DA QUI NON PASSERANNO!
Dal 28 allo sciopero generale prolungato!
Con la pistola puntata alla tempia, privi di una direzione politica, fiaccati da mesi di cassa integrazione e con lo spettro della crisi e quindi della disoccupazione che aleggiava sul loro futuro, gli operai di Mirafiori hanno detto NO all'accordo della vergogna siglato a dicembre da Fiat e sindacati gialli Fim, Uilm, Fismic e Ugl.
2736 i SI all'accordo, 2326 i No, uno scarto di appena 410 voti: quelli dei colletti bianchi, che a Mirafiori sono in larga maggioranza capi, capetti e kapò.
Nessuno si aspettava una tale prova di forza e dignità da parte di una classe operaia data da troppi e troppo frettolosamente per morta: gli operai di Torino hanno detto chiaramente che senza diritti, non c'è lavoro. La Fiom, insieme ai Cobas l'unica sigla presente nello stabilimento a resistere e a non firmare l'abbraccio mortale tra padroni e lavoratori, che a detta dei soliti intelligentoni al soldo del Capitale non rappresentava nessuno perchè a Mirafiori non era il primo sindacato, ha ottenuto un risultato importantissimo, che adesso è importante non disperdere e saper valorizzare.
2736 i SI all'accordo, 2326 i No, uno scarto di appena 410 voti: quelli dei colletti bianchi, che a Mirafiori sono in larga maggioranza capi, capetti e kapò.
Nessuno si aspettava una tale prova di forza e dignità da parte di una classe operaia data da troppi e troppo frettolosamente per morta: gli operai di Torino hanno detto chiaramente che senza diritti, non c'è lavoro. La Fiom, insieme ai Cobas l'unica sigla presente nello stabilimento a resistere e a non firmare l'abbraccio mortale tra padroni e lavoratori, che a detta dei soliti intelligentoni al soldo del Capitale non rappresentava nessuno perchè a Mirafiori non era il primo sindacato, ha ottenuto un risultato importantissimo, che adesso è importante non disperdere e saper valorizzare.
L'accordo della vergogna
Come in un film holliwoodiano, Marchionne si è presentato davanti agli operai esclamando: “O la borsa o la vita!”. Convinto che la stragrande maggioranza avrebbe scelto di salvarsi le penne.
In realtà l'accordo per Mirafiori Plant non garantisce agli operai nemmeno il posto di lavoro, nonostante l'investimento promesso. Non esiste in realtà nessun impegno scritto nè per l'investimento, nè per i posti di lavoro. Chi ha letto il testo e non solamente sentito parlarne avrà certamente notato come non è scritto da nessuna parte che, nel passaggio alla New Company Mirafiori Plant, i lavoratori saranno tutti riassunti. Anzi, è specificato che per la Newco ci si rivolgerà prioritariamente agli ex dipendenti (cui potrebbero persino non essere riconosciuti gli stessi livelli di inquadramento attuali!). Insomma, dopo un anno di cassa integrazione a 800 euro, dopo aver accettato di rinunciare a tutto, ci si potrebbe trovare persino per strada!
Oltre ovviamente a tutta la gamma di vessazioni grandi e piccole che gli operai dovranno sopportare e su cui qui per ragioni di spazio non entriamo nel dettaglio: riduzione delle pause, aumento degli straordinari comandati, turni notturni (che possono arrivare anche a 10 ore), malattie non pagate come oggi, impossibilità di eleggere priopri rappresentanti (chi non firma l'accordo non conta niente e i rappresentanti non saranno più eletti dai compagni di lavoro, ma nominati dalle segreterie sindacali firmatarie). Come se tutto questo non bastasse, sarà anche proibito non solo scioperare, ma persino lamentarsi, nel testo si parla di misure contro “quei comportamenti individuali e/o collettivi idonei a violare in misura significativa le clausole del presente accordo inficiando lo spirito che lo anima”!
In realtà l'accordo per Mirafiori Plant non garantisce agli operai nemmeno il posto di lavoro, nonostante l'investimento promesso. Non esiste in realtà nessun impegno scritto nè per l'investimento, nè per i posti di lavoro. Chi ha letto il testo e non solamente sentito parlarne avrà certamente notato come non è scritto da nessuna parte che, nel passaggio alla New Company Mirafiori Plant, i lavoratori saranno tutti riassunti. Anzi, è specificato che per la Newco ci si rivolgerà prioritariamente agli ex dipendenti (cui potrebbero persino non essere riconosciuti gli stessi livelli di inquadramento attuali!). Insomma, dopo un anno di cassa integrazione a 800 euro, dopo aver accettato di rinunciare a tutto, ci si potrebbe trovare persino per strada!
Oltre ovviamente a tutta la gamma di vessazioni grandi e piccole che gli operai dovranno sopportare e su cui qui per ragioni di spazio non entriamo nel dettaglio: riduzione delle pause, aumento degli straordinari comandati, turni notturni (che possono arrivare anche a 10 ore), malattie non pagate come oggi, impossibilità di eleggere priopri rappresentanti (chi non firma l'accordo non conta niente e i rappresentanti non saranno più eletti dai compagni di lavoro, ma nominati dalle segreterie sindacali firmatarie). Come se tutto questo non bastasse, sarà anche proibito non solo scioperare, ma persino lamentarsi, nel testo si parla di misure contro “quei comportamenti individuali e/o collettivi idonei a violare in misura significativa le clausole del presente accordo inficiando lo spirito che lo anima”!
I veri piani Fiat e del Capitale In realtà quello di Marchionne è un ricatto finalizzato non all'aumento della produttività, ma ai suoi guadagni speculativi in Borsa. L'investimento in atto non garantisce i lavoratori di Mirafiori di nulla, al contrario semmai l'investimento in joint venture tra Fiat e Chrysler per oltre un miliardo di euro per la produzione a regime di 280mila vetture l'anno di Suv Chrysler e Alfa Romeo, i cui motori saranno prodotti in America, rischia di diventare un boomerang per i lavoratori italiani. Restando nell'ordine delle idee del capitalismo, è la Chrysler che sta inglobando Fiat e non viceversa. Ma non si esce da questa vicenda seguendo le logiche perverse del capitalismo che punta a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri (anche a questo servono gli Stati nazionali del resto): al contrario, proprio perché il mondo è globalizzato, se ne può uscire solamente solo con una logica internazionalista, che veda gli operai lottare fianco a fianco nei diversi Paesi.
Quello in atto è il più pesante attacco ai lavoratori - tutti, non solamente quelli Fiat - dal dopoguerra, anche perchè avviene in un momento di relativa debolezza della classe operaia (priva, come detto, di una direzione politica riconosciuta e maggiormente ricattabile per via della crisi).
Si tratta di un percorso iniziato con l'accordo per il nuovo modello contrattuale siglato da governo, Confindustria e sindacati gialli, che già prevedeva la possibilità di peggiorare il contratto nazionale a livello aziendale. Accordo che trovava il suo seguito naturale con l'accordo sulle deroghe dei metalmeccanici. E che ha il suo punto di arrivo nella distruzione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (passando per l'uscita di Fiat da Federmeccanica e i suoi accordi separati, che di fatto sono dei veri e propri nuovi Contratti Individuali Nazionali di Lavoro: i lavoratori al momento della assunzione per la Newco dovranno firmare individualmente l'accordo).
I padroni nelle fabbriche diventano ogni giorno più arroganti. Dal'inizio della crisi chiunque viva o sia in contatto con il mondo della fabbrica sa come i rapporti di forza si siano ad oggi spostati in favore dei padroni. Ma è anche vero, e l'esperienza di Pomigliano e Torino lo dimostra, che nella classe operaia si sta sedimentando una nuova consapevolezza, un nuovo naturale odio di classe, che, per essere produttivo, deve diventare coscienza di classe: coscienza cioè di come i propri interessi come classe siano inconciliabili e contrapposti a quelli degli sfruttatori e di come sia necessario dotare la classe operaia di un programma autonomo da quello della borghesia e dei suoi partiti e della necessità di dotarsi di un partito della classe lavoratrice (italiano e internazionale, il solo che oggi abbia un senso) in grado di dare le gambe a questo programma.
Il 28, tutti in piazza!
Il Partito di Alternativa Comunista sarà in piazza con la Fiom e con le altre organizzazioni sindacali che sciopereranno il 28 gennaio, riconoscendo la straordinaria importanza di questo appuntamento (a maggior ragione dopo l'esito del voto di ieri) e salutando positivamente la decisione della Fiom, finalmente, di indire lo sciopero generale.
Saremo in piazza al fianco di tutti i lavoratori sfruttati, sostenendo la parola d'ordine della necessità di uno sciopero generale prolungato al fine di ribaltare i rapporti di forza, di cacciare Marchionne e Berlusconi e di dare una svolta alla crisi sociale ed economica in cui il capitalismo ci ha cacciati. L'unica svolta possibile, quella a favore dei lavoratori, dei giovani senza futuro, degli immigrati, di tutti gli sfruttati di questa società, prendendo tutte quelle misure necessarie a far pagare la crisi a chi l'ha causata e non ai lavoratori alla catena di montaggio o ai giovani senza una prospettiva di futuro: a partire dalla nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio delle aziende in crisi - in cui i padroni hanno già dimostrato la propria bancarotta - e dal ritiro della controriforma Gelmini, di tutte le leggi precarizzanti e razziste, e dalla nazionalizzazione delle principali Banche del Paese.
Saremo in piazza al fianco di tutti i lavoratori sfruttati, sostenendo la parola d'ordine della necessità di uno sciopero generale prolungato al fine di ribaltare i rapporti di forza, di cacciare Marchionne e Berlusconi e di dare una svolta alla crisi sociale ed economica in cui il capitalismo ci ha cacciati. L'unica svolta possibile, quella a favore dei lavoratori, dei giovani senza futuro, degli immigrati, di tutti gli sfruttati di questa società, prendendo tutte quelle misure necessarie a far pagare la crisi a chi l'ha causata e non ai lavoratori alla catena di montaggio o ai giovani senza una prospettiva di futuro: a partire dalla nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio delle aziende in crisi - in cui i padroni hanno già dimostrato la propria bancarotta - e dal ritiro della controriforma Gelmini, di tutte le leggi precarizzanti e razziste, e dalla nazionalizzazione delle principali Banche del Paese.
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