Apriamo l’anno jazzistico di Aut ripartendo da dove avevamo lasciato , ossia da Barcellona , dal concerto di Freddie Hubbard tenutosi nel 1992 al festrival di Terrassa. Di QUESTO CONCERTO abbiamo trasmesso tre pezzi nel dicembre scorso. Qui invece proponiamo unico brano diviso in due contributi video. Ho voluto separare questo brano “Blues for Duane” dagli altri perché è costruito in un modo molto particolare. E’ un blues dal tema molto semplice sul quale si sviluppa una trama improvvisativa estremamente originale ed interessante. Tutti i musicisti, da Freddie Hubbard al Flicorno a Donald Braden al sax tenore, da Benny Green al pianoforte a Louis Hayes alla batteria, e Jeff Chambers al contrabbasso, forniscono una performance maiuscola e questo ci da modo di parlare singolarmente dei musicisti che compongono il quintetto. Cominciamo da Donald Braden. Il quarantottenne sassofonista di Cincinnati è uno dei talenti sfornati dal progetto “Out of the Blue”. L’idea venne ai direttori musicali della nota casa discografica Blue Note, i quali decisero di indire un concorso per giovani jazzisti . I migliori per ogni singolo strumento avrebbero inciso un disco riuniti in un complesso denominato “Out of the blue”. L’operazione risale al 1985 e, oltre a Braden, emersero da quel contest altri talenti; l’alto sassofonista Kenny Garret su tutti , fra questi straordinari musicisti mi impressionò particolarmente il Batterista Ralph Peterson Junior, un portento, ma questa è un'altra storia. Torniamo a Braden. Le collaborazioni con jazzisti del calibro di Tony Williams, Wynton Marsalis, J.J Johnson stanno a testimoniare l’eccellenza del sassofonista dell’Ohio. In “Blues for Duane” il suo assolo comincia senza accompagnamento. Evoluzioni, scale repentine, fraseggi mozzafiato, caricano l’atmosfera di una tensione che si stempera quando in gioco entra la ritmica riportando l’improvvisazione di Donald su strade più tradizionali tipiche del blues interpretate comunque in modo tecnicamente ineccepibile . Al pianoforte il quintetto di Hubbard presenta Benny Green. Il pianista Newyorkese è figlio d’arte, il padre era un discreto sassofonista. Anche Benny faceva parte della prestigiosa scuderia Blue Note, ma soprattutto ha militato, come molti altri jazzisti fra cui lo stesso Freddie Hubbbard e altri grandissimi come Miles Davis e Wynton Marsalis, nei messanger di Art Blakey. Il complesso fondato dal batterista Art Blakey nel 1947 ha ospitato nelle sue fila, con il passare degli anni jazzisti di prim’ordine , si può dire che l’Hard Bop è nato negli Art Blakey ‘s Jazz messanger . In “Blues for Duane Benny Green offre un saggio di come debba suonare un pianista hard bop, ma non solo. Perché, sia nell’assolo che soprattutto nell’accompagnamento ad Hubbard , Green è in grado di evocare atmosfere cool . Anche Benny sfodera una prestazione notevole eseguendo fraseggi agii e veloci. Alla batteria si ascolta Louis Hayes. Il batterista di Detroit anch’egli figlio di due musicisti il padre era batterista e pianista, la madre pianista, è cresciuto con il sound delle grandi orchestre jazz nelle orecchie . Il suo batterista di riferimento è stato Philly Joe Jones. Alla fine degli anni 50 era al fianco di Horace Silver e Cannonball Adderley e dagli 60’ in poi il suo stile incalzante fu conteso dai vari Woody Shaw , John Coltrane, Cecil Taylor McCoy Tyner e altri jazzisti che non poterono fare a meno del suo drumming robusto. In “Blues for Duane” Hayes è straripante, offre una propulsione ritmica fuori da comune e sfodera un assolo funambolico e scintillante. La formazione poliedrica di Jeff Chambers che va dal Be Bop al funky, consente al contrabbassista di San Francisco di offrire in “Blues for duane” una prova potente nel supportare l’immane costruzione ritmica che fa da sfondo alle improvvisazioni , ma sofisticata nel dettare i tempi, le tonalità, quando accompagna Freddie Hubbard nel suo secondo assolo. Anche Jeff ha suonato con jazzisti di mezzo mondo ne citiamo solo alcuni Dizzy Gillespie, Cedar Walton, Pharoah Sanders, Wallace Rooney. Per tornare al leader del quintetto , Freddie Hubbard, annotiamo , in questo brano una performance al flicorno straordinaria. Freddie si produce in due assolo molto diversi tra di loro. Nel primo troviamo il funambolico solista di sempre , fraseggi velocissimi, preziosi arpeggi , scale mozzafiato, sonorità particolari, vengono sfoderati in rapida sequenza in un’ atmosfera cool determinata dall’assenza del pianoforte che solo alla fine accompagna discretamente con pochi e misurati accordi. Nel secondo assolo Freddie si trasforma. Su un tappeto ritmico più compassato, appena accennato, Hubbard costruisce un improvvisazione carica di pathos con l’utilizzo cluster , piccole sequenze armoniche , ricerca di sonorità particolari, il virtuosismo si trasferisce dalla velocità di fraseggio alla ricerca timbrica, il tutto si scoglie quando irrompe di nuovo il tema che segna la fine di un pezzo straordinario. Buona Visione e
Good Vibrations
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