Bene, ora la griglia di partenza per la prossima competizione elettorale è completa. Per noi (per quella certa sinistra ancora attiva che si è entusiasmata con i referendum sull'acqua, che si sente compartecipe dei movimenti per il lavoro e per la scuola, che si indigna per la povertà crescente e per le diseguaglianze sociali e che spera ancora di riuscire a cambiare le cose) quali sono le scelte che ci vengono prospettate?
Votare Bersani-Renzi-Vendola. Come dice Alberto Asor Rosa, per un «ragionamento semplicissimo»: per chiudere definitivamente l'era berlusconiana e per prendere le distanze dal governo dei banchieri. Il contro-ragionamento è altrettanto semplice: come si fa a «governare senza condizionamenti» se le dichiarazioni programmatiche del centro-sinistra giurano fedeltà alle politiche economiche liberiste? Già un paio di governi Prodi-D'Alema ci hanno insegnato che persino un Hollande in Italia sarebbe giudicato troppo di sinistra dal centrosinistra.
Dare allora fiducia alla novità della lista Ingroia. Avere in Parlamento una opposizione intransigente è una condizione imprescindibile per il buon funzionamento della democrazia. Ma basterà il collante giustizialista per riassemblare i frammenti della sinistra? Non ci aveva già provato Di Pietro? Non sarebbe necessaria anche una visione condivisa di società, un'idea positiva di socialismo per questo secolo?
Votare le persone scegliendo attentamente i primi candidati presenti nelle varie liste (attenti però agli scorrimenti dei nomi civetta delle candidature multiple che servono per far passare i fidati e gli affiliati prenegoziati). Un lavoro da veri esperti che rischia cocenti delusioni.
Mandare a "vaffa..." tutti e votare Grillo. È certamente espressione di una sottocultura qualunquista, ma meglio i suoi candidati naif piuttosto che la riproposizione del solito ceto politico cooptato e fidelizzato dai partiti.
Lavorare per l'astensionismo attivo. In fondo si tratta di una partita truccata dal porcellum, dall'anticipazione dello scioglimento delle camere pilotato da Napolitano per poter scegliere il prossimo presidente del Consiglio a prescindere dal risultato delle elezioni, dalla spettacolarizzazione e dai costi esorbitanti delle pubblicità elettorali... Le elezioni andrebbero sempre un po' disconosciute e delegittimate. Se non altro per rammentare che la democrazia è (soprattutto) altro.
Ultima scelta: disinteressarsene del tutto e pensare al dopo. In fondo si tratta di chiudere la tv e non comprare i giornali per poco più di un mese. È quello che già fa la maggioranza degli italiani. E non sarà per caso.
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