Monti si è vantato con Obama per aver varato la riforma delle pensioni “con sole tre ore di sciopero”. Il prossimo motivo di vanto, nelle intenzioni del premier, è riuscire a smantellare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori con il consenso di Cgil, Cisl e Uil. La settimana scorsa la Fornero ha presentato a Confindustria e alle burocrazie sindacali un documento di cinque pagine che illustra le intenzioni del governo Monti in materia di lavoro (contratti, ammortizzatori sociali, licenziamenti). In cambio di qualche incentivo all’assunzione dei precari si propone il definitivo smantellamento dell’articolo 18, cioè della norma che tutela i lavoratori dai licenziamenti “senza giusta causa” nelle aziende con più di 15 dipendenti.
E’ uno dei più pesanti attacchi al mondo del lavoro dal dopoguerra ad oggi, sostenuto dal Pdl di Berlusconi e dal Pd di Bersani. “Dieci anni fa abbiamo cercato di fare la stessa cosa noi e sono state portate in piazza milioni di persone”, queste le dichiarazioni soddisfatte del Pdl: la differenza rispetto a dieci anni fa è che oggi, all’ombra del governo bipartisan Berlusconi-Bersani, la Cgil non chiama i lavoratori alla mobilitazione ma si prepara a firmare. Sono i frutti del famigerato accordo del 28 giugno scorso, che ha riaperto una nuova stagione concertativa, con Cgil, Cisl, Uil e Confindustria uniti contro gli interessi dei lavoratori. Durante il governo Berlusconi denunciavamo la “finta opposizione” dall’apparato Cgil, che mirava a tornare al tavolo della concertazione. I fatti ci hanno dato ragione: oggi la direzione Cgil è pronta a svendere persino i diritti democratici conquistati dai lavoratori con decenni di lotte.
La Camusso, spalleggiata dal Pd di Bersani, è disposta a firmare la "riforma" del lavoro in cambio di qualche ritocco: concessioni sugli ammortizzatori sociali (si chiede la conferma della cassa integrazione straordinaria e della mobilità: due strumenti che burocrazie sindacali e padroni utilizzano per far digerire ai lavoratori la pillola amara dei licenziamenti di massa) e “ristrutturazione" dell’articolo 18. Sull'art. 18 la differenza tra le posizioni della Camusso e quelle della Fornero non sono di sostanza e stanno cercando un'intesa che consenta alla Cgil di salvare la faccia accettando nei fatti la cancellazione dell'art. 18.
La verità è che le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di svendere gli interessi dei lavoratori sull’altare degli interessi di Confindustria, di Marchionne e della troika (Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale, Commissione europea). E’ quello che sta accadendo in Europa anche dalla Spagna alla Grecia al Portogallo, dove, per pagare il debito dei padroni, si cancellano persino diritti democratici elementari della classe lavoratrice, conquistati con le lotte. Se passa lo smantellamento dell’articolo 18 le masse lavoratrici rischiano di fare un passo indietro storico: anche il diritto di sciopero, come già sanno milioni di lavoratori precari, sarà di fatto cancellato
E’ necessario che tutte le organizzazioni della classe lavoratrice si organizzino per respingere con la mobilitazione la "riforma" del lavoro. E’ necessario che la Fiom rompa con la burocrazia della Cgil che è pronta a svendere gli interessi dei lavoratori; che i partiti della sinistra (da Rifondazione a Sel) rompano con la prospettiva di una nuova alleanza di governo con la borghesia e col Pd, partito complice dell’attacco; che la Fiom, i sindacati conflittuali (Cub, Cobas, ecc), le camere del lavoro e le strutture in Cgil ostili all’accordo organizzino uno sciopero generale, nella prospettiva di un grande sciopero generale europeo che respinga al mittente i piani di austerità della borghesia.
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