Girando in internet ho
trovato questo annuncio, e incuriosito l'ho letto: è il quesito al quale hanno risposto con un si o un no i militanti del
movimento cambiare#sipuò.
Risultati della Votazione telematica di
"Cambiare si può"
alle ore 00.00 del 1.1.2013
IL QUESITO IN VOTAZIONE era:
Ritieni che, nella mutata situazione di fatto rispetto
all’assemblea del 22 dicembre
(vedi report precedente), si possa
proseguire nell’iter di formazione di una lista comune, avente come
candidato premier non contendibile Antonio Ingroia (che ha dichiarato la disponibilità ad
accogliere nel programma i nostri
dieci punti irrinunciabili), con
attribuzione a un comitato di garanti della formazione delle liste, nelle
quali è comunque previsto l’inserimento dei segretari politici di IDV, Comunisti
italiani, Verdi e Rifondazione
comunista?
Hanno votato SI 4.468 pari al 64,7% dei votanti
Hanno votato NO 2.088 pari al 30,2% dei votanti
Si sono astenuti 352 pari al 5,1%
I voti validi sono stati 6.908 su circa 13.200
aderenti all'Appello
Il movimento non
mi aveva mai appassionato, però ne ho seguito il cammino. Senza entrare nel merito della lista, giudicando da
fuori, è stupefacente come nel
quesito si dichiari candidamente che le riunioni finora fatte non contano
più niente e che coloro che finora dovevano
essere i protagonisti delle scelte sono
stati invece chiamati a votare semplicemente un si o un no riguardo ad una
forzatura che ribalta tutto, non discussa in
assemblea ma decisa dai segretari dei
partiti che fino a ieri stavano elemosinando al Pd un posto in coalizione:
decisa da questi appunto, insieme a Ferrero e ad
Ingroia, alla faccia delle migliaia
di militanti che hanno partecipato alle assemblee locali e nazionali.
Cambiare#sipuò non esiste più, esiste invece una
cosa molto simile alla lista arcobaleno,
e si chiamerà Rivoluzione Civile: prendere o lasciare. I votanti a
maggioranza hanno telematicamente ceduto
al ricatto, quindi Diliberto e Di Pietro
hanno vinto: Io ci sto ha ufficialmente inglobato Cambiare si può. Un
particolare: in val di Susa i militanti hanno
tutti respinto la proposta,
significherà qualcosa? Personalmente arrivo a due
conclusioni. Punto primo: i 4468
si probabilmente sono riconducibili in gran parte ad iscritti al Prc,
visto che il partito si era schierato fermamente
per il si e anche le assemblee in
gran parte erano formate da iscritti al Prc. Nello stesso tempo viene fuori
l'inconsistenza numerica di coloro che dentro il
movimento chiedevano un passo indietro
definitivo al Prc. Infatti 4468 rappresenta un terzo degli iscritti a
votare, quindi il problema della vittoria dei si
è ribaltato: i professori di Alba
avrebbero avuto i numeri per vincere il referendum telematico, ma questi
numeri evidentemente non c'erano. La famosa
società civile che chiedeva il passo
indietro si è dimostrata incapace di fare il passo in avanti. E questo è
un primo elemento che viene fuori, visto che chi
aveva ottenuto il controllo del
movimento lo stava facendo senza essere l'espressione della maggioranza
della base del movimento stesso. E c'è da dire
che il prc pur sapendo di avere i
numeri dalla propria parte aveva comunque fatto il passo indietro. Ma la cosa
non era sfuggita a navigati politici come
Diliberto e Di Pietro, i quali dopo
aver ricevuto il rifiuto da parte del Pd hanno
provato il colpo di mano e tramite
"Io ci sto" sono entrati nel movimento "Cambiare si può" per
egemonizzarlo usando il nome di Ingroia per
tentare in seguito un nuovo approccio
con il Pd, una volta in possesso di un potere contrattuale maggiore
rappresentato dal movimento conquistato. E qua
arriviamo al secondo punto: senza
la collaborazione di Ferrero e del Prc questa operazione sarebbe andata
in porto? Qui entra in gioco il gruppo dirigente
del Prc, che si è trovato a poter
scegliere fra due opzioni. Continuare il percorso intrapreso con la
"società civile" rispedendo al
mittente l'approccio speculativo di Io ci sto, e
quindi scegliere di girare finalmente lo sguardo a
sinistra. Questa scelta avrebbe
anche rafforzato le potenzialità di due importanti movimenti nati a
sinistra: il No Debito e il movimento nato dal
No Monti Day. L'altra opzione era
invece cedere al richiamo delle sirene (metaforiche) Diliberto e Di Pietro,
e quindi fare la scelta di non differenziarsi
dal gretto ceto politico italiano,
che mischiando tattica e strategia si perde nella affannosa ricerca
di un posto in parlamento e uno a porta a porta
o a ballarò, dimenticando la ricerca
del consenso basato sui contenuti e sulla coerenza politica. Il Prc ha
fatto sicuramente i suoi conti, e ha scelto la
seconda opzione: ha scelto di dare
vita ad un secondo arcobaleno che avrà più di metà del proprio programma
elettorale incentrato sugli argomenti della
mafia e della legalità, senza accenni
alla lotta contro il capitalismo, cosa che fa storcere sicuramente il
naso a molti militanti. Secondo me il Prc ha
perso un'occasione unica per
tornare ad essere un partito credibile in grado di
essere sponda politica per i tanti
compagni dispersi e anche un soggetto in grado di dialogare con i
movimenti e i partiti organizzati alla sua
sinistra. Rimangono le assemblee locali
che Cambiare si può aveva indetto per i primi di gennaio: in tali
assemblee si incontreranno tanti militanti che
avranno il compito facilitato rispetto
a quanto avevano messo in conto alla fine dell'assemblea nazionale del
22 dicembre: molte decisioni sono infatti già
state prese da Ingroia e dai quattro
segretari di partito, compresi simbolo e nome del movimento, quindi le
cose su cui discutere e soprattutto le cose da
decidere saranno sicuramente
molte meno.
Ma mandateli affanculo e ricominciamo!
RispondiEliminaFiorenzo Fraioli e Claudio Martino