questo nuovo soggetto sindacale.
Negli ultimi due anni il settore della logistica è stato al centro di importanti lotte e mobilitazioni su tutto il territorio nazionale, organizzato, per lo più, dal sindacato Si Cobas. Si è trattato di un esempio di lotte molto radicali, continuate nel tempo e che hanno avuto come protagonisti una nuova generazione di proletari, specialmente immigrati, che hanno dimostrato un alto grado di combattività e di coscienza di classe. Bene, in tutte queste lotte la Rete 28 Aprile prima, e la nuova sinistra Cgil oggi, sono state del tutto assenti. Non sarebbe stata quella una lotta in cui, superando settarismi organizzativi e diffidenze, sinistra Cgil e Si Cobas avrebbero potuto contribuire a creare quell’unità di azione oltre le proprie collocazioni sindacali?
E ancora: per quanto concerne l’accordo della vergogna del 10 gennaio non sarebbe più utile, anziché concentrare le proprie forze in ricorsi alla magistratura borghese, aderire e contribuire alla battaglia lanciata dal Coordinamento Nazionale No Austerity, unico soggetto che ad oggi cerca di unificare le varie lotte presenti in Italia (nelle fabbriche, nelle scuole e nei territori contro lo sfruttamento del sistema capitalistico e contro la devastazione ambientale e ) e che vede nella battaglia contro la legge sulla rappresentanza un’occasione che potrebbe creare le condizioni perché si avvii quella mobilitazione di massa necessaria per respingere le politiche di austerità che i governi impongono alle classi sfruttate?
Queste sono domande, noi pensiamo, alle quali è utile rispondere nei fatti, se non ci si vuole limitare ad un lamento fine a sé stesso.
Il 14 novembre prossimo il sindacalismo di base ha promosso uno sciopero generale contro il governo Renzi. Bene ha fatto la sinistra Cgil ad annunciare che parteciperà a questa mobilitazione! E’ un passo avanti rispetto al passato, quando ci si limitava a dare “libertà di coscienza”, proponendo adesioni individuali.
La necessità della coscienza e della lotta di classe per un sindacato di classe
Ora è indispensabile che lo sciopero del 14 novembre non diventi la versione di sinistra delle mobilitazioni indette in passato dalla Cgil: scioperi proclamati solo per dimostrare che il sindacato esiste, ma senza nessuna prospettiva per il giorno dopo. Non si può pensare che, come accadeva nel passato, una sola giornata di sciopero possa cambiare i rapporti di forza e far tornare governo e padroni a più miti consigli. La grande borghesia italiana è consapevole che la posta in gioco è molto alta. Non si tratta solo dell’articolo 18, di un mercato del lavoro ancora più flessibile o di un ulteriore blocco dei salari nel pubblico impiego. Per la borghesia italiana si tratta di capire che ruolo avrà nei prossimi decenni, non solo a livello nazionale, ma globale; se potrà, in altre parole, nutrire ambizioni di potenza imperialista o se sarà costretta a svolgere un ruolo di secondo piano nella competizione economica mondiale, accontentandosi di nutrirsi delle briciole che le altre potenze vorranno concederle.
Come la borghesia è ben consapevole dei suoi interessi di classe, è altrettanto necessario che la stessa consapevolezza di classe sia patrimonio di chi dichiara che è arrivato il momento di costruire un sindacato diverso. Un sindacato di lotta, anticoncertativo e di massa non può che fondarsi su di un programma di classe anticapitalistico. Ogni terza via, di stampo neo keynesiano o riformista, è fuori della storia.
L’esperienza dei nostri compagni in Brasile, dirigenti di Conlutas (maggior sindacato di base, non solo dell’America Latina, ma di tutto il mondo, oggi alla testa delle lotte di massa in Brasile) ci indica che questo progetto, lungi dall’essere qualcosa di velleitario, è l’unica possibilità concreta che hanno i lavoratori per avere la possibilità di sconfiggere le politiche di lacrime e sangue che i governi stanno imponendo.

Movimento della Pantera - 1990

Un documentario a cura di Nando Simeone e Alessio Arignoli


Un video che ripercorre, a distanza di  anni, alcuni passaggi ed episodi del movimento della Pantera a Roma e Palermo, con documentazione originale e registrazioni di servizi dell'epoca. Non solo per non dimenticare, ma anche per sottolineare il valore profetico di una lotta che si è tentato in tutti i modi di rimuovere dall'immaginario collettivo.

  

Così, tanto per ricordare da dove sono iniziati gli attacchi alla istruzione pubblica
Luciano Granieri

mercoledì 24 settembre 2014

Elargizioni di II livello

Luciano Granieri

Tutte le nefandezze della legge Delrio sulla riorganizzazione delle Provincie si sono manifestate nella miserrima vicenda delle   candidature, per le elezioni di presidente e consiglio  della nostra  Provincia. Un triste campionario di lotte fratricide, di sordidi opportunismi, ha invaso  giornali,  social-media. Vecchi e nuovi attori del panorama  politico-affaristico locale si sono uniti in una indegna recita da fratelli coltelli  senza pudore e senza vergogna. Sono sicuro che gli stessi squallidi scenari si riprodurranno anche in altre realtà provinciali. Frosinone non sarà né la prima né l’ultima. 

Non oso pensare a cosa potrebbe accadere, qual’ora dovesse andare in porto la disgraziata riforma del Senato non elettivo! Un seggio senatoriale, lavacro di fedine penali, per coloro i quali (consiglieri regionali e sindaci) dovessero approdarvi, con la possibilità di incidere sull’elezione del Presidente della Repubblica, sarà oggetto del desiderio di molti. Altro che trattativa fra una poltrona di presidente e la guida di un ente intermedio!  Quello che è accaduto per la Provincia, in confronto a ciò che potrebbe succedere  nelle elezioni di II livello al Senato, rischia di diventare una innocua disputa fra indisciplinate e innocenti mammolette. 

Ma torniamo alle faccende locali. Ora che le squadre sono formate i candidati definiti, come si svolgerà la campagna elettorale? A parte la compagine “Acqua, Rifiuti, Sanità, Lavoro", che già nel nome ha insito una sorta di  programma, le altre variegate e deideologizzate  liste,   raccolte  da Scalia a sostegno di Antonio Pompeo, e quella dello schieramento antagonista, facente capo all’altra anima del Pd in  appoggio ad Enrico Pittiglio, non hanno reso noto alcun obbiettivo programmatico. Sulla carta, considerando gli schieramenti politici  di sindaci e amministratori chiamati al voto, la vittoria  del primo cittadini  di Ferentino Antonio Pompeo dovrebbe essere scontata. 

Ma non è  da escludere  che la campagna elettorale possa giocarsi su altri  e ben più intricati terreni. Cioè la capitalizzazione in  consenso  dell’immenso patrimonio, di beni e servizi pubblici,  nella disponibilità dell’ente provinciale. Un affare prolifico che fa gola a molte organizzazioni imprenditoriali pronte a mobilitare i propri sindaci di riferimento per strappare il vantaggioso appalto,  o la  ricca gestione di un determinato servizio. Non sono cosette da nulla. Si va dalla viabilità provinciale all’edilizia scolastica, all’erogazione dell’acqua. Toccherà al candidato presidente  confezionare l’offerta migliore in grado di  aggregare il consenso del maggior numero di consiglieri comunali e sindaci  a loro volta capaci  di strappare gli appalti migliori per i loro sponsor elettorali. Della serie “Se mi voti, mi fai votare e vinco, l’appalto sulla manutenzione della viabilità provinciale sarà nella disponibilità dei tuoi amici palazzinari  che  già sono padroni nella tua città e ti ringrazieranno ulteriormente  impegnandosi a farti diventare deputato” 

La conseguenza per noi "popolo monnezza", privati del diritto di voto, è  scontata: aumento di tariffe e abbattimento della qualità del servizio. Qualcuno potrà obbiettare certe trattative esistevano anche prima, quando cioè per il consiglio provinciale votavano i cittadini. E’ vero. Ma almeno con le vecchie regole  anche il "popolo monnezza" poteva rimediare  qualche osso spolpato da rosicchiare. Che so’ un buono di benzina, piuttosto che una bolletta pagata, o anche i semplici  50 euro comparsi magicamente sotto il piatto della cena elettorale. Oggi non più. C’è la crisi e anche le briciole servono per assicurarsi consensi ben più influenti. Ma non sarà che tutta stà moina delle elezioni di II livello (per la Provincia e per il Senato)  è stata architettata non per restringere l’ agibilità democratica, ma per risparmiare su buoni di benzina, bollette, e cene popolose elettorali ?
  




Lettera ai sindaci partecipanti al tavolo ambiente

Egr.Sig.ri Sindaci dei Comuni di
Acuto
Anagni
Bellegra
Cave
Genazzano
Paliano
Piglio
Olevano Romano
Rocca Santo Stefano Roiate
San Vito Romano
Segni
Serrone
Valmontone

Oggetto: comunicazione per la riunione del Tavolo Ambiente del 23 Settembre p.v. in Valmontone

Con la presente le Associazioni:
-Laboratorio Comune Alta Valle del Sacco;
-Comitato LIP Valle del Sacco;
-Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone;
-Gruppo disoccupati di Ceccano;
-Famiglia Futura di Ceccano;
-Comitato Residenti Colleferro
in occasione della riunione in oggetto, comunicano quanto segue:
1 – Le intenzioni della Regione Lazio per la gestione dei rifiuti stanno emergendo con chiarezza e rischiano di provocare danni enormi ed irreparabili all’ambiente della Valle del Sacco, di aggravare lo stato di salute della popolazione, e di compromettere definitivamente il tessuto produttivo –in specie del settore agricolo- del nostro territorio.
In realtà, la “risorsa rifiuti” è tale solo sulla carta poiché il nodo è la gestione del ciclo dei rifiuti; in tal senso gli indirizzi della Regione Lazio, preoccupata esclusivamente di risolvere la “pretesa” emergenza della Capitale, penalizzano enormemente la Valle del Sacco dove saranno con tutta probabilità collocati i nuovi impianti di trattamento dei rifiuti tesi a soddisfare il fabbisogno di Roma.
Confermano quanto sopra il moltiplicarsi delle richieste di autorizzazione all’apertura di nuovi impianti di tutte le tipologie dal compostaggio al termovalorizzatore, la mancata attivazione del procedimento di VAS sul fabbisogno impiantistico (Del.Cons. Regionale 8/2013), che tarda da oltre un anno, e la recente normativa (art.14 comma 1 del DL 91/2014) che attribuisce al Presidente della Regione Lazio poteri straordinari ed enormi circa la gestione ed il trattamento dei RSU, con la quale potrà essere autorizzato l’esercizio dei predetti impianti, con amplissima deroga alle normative di salvaguardia dell’ambiente e con enorme discrezionalità da parte dell’amm.ne regionale.
Inoltre, contribuisce a delineare il preoccupante quadro la recentissima normativa (art. 35 del DL 133/2014) introdotta dal c.d. “sblocca Italia” conferisce poteri eccezionali al Governo in materia di trattamento dei rifiuti urbani, con ampia discrezionalità sugli impianti realizzare.
Ed ancora, le recenti modifiche introdotte alla LR 24/1998 attraverso il Piano Casa, che consentono la collocazione di impianti di trattamento dei rifiuti in zone sottoposte a vincolo paesistico, anche in deroga alle classificazioni di zona dei PTP e dei PTPR, e che rischiano di depauperare e danneggiare irreversibilmente una delle ultime risorse del nostro territorio: la produzione enogastronomica di eccellenza.
2 – Per fronteggiare tale situazione riteniamo sia necessaria una strutturata e costante collaborazione fra le associazioni, comitati ed organizzazioni dei cittadini da una parte, e le amministrazioni comunali dall’altra, collaborazione intesa non come mera consultazione ed audizione dei rappresentanti della società civile, ma come concreta partecipazione alle scelte e decisioni dei sindaci e degli enti locali, utilizzando tutte le sinergie possibili peraltro incoraggiate e favorite dalle normative esistenti in tema di partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa dei Comuni.
In questo senso, si auspica e si insiste affinchè lo Statuto del Tavolo Ambiente, la cui redazione è stata preannunciata nell’ultimo incontro svolto ad Anagni nel Luglio scorso, tenga conto del ruolo delle associazioni dei cittadini come parte attiva del medesimo Tavolo, nella prospettiva innanzi indicata.
3 – Quale prima e concreta iniziativa, le associazioni intendono presentare e sottoporvi la proposta di delibera congiunta già elaborata ed articolata dal Laboratorio Comune Alta Valle del Sacco ed allegata alla presente, che i Sindaci possono proporre all’approvazione dei rispettivi Consigli Comunali e che costituirebbe azione di indirizzo politico-amministrativo con la quale esplicitare formalmente alla Regione Lazio la contrarietà dei rappresentati istituzionali del territorio e dei cittadini all’attività ed agli indirizzi nel settore dei rifiuti.
Le associazioni, inoltre, intendono richiedere formale audizione alla Commissione Ambiente del Consiglio Regionale e raccogliere la disponibilità dei Sindaci a partecipare congiuntamente alla detta audizione.
4 - Infine, si sottopongono al Tavolo dei Sindaci una serie di priorità che riteniamo debbono obbligatoriamente essere affrontate onde dimostrare –con atti e provvedimenti concreti- sia la reale efficacia del Tavolo che la determinazione e volontà di risolvere le questioni ambientali che affliggono il nostro territorio.
4.1 – L’art.205 Dlgs 152/2006 ed il Piano di Gestione dei Rifiuti del Lazio, hanno imposto a tutti i Comuni il raggiungimento della percentuale minima di Raccolta Differenziata dei rifiuti del 65% entro il 31.12.2012.
Il mancato raggiungimento di tale percentuale comporta, oltre che un grave danno ambientale, un pregiudizio economico per i cittadini ed un danno erariale alle casse degli enti locali direttamente addebitabile agli amministratori dei Comuni, come argomentato e sancito dalla recente sentenza della Corte dei Conti n.83 del 27 Maggio 2013.
Orbene, molti dei Comuni della Valle del Sacco non hanno raggiunto né la percentuale del 65% prevista al 31.12.2012, né i livelli intermedi cui alla Legge 296/2006, art.1 comma 1108, ovvero almeno il 40% entro il 31 dicembre 2007, il 50% entro il 31 dicembre 2009 ed il 60% entro il 31 dicembre 2011.
Pertanto, invitiamo i Sindaci del Tavolo Ambiente a verificare i livelli di RD nei loro Comuni e ad attivarsi con urgenza affinché le percentuali raggiungano le quantità previste dalla normativa vigente.
Occorre sottolineare che la necessità di raggiungere le percentuali indicate si impone al fine di perseguire una corretta gestione del ciclo dei rifiuti che, attraverso la prevenzione, il riciclo e il riuso, conduca ad una sostanziale riduzione del rifiuto indifferenziato. Tale obiettivo appare tanto più necessario in virtù della situazione che da pochi giorni investe i Comuni che conferiscono nella discarica della Fagiolara: l’assenza di una corretta gestione e di una adeguata programmazione hanno determinato la chiusura del tritovagliatore e la necessità di trasportare i rifiuti prima presso il TMB di Aprilia e poi nuovamente presso la discarica di Colleferro, con conseguenti maggiori oneri per la collettività. Tali oneri non sono imputabili ai Comuni virtuosi che hanno attuato un processo di raccolta differenziata spinta e dovrebbero essere sostenuti in primo luogo da quanti, per inefficienza nella programmazione e per mancato raggiungimento di percentuali di differenziazione adeguate, contribuiscono direttamente ad aggravare i costi derivanti da tale paradossale condizione.
4.2 – Il Sito d’Interesse Nazionale denominato “Provincia di Frosinone” (da non confondersi con l’altro SIN “Bacino del Fiume Sacco”) istituito con DM 02.12.2002 e perimetrato con DM 23 Ottobre 2003, ora di competenza della Regione Lazio a seguito del DM 11.01.2013, individua n.121 discariche da bonificare sul territorio di numerosi Comuni della Provincia di Frosinone e della Valle del Sacco.
Ad oggi, dopo oltre dieci anni dall’istituzione di detto SIN, le bonifiche concluse sono solamente poco più di trenta.
Anche in questo caso oltre al rilevantissimo danno ambientale, si è prodotto un grave pregiudizio economico che ricade e ricadrà sui cittadini, giacchè la Corte di Giustizia Europea già con sentenza C135/05 del 2007 aveva condannato lo Stato Italiano e gli enti locali per la mancata bonifica di dette discariche, e con ulteriore sentenza attesa a breve per il giudizio n. C196/13 verrà irrogata una sanzione di oltre 60 milioni di Euro sempre come conseguenza dell’omesso risanamento ambientale, sanzione che costituisce danno erariale addebitabile agli amministratori inadempienti.
Diverse discariche di quelle censite nel SIN “Provincia di Frosinone” sono presenti nei territori dei Comuni della Valle del Sacco e del Tavolo Ambiente.
Invitiamo i Sindaci ad attivarsi con urgenza al fine di conseguire le bonifiche de qua, rammentando quanto previsto dall’Art.250 del TU Ambiente che impone ai Comuni territorialmente competenti l’esecuzione delle opere necessarie.
4.3 – Il Piano di Gestione del Bacino Idrografico dell’Appennino Meridionale, approvato con DPCM del 10 Aprile 2013, in relazione al Bacino del fiume Sacco ha rappresentato il grave stato di inquinamento delle acque (grado “pessimo” della scala UE, Direttiva 2000/60), dovuto in particolare al mancato funzionamento, lungo tutta l’asta fluviale, degli impianti di depurazione dei reflui sia industriali che civili.
Diversi impianti di depurazione si trovano nel territorio di competenza dei Sindaci del Comuni aderenti al Tavolo o comunque nei Comuni della Valle del Sacco.
Si invitano, pertanto, i Sindaci a verificare i sistemi di depurazione dei reflui ed a provvedere, nell’ambito delle loro competenze, al funzionamento degli impianti.
5 – Infine, segnaliamo ai Sindaci del Tavolo che la maggior parte del Comuni della Valle del Sacco sono stati esclusi dal perimetro delle aree interne del Lazio come territorio di cui alla Fase I della Strategia Nazionale Aree interne di cui alla DGR Lazio n.477/2014; ciò comporterà l’esclusione della possibilità di ottenere fondi UE per lo sviluppo economico e sociale, e per le politiche di risanamento e tutela ambientale.
Pertanto, le determinazioni dell’amministrazione regionale anche in questo caso hanno fortemente penalizzato la Valle del Sacco, a vantaggio di altri comprensori.
Restiamo in attesa di un Vostro riscontro da far pervenire all’associazione Comitato LIP Valle del Sacco, all’indirizzo mail lip.vallesacco@gmail.com
Con Osservanza

martedì 23 settembre 2014

Schiavi e ricattati

Cloud's Walden


Persino il famigerato 'contratto di lavoro' non ha più alcun senso in quanto tale, o meglio, il suo senso è stato stravolto in favore del sistema. Un contratto dovrebbe infatti essere un accordo su delle condizioni prestabilite e soprattutto discusse e condivise da tutte le parti in causa. Oggi il contratto di lavoro è solo un insieme di condizioni stabilite dai vertici, cioè da chi, in origine e in verità, dovrebbe essere proprio colui che ha bisogno dello schiavo. Invece il sistema, con la sua cultura imposta obbligatoriamente, ha fatto in modo che sia lo schiavo ad avere bisogno del padrone, e le condizioni dei contratti sono diventati dei veri e propri ricatti. Tutto il lavoro dipendente è solo un ricatto, incredibilmente spacciato per diritto. E' un'ingiustizia profondissima, nonché una violenza inaudita, quella di ricattare le persone persino sulla loro sopravvivenza. Se non lavori non mangi, e se non lavori alle mie condizioni (cioè arricchendomi) muori lo stesso e me ne fotto. Scioperi e proteste non servono a niente fintanto che il lavoratore delega il suo potere ai sindacati, i quali non fanno altro che accordi col potere. Il contratto vero lo fa lo stato con i sindacati. E i sindacati con lo stato si sono sempre accordati molto bene insieme, a tutto svantaggio degli schiavi che non possono, non devono decidere mai nulla, altrimenti non sarebbero schiavi deleganti. Ma sono abituati a non decidere, sono persino convinti di non esserne capaci. Gran bell'addestramento che fa la scuola, non c'è dubbio, il capitalismo gode. Dentro questo sistema ogni cosa è stata snaturata, non soltanto il senso del contratto di lavoro e il concetto stesso di lavoro. Persino l'essere umano è stato snaturato. Ma se nessuno sembra più farci caso, se anzi lo ritiene una normalità, la colpa è sia della cultura che ci viene somministrata sottoforma di educazione e istruzione obbligatoria, sia della società forgiata da questa educazione e che crede in questa cultura, convinta addirittura che sia civiltà.


video di Luciano Granieri

ISIS

Simonetta Zandiri

Il fantomatico messaggio trasmesso dai nostri media evidenziando solo il passaggio in cui minacciano Roma, contiene altri passaggi, ve ne cito alcuni (tradotti un po' velocemente):


"O America, O alleati dell’America, O crociati, sapete che la faccenda è ben più pericolosa di quanto voi abbiate immaginato e più grande di quanto possiate prevedere.Vi abbiamo avvertito che oggi siamo in una nuova era, un'era in cui lo Stato, i suoi soldati, ed i suoi figli non sono schiavi, ma leader. Sono un popolo che attraverso i secoli non ha conosciuto sconfitta. L'esito delle loro battaglie è definito prima che queste abbiano inizio. Essere uccisi - lo mettono in conto - è una vittoria. Ecco dov’è il segreto. Si sta combattendo un popolo che non può mai essere sconfitto. Vincono sia se ottengono la vittoria, sia se vengono uccisi. "
(rivolto agli alleati) "Inviate armi e attrezzature per i vostri agenti e cani. Preparateli con le più moderne attrezzature. Inviate loro molto, perché finirà come bottino di guerra nelle nostre mani con il permesso di Allah. Spendete, e ve ne pentirete, sarete sconfitti.. Guarda il tuo veicoli blindati, macchinari, armi e attrezzature. Sono nelle nostre mani, Allah li ha concessi a noi. Noi vi combattiamo con i vostri mezzi. Quindi morite nella vostra rabbia."
"E Obama O, O mulo degli ebrei. Tu sei vile. Tu sei vile. Tu sei vile. E sarete delusi, Obama. E 'questo tutto quello che eri in grado di fare in questa tua campagna? E' questo quanto l'America ha raggiunto in incapacità e debolezza? Sono l'America e tutti i suoi alleati tra i "crociati" e gli atei non sono in grado di fare un attacco da terra? Non avete capito - O crociati - che le guerre per procura non si servono e non saranno mai utili? Non hai capito, o mulo degli ebrei, che la battaglia non può essere decisa dal cielo, con attacchi aerei? "
"O americani, e O europei, lo Stato islamico non ha iniziato una guerra contro di voi, come i vostri governi ei media cercano di farvi credere. Siete voi che avete iniziato le trasgressioni (violazioni) contro di noi, e quindi portate la colpa che pagherete a caro prezzo. Pagherete il prezzo quando le vostre economie collasseranno. Pagherete il prezzo quando i vostri figli saranno mandati a fare la guerra contro di noi e torneranno a voi con amputazioni, disabili,o dentro bare, o malati mentali. Pagherete il prezzo perché avrete paura di viaggiare ovunque. E pagherete il prezzo camminando nelle vostre strade, guardandovi a destra e a sinistra, e temendo i musulmani. Non vi sentirete al sicuro neanche nelle vostre camere da letto. Pagherete il prezzo quando queste crociate crolleranno e da quel momento in poi vi colpiremo nella vostra patria, e voi non sarete più in grado di fare del male a nessuno. Pagherete il prezzo e abbiamo preparato per voi un grande dolore.."
"O Allah, sapete non abbiamo alcun potere né forza contro i loro aerei, se non attraverso Te. O Allah, non lasciare loro essere sopra di noi mentre Tu sei sopra di loro. O Allah, non lasciare loro essere sopra di noi, mentre noi siamo superiori a loro. O Allah, non lasciare loro essere sopra di noi, mentre noi siamo superiori a loro. Non c'è Dio fuori di te."
Senza dubbio è un messaggio che contiene minacce. Ma aiuterebbe, nella comprensione di uno scenario assai complesso, considerare che gli "alleati" hanno iniziato a bombardare sia in Iraq che in Siria.

Lotta di classe o sponda istituzionale?

Mauro Buccheri


(P. Bruegel, La parabola dei ciechi)


Abbiamo più volte rimarcato nelle nostre analisi come in Italia, contrariamente a quanto sta accadendo in vari altri Paesi, il conflitto sociale stenti a decollare. Certamente alcune lotte importanti si sono sviluppate in questi mesi, soprattutto al nord e nell'ambito del settore della logistica, ma in maniera frammentata e isolata. Un importante tentativo di unificazione delle vertenze in atto si sta realizzando con lo sviluppo del coordinamento delle lotte No Austerity, a cui anche il Pdac fornisce il proprio contributo, un coordinamento delle principali realtà in lotta che sta promuovendo delle importanti battaglie, a partire da quella fondamentale contro “l'accordo sulla rappresentanza sindacale”, scontrandosi – non senza importanti successi ad oggi – contro uno storico ostacolo: quello rappresentato dalle (macro e micro) burocrazie politiche e sindacali che come sempre cercano di impedire la convergenza dei fronti di lotta attorno a una piattaforma anticapitalista, mirando a depistarli nell'alveo della concertazione e del compromesso con le “istituzioni”.
Il movimento 5 stelle: “né destra né sinistra” ?
Un indicatore molto utile per tastare il polso alle sinistre politiche, sindacali e di movimento nostrane è rappresentato dal tipo di rapporto che queste intrattengono col Movimento 5 stelle dei miliardari Grillo e Casaleggio. Sin da subito nelle nostre analisi (1) abbiamo denunciato la pericolosità di questo progetto politico reazionario. Da marxisti, infatti, non possiamo fare a meno di considerare una forza politica in base al suo programma e alle sue classi sociali di riferimento. In tal senso, sebbene il M5s si definisca opportunisticamente “né di destra né di sinistra” (per raccattare voti a destra e a manca), consideriamo il grillismo un fenomeno populista di destra, verità che ogni giorno affiora in maniera sempre più evidente, e che ad un'attenta analisi poteva emergere chiaramente molto prima del recente matrimonio europeo di Grillo con l'Ukip di Farage e altre forze destrorse nazionaliste del continente.
Grillo e i suoi seguaci si sono sempre limitati a strillare contro la “casta” politica senza mettere in discussione neppure vagamente il sistema economico vigente e la proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio (al contrario, a proposito della vicenda Electrolux, Grillo ha espresso solidarietà verso i padroni che delocalizzano!); non si sono mai posti chiaramente su posizioni antifasciste, arrivando anzi a sdoganare il “fascismo delle origini”, come nel caso della Lombardi, e ad aprire le porte alle forze di estrema destra; hanno espresso posizioni ambigue, quando non apertamente razziste, verso i migranti (2); hanno celebrato la “legalità” borghese, e civettato con la polizia e la magistratura, cioè coi principali apparati di repressione dello Stato borghese; hanno avanzato proposte reazionarie come quella, in ambito scolastico, sulla “abolizione del valore legale del titolo di studio” (in linea col programma berlusconiano).
Si tratta insomma dell'ennesimo movimento piccolo-borghese che si affaccia alla ribalta della storia dell'Italia repubblicana e che cerca di capitalizzare il crescente malcontento popolare a furia di slogan. Operazione che finora ha portato buoni risultati al M5s (al di là della recente flessione, rimane il secondo partito in Italia in termini di consensi elettorali) grazie a un diffuso torpore della coscienza storico-politica e alla disillusione delle masse popolari verso una “sinistra” che ne ha tradito le rivendicazioni, preferendo collaborare col padronato in cambio di poltrone e privilegi. Fausto Bertinotti, di cui in questi giorni leggiamo l'abiura anche formale del “comunismo” - quella sostanziale c'è sempre stata - ne è un ottimo esempio.
Un importante indicatore: i rapporti delle “sinistre” col grillismo
Ebbene, davanti alla grande avanzata in termini di consensi elettorali del M5s, qual è stato l'atteggiamento della sinistra politica, sindacale e di movimento? Anche in questo caso, non senza un pizzico di stupore, ci siamo trovati ad essere piuttosto soli nell'avanzare un'analisi e una pratica politica di classe.
Rifondazione, attraverso il suo segretario Paolo Ferrero, ha aperto a Beppe Grillo, riscontrando un'ampia convergenza politica col movimento del comico reazionario, salvo poi prenderne le distanze dopo che la sua richiesta di “collaborazione” era stata rispedita al mittente (3). Stesso atteggiamento opportunista, dettato da logiche meramente elettoraliste, che ha spinto a suo tempo il Prc a bussare anche alla porta del Pd (con cui peraltro collabora in diverse giunte a livello locale), prima di essere scaricato.
Non è mancato chi a “sinistra” ha invitato a “votare e far votare” il Movimento 5 stelle, mentre alcuni, come i neostalinisti del giornale online Contropiano, si sono rifiutati di prendere posizione nettamente, oscillando fra incontri coi parlamentari grillini (4) e impresentabili difese d'ufficio. Ci riferiamo in particolare a un recente articolo di Sergio Cararo, della segreteria nazionale della Rete dei comunisti, che in spregio alla logica di classe (e chiamando in causa a suo supporto persino Andreotti!) si è arrampicato sugli specchi nel tentativo di difendere dagli attacchi di alcuni settori borghesi il parlamentare grillino Di Battista, autore dell'ennesima sparata colossale (5). In un testo delirante, infatti, quest'ultimo ha presentato i tagliagole dell'Isis come una forza in qualche modo progressista e antiimperialista con la quale sarebbe necessario interloquire. Come se il progresso sociale piuttosto che dall'abbattimento del sistema economico disumano in cui viviamo potesse passare dall'interlocuzione fra le forze borghesi nostrane (che massacrano le masse popolari occidentali) e quelle fondamentaliste islamiche (che massacrano le masse popolari in medio oriente)! E' molto eloquente che Contropiano abbia difeso l'analisi interclassista del grillino, ma non ci meravigliamo: trattasi dello stesso gruppo, la Rete dei comunisti, che in questi anni è andato a rimorchio del comitato No debito neokeynesiano di Cremaschi e che adesso appoggia l'ennesimo calderone “anticapitalista”, Ross@, un progetto che sembra morto prima di nascere (6).
Del resto, l'ambiguità della Rete dei comunisti rispetto al grillismo va di pari passo (ed è spiegabile) con quella tenuta verso il M5s dall'Usb, sindacato che la rete dei comunisti dirige dietro le quinte spesso a insaputa dei suoi stessi attivisti, e che ha concepito sino a oggi il M5s come utile sponda istituzionale (anche qui non c'è da meravigliarsi, dato l'atteggiamento remissivo e collaborativo dimostrato da Usb anche verso personaggi che, al contrario di Grillo, nemmeno provano a definirsi “antisistema”! 7). Ecco perché, davanti a una forza reazionaria in ascesa che è arrivata ad attaccare genericamente il “sindacato” (8), Usb non ne ha mai denunciato agli occhi dei lavoratori la natura filopadronale, limitandosi, in seguito all'attacco di Grillo, a rassicurare il comico reazionario: anche “Usb sta nelle piazze a combattere il sistema contro cui ti stai scagliando” (9). Insomma, una piena legittimazione del grillismo come forza “antisistema”, coerentemente con una pratica sempre più subordinata alle logiche istituzionali: non è casuale ad esempio se rispetto al terribile attacco padronale rappresentato dall'accordo sulla rappresentanza, Usb si sia limitata ad affidarsi alla magistratura borghese anziché mobilitare la propria base in funzione di azioni realmente conflittuali.
Si tratta dello stesso atteggiamento di sponda, quando non di palese propaganda politica filogrillina, tenuto anche dalle direzioni di altre organizzazioni sindacali “di base” nonché da movimenti e centri sociali, come può facilmente constatare qualsiasi attento osservatore. Altamente esemplificativa, a tal proposito, l'assenza di una chiara presa di posizione di classe in merito (e al contrario, le apologie e gli incontri con rappresentanti istituzionali grillini) da parte di gruppi autonomi riconducibili all'area di “Autonomia Contropotere” (Infoaut), coerentemente col “principio” campista, secondo cui chi dice di essere nemico del mio nemico è mio amico (e pertanto va a difeso). E per loro evidentemente il nemico è rappresentato soltanto dai partiti di governo, non dalla classe sociale che dirige quei partiti così come quelli della cosiddetta “opposizione” parlamentare! Un modo di fare che contribuisce a confondere ancora di più i giovani che si avvicinano ai centri sociali infatuati dall'infantile antipartitismo di principio e dall'apparente radicalismo, e a legittimare pubblicamente la falsa immagine “rivoluzionaria” dei cinque stelle.
Altri indicatori: elettoralismo, subalternità alle burocrazie sindacali
La situazione non è certo più rosea se analizziamo la pratica politica di forze che sostengono di richiamarsi al marxismo rivoluzionario e (sia pure a giorni alterni) al trotskismo, e che per questo rendono necessaria da parte nostra qualche considerazione. Ci rifermiamo in particolare al Pcl di Ferrando, una forza che il Pdac ha sempre definito centrista, nel senso di oscillante fra proclami rivoluzionari e una pratica spesso riformista. In realtà dovremmo forse aggiornare la nostra analisi perché, a parte qualche articolo di Ferrando, il Pcl ha ormai messo in soffitta anche le parole d'ordine rivoluzionarie e quel che resta è solo la pratica riformista, come si evince chiaramente anche da alcuni articoli presenti sul suo sito web nazionale e su quelli locali. Valga su tutti l'allucinante comunicato in bella mostra negli ultimi giorni sul sito nazionale (10) e relativo all'intervento di una sezione del Pcl a una “assemblea pubblica del Pd” (!), un articolo che – fra citazioni di normative borghesi e appelli all' “etica politica” - si risolve in una celebrazione della democrazia borghese, che per il Pcl “non è un valore aggiunto, ma un valore punto e basta!”. Una deriva inarrestabile quella del Pcl, che lo ha ormai escluso quasi completamente dalle lotte concrete e che lo porta a dedicarsi – con sempre maggiore fatica - soltanto alle elezioni (a quelle locali si presenta con programmi sempre più minimalisti, nella speranza di avere qualche voto in più - 11), e ad andare costantemente a rimorchio delle microburocrazie politico-sindacali (12).
Mentre in questi anni i compagni del Pdac subivano ostracismi di ogni sorta e venivano espulsi dall'Usb per aver fatto energiche battaglie interne contro il verticismo e le politiche di compromesso dei dirigenti di quel sindacato (episodi su cui il Pcl non ha mai espresso una parola di solidarietà), Ferrando è stato impegnato a formare – assieme a Usb, Rete dei comunisti e altri gruppi centristi - l'ormai collassato coordinamento No debito, un progetto calato dall'alto e costruito attorno alla figura di Giorgio Cremaschi, di cui il Pdac ha sin da subito denunciato i connotati neokeynesiani. Insomma, si è andati a braccetto con le burocrazie sindacali e ci si è tirati fuori dai coordinamenti promossi dai lavoratori in lotta (13).
La deriva del Pcl trova inquietanti riscontri anche nella politica internazionale di questo partito, che dopo avere sostenuto – in linea con le posizioni dei gruppi stalinisti - il referendum farsa in Crimea sulla base del “principio di autodeterminazione” (qualcuno rammenti ai dirigenti del Pcl la russificazione forzata operata in quella regione da Stalin e le condizioni di militarizzazione in cui si è svolto il referendum) si è spinto fino a pubblicizzare sul proprio sito web il “manifesto del Fronte Popolare per la Liberazione della Ucraina, Novorossia e Carpazi Rutenia” (14), un manifesto borghese redatto da un “fronte” diretto da forze fasciste alleate di Putin ! (15) Anche in politica estera, piuttosto che dire la verità, e contribuire così all'avanzamento della coscienza politica generale, i dirigenti del Pcl preferiscono abbassare il livello delle “analisi” per provare a intercettare più facilmente qualche consenso.
Unificare le vertenze intorno a una piattaforma anticapitalista, costruire il partito rivoluzionario
Se questo è il quadro generale, è quanto mai necessario lavorare oggi all'unificazione delle vertenze in corso, raccogliendole attorno a una piattaforma anticapitalista e a una prospettiva di classe, e liberandole dall'abbraccio mortale delle (macro e micro) burocrazie sindacali, interessate più a coltivare i propri orticelli e a preservare i propri grandi o piccoli privilegi piuttosto che alle ragioni dei lavoratori. I comunisti hanno il compito di dire la verità, perché solo la verità può favorire l'avanzamento delle coscienze politiche.
La verità è che il riscatto dei lavoratori, degli studenti, dei migranti, delle masse subalterne non passa certo dai palazzi o dall' “intercessione” delle forze borghesi (come il M5s) né dai giochi istituzionali delle burocrazie sindacali e dei loro reggicoda, ma dall'unificazione delle lotte contro il sistema capitalista. Per realizzare la convergenza delle lotte e per dirigerle contro il capitale, evitando di farle finire in pasto alle burocrazie politiche-sindacali e di farle arenare nelle secche della concertazione, è quantomai necessario costruire un'organizzazione politica rivoluzionaria internazionale e internazionalista.
Poiché abbiamo il senso delle proporzioni e comprendiamo bene l'enormità di questo compito, non ci illudiamo – al contrario di altri - di incarnare noi il partito rivoluzionario indispensabile ai lavoratori e alle masse oppresse. Riteniamo tuttavia come Lit e come Pdac, che della Lit è sezione italiana, di aver posto le solide basi di questa costruzione. Una costruzione che sta conoscendo attualmente sviluppo in decine di Paesi in diversi continenti, e che ha recentemente avviato la costruzione anche in Africa con la nascita della sezione del Senegal (la cui delegazione ha partecipato nei mesi scorsi all'XI congresso della Lit). Invitiamo i compagni che si riconoscono nel programma marxista rivoluzionario a confrontarsi con noi e a lavorare insieme alla costruzione dell'alternativa di sistema.

NOTE
1. Per un'analisi di classe del grillismo: 
http://www.alternativacomunista.it/content/view/1793/47/
2. Dal parlamentare Di Battista, secondo il quale i migranti vanno “aiutati a casa loro”, al guru Beppe Grillo, che in questi giorni ha evocato la “quarantena” che gli Stati Uniti riservavano agli immigrati italiani appena sbarcati, le posizioni grilline sul tema dell'immigrazione risultano quantomai convergenti con quelle della Lega nord, scavalcando a destra anche il Pd: http://www.beppegrillo.it/2014/09/il_ritorno_delle_malattie_infettive_tbcnograzie.html
3. http://video.repubblica.it/politica/ferrero-pronto-a-collaborare-con-grillo/109448/107833
4. http://contropiano.org/archivio-news/archivio-news/in-breve/italia/item/15243 ; http://contropiano.org/articoli/item/25811
5. http://contropiano.org/articoli/item/25811
6. La nostra posizione su Ross@: http://www.alternativacomunista.it/content/view/1877/47/
7. Molto significativo, fra gli altri, questo comunicato ossequioso verso Enrico Letta, nel quale  l'Usb sottlinea la “sensibilità” del (ex) premier bildeberghiano: http://confederazione.usb.it/index.php?id=20&tx_ttnews[tt_news]=62579&cHash=46131474b2&MP=63-552
8. http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/18/grillo-attacca-sindacati-eliminiamoli-sono-vecchi-come-partiti/473979/
9. http://puglia.usb.it/index.php?id=85&tx_ttnews[tt_news]=53146&cHash=96c57db8f3&MP=73-288
10. L'articolo da noi citato è questo: http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=4013 . E' possibile tuttavia, girando sui siti del Pcl, trovare parecchi altri articoli che legittimano la democrazia borghese. Un compagno che è recentemente uscito dal Pcl (in Toscana), ha riconosciuto la correttezza delle nostre analisi rispetto a questa forza centrista, denunciandone il tesseramento allargato, i militanti fantasma, il federalismo, l'“opportunismo menscevico”. E ci ha segnalato un articolo, pubblicato il 12 luglio sul blog del Pcl Pistoia, che poi alcuni giorni dopo – in seguito alle sue comprensibili proteste nei confronti dei vertici del partito – è stato rimosso. Si tratta di un articolo, intitolato “fascismo oggi”, in cui una militante del Pcl individua il mezzo “per resistere all'estremismo di destra” nella “legalità” (!) e nella “Costituzione”, di cui rimarca l'impostazione “palesemente antifascista”.
11. Esemplare il caso di Castiglion fiorentino, che il Pcl ha sbandierato come il proprio miglior risultato elettorale. Qui il Pcl si è presentato alle comunali con un programma indistinguibile da quello di una qualsiasi lista civica: si rivendicano l'esplicitazione dei “responsabili” del dissesto, il rispetto dei “diritti” delle persone, la “valorizzazione dei prodotti tipici locali”, “diritto allo studio per tutti i cittadini”, il ripristino del centro storico e delle frazioni, “iniziative culturali” di richiamo per il turismo, “forte controllo sul costo degli affitti”. Si veda:http://www.comune.castiglionfiorentino.ar.it/upload/file/PROGRAMMA%20PARTITO%20COMUNISTA%20LAVORATORI.pdf
12. Questo codismo di Ferrando e Grisolia a rimorchio delle burocrazie sindacali è stato denunciato pubblicamente persino dal loro alleato Jorge Altamira, leader del Partido Obrero argentino, uno dei quattro gruppi che compongono il fantomatico Crqi (Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale), coordinamento che ha recentemente riconosciuto di essere “collassato”, come si legge in una risoluzione interna pubblicata per sbaglio qualche mese fa sul sito del Pcl (http://www.alternativacomunista.it/content/view/1940/47/ ). Nel congresso del Po di un anno e mezzo fa Altamira, da anni in polemica col Pcl, ha dichiarato (traduzione dallo spagnolo e sottolineature nostre): "Il Pcl continua una politica che chiamerei di 'codismo negativo' (...) Non avanza la parola d'ordine 'abbasso il governo Monti' in modo sistematico, né fa appello ad appoggiare questa parola d'ordine rivendicando un piano di scioperi, un piano di lotta, azioni dirette. Al contempo pratica [il Pcl, ndt] un codismo nei confronti della burocrazia dei metalmeccanici [il gruppo dirigente della Fiom, ndt] che ha rinunciato a sviluppare nei fatti una resistenza ai piani del governo, pur usando un linguaggio di opposizione e combattivo." Citato da: http://prensa.po.org.ar/blog/2012/07/22/informe-de-apertura/
13. Non è un caso che il Pcl non abbia aderito al coordinamento No austerity né alla rete del sindacalismo conflittuale internazionale.
14. Nel suddetto “manifesto” si fa riferimento a una "repubblica popolare" fondata sugli "interessi della nazione" (!), nella quale "il potere appartiene al popolo", è "consentita la proprietà privata" (!) - "a patto che avvantaggi le persone e il loro sviluppo"! Un manifesto che, a parte il Pcl, è stato pubblicato soltanto da alcuni blog di gruppi stalinisti come contropiano e stachanovblog http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=3974
15. Sulla “repubblica popolare” sponsorizzata dal Pcl e da vari gruppi stalinisti, ci limitiamo a citare, tra le tante, questa analisi abbastanza eloquente: http://www.eastjournal.net/ucraina-altro-che-compagni-la-repubblica-di-donetsk-e-lombra-nera-di-aleksandr-dugin/46773