Casa Pound, nel composito e assai articolato mondo dell'estrema destra, rappresenta certamente l'unica realtà in crescita. La scelta di non aver dato vita a un'esplicita formazione politica costretta a misurarsi sul terreno del consenso elettorale l'ha tenuta al riparo dalla crisi che sta coinvolgendo tutte le sigle del neofascismo italiano, ridotte, come nelle comunali del maggio scorso, a raccogliere risultati assai miseri. Complessivamente, da Forza nuova alla Fiamma tricolore a La Destra di Francesco Storace, sotto l'1%. Casa Pound, ben più pragmaticamente, si è connotata come associazione e si è collocata nell'orbita del Pdl e del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ricevendone legittimità, appoggi e sostanziosi aiuti. L'ultimo in ordine di tempo, l'acquisizione a quasi 12 milioni di euro del palazzo di via Napoleone III occupato da Casa Pound. La Capitale rappresenta, infatti, il luogo in cui si concentra la quasi totalità delle sue forze. Senza voler sottovalutare la situazione, i tentativi di costituire un circuito nazionale non hanno dato al momento i risultati sperati: sedi sono state aperte in diverse regioni, spesso con il supporto di esponenti locali del Pdl, ma non con la sufficiente presa nei territori di appartenenza, con adesioni più virtuali che reali nonostante il battage mediatico. Così dicasi per l'associazionismo che dovrebbe fiancheggiare Casa Pound, dalle scuole sportive ai gruppi ecologisti, a quelli escursionisti o di appassionati del paracadutismo e del motociclismo. Il proposito di aprire in forze a Napoli e a Milano, non ha portato, anche per via della mobilitazione antifascista, agli obiettivi desiderati. Un corpo dunque con una testa sproporzionata rispetto a membra ancora gracili. Questa la realtà.
Ipocritamente trasgressivi
Casa Pound gode comunque di buona stampa e considerazione, anche nel campo editoriale. Si pensi alla recente uscita per la Rizzoli del romanzo "Nessun dolore. Una storia di Casa Pound", scritto da un suo esponente di primo piano. Sulla sua natura, in questi anni, molto si è detto, anche a sproposito. C'è chi, anche a sinistra, ne ha confuso oltre misura le caratteristiche, considerando degna e utile l'interlocuzione. Si pensi alla deputata Paola Concia, al giornalista Luca Telese, fino a qualche rappresentante locale del Pd (a Varese) o di Sel (a Bari, con relativa precipitosa retromarcia, date le proteste). Sorprendente, in questo senso, l'assoluta disattenzione nei confronti delle definizioni che proprio quelli di Casa Pound danno di se stessi ("i fascisti del III millennio"), del sistema parlamentare propugnato (con il ritorno alla Camera delle corporazioni), o peggio, del modello di paese perseguito ("contro la società multirazziale"). Il fatto è che, dietro qualche suggestione, Casa Pound, senza grande fantasia punta a ricostruire, i percorsi che portarono all'ascesa del primo movimento fascista. Il cosiddetto "Turbodinamismo", nuova presunta corrente "culturale" da essi battezzata, non fa che scimmiottare il futurismo marinettiano, che il fascismo spalleggiò fino a Salò (l'ultima opera di Filippo Tommaso Marinetti fu "Ode alla X Mas"), mentre lo "squadrismo mediatico", fatto passare per provocazione artistica, non è poi altro che una rivendicazione politica di quello vero di un tempo. I riferimenti per denominare i propri strumenti e le proprie attività sono, a loro volta, tutti ben identificabili. La libreria La Testa di Ferro rimanda al giornale dei legionari che seguirono Gabriele D'Annunzio nella impresa fiumana e il sito Vivamfarka non fa che riportarci al romanzo-scandalo di Marinetti del 1909, Mafarka il futurista (sottoposto in quegli anni a processo per oltraggio al pudore), in cui si decantavano le gesta immaginarie di un re nero che amava la guerra e odiava le donne.
Ma così come Marinetti, con un linguaggio ultrarivoluzionario, sposò tutte le istanze della borghesia del Nord, a partire dalle imprese belliche in Africa da cui cercò di trarre vantaggi immediati, allo stesso modo Casa Pound, con il suo finto antagonismo "contro i poteri forti", si ritrova in definitiva a sostenere le posizioni del Pdl che di quegli stessi poteri è il rappresentante più coerente. Tra l'altro schierandosi, nel suo programma ufficiale, per il ritorno all'energia termonucleare e nel campo della giustizia a favore di drastiche restrizioni riguardo le intercettazioni telefoniche e ambientali.
In questo quadro, all'insegna di un giovanilismo ipocritamente trasgressivo e antisistema, va collocato il tentativo di contendere alla sinistra alcune figure simbolo, da Jack Kerouac a Rino Gaetano, da Bobby Sands a Peppino Impastato, fino Che Guevara (non nuovo a questo genere di operazioni da parte dell'estrema destra, tesa esteticamente a vedervi il combattente pronto all'estremo sacrificio a prescindere dalle idee). Niente più che un modo strumentale per cercare qualche superficie di contatto in più con le nuove generazioni.
Il tarlo dell'antisemitismo
Rispetto all'identità di Casa Pound sono però centrali due figure di riferimento, in primis proprio quella di Ezra Pound, da cui il nome dell'associazione, poeta americano a lungo in Italia, sostenitore del fascismo e per questo internato alla fine della guerra in un campo di concentramento alleato. Dalle sue teorie economiche Casa Pound ha anche recuperato alcune proposte, tra l'altro, quelle in favore del controllo statale del sistema bancario e per la "messa fuori legge dell'usura". Basterebbe leggersi i discorsi radiofonici di Ezra Pound, pronunciati alla radio italiana, tra il 1941 e il 1943, diretti ai cittadini americani e inglesi (solo pochi anni fa ristampati), per cogliere una visione del mondo all'insegna del complotto ebraico, secondo lo stesso Pound condotto attraverso il potere del denaro, l'usura e la massoneria. Una lettura classicamente antisemita. Non da meno l'esaltazione di Robert Brasillach, la cui effige è stata affissa sui muri di Roma solo un paio di anni fa. Brasillach non fu condannato a morte, in Francia nel 1945, per le sue idee e tantomeno per i suoi romanzi, ma per la sua attività di collaboratore dei nazisti. Pubblicava sul giornale "Je suis partout", di cui era caporedattore, identità e nascondigli di ebrei e oppositori politici, favorendone l'arresto.
Non c'è proprio nulla dunque di rivoluzionario né di antiborghese in Casa Pound, ma molto di già visto e conosciuto
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