Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 1 aprile 2016

Francia: crescono le mobilitazioni contro il governo

Patrizia Cammarata
 

A differenza di quanto successo in Italia, dove l’aumento dell’età pensionabile è stato approvato con solo due ore di sciopero e dove il Jobs Act ha visto la luce con un’opposizione soltanto di facciata da parte dei burocrati dei sindacati concertativi Cgil-Cisl-Uil, veri agenti del padronato all’interno della classe lavoratrice, e da un’opposizione debole e frammentata da parte del sindacalismo di base, in Francia i lavoratori, da settimane, fanno sentire forte la propria voce, occupando strade e piazze con grandi manifestazioni, contro la Riforma del Codice del Lavoro proposta dal governo francese. Proteste che testimoniano come il proletariato e la gioventù francese non intenda sottostare ai diktat europei (ci aveva offerto già un segnale con la vittoria del No al referendum sulla ratifica della Costituzione europea) e lo fa usando le armi storiche del movimento dei lavoratori (con gli scioperi, le manifestazioni sindacali, l’unità di classe) evitando, in questo modo, di appellarsi, per la difesa dei propri diritti, ad ideologie nazionaliste e di piccola patria.
Non intendono, i lavoratori francesi, farsi trascinare dai ricatti e dal bisogno di competitività capitalista che mira ad abbassare in Francia il costo del lavoro com’è successo (con il pacchetto Hartz) ai vicini lavoratori tedeschi e con il Jobs Act a quelli italiani. Le lavoratrici e i lavoratori in Francia non intendono sottostare ai provvedimenti di Myriam El Khomri, Ministro che ha dichiarato che l’obiettivo è quello di “adattarsi ai bisogni delle imprese”. Una riforma simile al Jobs Act che rende più facili i licenziamenti e che serve per rendere più precari e ricattabili i cosiddetti “garantiti” (vale a dire i lavoratori oggi più protetti e sindacalizzati) fornendo al contempo degli strumenti giuridici utili alle imprese, in grado cioè di mettere al primo posto la contrattazione aziendale, con il risultato di abbassare le condizioni di lavoro e dei salari francesi.
La presentazione della riforma è accompagnata, come successo in Italia, da spiegazioni martellanti che vogliono far passare nell’opinione pubblica l’idea che il diritto del lavoro è stata una causa, o la causa, della disoccupazione, che le aziende hanno paura di assumere per paura di non essere in grado di licenziare, anche se alcuni economisti hanno rilevato la fragilità del ragionamento ricordando, empiricamente, che non è vero che nei Paesi in cui la legislazione del lavoro è più protettiva la disoccupazione è superiore, e portando l’esempio di  Spagna e l'Italia, due Paesi che hanno colpito duramente i diritti dei lavoratori e  in cui l'occupazione non ha ancora riacquistato i livelli del 2008. Gli scioperi di questi giorni stanno mettendo in affanno l’esecutivo socialista guidato da Hollande, in difficoltà anche in virtù del fatto che le elezioni parlamentari del 2017 sono vicine e le misure proposte dal governo sono impopolari e rischiose dal punto di vista elettorale.
 
Le leggi d’emergenza servono per contrastare la resistenza popolare
Dopo i recenti fatti di terrorismo nel cuore della capitale francese, avvenuti il 13 novembre 2015, il 29 novembre il governo Hollande ha promulgato per tre mesi lo stato d’emergenza in tutta la Francia (in quest’occasione hanno votato contro solo sei parlamentari dei verdi e del partito socialista, mentre il Front de Gauche ha votato a favore). Lo stato d’emergenza permette di creare, nelle città, zone rosse in cui le persone e i veicoli non possono circolare, vieta il soggiorno in certe zone alle persone sospettate (divieto di dimora) oppure le costringe a non allontanarsi dal proprio comune di residenza (obbligo di dimora), permette di realizzare quelle che sono definite perquisizioni amministrative senza alcun limite d’orario, permette di acquisire e copiare dati informatici, di impedire riunioni e assemblee pubbliche e obbligare alla chiusura locali pubblici o di sciogliere gruppi e associazioni. Con lo stato d’emergenza votato il 29 novembre scorso è stato possibile in Francia che persone il cui “comportamento” è considerato pericoloso per l’ordine pubblico, fossero perquisite o costrette ai domiciliari. Diversi attivisti che sono stati individuati come responsabili di gruppi ecologisti sono stati interdetti per tutto il periodo di svolgimento della conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi tra il 30 novembre e l '11 dicembre scorsi. La maggior parte delle migliaia di perquisizioni avvenute dopo la promulgazione di questa legge non hanno portato a nessun procedimento penale poiché le persone perquisite non erano in alcun modo fiancheggiatori del terrorismo ma, essendo situazioni d’impatto molto violento (spesso di notte, con gli agenti incappucciati) hanno provocato gravi traumi nelle famiglie dei sospettati (soprattutto dei bambini) e hanno pesanti ricadute sociali poiché spesso queste famiglie sono poi isolate perché sospettate dalla comunità in cui vivono come “terroristi”, a causa delle perquisizioni.
Lo stato d’emergenza, in nome della sicurezza e della lotta contro il terrorismo, è utile al governo per annullare diritti fondamentali ed è utile soprattutto in un periodo in cui l’attacco ai diritti dei lavoratori, la disoccupazione, il disagio sociale, si trasformano in proteste che, con lo stato d’emergenza, è più semplice controllare e contrastare. Un provvedimento che serve inoltre per criminalizzare anche l’attivismo contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, spiare i cittadini francesi, bloccare i siti web, cioè contrastare con la repressione le voci dissidenti nei confronti della politica del governo. Ed è così che, da un’emergenza che doveva durare pochi mesi, il senato ha approvato l’estensione dello stato d’emergenza per altri tre mesi a partire dal 26 febbraio e la Francia si sta trasformando in uno Stato di polizia che può agire contro i sospetti trattenendoli in stato d’arresto anche fino a dodici giorni, negando loro l'assistenza legale per tutto questo periodo e può censurare i giornalisti non allineati, ostacolando in questo modo, ad esempio, le indagini indipendenti proprio su attività criminali e terroriste.
Ed è stato sempre François Hollande, il 16 novembre scorso, ad aver proposto una riforma costituzionale per introdurre due nuovi articoli: il primo sullo stato d’emergenza e il secondo sulla decadenza della nazionalità come pena per chi, disponendo di un altro passaporto, sia condannato in via definitiva per aver gravemente attentato alla nazione. Tale proposta di introdurre la privazione di nazionalità nella Costituzione ha provocato anche una crisi politica, con le dimissioni del Ministro della giustizia, Christiane Taubira, che ha definito la sua scelta “un disaccordo politico importante”. Ma anche sull’argomento della riforma costituzionale la sinistra istituzionale non sembra essere in grado di contrapporsi in modo convincente e significativo. Quest’importante compito lo stanno assumendo i lavoratori in lotta, che nelle radicali mobilitazioni di questi giorni, legano le parole d’ordine contro la Riforma del lavoro con quelle contro le leggi d’emergenza. Stanno vivendo, infatti, quotidianamente, sulla propria pelle, durante le manifestazioni e gli scioperi di questi giorni, la violenza dello Stato borghese sulle classi sfruttate che lottano per i propri diritti, una repressione che è cresciuta proporzionalmente alla crescita della partecipazione dei giovani e degli studenti nelle manifestazioni.
 
C’est ne qu’un debut… !
Per contrastare la riforma del lavoro, le burocrazie sindacali, circa un mese fa,  avevano annunciato una “giornata d’azione” per il 31 marzo (una tattica sindacale purtroppo molto conosciuta anche in Italia e che serve alle burocrazie sindacali per depotenziare l’indignazione dei lavoratori e nel frattempo concertare con il governo qualche briciola) ma la base ha respinto questo programma moderato costringendo i sindacati a proclamare lo sciopero per la giornata del 9 marzo e poi per il 17 e per il 31. Da subito si è visto che la classe lavoratrice in Francia non intende farsi mettere all’angolo: il 9 marzo sono scese in piazza quasi mezzo milione di manifestanti (1) che hanno in diversi casi bloccato trasporti, aziende, scuole, università, contro una riforma accusata di essere scritta a quattro mani (due mani sono quelle del ministro del governo e due quelle di un rappresentante di Medef, la confindustria francese).
 
Verso il 31 marzo: On bloque tout!
Dopo le proteste di massa della settimana scorsa il primo ministro francese, Manuel Valls, ha deciso di apporre alcune modifiche alla riforma annullando, ad esempio, il tetto all’indennizzo per i lavoratori licenziati ma l’impianto della legge non è mutato e, solo per fare un esempio, anche nella seconda versione rimane l’attacco all’orario di lavoro: oggi un lavoratore francese non può lavorare più di 10 ore al giorno, ma con la riforma del lavoro potranno salire a 12, e anche le 35 ore medie che possono salire ad un massimo di 48 ore, con la riforma arriveranno a 60 ore.
Secondo un sondaggio Odoxa per le Parisien e France Info, pubblicato il 24 marzo, il numero di francesi che si oppongono al nuovo testo di riforma è praticamente lo stesso che si opponeva alla prima versione ed i sindacati hanno annunciato che le concessioni non sono sufficienti e chiedono il ritiro della riforma, un ritiro che il governo francese non vuole attuare anche perché deve rispondere alle promesse di riforme fatte a Bruxelles, soprattutto la riforma del lavoro. Le organizzazioni di sinistra, i movimenti giovanili, i sindacati, sotto pressione a causa della grande disponibilità alla lotta dimostrata in queste settimane dalle masse lavoratrici, stanno preparando, con numerosi incontri a Parigi e nelle diverse regioni della Francia, la giornata di mobilitazione del 31 marzo.
Per i sindacati la giornata del 31 marzo sarà un test importante e l’obiettivo è quello di superare i numeri della protesta del 9 marzo scorso. Nel comunicato congiunto dei sindacati CGT, FO, FSU, Union syndicale Solidaires, UNEF, UNL, FIDL si legge: “…In questo contesto in cui l'occupazione e salari rimangono preoccupazioni principali, è urgente sviluppare l'occupazione stabile, di qualità, e nuovi diritti sociali. I sindacati (CGT, FO, FSU, Union syndicale Solidaires, UNEF, UNL, FIDL) chiamano tutti i salariati, le salariate, i disoccupati, le disoccupate, gli studenti, le studentesse i pensionati, le pensionate, a mobilitarsi per lo sciopero e a partecipare in maniera massiccia alle manifestazioni del 31 marzo per il ritiro di questo disegno di legge e per conquistare nuove garanzie e protezioni collettive...”. 
Al contempo un appello firmato da più di 500 sindacalisti e organizzazioni sindacali francesi invita alla mobilitazione generale; sull’appello si legge: “….da parte nostra, lo diciamo senza mezzi termini, il disegno di legge non è né modificabile, né negoziabile, e solo il suo ritiro, definitivo e totale, si impone come soluzione… Il 31 marzo, infine,  all'ordine del giorno ci sarà lo sciopero… L’unico modo che abbiamo per vincere e piegare il governo, è bloccare l'economia... E per bloccare l'economia, il primo passo è quello di condurre con successo lo sciopero del 31 marzo …La riduzione dell'orario di lavoro a 32 ore settimanali, senza riduzioni salariali, senza flessibilità, senza sconti o prese in giro….Noi ci impegnano a sottoporre tutto ciò alla discussione con i nostri colleghi, sul posto di lavoro, nelle nostre strutture sindacali, nei coordinamenti inter-sindacali ai quali partecipiamo…. Al di là dell’appartenenza sindacale, chiediamo loro di aderire a questo appello, di proporne l’adesione alla loro struttura sindacale… E’ insieme che andiamo alla lotta, è insieme che vinceremo!”.
 
Per uno sciopero prolungato fino al ritiro definitivo del disegno di legge
E’ necessario che i lavoratori che in Francia stanno lottando contro la Riforma del Codice di Lavoro riescano ad impedire alle burocrazie sindacali riformiste di piegare il movimento in simboliche “giornate di azione” o in scioperi formali che porterebbero la classe lavoratrice a ripiegare la lotta su una compatibilità con il sistema che potrà portare solo alla sconfitta.
E’ necessario uno sciopero generale prolungato fino al ritiro definitivo della riforma e per arrivare a questo è necessario che entri quale protagonista principale nella lotta, in modo deciso e unitario, la classe operaia, che ha nelle sue mani i settori principali dell’economia. In questo modo, la classe operaia, fermando la produzione economica, e unita ai lavoratori e alle lavoratrici degli altri settori e agli studenti, potrà fermare tutta la Francia, potrà costringere i sindacati ad appoggiare la lotta ad oltranza, scacciando le vecchie organizzazioni burocratiche sindacali e politiche che collaborano con i padroni, per sostituirle con le organizzazioni indipendenti che sostengono la lotta del popolo francese fino alla capitolazione del governo e al ritiro dei provvedimenti contro i lavoratori.
 

Note

 

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