sabato 6 settembre 2014

La scuola-azienda targata Renzi

Renato Caputo


L’assunzione di quasi 150 mila precari annunciata da Renzi, se effettivamente si realizzasse, sarebbe sicuramente molto positiva e rappresenterebbe una vittoria parziale dei movimenti di questi anni. Renzi di fronte all’economia italiana che continua a frenare a fronte dell’aumento della disoccupazione, cerca di rilanciare l’immagine del governo con la promessa di una regolarizzazione storica dei precari della scuola.
Per un’opinione pubblica tormentata dai dati negativi dell’economia, i numeri annunciati appaiono effettivamente da capogiro, anche se non annullerebbero del tutto neanche i tagli della Gelmini e peraltro sono dettati anche dalla spada di Damocle delle multe in arrivo dalla corte europea proprio per l’abuso di contratti precari nella scuola.
L’assunzione di 150 mila nuovi insegnanti, di cui circa 50-60 mila occuperanno cattedre intere mentre il resto si dividerà tra supplenze brevi (la cui somma aritmetica equivale a 20.000 cattedre) e potenziamento dell’offerta formativa, non va quindi sminuita. Sarebbe sbagliato, e controproducente, un atteggiamento che non riconoscesse questo elemento. Anzi, sarà necessario vigilare attentamente perché la promessa sia effettivamente mantenuta, e non si sgonfi (come tante altre) sullo scoglio delle coperture: 1 miliardo nel 2015, 3 a partire dal 2016, 4 a regime tra 10 anni.
La sacrosanta stabilizzazione dei precari, molti dei quali lavorano con supplenze annuali coprendo posti vacanti e assicurando il regolare funzionamento della scuola, non viene però proposta nell’ottica di una complessiva abrogazione delle riforme Gelmini (che hanno fatto danni dalla primaria alle superiori). Perché non si dice chiaramente che i nuovi assunti nella scuola primaria, ad esempio, verranno utilizzati per abrogare il taglio del tempo pieno e delle compresenze, ovvero i provvedimenti che hanno devastato quello che era considerato, anche a livello europeo, il settore di punta della nostra scuola? Perché non si ipotizza una drastica riduzione degli alunni per classe, migliorando davvero la didattica? Inoltre molti dei nuovi assunti potrebbero essere costretti a coprire le assenze degli insegnanti di ruolo di discipline differenti dalle proprie. Il rischio potrebbe essere quello di inviare insegnanti di educazione fisica, musica o arte (quelli più numerosi nelle graduatorie ad esaurimento) a sostituire le assenze di colleghi di italiano o matematica, con un’evidente perdita di dignità professionale per gli uni (considerati alla stregua di baby sitter) e di offerta didattica per gli studenti.
La criticità del testo, però, è più complessiva e riguarda l’idea di scuola che viene proposta nelle linee guida.
Dietro il punto centrale del provvedimento, la stabilizzazione dei precari, si cela un'idea di scuola e di formazione che approfondisce il taglio liberista (e fallimentare) affermatosi in questi anni:
- Punto primo: i salari. Fermi al palo da anni, subiranno il nuovo blocco degli stipendi del pubblico impiego, rimanendo così i più bassi d’Europa a fronte di orari di lavoro di fatto omogenei, nonostante la propaganda sul fatto che in Italia gli insegnanti lavorino troppo poco. Si passerà, quindi, dagli scatti di anzianità agli scatti di “merito”, concessi in base ad un sistema di crediti. La famosa meritocrazia sarà a costo zero, ovvero, prevederà solo una redistribuzione e riorganizzazione dei vecchi scatti di anzianità validi per tutti i docenti, destinandoli solo al 66% di questi ultimi.

- In cosa consisterà il famigerato “merito”? Fondamentalmente in una nuova raccolta punti e certificati. Un “mercato” già visto nella rincorsa ad aumentare i punti nelle Gae, ma anche nelle università italiane, e destinato, in larga parte, ad aumentare la burocrazia e le attività inutili. Il 66% degli insegnanti che accumulerà più certificati e punti avrà uno scatto che si mangerà quello del 33% che, “non meritevole”, non avrà nulla. E se i meritevoli fossero l’80%? Niente da fare. I meritevoli sono il 66%! Questo meccanismo logicamente geniale porterà dopo 27 anni di anzianità a guadagnare “ben” 25 euro in più delle cifre oggi assicurate con gli scatti automatici . A fine carriere la differenza, dopo ben 35 anni di contratto a tempo indeterminato (target per pochi intimi), può raggiungere i 143 euro. Cifre da capogiro. Tutta vita per gli insegnanti italiani “meritevoli”. Il meccanismo è perverso e pericoloso perché fa leva sull’idea diffusa sempre più di una classe docente incapace ed impreparata (alla faccia della promessa elettorale di “restituire dignità agli insegnanti”), mentre i punti di merito si acquisteranno molto più facilmente con progetti e funzioni extra-curricolari che non dedicandosi a fondo alla didattica in classe ed al lavoro con gli studenti.
- Ma chi stabilirà corsi e valutazione degli stessi? Il docente mentor che il Nucleo di Valutazione Interno sceglierà tra i docenti che per tre trienni consecutivi hanno avuto uno scatto di competenza. E prima di questa data? Norme transitorie che danno un grande ruolo ai dirigenti. E se chi dovesse giudicare il merito non fosse meritevole, ma semplicemente “amichevole” con il dirigente di turno? Il merito non rischia di diventare un modo per disunire il corpo docente, metterlo in competizione al suo interno, e renderlo più mansueto? Siamo sicuri che questa idea di scuola sia esempio di valori come la collaborazione, la solidarietà, l’impegno e non si trasformerà nella miseria di una concorrenza penosa e pedagogicamente dannosa per gli studenti che la osserveranno?

- Il docente mentore e il nucleo di valutazione sono anche il perno di una riorganizzazione degli organi collegiali in cui il collegio docenti e il consiglio di classe perderanno valore e importanza, a scapito dei Presidi e di Consigli d’Istituto in cui entreranno soggetti privati disponibili a finanziare le scuole.
A questo si aggiunge che: “Per fare questo è necessario ripensare la carriera dei docenti, ( ...) Occorre quindi, prima di ogni altra cosa, un nuovo status giuridico dei docenti”
Cosa significa ripensare lo status giuridico dei docenti? “Per status giuridico s’intende quel complesso di disposizioni (...) che regolano il rapporto di lavoro e, quindi, le norme relative all’assunzione in servizio, allo svolgimento della prestazione lavorativa, alla cessazione del rapporto di lavoro.”
In altre parole, il governo si lascia le mani libere per intervenire su orario, mobilità dei docenti, eventuale cessazione del contratto, meglio noto come licenziamento. Un’Aprea che rientra dalla finestra?


- Alla lotteria del merito concorreranno non solo i docenti ma le intere scuole che, in base alla valutazione delle proprie “performances”, riceveranno più o meno fondi da parte del Ministero. I risultati della valutazione delle scuole, inoltre, saranno resi pubblici e offerti all’utenza perché possa scegliere, come al ristorante, la scuola migliore per i propri figli. Oltre al discorso populista, che pure rischia di piacere a famiglie che pagano da anni le disfunzioni della scuola pubblica vittima dei tagli di decenni, l’idea è vecchia e pericolosa allo stesso tempo. Si metteranno in competizione le scuole tra loro, continuando a promuovere gli istituti di serie A delle zone centrali e benestanti a discapito di quelli di serie B che, nelle periferie degradate delle nostre città, sono spesso l’unico argine alla povertà e alla criminalità organizzata. 
E quali saranno i “parametri oggettivi” su cui valutare le scuole è facile da immaginare. Continueranno ad imperversare i quiz invalsi e il nozionismo spinto che li sottende.


Attorno a questo nucleo di provvedimenti si articolano altre proposte (nelle 166 pagine del documento) che alternano “buone” intenzioni del tutto astratte e prive di rapporto con la realtà ad una filosofia di fondo improntata alla subalternità dell’istruzione alle richieste dell’impresa (il fantomatico mercato del lavoro) e all’equiparazione sempre più spinta tra scuole private e pubbliche.
Ottimo, ad esempio, il rafforzamento dell’educazione motoria nella scuola primaria, ma gli estensori del documento hanno mai messo piede nelle palestre (quando esistono) delle nostre scuole? Oppure hanno contato i computer presenti (dove ci sono) nei laboratori informatici che dovrebbero essere il fulcro della rivoluzione digitale renziana? A leggere i passaggi più propositivi del testo ci si rende conto della distanza tra le parole e la realtà.
A queste buone intenzioni, del tutto astratte e difficilmente applicabili, si accompagna l’idea aziendalista di istituti superiori in cui aumentano fino a 200 le ore da dedicare, obbligatoriamente, a stages (gratuiti) in aziende private, mentre invece l’impoverimento culturale delle giovani generazioni richiederebbe un rafforzamento del tempo scuola a tutti i livelli; di Dirigenti Scolastici che diventano veri e propri manager (reclutati tramite un corso-concorso della scuola nazionale dell’amministrazione, allontanandoli sempre più dal corpo docenti che pure dovrebbero rappresentare) che potranno valutare la capacità didattica degli insegnanti (e quindi concedere o meno gli scatti stipendiali) e scegliere “come un allenatore la propria squadra”, selezionando gli insegnanti “più adatti alla propria scuola” all’interno dell’Organico Funzionale di più istituti.
Come si finanzierebbe questa grande rivoluzione? Molto chiaro questo passaggio del testo:
1) Attribuendo il M.O.F. (fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, che negli ultimi 3 anni è stato tagliato dei 2/3, e che permette il funzionamento della scuola stessa) solo alle scuole che, dopo attenta valutazione in base a parametri “oggettivi” (si immagina facilmente il ruolo del famigerato Invalsi) abbiano dimostrato di meritarli.
A questo finanziamento pubblico basato sul “merito” delle scuole concorreranno, inoltre, anche le scuole private, equiparate in tutto e per tutto a quelle pubbliche, che quindi oltre ai finanziamenti ad hoc a loro dedicati prenderanno anche una parte dei fondi destinati finora, tramite il Mof, alla sola istruzione pubblica.
2) Visto che, in ogni caso, i risparmi legati al primo punto non saranno sufficienti, gli istituti scolastici dovranno costituire fondazioni con soggetti privati disponibili a finanziarli. Più chiaro di così...

Insomma una riforma che ha un’idea di scuola non così dissimile da quella proposta dal governo Berlusconi, che infatti piace anche a Forza Italia, stando alle dichiarazioni di questi giorni, e che per questo va contrastata radicalmente. Allo stesso tempo dobbiamo avere la consapevolezza che l’assunzione dei precari e le risposte date dal governo ad alcuni problemi della scuola, in assenza di una alternativa, potrebbero trovare non pochi consensi. Fare opposizione oggi significa più che mai costruire un’idea di scuola alternativa a quella renziana. Se l’opposizione sarà percepita come resistenziale o come corporativa farà ben poca strada. Serve in questo senso un salto di qualità dei movimenti, che accetti la sfida e che sia capace di ribaltarla. Proviamoci

venerdì 5 settembre 2014

Contaminazioni

Luciano Granieri.


Esempio di contaminazione fra jazz e tarantella. Un pezzo eseguito da Riccardo Tesi: organetto , Gianluigi Trovesi: sax alto, Patrick Vaillant: mandolino, mandola, Jean-Jacques Avenel al contrabbasso e Joel Allouch alla batteria. Le foto sono di una Frosinone di altri tempi.






La contaminazione è un concetto molto presente e valorizzato in campo artistico culturale. L’esempio più eclatante  è dato dalla musica jazz. La confluenza  della musica bandistica, del melodramma ottocentesco di derivazione europea, in particolare italiana,  con i ritmi africani, hanno originato  una forma musicale del tutto nuova, completamente diversa dai generi che ne hanno dato vita .

 Ciò avveniva agli inizi del secolo scorso nel sud degli Stati Uniti, quando l’immigrazione europea, e la deportazione  schiavista della popolazione africana, hanno stabilito un contatto  all’interno di una  nuova e precaria condizione sociale, che vedeva  gente di varia etnia sfruttata nell’opulenta società americana del sud, ricca di piantagioni e attività manifatturiere. 

Il processo di contaminazione musicale così iniziato si è evoluto, coinvolgendo in seguito  la cultura popolare dei Sinti. Il jazz   manuche del chitarrista nomade Django Reinhardt ne è buona testimonianza. E ancora, attraversando tutto il ‘900, si sono registrate altre contaminazioni con la musica sudamericana, Samba e Bossa Nova. Memorabile la collaborazione fra Stan Getz , Joao Gliberto , Antonio Carlos Jobim e Vinicius De Moraes , che hanno partorito “A garota de Ipanema” un brano a tutt’oggi al secondo posto , per numero di ascolti dopo Yesterday dei Beatles. Oppure  Il tango con le straordinarie composizioni di Astor Piazzolla e più recentemente di  di Xavier Girotto.  

Il jazz, poi, tornato in Europa, si è ulteriormente contaminato con le espressioni musicali tipiche delle varie Nazioni del Vecchio Continente. In Italia, in particolare, la musica jazz ha trovato felici connubi con le melodie mediterranee e la canzone popolare. Indicativi  gli esperimenti in tal senso del compianto Giorgio Gaslini che, insieme al contrabbassista Bruno Tommaso,  ha  rivisitato vecchi canti popolari  lombardi incidendo il disco “Canti di popolo in jazz”. Straordinario  il grande lavoro del trombettista Paolo Fresu in merito  alla contaminazione con la musica popolare Sarda, o anche di Gianluigi Trovesi che insieme Riccardo Tesi, mago dell’organetto diatonico, ha offerto un’originale trasformazione della musica popolare toscana. (Il brano del video di apertura si riferisce a questa esperienza).

Se la contaminazione funzione così bene in musica e cultura, perchè non può funzionare altrettanto bene in politica? Come è gretto il popolo che non capisce questi alti valori!  Il Pd di Renzi, sta portando avanti un complesso ma stimolante esperimento di contaminazione, molto avanzato rispetto ai tentativi messi in atto dai suoi predecessori. Lo “Statista” fiorentino sta sperimentando due tipi di contaminazioni contemporaneamente. Dal lato esecutivo-legislativo (una distinzione ormai vecchia) la contaminazione è con il Nuovo Centro Destra, dal lato delle riforme istituzionali è con Forza Italia. 

Ma eventi ancora più rivoluzionari stanno accadendo in quell’avanzatissimo laboratorio di buona politica che è il Pd della Provincia di Frosinone. In questo caso il grande partito democratico si è autoinflitto una mitosi  cellulare  riproducendosi in  due parti. La prima impegnata in una contaminazione con il Nuovo Centro Destra e una particella del vecchio Udc, la seconda interessata ad una contaminazione con Forza Italia, Partito Socialista, Sel  e forse Fratelli D’Italia. Un processo complicato, anche conflittuale, per certi versi incomprensibile perfino alla cellula madre  nazionale. 

Ma vuoi mettere il successo di questa sperimentazione nell’eleggere il nuovo presidente della Provincia! Il guaio di questi esperimenti è che generano, verso la   popolazione,  un altro tipo di contaminazione. Non legata al concetto di messa in comune delle proprie peculiarità, ma  “contaminazione” intesa  come inquinamento, veicolo di virus e batteri. La ricerca di una migliore contaminazione per esercitare il potere genera  pericolose malattie per il popolo i cui sintomi sono precarietà, povertà, disagio sociale, distruzione della dignità umana. Ma noi popolino, gente comune siamo ignoranti che ne capiamo di contaminazione! Zitti e mosca. Becchiamoci le malattie,  l'inquinamento, una sanità da quinto mondo, la disoccupazione. In fondo sono solo piccoli effetto collaterali della " GRANDE CONTAMINAZIONE"



P.S. Mi scuso profondamente con i musicisti, i jazzisti e gli artisti indegnamente usati per redigere questo post e paragonati alla sguazzante melma dei comitati elettorali in devastante azione nel nostro paese. 

La capitale su schermo piatto

Sandro Medici. fonte http://ilmanifesto.info/




A Roma siamo ormai in guerra. Nella grande scac­chiera metro­po­li­tana, con un furore siste­ma­tico, l’esercito del nulla sta espu­gnando le case­matte dell’allegria. Una dopo l’altra. Sgom­be­rate, chiuse, spente, ammaz­zate. Ieri mat­tina è stata schiac­ciata l’occupazione del Cinema Ame­rica, che nei suoi due anni di atti­vità aveva ria­ni­mato le piazze e i vicoli di Tra­ste­vere, pre­sto rive­lan­dosi una felice ecce­zione cul­tu­rale in quell’antico adden­sato urbano che da anni si tra­scina in una deriva mer­can­tile e degra­data. Solo un mese fa è stato chiuso il Tea­tro Valle; poco prima era stato sgombe­rato il Cinema Vol­turno; l’estate scorsa era toc­cato all’Angelo Mai. In una pioggia di denunce, inchie­ste giu­di­zia­rie, incri­mi­na­zioni e deten­zioni. Due espo­nenti del movi­mento delle occu­pa­zioni sono da mesi agli arre­sti domi­ci­liari. E pre­sto si avvieranno pro­cessi su processi.
È in corso un’aggressione mili­ta­re­sca con­tro le pra­ti­che sociali di riap­pro­pria­zione dei beni comuni. Quei beni comuni, pub­blici o pri­vati che siano, che le ammi­ni­stra­zioni con­se­gnano alla ren­dita e alla spe­cu­la­zione. Patri­mo­nio edi­li­zio, ma anche quota societa­rie, ser­vizi sociali, infra­strut­ture. Ed è per con­tra­stare que­sta spo­lia­zione che si va esten­dendo un movi­mento di resi­stenza che attra­versa città e ter­ri­tori, da Roma a Pisa, da Napoli a Milano, dalle valli alpine alle sponde adria­ti­che. Con­flitti e ver­tenze che riman­dano a uno scon­tro di civiltà: tra un modello eco­no­mico che tutto riduce a merce, com­presa l’acqua che beviamo e l’aria che respi­riamo, e un’insorgenza sociale che cerca di sal­va­guar­dare la natura, la cul­tura, l’architettura per resti­tuirle ai legittimi pro­prie­tari, cioè noi tutti, noi tutte.
E in que­sto scon­tro ormai lo stato, che sia diret­ta­mente il governo o gli enti locali o la stessa magi­stra­tura, non svolge una fun­zione terza, di media­zione tra inte­ressi e bisogni. Non garan­ti­sce più quella cit­ta­di­nanza che in teo­ria dovrebbe rap­pre­sen­tare e tute­lare: al con­tra­rio, la espro­pria di ciò che le appar­tiene, per con­se­gnare il mal­tolto alle signo­rie della plu­sva­lenza, alle cen­trali dell’accumulazione finan­zia­ria, alle agen­zie della spe­cu­la­zione parassitaria.
Da qui, da que­sta man­che­vo­lezza pub­blica, da que­sta oscena com­pli­cità, nasce l’esigenza di reim­pos­ses­sarsi di ciò che è desti­nato alla requi­si­zione affa­ri­stica.
Se a Pisa i gio­vani occu­pano prima un colo­ri­fi­cio abban­do­nato e poi un distretto militare in disuso, lo fanno per impe­dire che ven­gano tra­sfor­mati in appar­ta­menti privati , alber­ghi, super­mer­cati. E lo stesso suc­cede a Napoli quando si entra in un vec­chio asilo, o a Palermo in un tea­tro in disuso, o a Trie­ste in un ex caserma. Decine di espe­rienze che diven­tano imme­dia­ta­mente luo­ghi d’incontro e socia­lità, occa­sioni cul­tu­rali, offerte di ser­vi­zio, pos­si­bi­lità di lavoro. Case­matte popo­lari che, spe­cie se in quar­tieri dif­fi­cili, si tra­sfor­mano in un’opportunità di ria­ni­ma­zione sociale, in con­te­sti dove a stento ci si saluta e a volte si ha per­fino paura.

Aleg­giano sen­ti­menti posi­tivi, si risol­vono pro­blemi e si col­ti­vano pia­ceri: ci si guarda, ci si annusa e si fanno cose insieme: cose grandi, impe­gnate, pro­dut­tive, ma anche cose pic­cole, una festa per i bam­bini, un mer­ca­tino, una pasta­sciutta col­let­tiva. Se non rischias­simo di diven­tare reto­rici, si potrebbe soste­nere che pro­prio que­sto ritro­vato desi­de­rio comu­ni­ta­rio, que­sta spinta alla coe­sione sociale, è diven­tato il prin­ci­pale nemico di chi, al con­tra­rio, ci vuole ato­miz­zati, com­pe­ti­tivi e anta­go­ni­sti, l’un con­tro l’altro, rele­gati cia­scuno nel pro­prio ango­letto, refrat­tari a qual­siasi forma di partecipazione.
E sarebbe bastato guar­dare le facce intri­stite dei tra­ste­ve­rini che ieri mat­tina hanno assi­stito muti e incol­le­riti allo sgom­bero del Cinema Ame­rica, per ren­dersi conto di quanto rap­pre­sen­tasse quell’occupazione per i tan­tis­simi che l’avevano fre­quen­tata. Per la viva­cità che aveva rega­lato, per le tante atti­vità che si svol­ge­vano, per il sem­plice fatto che lì, in quella pla­tea un po’ sgan­ghe­rata, c’era sem­pre qual­cuno, c’era sem­pre qual­cosa da fare, c’era sem­pre la pos­si­bi­lità di scam­biarsi una chiac­chiera, un sorriso.
Negli ultimi tempi, guar­darsi la par­tita della Roma sul grande schermo era diven­tato un evento cit­ta­dino: biso­gnava arri­vare pre­sto e spesso non si tro­va­vano più nean­che i posti in piedi per quella cele­bra­zione di feli­cità popo­la­re­sca.
Nell’ultimo scor­cio anche il mini­stro dei beni cul­tu­rali, Enrico Fran­ce­schini, era andato a tro­vare i ragazzi del Cinema Ame­rica. E lì, in quella sala, guar­dando le volte e i mosaici, aveva assi­cu­rato che quell’edificio sarebbe stato vin­co­lato per sal­va­guar­darne la fun­zione cul­tu­rale. In aperto con­tra­sto con quanto sta­bi­lito in una deli­bera comu­nale che, al con­tra­rio, con­sente ai pro­prie­tari di ricon­ver­tire l’edificio a uso resi­den­ziale, tanti appar­ta­men­tini, man­sar­dine, cuci­nine, bagnetti. Que­gli stessi pro­prie­tari che, forti di una sen­tenza del giu­dice delle inda­gini pre­li­mi­nari, hanno finito per denun­ciare il pre­fetto per­ché non si deci­deva a ese­guire lo sgombero.

Ieri mat­tina il con­ten­zioso isti­tu­zio­nale si è sciolto, con le truppe pre­fet­ti­zie in assetto anti-sommossa e i ragazzi a por­tar via cine­teca e biblio­teca. «La cul­tura ormai non conta più nulla», ha detto scon­so­lato uno di loro. Il mini­stro Fran­ce­schini, nel frattempo, tace: scon­fes­sato e ridi­co­liz­zato. Così come tace il sin­daco Marino. Ancora una volta sca­val­cato (e forse nean­che infor­mato) dalle deci­sioni di pre­fetto e que­store. Chiuso nel suo per­be­ni­smo lega­li­ta­rio, stuc­che­vol­mente algido, con­ti­nua a non capire che le ner­va­ture vitali di que­sta città non sie­dono nei con­si­gli d’amministrazione ma si dira­mano altrove, dove pul­sano le con­trad­di­zioni, dove sgor­gano fiato e sudore, dove bril­lano le idee.

O, come ieri mat­tina al Cinema Ame­rica, dove le idee ven­gono stroz­zate. La domanda, a que­sto punto, sorge spon­ta­nea: dob­biamo con­ti­nuare a subire o a Roma è arri­vato il tempo di rea­gire? Non sarebbe il caso di ritro­varsi tutti in piazza (tutti, ma pro­prio tutti) per fer­mare quest’onda repres­siva e regressiva.

Sanità. Le prestazioni aggiuntive nocive per medici, pazienti e bilancio.

Francesco Notarcola  - Presidente della Consulta delle associazioni della Città di Frosinone, Presidente dell’associazione “Peppino Impastato”

Le prestazioni aggiuntive, nella somministrazione dei servizi di cura vanno eliminate perché rappresentano un notevole spreco di denaro e non permettono di programmare e migliorare le strutture ed i servizi sanitari. La direzione generale della ASL e la Regione Lazio dovrebbero decidere il tal senso al più presto ed elaborare un crono programma per mettere fine a  questo illegale strumento.
Il Prof. Elio Guzzanti, già ministro della sanità della Repubblica, commissario ad acta per la realizzazione del Piano di rientro, in una nota inviata alla direzione generale della ASL di Frosinone, l’11 febbraio del 2010 così si esprimeva :
“ Si condivide infatti la considerazione che il perdurare di una situazione così onerosa a carico dell’Azienda e conseguentemente anche per la Regione, potrebbe comportare danni  erariali alla luce delle maggiori spese oggi sostenute per il personale rispetto ad un’eventuale assunzione.
La situazione fino ad oggi rappresentata con il costante ricorso alle cd. Prestazioni aggiuntive mostra,quindi, oneri rilevantissimi evidenziando una situazione da ritenere più onerosa  - e con risultati di minore efficienza – di quella che potrebbe ottenersi attraverso l’assunzione di ulteriori professionalità in organico.
Al riguardo va altresì rappresentato che il protrarsi di tale situazione comporta anche la violazione di quanto disposto dal d.lgs.66/2003 il quale nel recepire le direttive 93/104/CE e 2000/34/CE ha stabilito che la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore,comprese le ore di straordinario.
Si ritiene opportuno inoltre precisare che le cd. Prestazioni aggiuntive acquistate dai dipendenti vanificano e violano anche specifici istituti contrattuali legati al recupero psicofisico del dipendente; infatti si evidenzia che la maggioranza del personale che ricorre alle prestazioni aggiuntive appartiene alla disciplina di Anestesia e Rianimazione ed alla disciplina di Radiologia.
Per queste professionalità contrattualmente è previsto il recupero biologico a seguito dell’esposizione da raggi X  (radiologi), mentre per gli anestesisti è previsto un recupero biologico a seguito di esposizione da gas anestetici.
Tutto ciò premesso ne deriva che gli operatori senza riposo tra i vari turni, conformemente alle norme vigenti , possono incorrere in un maggior rischio di errore clinico con possibili richieste di risarcimento danni e quindi probabili ed ulteriori aggravi economici a carico dell’Azienda per l’aumento del contenzioso”.
Oggi il quadro è  di gran lunga peggiorato. Continuare su questa strada è delittuoso. Occorre invertire la rotta per finalizzare le risorse alla realizzazione di una sanità efficiente e di qualità.

giovedì 4 settembre 2014

Il Trio Novachorda al Festival del Teatro Medievale e Rinascimentale di Anagni

Malvina Picariello


Sabato 6 settembre, al Festival del Teatro Medievale e Rinascimentale di Anagni, si esibirà il TRIO NOVACHORDA. Il concerto si terrà presso la Sala della Ragione, all'interno dello storico Palazzo Comunale, in chiusura della conferenza su "La fine del potere temporale della Chiesa e l'uomo nuovo del Rinascimento" a cura del prof. Lucio Villari.
I Novachorda nascono nel 2012 dall’incontro tra Eros Cucchiaro (liuto) e Malvina Picariello (voce), entrambi diplomati presso il Conservatorio Licinio Refice di Frosinone, ai quali si unisce il gambista Marco Ottone, strumentista e liutaio. Il loro amore per la musica antica, in particolar modo per il repertorio elisabettiano, li spinge a creare una formazione stabile che si esibisce in diverse occasioni. In repertorioWhere the bee sucks di Robert Johnson (1583-1633), Flow my tears e Come again! Sweet love doth now invite (di cui esiste una versione incisa recentemente da Sting) di John Dowland (1563-1626), Whith my love my life was nestled di Thomas Morley (1557-1602). 

Il Trio Novachorda è formato da: 

Malvina Picariello, soprano
Diplomata in canto e laureata con il massimo dei voti al biennio specialistico in Musica Vocale con il M° Barbara Lazotti, e in Musica da Camera con il M° Francesca Vicari presso il Conservatorio “L. Refice” di Frosinone.
Nel 2009 e nel 2011 effettua il tirocinio di perfezionamento sulla Musica Sacra presso la Referat für Kirchenmusik e il Diözesankonservatorium a Vienna.
Segue corsi di specializzazione sulla liederistica tedesca con il Maestro di fama internazionale Norman Shetler, a Vienna e presso il Mozarteum di Salisburgo.
Svolge attività concertistica principalmente a Roma, Vienna e Salisburgo.
Nel 2006 è tra i fondatori del Trio Incanto, con il quale si dedica all'esecuzione e alla divulgazione della Musica da Camera italiana ed europea (con particolare attenzione al repertorio liederistico tedesco).
Nel 2012 fonda con Eros Cucchiaro il Trio Novachorda (con Eros Cucchiaro, liuto e Marco Ottone, viola da gamba) con il quale si dedica all'esecuzione di musica medievale e rinascimentale.

Eros Cucchiaro, liuto
Si diploma in chitarra classica 2011 presso il Conservatorio “L. Refice” di Frosinone e intraprende una carriera concertistica come solista e in varie formazioni da camera tra cui l'Orchestra di Chitarre del Conservatorio “L. Refice” di Frosinone, diretta dal M° Angelo Ferraro.
Dal 2012 si dedica allo studio della Musica Antica come liutista e continuista sotto la guida del M° Simone Vallerotonda. In questo ambito svolge attività concertistica in diverse formazioni strumentali e con il Trio Novachorda di cui è fondatore nel 2012 insieme alla cantante Malvina Picariello.

Marco Ottone, viola da gamba
Studia la Viola da Gamba presso il Conservatorio “O. Respighi” di Latina sotto la 
guida del M° Claudia Pasetto e svolge attività concertistica come solista e con il 
Consort di Viole del Conservatorio di Latina e della Banda Antica della Città di 
Segni.
Oltre ad essere strumentista è liutaio e costruisce strumenti antichi (tra i quali quelli con cui si esibisce). Ha all'attivo diverse esposizioni in ambito nazionale e 
internazionale. Dal 2013 collabora con il Trio Novachorda (con Malvina Picariello, voce e Eros Cucchiaro, liuto).

La bomba neoliberista si abbatte su Trastevere e il cinema America

Luciano Granieri


 “La nuova bomba neoliberista, a differenza delle sue antenate di Hiroshima e Nagasaki, non solo distrugge la polis, e impone morte , terrore e miseria a chi la abita: o, a differenza della bomba a neutroni della guerra fredda, non distrugge solo “selettivamente”.  La bomba neoliberista , in più riorganizza e riordina ciò che attacca e lo ricostruisce come una tessera rompicapo della globalizzazione economica . Dopo che il suo effetto di distruzione ha agito, il risultato non è un mucchio di rovine fumanti, o decine di migliaia di vite spente, ma una periferia che si aggiunge a qualcuna delle megalopoli commerciali del nuovo iper mercato mondiale”.
Tratto da “La quarta guerra mondiale è cominciata”  autore:  Subcomandante Marcos  edizioni :”il manifesto”.


I terribile effetti della bomba neoliberista si sono manifestati in molte città, paesi, quartieri. Trastevere non fa eccezione. La bomba neoliberista ha distrutto secoli di cultura popolare, di condivisione sociale, di complessi crocevia cognitivi, storico-culturali. Le case di Trastevere, non risuonano più di quella saggezza popolare romanesca ironica, a volte cinica, ma sempre arguta. Le Piazze di Trastevere non sono più improvvisati campi da pallone dove ragazzini concentrati e impegnati inseguono una sfera di plastica dura cercando di emulare le gesta dei loro più celebrati campioni. Trastevere come altri quartieri, è stata rasa al suolo. Non nelle strutture ma nelle peculiarità culturali e storiche. La bomba neoliberista rende Trastevere uguale a qualsiasi altra piazza di pregio sita in Europa. 

La speculazione edilizia ha svuotato le case dai suoi abitanti indigeni, i quali si sono dispersi  nella periferia di una qualche  informe megalopoli commerciale, disperdendo tradizioni e culture.  Trastevere si è omologata. Il vuoto creato dall’eliminazione di una precisa identità sociale e culturale è stato riempito dai comandamenti  dell’ipermercato mondiale, in cui tutto, a cominciare della più antica pietra del più caratteristico palazzetto, diventa oggetto di speculazione finanziaria e commerciale. 

A Trastevere i Romani sono rimasti in pochi.  Al loro posto  una nuova popolazione di ricchi esponenti, dirigenti di multinazionali pronti a sfruttare le bellezze del luogo. Una dopo l’altra le botteghe artigiane, risultato del lavoro tramandato  di generazioni in generazioni,   stanno soccombendo al mercato del lusso.  E’ difficile resistere ad una devastazione distruttrice di  luoghi e spazi  che un’intera comunità  ha costruito attraverso  secoli di convivenza sociale diventandone   proprietaria indiscussa.  

La storia del Cinema America è un esempio di come agisce la bomba neoliberista. Il cinema, che aveva smesso la sua attività nel 1999, lasciato per  diversi anni nel degrado, è stato  acquisito dalla società “Progetto  Uno Srl” . L’acquirente  voleva abbatterlo per realizzare nella struttura  20 mini-appartamenti di lusso, con annesso garage, lasciando una parte dei locali ad una non ben precisata vocazione culturale. 

Alcuni studenti non  si sono voluti arrendere all’ennesimo furto di cultura operato dalla speculazione finanziaria e dal  13 novembre 2012 hanno occupato i locali. I ragazzi, supportati dagli abitanti del quartiere, da attori e registi, hanno fatto rivivere la  struttura programmando eventi culturali, proiezioni di film, organizzando laboratori, e una biblioteca. Di questa attività si sono accorte le istituzioni. Il ministro dei beni culturali Franceschini ha avviato gli atti per il  vincolo di destinazione d’uso (procedura ad oggi non ancora conclusa)  riconoscendo il valore storico culturale del sito.  Ciò  avrebbe impedito l’utilizzo della struttura per fini abitativi bloccando così il piano della “Progetto Uno”. 

Ma Massimo Paganini amministratore della società in qualità di proprietario ha preteso la riacquisizione del cinema esigendo lo sgombero degli occupanti. Sfratto avvenuto ieri. Le porte del cinema sono state sigillate e, in attesa che la questione urbanistica possa risolversi, lo stabile è destinato a restare chiuso e a cominciare un inesorabile processo di  degrado e declino.  Le mire dell’immobiliare, anche se non  dichiarate, sono intuibili:  aggirare il vincolo di destinazione d’uso, come già accaduto  per il Metropolitan a San Lorenzo in Lucina, oppure lasciare che la struttura ,chiusa, inutilizzata si  degradi per renderne inevitabile fra qualche anno l’abbattimento. Riproponendo  cosi una  speculazione più remunerativa di prima, magari con l’interessamento di qualche fondo immobiliare o banca d’affari. Registi e attori di fama mondiale, fra cui il  regista premio Oscar Paolo Sorrentino, Paolo Virzì, Daniele Vicari,  gli attori Elio Germano, il premio Oscar Toni Servillo,  si sono offerti di acquistare il cinema, con l’aiuto di una qualche petizione popolare. Speriamo che l’operazione riesca. 

In ogni caso ci preme ricordare che  certe bombe possono essere disinnescate con la Costituzione. La nostra Costituzione è talmente avanzata che ha previsto anche gli effetti nefasti della bomba neoliberista.  All’art.42 si legge :”....La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti, allo scopo di assicurare la funzione sociale e renderla accessibile a tutti....” Un cinema privato ,chiuso, non assicura una funzione sociale accessibile a tutti. Per altro nell’art. 41 è scritto che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana....” I giochi che la libera iniziativa economica privata vuole intraprendere con il cinema America sicuramente  sono in contrasto con l’utilità sociale e arrecano danno alla dignità umana privandola di un’entità culturale. Basterebbe applicare dunque le regole di questo potente artificiere per evitare i molti guai dell’ordigno neoliberista. Del resto se una delle banche d’affari più potenti del mondo invita i paesi del Sud Europa a liberarsi il più presto possibile delle costituzioni antifasciste un motivo ci sarà. Ed ecco spiegato anche il motivo per cui uno dei governi più neoliberisti della storia italiana,  sta cercando di distruggere la nostra Costituzione. Ma noi non abbiamo paura della bomba e dei suoi bombardieri.

Di seguito il bel video realizzato dall'archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico:

mercoledì 3 settembre 2014

Primario per investitura

COORDINAMENTO PROVINCIALE SANITA'

Il Coordinamento Provinciale Sanità vuole comunicare le proprie considerazioni per come si evidenzierebbe lo stato della situazione dei c.d. primariati nella Asl di Frosinone.
Quello che viene tradizionalmente chiamato “primario” oggi è definito dalla Legge 502/92 e s.m.i. come “direttore di struttura complessa”, e a lui è affidata l'organizzazione e la direzione della strutture (i reparti), con responsabilità dei risultati di gestione.
L'incarico è conferito per pubblico concorso, e al termine dell'incarico, se non confermato, il dipendente va a svolgere altra funzione con il trattamento economico della nuova funzione.
Nel 2012 la Legge 189 ha modificato le modalità di individuazione dei direttori di struttura complessa: viene istituita una commissione composta dal direttore sanitario e tre primari, la quale tra i candidati ne sceglie tre da proporre al direttore generale, il quale a sua volta, senza essere vincolato assolutamente alla scelta del candidato con il punteggio migliore, ne sceglie uno cui conferire l'incarico di direttore.
Bisogna dire chiaramente alla popolazione, che logicamente non può essere a completa conoscenza di tutti questi meccanismi, che nella Asl di Frosinone accade che da molti anni non si effettuano le procedure per le selezioni dei primari, per cui in una prima fase i posti vacanti di primario si sono coperti con l'istituto dell'art. 18 del CCNL, cioè tramite un conferimento temporaneo per titoli di pochi  mesi  dell'incarico di responsabile a un dipendente, poi è subentrata l'incredibile idea degli incarichi di responsabile di reparto a rotazione (tipo caporale di giornata), a seguire poi è spuntata l'illogica trovata del sistema degli incarichi plurimi ad interim anche a chilometri di distanza; e ancora, poiché al peggio non c'è limite, la nomina di dipendenti con semplice lettera  di referente di reparto (qualifica non esistente né per Legge né per istituto contrattuale), cosa questa che ricorda molto da vicino l'investitura medievale officiata con la spada sulla spalla. Tutto ciò ci appare al di fuori della giurisprudenza e della dottrina giuridica, oltre che fuori dal buon senso.
Quali sono le conseguenze di tanta sciaguratezza? Sono l'indeterminatezza, la caducità, la provvisorietà e la diafania di quello che deve essere il pilastro portante del sistema. Se tale figura viene indebolita, se non gli vengono dati i mezzi per operare, a questo matematicamente consegue l'impossibilità a programmare, a gestire e a raggiungere validi risultati sotto tutti gli aspetti.  Tale stato di cose gli utenti lo percepiscono quotidianamente a pelle, mentre i tecnici lo traducono in numeri, come ad esempio quel  triste 48% di migrazione sanitaria dei frusinati in altre Asl o in altre regioni.
Al danno si è ora aggiunta la beffa: in più occasioni la direzione aziendale ha persino prospettato la colpa degli operatori per la bassa produttività dei reparti (come se si potesse vincere la guerra disarmati), e quindi avanti ancora con tagli e riduzioni in un gioco perverso verso il basso.
Per porre rimedio a questo miserevole spettacolo è necessario dare garanzie di stabilità alle unità operative, quindi con procedure di designazione di direttori veri, con oneri e onori conseguenti. Se la politica continuerà a nicchiare su questo punto, la nostra pazienza sarà abusata.

WALEED, IL BAMBINO CHE SORRIDE PER TORTURA

Samantha Comizzoli


Villaggio di Azzoun, distretto di Qalquilja, West Bank, Palestina. Sono 500 i bambini rapiti da israele in questo momento e detenuti nelle prigioni israeliane.
Il villaggio di Azzoun ha un triste primato: ha il più alto numero di bambini rapiti da israele. 70 bambini.
Hassan, un funzionario del Municipio ci aggiorna sul fatto che alcuni sono stati rilasciati, ma altri sono stati rapiti. Pertanto il numero dei bambini al di sotto dei 14 anni in mano ad israele è ancora quello. 70 bambini.
Chiediamo di poter intervistare uno dei bambini rilasciato da israele. Al Municipio di Azzoun, arriva Waleed, 14 anni.
Il bambino è stato detenuto alla prigione di Megiddo per 3 mesi. Aveva 13 quando l'hanno preso. Ma, è importante fare un passo indietro, ad un mese prima dell'arresto. Quando i soldati perpetrano su Waleed una violenza....
Waleed è con alcuni suoi amici sulla collina, stanno raccogliendo delle foglie d'uva , che qui si usano per cucinare. Arrivano i soldati israeliani, prendono Waleed per il bavero della maglietta per spingerlo dentro alla jeep militare; ma devono aspettare che arrivi un'altra jeep. Gli fanno un paio di foto con le mani legate e poi...si mettono a fare questo “gioco” con Waleed.
GLI METTONO UNA SOUND BOMB DIETRO ALLA SCHIENA E LO FANNO CORRERE AVANTI ED INDIETRO DAL CANCELLO DELL'INSEDIAMENTO ILLEGALE DI MA'ALE SHOMRON. I soldati israeliani lo guardano e ridono aspettando che la sound bomb esploda.
Non esplose la bomba, ma Waleed ne torna a casa violentato psicologicamente. Dice ai suoi genitori che ha incontrato i soldati, ma non dice cos'è successo.
I genitori però si accorgono che il bambino continua ad avere movimenti nervosi con il corpo e che ha un sorriso “nervoso”.
Un mese dopo, marzo, Waleed viene arrestato dai soldati israeliani. Viene picchiato da loro, gli legano mani e piedi con manette di ferro, e viene portato per una notte ad Howarra. Lì viene denudato e lasciato nudo per ore, facendolo abbassare in ginocchio in continuazione.
Passerà la notte da solo; la mattina successiva gli faranno firmare un foglio scritto in ebraico. Waleed, ha 13 anni, è ovviamente sotto shock, e firma. Su quel foglio c'era la dichiarazione che lui tira pietre ai soldati ed ai coloni. Il giorno successivo viene trasferito a Megiddo, senza indumenti, con i soli pantaloni calati sulle caviglie. I vestiti gli verranno dati dagli altri prigionieri.
Lo processano e lo condannano a 3 mesi nella prigione di Megiddo, che Waleed sconta in una cella assieme ad altri 10 bambini.
Chiediamo a Waleed che cosa vuol fare da grande, perchè sarebbe bello scrivere un lieto fine (almeno di speranza) in questa storia. Ma Waleed risponde “non ci penso...”.
Ho davanti un martire, di 14 anni. Una vita distrutta, una famiglia distrutta.
Il sorriso, l'espressione più esplicativa della felicità, sul volto di Waleed è invece una conseguenza di una tortura violenta di israele.
Quel sorriso, non lo dimenticherò mai, è stato come ricevere una pugnalata ogni volta che lo faceva, ed in 25 minuti d'intervista lo avrà fatto 200 volte.

martedì 2 settembre 2014

Un atto di obbedienza civile

Luciano Granieri


Nell’assemblea pubblica organizzata dal Coordinamento provinciale per la sanità il 25 agosto scorso, si è ben illustrato ad associazioni, sindacali e di cittadini, ad alcuni sindaci della Provincia,  come l’atto aziendale DCA  247/2014 (2013-2015), redatto per l’Asl di Frosinone, sia assolutamente deleterio, nocivo, tossico, per i cittadini della Provincia. 

Al di là delle notevoli carenze riguardanti il DEA di II livello, le case della salute, le assunzioni in deroga del personale sanitario, emerge come alcuni provvedimenti siano in violazione alle prescrizioni di legge. La legge 135 del 2012 individua il rapporto di posti letto ospedalieri nel livello di 3,7 posti letto per  mille abitanti. Nell’atto aziendale alla Provincia di Frosinone vengono assegnati 922 posti letto pari all’ 1,8. Notevolmente al di sotto di quanto previsto dalla sopracitata norma . 


C’è inoltre da aggiungere che tale atto risulta in contrasto e in violazione a trattati Europei stilati in seno all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il risultato di un recente rapporto  definito a seguito dello “Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento” (S.E.N.T.I.E.R.I),  evidenzia come nel complesso idrografico del fiume Sacco, zona pesantemente inquinata,  che occupa un’ampia porzione del territorio della nostra Provincia, più tristemente nota come Valle del Sacco,  si siano osservati un eccesso di mortalità per tutte le patologie,  nessuna esclusa. 

In salvaguardia di questi territori,  e in generale per difendere il  diritto ad un servizio sanitario decente, 53 Stati membri  del comitato Regionale dell’ OMS     europeo, fra cui figura l’Italia,   nel settembre 2012 hanno definito il programma “Health 2020”. Un piano di riferimento europeo a sostegno  di un’azione trasversale ai governi e alla società per la salute e il benessere. Tale programma vincola il ministero della salute, il ministero dell’ambiente e le regioni, a rispettare norme molto precise. 

La normativa A.1 della priorità n. 3, ad esempio,  prevede il rafforzamento dei sistemi sanitari, la salvaguardia della salute pubblica, la capacità e la  preparazione per la gestione delle emergenze, un adeguato sistema di sorveglianza dello stato di salute della popolazione,  nonchè il miglioramento dello stato di salute dei cittadini rafforzando le capacità e le funzioni della sanità pubblica, in particolare laddove situazioni di crisi o di grave deterioramento dell’ambiente abbiano provocato danni e la diminuzione dei livelli di benessere e salute.
Nelle azioni stabilite dalla Priorità n.3 di Health 2020, figurano:

1 Sorveglianza della salute della popolazione e del benessere.

2 Monitoraggio e risposta ai rischi per la salute e le emergenze ambientali, del lavoro, della sicurezza alimentare e altri aspetti.

3 Assicurare la governance per la salute e il benessere.

4 Assicurare un sufficiente e competente personale sanitario pubblico.

5 Assicurare strutture organizzative sostenibili e finanziamenti adeguati.

6 Advocacy, comunicazione e mobilitazione sociale per la salute

7 Ricerca sulla salute pubblica.

E’ di tutta evidenza che quanto previsto dall’atto DCA 247/2014 e cioè:il depotenziamento dei presidi sanitari con la trasformazione di altri ospedali in  case della salute,  il taglio di posti letto, imposto per lo più al settore  pubblico,  il numero degli stessi  ampiamente insufficiente, sottodimensionato persino a quanto stabilito dalle leggi italiane, la completa eliminazione dei laboratori d’analisi pubblici, con 34 presidi alienati e la cessione dei rimanenti centri a lobby private del settore, sono i contrasto e violazione della priorità n.3 della normativa A.1 di Health 2020. Così come non rispetta il programma il blocco del turn-over del personale sanitario, minimamente alleviato dall’esiguo numero di assunzioni in deroga, o il drastico taglio delle risorse finanziarie. Questo atto aziendale, quindi, non solo offende i cittadini della provincia di Frosinone negandogli la disponibilità di un sistema sanitario che assicuri la salute, ma viola norme e leggi, nazionali ed europee. Risulta perciò fondamentale partecipare alla fiaccolata organizzata dal Coordinamento provinciale per la sanità che avrà luogo a Frosinone giovedì 11 settembre con partenza dalla Villa Comunale alle ore 20,00. Non è una manifestazione di protesta ma è un atto di civiltà. Si tratta infatti di pretendere il rispetto della costituzione, della legge nazionale e delle normative europee. Non protesta, ma atto di obbedienza civile.



   La manifestazione del 12 luglio scorso.

Prossime attività del Coordinamento provinciale per la sanità

Si comunica che il Coordinamento  provinciale della sanità a conclusione della riunione tenutasi lunedì 1° c.m., che ha visto una partecipazione numerosa ed impegnata, ha deciso le seguenti iniziative:
sabato 6 sett. Ore 9,30, incontro con gli Onorevoli Parlamentari ed i consiglieri regionali, eletti in questa provincia. L’invito è stato esteso a tutti i Gruppi consiliari della Regione Lazio;
lunedì 8 sett. Conferenza stampa alle ore 12.
Tali eventi si terranno presso la sala consiglio della Provincia.
Giovedì 11 sett. Alle ore 20 Partenza di una FIACCOLATA  che dalla Villa comunale
attraverserà Via Aldo Moro per concludersi a Piazza Martiri di Vallerotonda.
Si invitano, pertanto, le associazioni ed i cittadini ad impegnarsi per organizzare una numerosa partecipazione a  difesa del diritto alla salute delle nostre popolazioni contro la smobilitazione e lo sfascio della organizzazione sanitaria del nostro territorio.
Frosinone 02.09.2014


Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni della città di Frosinone; Presidente dell’associazione “Peppino Impastato”

lunedì 1 settembre 2014

Safi sulla FIAT

Samantha Comizzoli

Mentre qualcuno festeggia la vittoria, noi festeggiamo che siamo ancora sotto occupazione israeliana.

Paolo Fresu linguaggi del futuro

di Danilo Boriati e Paolo Federico. Fonte “Alias” del 30 agosto

Il jazz è senza dubbio un documento sonoro, una vera e propria fonte per la comprensione  della contemporaneità e della sua storia . E’ il linguaggio artistico che per tutto il ‘900 ha custodito e tramandato lasciando intatti – pur attraverso innumerevoli trasformazioni – i contenuti antichi e profondi dei ritmi afroamericani e non solo; eppure è la musica che ancora oggi è in grado di evocare  il “futuro”: una impalpabile, quasi incomprensibile, modernità. Con la sua tromba e il suo jazz, frutto di profondi suoni e altrettanto incisivi silenzi, ma anche con tante iniziative di cui è protagonista – a cominciare da un docufilm che narra la sua personale vicenda artistica, per continuare con la celebre rassegna Time in jazz – Paolo Fresu  sembra stigmatizzare  questo legame a doppio filo tra il passato e il futuro, le radici  e le ali della musica jazz e del suo messaggio. E di riportarci la presente, fornendoci  qualche prezioso elemento in più di comprensione.
Il recentissimo docufilm “365. Paolo Fresu, il tempo di un viaggio.” del regista Roberto Minini Merot, produzione, che sta girando le principali arene estive  ed è disponibile on line,  ci racconta delle tue radici  e della Sardegna  come palcoscenico  di una prestigiosa e avveniristica  scena internazionale. Il recupero dei legami con la terra si coniuga con una proiezione del jazz che diventa musica protagonista del Novecento?
Questo film racconta l’esperienza di un musicista che nasce in Sardegna, in un luogo dove il jazz non esisteva , da un papà che faceva il pastore e non aveva nessun rapporto con il jazz nè tantomeno con la grandi metropoli americane. Scopro il jazz alla fine anni Settanta in un piccolo paese – Berchidda-  che era un’isola nell’isola, con una civiltà orale e agropastorale. Quando negli anni  Ottanta ho iniziato a sperimentare con la musica sarda avevo molte remore: pensavo che una tradizione arcaica , primitiva, ma anche molto fragile come quella sarda potesse essere sconvolta dal linguaggio prepotente della musica afroamericana . Poi, invece, ho scoperto  che c’erano tante relazioni tra questi due mondi apparentemente lontanissimi e che questo travaso di conoscenza , di scambio, di comunione portava ad una musica nuova. Il jazz italiano  penso sia un linguaggio che prende spunto da mille mondi  e linguaggi diversi che creano un nuovo colore, come un pittore che usa un verde, un rosso, un blu, e mettendoli assieme con arte riesce a creare un colore completamente diverso che non è uno di questi tre , ma ne è la rappresentazione. E’ poi un film  che racconta cos’è il jazz in Italia, in un momento in cui è profondamente cambiato.  I musicisti italiani oggi non copiano più meramente la musica afroamericana degli Stati Uniti del sud. Il jazz italiano si sporca le mani con la musica mediterranea, con l’opera italiana, con la musica partenopea, con le canzoni di Sanremo, con la musica della Mitteleuropa, con la musica africana. Il jazz italiano fotografa l’Italia di oggi. Se il jazz era passato da una dimensione popolare –quella degli inizi del secolo scorso – a musica elitaria, oggi riacquista la dimensione popolare delle sue origini. Per questi motivi credo che il jazz italiano sia oggi uno dei più interessanti in Europa, e derivi da una ricchezza storica di un Paese che ha una straordinaria diversità. La ricchezza del jazz, se supportata, sarà la prima pietra su cui posare un palazzo grande della nostra contemporaneità e del futuro.
I media di Stato negli anni del regime fascista , ma anche la Rai democristiana del secondo dopoguerra, hanno estirpato dialetti e culture locali nel bisogno di creare una Nazione. Sembrerebbe che sia stata proprio la musica jazz a riconsegnare la profondità di tradizioni locali in una chiave moderna....
Penso che il jazz italiano sia la rappresentazione di un mondo  contemporaneo e ancestrale, di un passato e un presente che il jazz riesce a metabolizzare e riportare attraverso un suono che è la radice di tutto. Il pensiero sonoro è la metafora di un mondo  fatto di relazioni che vanno molto oltre la parola stessa. Esiste una relazione diretta tra melodia e geografia: il jazz è riuscito a dimostrare quanto sia capace di radicarsi nel territorio  i cui si trova che sia l’Italia o la Francia , che sia l’Europa o l’America del sud o l’Asia. Il ruolo degli italiani poi nella nascita di questo linguaggio è stato fondamentale. Ne ho avuto la conferma quando ho visto due anni fa a New York , all’Istituto italiano di cultura, il docufilm di Renzo Arbore  (Da Palermo a New Orleans... e fu subito jazz ndr) che raccontava la storia di Nick La Rocce e dell’incisione del primo disco di jazz. Il fatto che oggi in Italia si faccia un jazz che è ricco, dinamico, creativo deriva dal fatto che il nostro paese è un paese ricco di usanze,  di lingue, di gastronomia. Se in politica e se in economia questa grande divisione è vista come un handicap, in arte è una ricchezza straordinaria: l’arte è in grado di fotografare le diversità e farle proprie riuscendo a raccontare con un suono, con un gesto, con una linea un paese più di quanto possa fare chiunque altro.
La tua vita artistica ha origini lontane, sin da bambino, con l’esperienza nella banda locale di Barchidda. Quanto jazz era già presente nella ritualità bandistica?
Le relazioni esistono, innanzi tutto  la marching band di New Orleans  del secolo scorso. Ovviamente la banda di Barchidda non aveva lo swing che avevano le marching band di quegli anni, però la dinamica musicale e il rapporto musica e società è esattamente lo stesso: attraverso il suono della banda la società si riconosce e celebra se stessa nei momenti importanti, in occasione di un avvenimento, di un funerale, di un matrimonio. La banda accoglie i giovani, i bambini che vi entrano e che si relazionano con gli adulti, e che si offre come luogo nel quale  vedere il resto del mondo da un’altra prospettiva. La banda è la metafora del fatto  che tutti possono suonare la stessa partitura ma ognuno la interpreta in modo diverso.  Se tanti giovani rendono  prestigioso il jazz italiano suonando strumenti a fiato come tromba, trombone, sassofono è grazie alla tradizione della bande musicali. La banda è una scuola molto importante proprio di crescita e di scoperta. Personalmente sono cresciuto  nella banda non solo musicalmente, ma umanamente.
Quand’è che per Paolo Fresu è avvenuto il passaggio  da suoni e silenzi della campagna , a rumori e ritmi metropolitani?
Non lo so. So che quando ho ascoltato Miles Davis ho scoperto questa bellissima filosofia , questa relazione tra suono e silenzio,questo peso dei vuoti , che mi ha molto colpito. Io sono nato in Sardegna dove ho vissuto tutta la mia infanzia, lì i suoni che percepivo erano i suoni del vento , della natura, degli animali  che mio padre pascolava in campagna, non certo quelli della Fith Avenue di New York. Forse, dunque, quando ho potuto scegliere  la mia idea di jazz sono andato verso quella di Miles Davis. Tuttavia, io credo che ognuno trovi la propria dimensione  di silenzio, nel senso che la dimensione del rapporto tra suono e silenzio  non è necessariamente quello che sentiamo , quello che vediamo: anche nel grande chiasso si trova il momento  del silenzio, anzi forse lo si trova ancora di più in alcuni casi .  Il suono dell’anima, che poi si rapporta con l’esterno ha origine dentro se stessi. Probabilmente il jazz è bello proprio perchè ha questa grande capacità di riuscire a raccontare  esattamente quello che siamo, perchè siamo improvvisatori ancor prima di esecutori. E non è facile ovviamente, ma è una sfida; ogni giorno la sfida è quella di provare a raccontare esattamente quello che stiamo vivendo e quello che stiamo pensando.
Anche quest’agosto si è svolto a Berchidda il Festival da te creato  “Time in jazz” e come ogni anno la rassegna ha riscosso un grande successo, questa volta proponendo come tema un filo conduttore tanto suggestivo, quanto ancestrale e avveniristico allo stesso tempo: “I piedi”. Quanto questa iniziativa e questo tema si legano all’attività del centro Laber, palestra importante di formazione per giovani musicisti?
Il mio ruolo di “stimolatore culturale”, oltre che di musicista, nasce dall’esigenza di vivere la musica da un altro punto di vista e di cercare attraverso l’organizzazione di un festival in genere a tema, attraverso in seminario, attraverso una serie di esperienze che non sono lo stare  sul palcoscenico ma il portare sul palcoscenico gli altri, di capire cosa si può inventare di nuovo all’interno di questo jazz, che è una parola corta corta ma che oggi è troppo breve per raccontare tutto quello che vi è all’interno. Organizzare un festival è come creare una nuova sinfonia  composta da tanti piccoli pezzi: musicisti, seminari, progetti specifici. Tutti strumenti, con l’etichetta discografica Tuk Music  che gestisco da cinque anni e si occupa soprattutto di progetti dei giovani musicisti, che rendono la musica una realtà più vasta e contribuiscono a crescere. Ciò che impari in questa crescita lo porti in seno alla musica che fai al tuo suono, alla tua idea. La musica diventa così il volano intorno al quale si muovono tanti elementi diversi, senza i quali quel volano gira da solo  e poi a un certo punto si ferma perché non ha più l’energia per continuare a girare. Nel programma  che ho scritto  quest’anno per “Time Jazz” cito una frase di  Frida Kahlo: “Perché volere i piedi  se ho le ali per volare?” I piedi sono attaccate alle cose ma allo stesso tempo forniscono la capacità di muoversi pian piano tastando quello che sta intorno per non cadere. E’ un tema affascinante significa danza, rapporto con la terra, rapporto con l’Oriente: significa slancio e concretezza.

La legge è uguale per tutti tranne che per i posti letto.

COORDINAMENTO PROVINCIALE SANITA'

Il Coordinamento Provinciale Sanità esprime quanto sembrerebbe che si appalesi al termine di uno studio comparativo dei provvedimenti ultimi della regione Lazio. Ha rilevato con incredulo stupore l'assoluta assenza di un dato certo e univoco sul numero dei posti letto, e della loro relativa distribuzione nella nostra provincia, tra quelli teoricamente assegnati con DCA e quelli realmente esistenti sulla base di differenti riscontri determinandosi così una sorta di incredibile “balletto” di posti letto.
Tale constatazione scaturisce dal dato di fatto che il numero di posti letto assegnati dalla normativa vigente, parametrata al 3,7 per mille, è effettivamente presente su scala regionale; quello che stupisce è la non omogenea distribuzione degli stessi posti letto tra le provincie della regione, quindi compresa quella di Frosinone, nella quale tale parametro per i posti letto ospedalieri è al 1,8 per mille.
Se i cittadini sono sottoposti ai medesimi obblighi fiscali hanno il diritto di non essere penalizzati nei servizi; e poichè non ci risulta proprio che i cittadini della provincia di Frosinone abbiano riduzioni della tassazione rispetto agli altri cittadini del Lazio, di conseguenza, a meno che essi non siano rei di chissà quali colpe ovvero incagliati loro malgrado in intrighi di difficile comprensione, non ci si spiega in alcun modo giustificabile l'esiguo numero dei posti letto ospedalieri di pertinenza della provincia di Frosinone.
Entrando però specificatamente nell'argomento ci si appalesa un fatto incredibile: secondo il decreto 80 del 2010 che tante polemiche suscitò, e che venne considerato una spietata mannaia sulla rete ospedaliera del frusinate, gli ospedali della provincia ricevettero allora una spettanza di 1015 posti letto. Adesso, secondo il nuovo decreto regionale n.259 pubblicato il 14 agosto 2014,  questa spettanza anziché salire, come peraltro pubblicamente promesso recentemente da più pulpiti e in più occasioni, invece precipita invece a quota 922 posti; così facendoci apparire in confronto il decreto 80 quasi un esercizio di generosità nei riguardi della nostra provincia, e i discorsi degli ultimi mesi dei vertici regionali della stessa consistenza della polvere portata dal vento.
Ma non finisce qui: sulla base di una recente lettera aperta ai vertici regionali redatta dal sindacato  SPES e riportata dagli organi di stampa, all'ospedale di Frosinone, sui 382 posti letto (PL) ordinari spettanti ve ne sarebbero invece, quali effettivamente rilevati al 15.06.2014 solo  286; considerando inoltre che all'ospedale di Frosinone il Decreto 80 conferiva una ulteriore spettanza di posti letto di Day Hospital per 34 PL, vi sarebbe una mancanza complessiva di 130 posti letto rispetto a quelli del DCA 80 (si tratta di quelli che in gergo vengono definiti “posti fantasma” , cioè letti che la legge assegna all'ospedale, ma che chissà perchè non vengono attivati).
Quale è la verità? Quale è il dato certo? Dove è la trasparenza di legge nella diffusione delle informazioni?
Ecco perchè parliamo di “balletto”: peccato però che i cittadini di questa provincia abbisognevoli di cure non abbiano né voglia né possibilità di ballare. Le loro sofferenze quotidiane, non bastassero quelle scaturite dalla malattia, sono incrementate  dall'approccio alle strutture ospedaliere e ai Pronto soccorso di questa provincia, dove soltanto la dedizione e l'abnegazione degli operatori tutti (professionale, consapevole e coscienziosa) costituisce l'unico baluardo per alleviare i patimenti che nascono da una situazione sanitaria così concepita.
Concludiamo dibattuti da un dubbio amletico: se fosse vero che i posti letto non servono poi così tanto, come abbiamo sovente sentito teorizzare, perchè non servono solo in questa provincia? Perchè a Roma servono e a Frosinone no? A voi la risposta. Vai a vedere che ci verranno a raccontare che per fare il favore al frusinate di toglierli tanti fastidiosi posti letto (e in conseguenza sempre più nostri concittadini sono costretti a andare a curarsi a Roma),  Roma si è immolata per accollarsi nei suoi ospedali una così sacrificante abbondanza?