Michael
Keshigian
Rich at 100
In un jazz
club abbandonato,
dove una volta debuttai,
solo ragni e topi
stavano dietro i
pannelli acustici
che una volta risuonarono in un sogno,
vedo la mia immagine distorta
riflessa su uno sfregiato
piatto ride
di uno sconclusionato drumset,
sento come un intruso,
dirompente un riff di Buddy Rich
quando si esibì qui
qualche decade fa
arruolando il mio talento
dalla vicina scuola di jazz,
aggiungendo i colori del sassofono
ai suoni sepolti
fra le tue mura
infilati nei tuoi angoli
quando noi precipitammo la sua furia
verso il picchiettar del piede,
la gamba ondeggiante in una gita percussiva
fuggì da una
dimensione alternata,
Cammino su questo
palco,
sforzandomi per sentire quei preziosi timbri
che gli ultimi giorni
hanno iniziato a nascondere,
gli assoli da piogge di anni
sono stati lavati via,
umettate perdute si ricrearono indiscernibilmente
attraverso le labbra
contratte
dalla mia affaticata imboccatura
facendo scivolare le mie unghie
sul martoriato piatto
spero che il fantasma
di Buddy suonerà.
Traduzione di Luciano Granieri
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