Luciano Granieri
Uno stereotipo diffuso da sfatare in ambito musicale, è che i jazzisti, ed in più generale gli appassionati di jazz, abbiano la puzza sotto il naso in relazione ad altre forme di musica. In parte ciò è vero, ma riguarda per lo più certi “intellettualoidi” pieni di se, i "più ortre"per dirla con il Nicola di "C'eravamo tanto Amati" alias Stefano Satta Flores. Nessuno di loro fortunatamente è un musicista.
La storia che segue è paradigmatica per sfatare questo stereotipo.
Nel 1958 vinse l’ottava edizione del Festival di Sanremo il brano, pietra miliare della musica leggera italiana, “Nel blu dipinto di blu” cantato da Domenico Modugno, in coppia con Johnny Dorelli. Fu una rivoluzione, per certi versi, perchè la costruzione di quel pezzo aveva destrutturato i canoni tipici della canzone italiana.
Non fu un caso che in quella kermesse sanremese i rappresentanti della vecchia guardia, fino ad allora campioni delle classifiche dei dischi, furono detronizzati. Ad esempio cantanti come Claudio Villa e Giorgio Consolini, apparvero improvvisamente desueti. Ma a pagarne maggiormente le spese fu Nilla Pizzi, spodestata dal trono di regina della canzone italiana.
Stampa e TV si occuparono copiosamente della caduta della Nilla nazionale. Per gli appassionati di jazz la cosa non interessò granchè. Infatti la Pizzi era considerata la cantante anti-jazz per autonomasia.
Ma dal 6 all’11 maggio dello stesso anno, al teatro Quirino, il Jazz Club Roma organizzò il secondo festival jazz della Capitale. A presentare i centodiciannove jazzisti italiani che si susseguirono sul palco, fu Enzo Tortora. Si esibirono i gruppi di Nunzio Rotondo, Gil Cuppini, Basso-Valdambrini con Romano Mussolini, Pietro Umiliani con Bill Smith, e tanti atrli solisti, oltre ad orchestre di revival New Orleans fra le quali la Roman Jazz Band (1-2), la Original Lambro e molte altre ancora.
Ma un evento importante e sicuramente inaspettato, avvenne la sera dell’8 maggio. Riportiamo la cronaca di quella giornata descritta dal giornalista Piero Vivarelli sul giornale “il Tempo” del 9 Maggio:
“Serata particolarmente bollente quella di ieri sera alla sei giorni jazzistica del “Quirino”. Merito, prima di tutto, dei complessi che si sono esibiti, scatenando l’entusiasmo vibrante del pubblico, e poi per un episodio, in verità polemico, e significativo avvenuto verso la fine. E’ successo infatti che il festival ha avuto come ospite, incedibile a dirsi, nientemeno che Nilla Pizzi. Quando Enzo Tortora ha annunziato la presenza in sala della “signora della canzone” il pubblico ha accolto la cosa con boati di disapprovazione tali da far temere il linciaggio. Poi, però, la Pizzi, con coraggio leonino, è salita sul palcoscenico, dichiarando ufficialmente che la sua vera autentica passione è il jazz anche se “questa musica rappresenta un fatto artistico talmente serio che fin quando non lo avrò abbastanza studiato non mi sentirò degna di affrontarlo personalmente”. Solo come modesto contributo e con umiltà e visibilmente emozionata, come non l’avevamo vista mai, neppure a Sanremo, la Pizzi si è quindi esibita in “When the Saints Go Marchin’In ed il pubblico, che non credeva alle proprie orecchie, l’ha giustamente accolta alla fine con un calorosissimo applauso”.
La decisione di ospitare la Pizzi fu presa da Carlo Loffredo e mai riabilitazione di una regina senza più corona fu più significativa. Ciò a dimostrare che, al netto di qualche posizione ingiustificatamente elitaria, il jazz è per, e di tutti. Così come ha affermato in una recente intervista Pat Metheny la musica non è di nessuno è di chiunque voglia ascoltarla e suonarla.
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