Che peccato! L’unico partito in Parlamento che ancora usa pratiche democratiche interne ,come i congressi
locali e le primarie, per scegliere il proprio segretario vede inficiare un tale
mirabile esercizio di partecipazione
dallo sporco affare del tesseramento. Questo è il lamento che si leva alto da osservatori
e stampa riformista. Ci credono
veramente?
E’ possibile che ancora non
risulti chiaro quale sia la natura del Pd dopo la sua metamorfosi di
dissolvenza iniziata dalla Bolognina, ma forse anche prima? Nel percorrere le
infauste tappe che dal Pci, attraverso i Ds il Pds hanno condotto alla situazione
odierna, gli ex comunisti si sono allontanati inesorabilmente dall’ideologia
leninista, senza però approdare ad una prospettiva alternativa.
Dietro un riformismo europeista
di facciata, oltre ad una deriva ultraliberista acquisita quasi per
default, c’era e c’è il nulla. Insieme
con l’identità ideologica è svaporata l’essenza
stessa non solo del partito di massa, ma del semplice movimento rappresentativo
di un determinato blocco sociale. In questo strano contenitore vuoto hanno
trovato rifugio schegge di classi politiche vittime della diaspora
democristiana e socialista determinata da tangentopoli, gente che non si è fidata della
nuova sirena berlusconiana e ha valutato come approdo più sicuro la casa degli ex comunisti, ex diessini, ex
piddiessini. L’unica ragione sociale di
questo strano ogm politico era l’antiberlusconismo.
Ecco perché Berlusconi, sempre osteggiato e combattuto a
parole, nei fatti non è stato mai contrastato veramente. Non solo, ma quando
sono maturate le circostanze per rovesciare il cavaliere, i neo riformisti
hanno trovato il modo di rimetterlo in sella. Infatti caduto Berlusconi sarebbe
venuto meno anche l’antiberlusconismo, l’unico collante a tenere insieme le
diverse anime dannate all’interno del Pd.
Così del partito inesorabilmente inaridito in luogo di principi, ideali, rappresentatività, è rimasta un
elefantiaca organizzazione da comitato elettorale, dal quale i militanti si sono progressivamente
allontanati. Questa situazione si è riverberata
a livello locale. Favorita anche dalla legge elettorale per le consultazioni
amministrative, in cui si vota la persona, il sindaco e i consiglieri, i
circoli si sono trasformati da luogo di condivisione, confronto, in piccoli
feudi del notabile aspirante sindaco o consigliere di turno, pronto a tutto pur
di non cedere in millimetro delle sue prerogative di potere.
Leggendolo con
questa lente di ingrandimento il pasticcio delle tessere si spiega chiaramente. E’ una lotta interna fra piccoli clan che pur
di imporsi, non esitano a ricorrere al
mercimonio delle tessere. Disgraziatamente all’interno di questi clan
esistono ancora i militanti, quelli che ci credono veramente, i giovani di
Occupy Pd ad esempio .
E nei congressi
locali si ripete più o meno lo stesso scenario, mentre dentro le sedi pochi militanti discutono
del partito che vorrebbero, fuori, nel
gazebo posto davanti la sede, sfilano le truppe cammellate a far strame di
tessere. Una legione spesso straniera visto che al suo interno militano
albanesi e rumeni. Ecco perché è improprio lamentarsi del fatto che nel partito il sistema democratico e
partecipativo deputato all’elezioni del
segretario, ma anche degli apparati locali, sia guastato dallo compravendita di
tessere. Intanto perché non esiste il partito, ma soprattutto perché alla
partecipazione democratica si sostituisce la guerra per bande ramificata
nelle diverse realtà locali.
Nessun commento:
Posta un commento