Nel sistema capitalistico il lavoro è da
sempre considerato come uno dei più potenti disciplinari di comando. E’
talmente potente da diventare l’asse portante della struttura economica e si
trasforma in potere sull’intera vita delle persone “biopotere”.
Questa è la teoria
del filosofo Michel Focault. L’affermazione del “biopotere” inizia tra la
fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII, quindi in concomitanza con la prima rivoluzione
industriale e con l’affermarsi dell’ accumulazione
capitalistica. Esso si fonda sulla coppia: “popolazione-ricchezza”. Nella popolazione risiede il bacino della
forza lavoro. E’ subalterna, capace di riprodursi, ma non di accedere al
secondo elemento della coppia: la ricchezza.
La categoria della ricchezza comprende la classe proprietaria dei mezzi di produzione e
dei capitali. E’ un oligarchia sociale
che si nutre della ricchezza generata
dal bacino della forza lavoro e usa il lavoro come fonte di controllo e
coercizione sulla popolazione. L’obbiettivo
è sottomettere la popolazione rendendola dipendente dal lavoro che diventa
unico mezzo di sopravvivenza.
Per garantire il predomino della ricchezza sulla
popolazione è necessario che l’offerta di lavoro sia sistematicamente inferiore
alla domanda dunque è fondamentale per esercitare il più efficacemente
possibile il disciplinare di controllo mantenere in vita disoccupazione e
precarietà. La disoccupazione è necessaria per ridurre il lavoro a puro stato
di necessità e per lasciare i potenziali lavoratori alla mercè dell’accumulazione
finanziaria.
Lo scrittore Bernard De
Mendeville in un poemetto satirico del 1705 dal titolo “La favola delle api, vizi privati, pubblici
benefici” cosi scriveva: “Che i poveri
siano rigorosamente tenuti a lavorare …E’ prudenza allievare i loro bisogni ma
follia eliminarli (..) La ricchezza più
sicura consiste in una moltitudine di poveri laboriosi”. Dunque è necessario che vi sia la disponibilità
al lavoro ma è altrettanto indispensabile, per esercitare il ricatto del bisogno, usufruire solo di una parte di questa disponibilità.
Ciò detto si capisce chiaramente come la
disoccupazione sia elemento necessario all’affermazione del sistema capitalistico.
Escluso il periodo fordista-taylorista, proprio della seconda rivoluzione
industriale in cui la forza lavoro era numericamente necessaria, e il cui controllo si esercitava
non sulla quantità ma sulla qualità del lavoro stesso, il principio della disoccupazione come
elemento necessario all’accumulazione finanziaria è sempre stato valido e tenacemente
perseguito.
Ne è dimostrazione oggi il
Fiscal Compact. Come
efficacemente spiegato nel post di Thomas Fazi "MA RENZI LO CONOSCE IL FISCAL COMPACT ?", il rispetto del 3% sul rapporto deficit nominale/pil è una
prescrizione che arriva dal trattato di Maastricht, oggi superata dal Fiscal
Compact. In questo trattato si fa riferimento,
non più al deficit nominale, cioè quello reale, ma al deficit strutturale.
Il deficit strutturale viene calcolato dalla Commissione in base a
dei parametri del tutto arbitrari, uno dei quali è il tasso di disoccupazione.
In particolare l’Italia per il 2014 al
deficit nominale stimato al 2,6 % del pil deve aggiungere un’ulteriore 0,6% che
deriva dalle stime dell’Unione , per cui il nostro deficit strutturale è del
3,2%. Come incide il tasso di
disoccupazione sulla determinazione del deficit strutturale? E’ presto detto. In base a quanto sancito da
Bruxelles, con un tasso di disoccupazione al 9% ad esempio, si avrebbe un recupero dello
0,1% , ossia al 2,6 del deficit nominale
andrebbe sottratto lo 0,1 per cui il deficit strutturale passerebbe dal 3,2 al
2,5 saremmo in una situazione molto migliore.
Con il tasso di disoccupazione attuale al 13%, invece, si determina la maggiorazione dello 0,6% per un risultato come già detto
pari la 3,2%. Va da sé che per diminuire realmente il tasso di disoccupazione sarebbero necessari investimenti soprattutto pubblici
finalizzati alla creazione di nuove opportunità di lavoro. Ciò non può avvenire perché altrimenti si andrebbe ad aggravare il rapporto
deficit nominale /pil.
Per cui se da un
lato sarebbe necessario abbassare il tasso di disoccupazione per diminuire il
deficit strutturale, dall’altro la cosa è impedita dalla impossibilità di
destinare risorse a questo scopo per evitare di aumentare ulteriormente il deficit nominale.
E’ del tutto evidente che questo diabolico
sistema, di fatto, impone la
disoccupazione, ne impedisce, non solo la rimozione, ma anche il contenimento in valori sopportabili. Essa è necessaria ad aumentare il deficit e ad inasprire le
politiche di austerità, con le tragiche conseguenze del ricorso ai
programmi lacrime e sangue della troika, comprendenti la privatizzazione di
beni e servizi a favore del capitale finanziario.
Dunque viene provato una volta di più che la
disoccupazione è funzionale all’accumulazione capitalistica. Le leggi approvate nell’ultimo ventennio in Italia, ma anche in Europa, in Germana per
esempio, sulle tematiche del lavoro non
fanno che aumentare il potere di
controllo della ricchezza sulla popolazione. Con il falso obbiettivo di creare
occupazione si è accresciuta a dismisura
la precarietà del lavoro e la frammentarietà del reddito che questa sottende.
Il jobs act di Renzi, con i contratti a tempo determinato senza
causale, rinnovabili otto volte per tre anni, il che significa assicurare un
lavoro per quattro mesi al massimo e poi arrivederci e grazie, inaspriscono gli effetti devastanti della
precarietà. Non si crea nuova occupazione, come ampiamente dimostrato da vent’anni
di politiche del lavoro basate sulla precarizzazione dei contratti, e aumenta il potere di ricattabilità del capitale finanziario
sulla popolazione.
La conclusione è
evidente. Per combattere la disoccupazione è necessario combattere il sistema
capitalistico, non c’è alternativa. Si
tratta di riprendere con maggior vigore e con una rinnovata organizzazione la
vecchia cara lotta di classe. Ma esiste un movimento, un partito, un
associazione che abbia consapevolezza di ciò, che riesca a compattare il blocco
sociale subalterno disgregato dagli eserciti riformisti, e riorganizzare un efficace
contrasto al capitalismo?
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