Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 24 settembre 2013

"L'arte contro il femminicidio". Sperare è lecito

Luciano Granieri

E’ stata una domenica surreale per la città di Frosinone quella del 22 settembre scorso.  La sonnolenta consuetudine del tran tran domenicale è stata scossa dall’evento “L’arte contro il femmnicidio” tenutosi per tutta la giornata all’interno della Villa Comunale. 

Un passante distratto o un abituale frequentatore della Villa doveva misurarsi con un fiume di scarpe rosse  il cui corso era interrotto qua e là da fotografie. Isole drammatiche raffiguranti donne violate, violentate. Più in là all’ignaro, quanto sorpreso, frequentatore del parco veniva richiesto di scrivere su un quadernetto un suo pensiero in relazione alla   piaga della violenza sulle donne . 

C’è stato chi ha riportato il suo pensiero sul foglietto e chi invece, titubante, l’ha tenuto serrato fra le proprie meningi. In ogni caso, ne sono sicuro, la riflessione è scaturita. E questo era il  primo obbiettivo dell’evento organizzato dalla Rete La Fenice di Giuseppina Bonaviri  e dall’associazione Collettivo cinque,   che ha visto la partecipazione di altre associazioni fra cui la nostra : l’Osservatorio Peppino Impastato.  

Dopo che si  era indotto il passante domenicale ad una prima riflessione,  lo si invitava ad entrare in un mondo nuovo. Drammatico sicuramente, dove dibattiti e testimonianze  snocciolavano freddamente e tristemente  numeri, circostanze, cause dell’accanimento del genere maschile verso quello femminile, ma anche sorprendente.  

Un universo di persone, artisti, pittori, scrittori, che attraverso la denuncia , il rifiuto e la voglia di ribellarsi alla violenza verso le donne  auspicavano  l’esistenza di un modello sociale diverso, fondato sul rispetto reciproco fra diversi, per generi, e attitudini sessuali.   E lo esplicavano attraverso la loro arte e predisposizione culturale.

Il nostro visitatore si trovava catapultato in un ambiente popolato di figure,  suoni, suggestioni,  che raccontava altri modelli di vita. Si poteva incontrare ad esempio la professoressa  Eleonora Pusceddu, docente dell’accademia di Belle Arti di Frosinone, titolare del corso  post laurea di “Pittura per l’arte pubblica”. 

In una sala allestita nella villa, la professoressa, assieme ad alcune sue collaboratrici, illustrava le istallazioni delle sue allieve. E spiegava come l’arte debba essere pubblica  perché libera espressione di soggetti la cui originalità comunicativa non può diventare  merce prodotta in serie  da vendere al migliore offerente. 

L’arte pubblica si integra con il territorio, ha bisogno della particolarità di una piazza, di un fiume, come scenario complementare, e  restituisce alla comunità pezzi di città altrimenti fagocitati dalla speculazione edilizia e dall’inquinamento.  “Prendersi il tempo di perdere tempo”  questa era il titolo di un’installazione incentrata sul valore della panchina come luogo di riflessione e socializzazione. 

Poter pensare una simile opera, dà la dimostrazione di come sia possibile ipotizzare una diversa qualità delle relazioni sociali. Una connessione di rapporti  basata sul rispetto reciproco, senza prevaricazione sull’altro, donna o uomo che sia, con una  scala di valori basata su ciò che si è e non su ciò che si possiede, dove mai e poi mai un soggetto- essere umano, come la donna  potrebbe diventare oggetto  della smania di possesso di un altro soggetto-essere umano, come il  maschio.  
Uno scenario del tutto diverso dal brodo di cultura dove cresce e si nutre la violenza sulle donne.  

Tutto questo si poteva incontrare domenica mattina alla Villa Comunale  e sono certo che lo stupito passeggiatore, dopo una simile esperienza,   avrà potuto percepire, anche solo marginalmente, il dramma  che subisce una donna violata, e la necessità di proiettarsi in un mondo diverso per porre fine a questo dramma.  

Di visitatori, donne,uomini, giovani,bambini,  nell’arco della giornata ne abbiamo visti molti. Ne abbiamo visti di interessati, arrabbiati, disincantati, nessuno indifferente e questo è stato il successo dell’evento.  Il messaggio è andato oltre gli steccati  di un mondo consapevole, cosciente, militante,  ma troppo chiuso su se stesso, quale quello delle associazioni. 

Ciò, al di là dei distinguo,  delle discussioni,  provocate dalle diverse sensibilità culturali e sociali   dei movimenti  che hanno partecipato,  ha determinato la vera novità positiva.   Vedere  bambine e bambini  riflettere e    scrivere sul quadernetto dei pensieri sulla violenza sulle donne può essere un piccolo ma significativo indizio, una piccola luce in fondo al tunnel, ma bisogna continuare.


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