John Coltrane conosceva Bella Ciao? La melodia
di resistenza,al di là delle teorie inerenti a canti popolari risalenti
ai primi del ‘900, pare risalga ad un’incisione del 1919 del
fisarmonicista tzigano Mishka Ziganoff
intitolata “Klezmer-Yiddish swing music”. La parola swing è sintomatica. Il
testo della versione attuale non si sa a quando risalga precisamente. Appare nel 1953 sulla rivista “La Lapa” a cura
di Alberto Mario Cirese. Negli anni ’50,
sembra cominciare la diffusione del pezzo, cantato nei Festival
della Gioventù Democratica che si
tenevano in varie città europee, dove veniva intonata dai delegati italiani e
poi tradotta in varie lingue dai delegati stranieri.
Nel 1963 compariva la
prima incisione ufficiale , e nel 1967 seguì una notevole interpretazione di Giorgio Gaber. Da allora in poi le versioni di Bella Ciao si
sono diffuse in tutte il mondo entrando nei repertori di artisti melodici,
rock, folk e combat folk, nonché nei cori che accompagnavano, e accompagnano, manifestazioni di protesta
variamente diffuse per il globo
terracqueo.
Nel 1919 Coltrane non era nato. Nel 1953 il musicista di di Hamlet, membro del gruppo dell’altosassofonosta Earl
Bostic , già cercava di smontare strutture melodiche consolidate in ballad famosissime tipo “Smoke Gets in Your Eyes”. Non credo avesse la minima conoscenza del canto simbolo
della resistenza.
Al 1960 risale la prima esibizione di Coltrane in Italia (a
Milano) e in Europa al seguito del quintetto
di Miles Davis, con risultati disastrosi (la gente ancora non riusciva a capire
la sua tecnica innovativa). Poi tornò nel
1962, sempre al “Lirico” di Milano col
suo collaudato quartetto (Jones, McCoy Tyner, Garrison) . Bella Ciao risuonava nelle piazze ma ancora non
era uscita nella sua versione discografica. Quindi penso che Coltrane non ne sapesse nulla.
Perché chiederete voi
tutto quest’interesse nel sapere se Coltrane conoscesse Bella Ciao? Un attimo
di pazienza e ve lo spiego. Nel 1960 Coltrane
consolidava la collaborazione con il pianista McCoy Tyner, il batterista
Elvin Jones e il contrabbassista Steve Davis, poi sostituito da Jimmy Garrison. Tra
il 21 ed il 26 settembre dello stesso anno i quattro entrano in studio per registrare un
materiale sonoro talmente ampio da
riempire tre album editi dall’Atlantic : “My Favorite
Things” (il più famoso) pubblicato nel 1961, “Coltrane Plays The Blues” uscito
nel 1962 e “Coltrane’s Sound”, del 1964.
Proprio in Coltrane’s Sound si ascolta
“Equinox”, un blues in chiave minore che, di fatto, preconizza completamente la prospettiva musicale
coltraniana, basata su dilatate griglie armoniche composte da pochissimi
accordi sui quali dispiegare una potenza improvvisativa imponente fatta di prorompenti cascate di
note. Equinox è una sorta di sermone spirituale, indirizzato
a mettere in risalto la condizione di un
popolo vessato. Coltrane, a differenza dei
freeman cui pure ha aperto la strada,
non fa leva su un’invettiva politica e
sociale basata sulla rabbia che si traduce sulla distruzione di tutte le
strutture/convenzioni musicali, ma la inserisce in un vento sonoro più etereo,
la cui apparente indefnitezza richiama
all’emersione di una condizione umana e sociale anch’essa indefinita, precaria,
dunque succube del sopruso razzista e capitalista.
Ma che c’entra
Equinox con Bella Ciao? C’entra perché
sul giro armonico del brano coltraniano, la melodia di Bella Ciao ci gira a meraviglia. Ce ne siamo accorti io e i
miei amici jazzisti: Alberto Bonanni al sax tenore, Raimondo Pisano alla
chitarra, Antonello Panacchia al basso elettrico ed il sottoscritto alla
batteria. Durante una prova di Equiniox le note della melodia di Bella Ciao
sono venute naturali, al di là della semplice citazione. Così abbiamo deciso di
chiudere il pezzo non più riproponendo il tema coltraniano ma ripercorrendo le
melodie del brano simbolo della
liberazione.
Coltrane dunque conosceva Bella Ciao? Probabilmente no, ma la potenza comunicativa
universale dell’arte, della musica, dell’improvvisazione jazzistica fa si che
da un’armonia Yiddish di un compositore tzigano, possa nascere la melodia del
canto di liberazione più famoso del mondo e si generi un proposito musicale di lotta
per i diritti umani e civile che costituirà la poetica di uno dei più grandi jazzisti e
musicisti che il mondo abbia mai incontrato.
Del resto le lotte di
liberazione comunicano sempre con un linguaggio universale.
Good Vibrations
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