La storia del jazz come la storia di tutte le cose umane è fatta di piccoli grandi eventi, anniversari, ricordi. Di seguito un brano tratto dal libro Stasera Jazz di Arrigo Polillo, in cui il più grande critico di jazz italiano, racconta quando, nel novembre di 61 anni, fa Billie Holiday fu a Milano. Un anniversario di poca importanza per i più ma di grande rilevanza per gli appassionati di jazz. Buona Lettura.
Billie Holiday (protestata)
Arrigo Polillo
Billie Holiday capitò a Milano nel novembre del 1958, e cioè
verso la fine della sua tribolatissima esistenza . E qui fu umiliata come non
le era capitato mai nel corso della sua carriera di cantante.
Ebbe la disgrazia di essere scritturata da un impresario che
trattava per lo più numeri d’attrazione per gli avanspettacoli e più in generale per lo show business minore.
Costui, che probabilmente non sapeva bene chi fosse, la mise nel cartellone del
cinema Smeraldo (un teatrone frequentato
da un pubblico popolare) insieme a giocolieri, fantasisti e così via. C’era
anche Fausto Cigliano.
Non so in quanti andammo ad ascoltarla la prima sera: certo
eravamo in pochissimi, in teatro, a sapere chi fosse Billie Holiday. Gli altri
del pubblico pensavano di trovarsi dinanzi a una delle tante fasulle “attrazioni
internazionali” che negli spettacolini dello Smeraldo si sprecavano.
Per quanto ricordo, Billie contò pressappoco come
faceva sempre nei suoi ultimi dischi:
non era più, beninteso, la favolosa “Lady Day” di Strange Fruit, ma era pur sempre una più che notevole cantante di
jazz. Fatto sta che il pubblico non la capì affatto. Ecco come io riferii i
fatti su “Musica Jazz”: “Quando è entrata
in scena Billie Holiday e ha iniziato a cantare accompagnata dall’eccellente
pianista Mal Waldron e da un’orchestrina
di fossa su cui è persino inutile infierire , è successo il finimondo. La voce
acre, le inflessioni deliberatamente distorte di Billie sono state scambiate
per il farfugliamento di un’avvinazzata: si è capito subito che non sarebbe stato
possibile giungere al termine del “numero” e men che meno della scrittura.
Billie aveva appena terminato la quinta canzone che fu pregata, dal
presentatore, di lasciare il palcoscenico (su cui non ricomparve più perché fu
protestata): al pubblico fu detto che “non stava bene”.
I più accesi jazzofili milanesi non si dettero pace per
quanto era accaduto. La sera dopo tre o quattro suoi ammiratori , tra i quali
anch’io, si recarono all’Hotel Duomo, dove Billie era alloggiata, per
confortarla in qualche modo e per offrirle qualche distrazione.
Lei ci fu riconoscente e accettò volentieri la nostra
compagnia per la serata. L’accompagnammo alla Taverna Messicana a sentire un po’
di jazz nostrano; poi andammo tutti a casa di Mario Fattori, pubblicitario innamorato
del jazz, a bere qualcosa e a chiacchierare.
Billie, si sa, era schiava delle droghe pesanti, e non era
di grande compagnia: di tanto in tanto la sorprendevo a fissare intensamente il
vuoto o qualche punto del muro. Spesso, ascoltando la musica degli altri
(quella del complessino della Taverna Messicana, oppure di un disco di Sinatra,
che volle ascoltare a casa di Fattori), la riprendeva subito per canticchiarla a
sua volta, distorcendone la melodia in quella sua inconfondibile maniera. Per
il resto rispondeva alle domande che le venivano rivolte, ma non faceva certo
conversazione. Era una donna amara, risentita: non ricordo di averla mai vista
sorridere.
Penso che sia stata quella sera un poco lugubre a dare a
Fattori l’idea di organizzare per lei, insieme a Pino Maffei, uno spettacolo
riparatorio a cui potesse assistere la fine
creme degli appassionati del jazz
milanese. Comunque sia , pochi giorni dopo i due affittarono il Gerolamo, un
minuscolo teatrino destinato per lo più-allora- agli spettacoli di marionette,
e fecero passare la voce fra gli amici.
Quella sera le strutture del teatrino furono messe a dura
prova dalla folla che lo riempì: eppure
le balconate “a prova di bambino” ressero bene. Quanto a Billie, s’impegnò a fondo, e diede uno splendido,
commovente recital. Il pubblico le tributò ovazioni trionfali. In quel teatrino
così piccolo ciascuno aveva l’impressione di poterla abbracciare. E sembrava
volesse farlo.
Sei mesi dopo, o giù di li, ci giunse la notizia che Billie
era morta, nel letto di un ospedale di New York. C’era un poliziotto a
sorvegliarla, fuori dalla sua camera.
grazie per la testimonianza ...esistono delle riprese, anche amatoriali, dei recital di Billie Holiday a Milano al cinema Smeraldo o al Gerolamo? ..sarebbe davvero belle poterle vedere e condividere qualora esistessero..
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