Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 24 settembre 2010

NOSTALGIA BALILLA

di Alessandro Robecchi da "il manifesto" del 24/09



Pancia in dentro, petto in fuori! At-tenti! Finalmente una buona notizia per la scuola italiana: i professori vengono licenziati a mazzi, i soffitti cascano in testa, le strutture fanno schifo e compassione, ma in compenso possiamo tutti tirare in aria i berretti e gridare hurrà per il solenne protocollo d'intesa firmato tra la ministra Gelmini, beata ignoranza, e il sor La Russa, il colonnello alla parata militare. 
In alto i cuori! Il protocollo d'intesa si ammanta di notevoli paroloni, roba forte qui nel Berlusconistan, come ad esempio «conoscenza e apprendimento della legalità e della Costituzione». Ma questa è la teoria, roba da comunisti. È la pratica che è più interessante, e prevede: «cultura militare», «arrampicata», «tiro con l'arco e con la pistola» (ad aria compressa, aggiunge pietoso il documento), senza contare «nuoto e salvamento» e «orienteering». 
Insomma, una specie di incrocio tra i littoriali, il sabato fascista e i film con Alvaro Vitali, il tutto sotto l'occhio vigile di La Russa e della sciura Gelmini, eletta dalla lobby dei cacciatori nella patria della Beretta, pistola italiana. Protocollo d'intesa denominato «Allenati per la vita», che insegna tra le altre cose anche il «pernottamento in luoghi ostili», cosa che potrebbe tornare utile alle ragazze che restano bloccate nottetempo nei cessi di Palazzo Grazioli. 
Non basta. A coronare il virile cimento arriverà alla fine una «gara pratica tra pattuglie di studenti» che varrà come credito formativo. «Mamma, non rompere che c'ho tre in matematica, perché ho preso ottimo nel passo del giaguaro!». È così che si forma una classe dirigente, imparando a dire signorsì. Non si parla di bombe a mano e di sommergibili rapidi e invisibili, ed è una notevole pecca dell'iniziativa (forse mancano i fondi), ma siamo certi che qualcuno porrà rimedio. 
Il tutto agli ordini di un centinaio di ufficiali in congedo, consapevoli che, dalle strutture alle finalità, dalle scale alle camerate, un liceo può somigliare perfettamente a una caserma. Il tutto, manco a dirlo, sponsorizzato da enti pubblici e privati, il che significa che l'ora di attività ginnico-militare (sic!) o la visita al poligono saranno finanziate dall'illuminata industria italiana: perché avere cittadini quando si possono avere soldati semplici? 
L'intesa è per ora regionale (Lombardia) e riguarda le scuole medie superiori, ma non disperiamo: la nostalgia è una brutta bestia e la tentazione di vestire da Balilla anche i più piccoli si farà strada presto. Scritta in un esilarante burocrat-militarese, la circolare che informa la popolazione pare di suo un capolavoro satirico. E addirittura strepitoso è il passaggio teorico in cui si spiega che tanto dispiego di mezzi di aria, di cielo e di terra (e di pistole ad aria compressa) ha tra le altre finalità «il contrasto del bullismo». Insomma, qualcosa tipo: «Mamma, c'era un bullo, ma l'ho fatto secco». Molto educativo. 
Naturalmente si sa come andrà a finire. Niente soldi per la benzina del cerchio di fuoco, due proiettili per settecento studenti, corsi di orienteering nel cortile della scuola e - se piove, nevica o tira vento - fornitura di speciali scarponi in cartone pressato, nella più pura tradizione dell'esercito italiano. 
E fin qui, naturalmente, al netto di incidenti, sempre possibili di fronte a una truppa riottosa e bambocciona come ci si immagina quella degli studenti. «Capitano, me so' sbagliato... Ho spezzato le reni al prof di greco!». Triste destino di un popolo imbelle a cui si chiede, «per fare gruppo», di mettere l'elmetto a scuola. Cosa che del resto chiedono ormai anche le mamme più avvertite. «Mettiti l'elmetto Gino, che in aula ti casca il soffitto sulla capoccia». Cronache italiane, insomma. Alalà!


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