Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 23 novembre 2011

Globalizziamo la lotta affinché la crisi la paghino i capitalisti!

Dichiarazione della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale

Fare il “democratico” è costato caro a Papandreou. In un'escalation di eventi, dopo la sua tanto falsa quanto contestata intenzione di sottoporre a referendum popolare il secondo e brutale piano "di salvataggio" della Troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fmi), la nuova realtà è che il premier legato al socialdemocratico Pasok ha lasciato e ora la Grecia ha un nuovo primo ministro.
Il successore non è uno sconosciuto. Si tratta di Lucas Papademos e la sua storia suona come musica per le orecchie dei banchieri e dei mercati mondiali: è stato vice presidente della Banca Centrale Europea e ex governatore della Banca di Grecia. Papademos, cercando di dare di sé un immagine “tecnica”, ha iniziato proclamando: “non sono un politico”, per proseguire con la predica consueta: “Tutti dobbiamo contribuire al difficile processo di risanamento dell'economia”. Il nuovo premier ellenico ha chiarito che la sua priorità assoluta è approvare e applicare senza riguardi il piano di aggiustamento che è stato approvato lo scorso 26 ottobre a Bruxelles, con i conseguenti attacchi al livello di vita e ai diritti della classe operaia greca.
Il premier uscente Papandreou ha fornito sempre importanti servigi alla Troika. Capitanando una delle economie più deboli e più castigate della nave malconcia che è ora l'Unione Europea, ha sottomesso il popolo greco, in meno di due anni, a cinque durissimi piani di "risanamento". Uno più brutale dell'altro e affrontando l'eroica resistenza del popolo greco, con la classe operaia all'avanguardia di un processo di lotte che ha prodotto finora 17 scioperi generali in questo stesso lasso di tempo, l'ultimo con più di 250 mila persone per le strade (la Grecia ha poco più di 11milioni di abitanti, ndt). Se la Grecia è il punto più alto della guerra sociale che l'Europa del capitale ha scatenato contro il proletariato del vecchio continente, lo è anche di una tenace ed esemplare resistenza della nostra classe.
Dimenandosi come uno affogato, l'annuncio del referendum sul piano della Troika non è stato altro che una manovra politica di Papandreou, nel tentativo disperato di riposizionarsi politicamente di fronte all'isolamento e all'odio che nutre nei suoi riguardi, giustamente, il popolo lavoratore greco. Qualsiasi tentativo di vedere in questo annuncio un intento “democratico” da parte dell'ex primo ministro ateniese, non è altro che una pericolosa ingenuità politica.

E si è propagato il panico...
Tuttavia, poiché la situazione non è adatta agli scherzi o alle finte minacce, il solo annuncio del referendum e la possibilità che il popolo dicesse “no” al piano di aggiustamento che il vertice europeo aveva tramato, i grandi capi dell'Ue sono entrati in uno stato di furia e panico combinati. Non poteva essere altrimenti, quando si sa che più dell'80% dei greci è contro la ricetta di Bruxelles.
A partire da Merkel e Sarkozy, tutti i gerarchi europei hanno espresso la loro totale opposizione alla possibilità della consultazione e hanno brandito ogni genere di minaccia contro la Grecia. Le peggiori piaghe e calamità sono state annunciate. Senza batter ciglio, hanno ritirato gli 8 miliardi di euro promessi e allo stesso tempo hanno minacciato l'espulsione della Grecia dalla zona euro e dalla moneta comune. Tale reazione è ovvia! A cosa serve sottoporre alla discussione popolare ciò che hanno votato i guru dell'Ue e la Troika! Come dicono i compagni e le compagne di Corriente Roja nello Stato spagnolo: “L'UE ha dimostrato una volta di più, con particolare durezza, che è una macchina incompatibile con la democrazia e un'arma da guerra al servizio dei banchieri e dei grandi capitalisti per il saccheggio dei lavoratori e dei popoli europei”.
È stato così che Papandreu, spaventato dalla sua stessa mossa e vedendosi nudo di fronte allo specchio, ha ritirato la sua proposta di referendum. Tutto questo nel mezzo a una crisi politica di brutale ampiezza. Il leader greco ha assistito al proprio funerale nel mezzo di ogni sorta di negoziato e di tira e molla per formare un nuovo governo di “unità nazionale” e di carattere “tecnico” più adatto al palato della Troika. Papandreou si era bruciato e, come il fusibile che è sempre stato, doveva essere cambiato. Tanto il Pasok come l'”oppositore” Nuova Democrazia sono completamente d'accordo e uniti riguardo la necessità di attuare i piani della Troika, non è così passato molto tempo prima che il nome del successore venisse definito. Nasce in questo modo il nuovo governo, guidato da Papademos, un ex funzionario della Bce che cercherà di applicare a qualunque costo i disegni della Troika con l'avallo dei due partiti del regime borghese greco. Come andrà a finire si deciderà nelle strade, dove la classe operaia greca non ha abbassato le braccia né ripiegato le bandiere, e non per caso.

Il “piano di salvataggio” è la colonizzazione della Grecia
La Grecia è un Paese devastato. La sua situazione economica e sociale è paragonabile solo agli effetti prodotti da una guerra. In questo senso, indigna il cinismo della Merkel di Sarkozy, con l'appoggio di Rajoy e Rubalcaba (leader del Pp e del Psoe spagnoli e candidati premier ndt), che pretendono di ergersi a “salvatori” della Grecia, quando sono loro, insieme ai loro burattini locali, che hanno portato il Paese a questa disastrosa situazione.
Il secondo piano “di salvataggio” approfondisce questa devastazione sociale ed economica in Grecia. È un piano che serve a sottomettere e schiavizzare i lavoratori greci per decenni e a convertire il Paese in un protettorato coloniale, gestito direttamente dalla Troika, che si installerà in maniera permanente ad Atene. L'arretramento che è in corso è strutturale e storico.

La zona euro e l'UE si stanno sgretolando
L'accelerazione della crisi dell'Ue, provocata dall'annuncio del referendum, finisce per affossare e smascherare i discorsi e i risultati dell'ultimo vertice europeo. Lì i grandi esponenti e rappresentanti politici del capitale hanno presentato i loro risultati come “storici”, sostenendo che la crisi e l'insolvenza delle banche europee, così come il problema del debito greco e la crisi dell'euro, erano stati risolti in maniera “definitiva”.
Oltre queste menzogne rivolte agli incauti, quello che stiamo vivendo è il panico che si sta impossessando di quelli che si credevano i padroni dell'Europa fino al crollo dell'Ue, il progetto che hanno costruito nel corso di decenni. Dimostrazione di ciò è stata l'ultima riunione del G20 a Cannes, dove è apparso chiaro che tutti i problemi dell'Ue persistono e si aggravano, la continuità della zona euro e della stessa Ue è apertamente in questione. Anche il primo ministro britannico, David Cameron, ha riconosciuto che “ogni giorno in più della crisi dell'euro ha un effetto negativo sul resto dell'economia mondiale”. Obama ha segnalato che le misure contemplate dai piani di risanamento risultano ancora flebili. Terminato il vertice, Nicolas Sarkozy ha decretato una nuova manovra di 100 miliardi di euro in Francia, che include l'aumento dell'Iva, più imposte alle classi medie, tagli al bilancio della salute, riduzione degli aiuti all'affitto (nel contesto della crisi degli alloggi) e l'aumento dell'età pensionabile a 62 anni.
La situazione non è quella che viene dipinta negli alti vertici. L'Europa del capitale scricchiola. Continuano ad aumentare i governanti che cadono vittime della brutale crisi economica e politica del vecchio continente. George Papandreu ha aggiunto il suo nome alla lista dei primi ministri caduti in Portogallo, Irlanda e Slovacchia. In mezzo a questa tempesta, in Spagna, Zapatero è stato costretto a indire elezioni anticipate e la popolarità di Sarkozy e di Angela Merkel è in picchiata. In generale, i destini dei leader europei sono legati alla loro capacità politica di approvare e imporre alla classe operaia europea i durissimi piani di aggiustamento della applicazione dei quali le banche e il capitalismo internazionale hanno bisogno per uscire dalla loro profonda crisi strutturale con la minore instabilità possibile.
È così che, ora, l'agonia politica ha colpito niente meno che il Cavaliere, Silvio Berlusconi. che si è dovuto dimettere per far posto al tecnocrate della Godman Sahcs Mario Monti.

Unione Europea: Che la crisi la paghino i capitalisti
L'obiettivo centrale in Grecia e in altri Paesi che si trovano nella “zona di salvataggio” è rifiutare questi piani di spoliazione e colonialisti. Rifiutare il “piano di salvataggio” della Troika e dei suoi governi capitalisti. Il piano di aggiustamento per la Grecia non può che condurre le masse popolari di questo Paese alla catastrofe. Una débacle che, alla fine, si concluderà con l'espulsione della Grecia dall'Ue, una volta che sarà stata totalmente spremuta e il suo patrimonio nazionale dilapidato. E per questo che, per uscire dalla crisi, non rimane altra scelta che rifiutare il “piano di salvataggio” e smettere di pagare il debito (per altro illegittimo) ai banchieri internazionali. Dobbiamo spingere per questa soluzione sapendo che ciò implicherà l'uscita della Grecia dall'euro e dalla stessa Ue.
Ora, per imporre questa via d'uscita operaia è necessario prima costruire uno sciopero generale ad oltranza in Grecia. Non c'è altra maniera per sbarrare la strada ai capitalisti e ai loro piani. Solo in questo modo, combattendo, si potrà costruire un'alternativa dal basso a questa crisi. La nostra alternativa è che siano quelli che hanno generato la crisi, cioè i banchieri e i capitalisti del mondo, a pagarne i costi.
In questo senso, le elezioni di febbraio che propongono il Pasok e i conservatori di Nuova Democrazia, i due partiti responsabili della crisi, non rappresentano nessuna soluzione alla crisi. Le elezioni non sono altro che un tentativo di ridare legittimità a loro stessi e alle loro politiche, al fine di meglio imporre il nuovo pacchetto colonialista degli imperialismi più forti d'Europa. Per questo, è un compito importantissimo impedire l'assunzione del comando da parte di Papademos, fantoccio del Fmi e della Bce, e lanciare la parola d'ordine di un governo dei lavoratori: un governo basato sull'organizzazione dei lavoratori in ogni posto di lavoro e nelle assemblee popolari delle piazze.
In Grecia, la costruzione di uno sciopero generale ad oltranza è l'unico modo per imporre la volontà del popolo che il governo e il parlamento non hanno mai rispettato.
Nello stesso senso, è necessario chiamare all'unificazione delle lotte di tutti i lavoratori d'Europa, ponendo come prospettiva la costruzione di uno sciopero generale unificato su scala europea. Per concretizzare ciò, si deve scatenare una battaglia durissima contro le burocrazie sindacali europee che si sono cristallizzate e costituiscono un ostacolo per la lotta e l'unificazione delle mobilitazioni. Stiamo parlando di burocrazie che sono scese a patti con la Troika e con i propri governi nel senso di facilitare l'accettazione di questi piani da parte della classe operaia disarmandola o dividendola nell'ora della lotta.

Per un piano di salvataggio dei lavoratori e un governo operaio che lo applichi
Se la Grecia o qualsiasi altro Paese rifiuta il pagamento del debito e rompe con l'euro e l'Ue, sarà vittima di qualsiasi tipo di ricatto, del boicottaggio e di punizioni esemplari da parte della Troika e dei banchieri.
Pertanto, il rifiuto del piano e del pagamento del debito devono essere accompagnati da due questioni fondamentali: la mobilitazione e l'autorganizzazione dei lavoratori e del popolo greco e la più stretta solidarietà e unità nella lotta della classe lavoratrice europea con i suoi fratelli di classe greci e contro i propri governi. La seconda, è prendere drastiche misure anticapitaliste, cioè applicare un vero piano di salvataggio dei lavoratori e del popolo, in difesa del tenore di vita della maggioranza. Tali misure devono essere:

-No al pagamento del debito ai banchieri;

-L 'uscita dall'euro e dall'UE del capitale;

-L'espropriazione e la nazionalizzazione, sotto controllo dei lavoratori, di tutto il sistema finanziario;

-No alle privatizzazioni;

-Controllo dei capitali e monopolio del commercio estero;

-La riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario;

-Investimenti in servizi pubblici e per difendere l'istruzione e la sanità pubbliche e un piano di opere pubbliche e sociali

-Nazionalizzazione delle industrie strategiche e dei servizi fondamentali;
-Lottare per un governo dei lavoratori che applichi tali misure.

Per un'Europa dei lavoratori. Per gli Stati Uniti Socialisti d'Europa
Davanti alla possibilità concreta di rovina e miseria senza precedenti che apre questa crisi, la lotta delle masse proletarie d'Europa è una sola. Non c'è possibilità di una vittoria strategica a livello continentale, contro gli attacchi dei banchieri e dei capitalisti europei, se non ci si colloca nella prospettiva di un'altra Europa, un'Europa al servizio delle masse popolari e dei lavoratori. Concretamente ciò significa la prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa. Questa nuova Europa arriverà solo per mano della rivoluzione socialista e con l'instaurazione di governi operai in tutti i Paesi del vecchio continente. Contro la comunità europea dei ricchi e dei potenti, dobbiamo costruire l'unità degli sfruttati del continente contro il nostro nemico comune: l'imperialismo e i suoi agenti in ogni Paese.

La lotta di ogni popolo europeo, è la nostra lotta!
Tutto il sostegno e la solidarietà attiva alla lotta dei lavoratori e del popolo greco!
Globalizziamo la lotta affinché la crisi la paghino i capitalisti!
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(traduzione di Giovanni "Ivan" Alberotanza)

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