Il movimento capeggiato di De Magistris ha detto poco o niente sull’agenda contro i diktat di Monti e dell’Unione Europea e ha detto poco o niente sulle alleanze elettorali indipendenti dal centro-sinistra. E’ un po’ poco per farsi prendere dagli entusiasmi.
Lo spettro dell’antiberlusconismo come ipoteca su ogni ambizione a rompere il quadro politico attuale si è nuovamente materializzato al teatro Eliseo di Roma per il lancio del cosiddetto Movimento Arancione. Lo storico teatro romano brulicava di attivisti, giornalisti e dirigenti politici (tra cui anche Diliberto, pare, reduce da un improvviso goodbye da parte di Bersani ed ora in cerca di nuove sponde). Almeno un migliaio di persone presenti, ansiose di capire cosa ne sarà e che cosa farà il nuovo movimento politico di Gigino De Magistris.
E inutile dire che tutta l’attenzione si è concentrata su alcuni interventi: quello del sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi de Magistris, e quello di un altro magistrato, Antonio Ingroia, che ha parlato via skype dal Guatemala. E qua già si è visto che agli Arancioni per ora mancano cose importanti sul piano dei contenuti.
Se all’assemblea nazionale lanciata dall’appello ‘Cambiare si può’ una decina di giorni fa, la maggior parte degli interventi aveva preso di petto le politiche di austerity di Mario Monti, aveva attaccato il sostegno dell’asse PD-SEL al progetto incarnato dal premier e prefigurato la nascita di un movimento autonomo dal centrosinistra, e il sindaco di Napoli in quell’occasione aveva richiamato esplicitamente la necessità di “fare la rivoluzione governando” e quindi di non escludere un qualche tipo di accordo con PD-SEL.
A pochi giorni di distanza, nell’intervento di De Magistris al teatro Eliseo si sono sentiti soprattutto strali contro il redivivo Berlusconi, e non sono mancati pesanti – e doverosi – attacchi nei confronti del Quirinale e del suo inquilino Giorgio Napolitano per le cose che abbiamo visto sulla vicenda dell’inchiesta della trattativa tra Stato e mafia. Ma le critiche a Monti, al PD e a SEL sono diventate più episodiche, più sfumate, meno organiche. A dimostrazione di quanto il riemergere dello spauracchio berlusconiano sposti l’attenzione anche del nuovo movimento. A dimostrazione dell’enorme influenza che la rinata polarizzazione tra berlusconiani e ‘antiberlusconiani’ esercita anche su chi vorrebbe fondare una nuova forza politica, alternativa al quadro attuale. La sensibilità di gran parte del popolo della sinistra alle sirene dell’antiberlusconismo è forte, e mancando un chiaro riferimento sociale e di classe il nuovo aggregato non può fare a meno di aggregarsi, sfumando le critiche nei confronti di coloro che hanno gestito il paese fin qui – Monti, i suoi tecnici e il partito di Renzi e Bersani – per concentrare gli attacchi contro una destra che riaffiora nell’immaginario come pericolo, elemento di inquinamento della politica e della società, fonte di brutte figure per il paese all’estero. E soprattutto rispolverando argomenti tutti interni alla polemica etica e giustizialista nei confronti della classe politica, e sorvolando quindi su questioni chiave come il debito pubblico, il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio, l’articolo 18 e così via.
Un refrain questo che difficilmente permetterà una consonanza tra il nuovo esperimento politico e i settori popolari attaccati dalle politiche di austerità e di massacro sociale dettate dall’Unione Europea. A nostro avviso questa rimane la priorità dei prossimi mesi e di questo discuterà l’assemblea nazionale del 15 dicembre a Roma convocata dalle forze che hanno organizzato la manifestazione del 27 ottobre scorso, una composizione di soggetti e contenuti di classe che dentro l’elaborazione “arancione” non sembrano poter trovare sfumature possibili.
Infine, non lascia ben sperare neanche il fatto che un aggregato che si dice critico nei confronti della politica-spettacolo e dei personalismi – che dominano la scena politica da Berlusconi a Grillo, da Monti a Casini – si ritrovi così totalmente in balia delle parole e dei ritmi dettati dal sindaco di Napoli. Che dimostra un carisma necessario a chi vuole emergere e bucare il muro di gomma dei media. E anche la volontà di violare alcuni tabù, in particolare quello dell’esclusione dalla vita politica e dalle istituzioni di chi ‘ha violato la legge’ ricordando il sano principio secondo il quale la legalità è il frutto momentaneo di un rapporto di forza e non necessariamente corrisponde alla giustizia. Ma bastava ascoltare la reazione della platea all’intervento del sindaco di Napoli per accorgersi di quanto le sorti del ‘Movimento Arancione’ dipendano quasi interamente dal suo fondatore, volto e voce. Insomma ancora un “movimento ad personam” che riproduce il meccanismo del guru.
Non è un caso che praticamente tutte le cronache dei quotidiani di oggi colgano quest’elemento, sorvolando su obiettivi, proposte e contenuti del nuovo movimento. E mettendo in secondo piano il contenitore sociale e politico – ‘Cambiare si può’ – all’interno del quale gli ‘arancioni’ dovrebbero convergere insieme a forze politiche alla ricerca di un approdo che le traghetti in un parlamento sbarrato da un cancello del 4% che sembra allo stato difficile da scavalcare. E che diventerebbe proibitivo nel caso in cui De Magistris – e Ingroia – decidessero in extremis di rinunciare alla lista autonoma per cercare spazio in un asse PD-SEL che diventerebbe ancora più attraente nel caso in cui Berlusconi dovesse continuare a persistere nel suo caparbio tentativo di rimanere a galla.
Ieri la platea brulicava di dirigenti di partito – Prc, Verdi, Idv, addirittura Pdci – in trepidante attesa di capire se la proposta si tramuterà in lista. I tempi sono stretti, strettissimi, e se la data del voto dovesse essere quella prefigurata ieri dal ministro Cancellieri – il 17 febbraio – quello di formare delle liste che accontentino tutti e raccogliere il numero sufficiente di firme per sostenerle sarebbe uno sforzo proibitivo. La fretta, è ovvio, potrebbe concedere ancora più spazio ai soggetti organizzati, a scapito della cosiddetta società civile e degli spezzoni di movimento che sembravano fino a ieri i promotori del nuovo soggetto politico. Le epurazioni nel movimento di Beppe Grillo, rumoreggiano oggi alcuni quotidiani, potrebbero portare in dono agli arancioni un pacchetto di dirigenti – e voti – ex ‘5 stelle’. Forse.
Ma le certezze sono poche, pochissime. Soprattutto l’assemblea di ieri dell’Eliseo non ha sciolto il nodo del rapporto col centrosinistra. Lista autonoma dentro l’alleanza guidata dal PD oppure lista indipendente? Non è un dettaglio da poco…
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