Quando sottolineiamo che la finanziarizzazione e la privatizzazione dei
servizi pubblici essenziali ne degrada la qualità e la fruibilità, confutando la tesi contraria per cui il ricorso al privato serve a migliorare l’offerta
dei servizi stessi, diciamo una grande verità. Non è affatto un pregiudizio ideologico. Anzi veri
pregiudizi ideologici e crudeli
sono le tesi dei Chiacago Boys di Milton Freedman sulle quali si sono basati, e si basano, gli indirizzi di governo di tutti i Paese
occidentali e non solo.
Prendiamo il servizio
sanitario nazionale. La legge istitutiva del
SSN, 833/1978, stabilisce che “l'assistenza
ospedaliera è prestata di norma attraverso gli ospedali pubblici e gli altri
istituti convenzionati esistenti nel territorio della regione di residenza
dell'utente nell'osservanza del principio della libera scelta del cittadino al
ricovero presso gli ospedali pubblici e gli altri istituti convenzionati” (art
24). Cioè la struttura privata
convenzionata è ammessa per consentire al paziente una maggiore libertà di decisione
su dove farsi curare.
Da quando, in contrasto con il Dettato
Costituzionale, nella sanità pubblica si è introdotto il concetto di
gestione aziendale, secondo la quale non è importante assicurare le cure
necessarie ma è preminente la solidità finanziaria, il ricorso al privato è
diventato non più a discrezionalità dei pazienti ma necessario per assicurare i livelli minimi
di assistenza stabiliti in 3 posti letto per mille abitanti . Attualmente il numero è comunque inferiore: solo
2,95 posti letto, di cui quasi quaranta
per cento è assicurato da enti privati (39,7%
Privati – 60,3% Pubblico).
Fin qui niente di straordinario. Ma considerato che l’apporto
dei privati, fra cliniche equiparate e case di cura , è diventato indispensabile
per assicurare i LEA il legislatore, con
DM 70/2015, ha definito i requisiti precisi
da rispettare per poter proporsi come struttura autorizzata ad operare in nome e per conto del SSN. Un posto letto idoneo a soddisfare i livelli
essenziali di assistenza deve trovarsi
in un ospedale che eroghi :” prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo
continuativo e diurno per acuti” . Una
struttura del genere (privata o
pubblica che sia) deve
obbligatoriamente assicurare servizi di Emergenza/Urgenza, secondo la descrizione definita dal DM
70/2015 che di seguito è riportata:
- Dipartimento
Emergenza-Urgenza di Primo e Secondo Livello (DEA I e DEA II),
-
Pronto Soccorso (PS),
-
Pronto Soccorso Pediatrico (PS Ped.),
-
Unità di Terapia Intensiva (UTI),
-
Unità di Terapia Intensiva Coronarica (UTIC),
-
Terapie Intensive Neonatali (TIN)
-
Servizi Immuno-Trasfusionali (SIMTI/ST)
Ribadisco che, per accedere all’accreditamento ed esercitare in nome e per conto del SSN, un
presidio sanitario privato deve possedere almeno uno dei servizi di
Emergenza/Urgenza sopra descritto
Ma com’è
la situazione reale?
In 11 Regioni le strutture private accreditate non hanno DEA/PS, in
17 non hanno PS Pediatrico, in 8 non hanno UTI, in 12 non hanno UTIC, in 15 non hanno TIN e in 18 non hanno SIMT/ST.
Nelle
strutture pubbliche l’offerta degli stessi servizi per Emergenze/Urgenze è presente in tutte le Regioni.
Ad
un’analisi approfondita sull’appropriatezza delle dotazioni per erogare servizi di Emergenza /Urgenza
risulta che: oltre il 55 % delle
Strutture Equiparate e oltre il 91%
delle Case di Cura non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa, a
fronte del solo 10,9 % delle Pubbliche.
Ma
non è tutto. Fra il 39,7% di presidi
privati che rispettano
le prescrizioni per l’accreditamento, e
dunque abilitate ad assicurare i servizi di Emergenza/Urgenza , solo il
5,4% delle cliniche equiparate e il 2,9% delle case di cura riceve pazienti in
Emergenza/Urgenza il resto è inviato al pronto soccorso pubblico il quale deve trattare
il 91,5% delle emergenze.
E’ la dimostrazione lampante di quanto dicevamo prima e
cioè che il privato, anziché sollevare il carico dei pronto soccorso, così come
la normativa prevede, lo aggrava. Incassando i soldi pubblici derivanti dai
contratti di convenzione, ma risparmiando i costi sull’erogazione di un servizio
che non assicura ritrasferendo sul pubblico gli oneri
risparmiati. In pratica guadagna due volte .
Quindi se i pronto soccorso pubblici sono affollati, il personale è
insufficiente, mancano i letti e i non
vengono restituite le barelle alle ambulanze, che rimangono ferme per ore, è in
gran parte causa di questa crudele sottomissione alla sanità privata.
S’imporrebbe
allora la revisione di tutto il sistema di accreditamento e controllo delle
strutture private. Eliminando quei presidi che non hanno i requisiti, o che non
erogano correttamente i servizi di Emergenza/Urgenza. Si recupererebbero un
mucchio di soldi da destinare ad un deciso miglioramento della sanità pubblica
con grande sollievo di tutti i cittadini.
In realtà è tutto il servizio
sanitario che andrebbe ripensato mettendo al centro la cura dei malati e non
gli interessi degli speculatori
finanziari che proprio sul bisogno di salute costruiscono le proprie ricchezze.
I
dati citati sono tra da uno studio effettuato dall’ANAAO Assomed e consultabile
al seguente link
Nessun commento:
Posta un commento