Non c’è niente da fare quando uno è
professionale non lascia nulla al caso.
Come è noto Aut, tramite l’Osservatorio Peppino Impastato sta appoggiando con tutte le forze
la protesta per il pronto soccorso di Frosinone e per una sanità decente. I problemi sono noti, i quotidiani sono pieni di foto e articoli
che denunciano lo stato di degrado del pronto soccorso frusinate, ma
professionalità di reporter vorrebbe un
esperienza diretta sul campo per toccare con mano la triste realtà. Ed eccomi pronto a vivere di persona una
giornata al pronto soccorso. Cerco di essere professionale, ma non sono scemo,
dunque devo ammettere che l’esperienza di ieri l’altro
è stata disgraziatamente propiziata da
mio padre. Sono circa le tre del
pomeriggio squilla li telefono. Dall’altra
parte del filo mia madre molto preoccupata mi avverte che papà sta male. Scendo
le scale di corsa, i miei abitano al piani di sotto. Mio padre, 90 anni da
compiere a ottobre è adagiato sul letto. Lamenta forti dolori alla schiena e al
braccio sente il cuore battere fino in gola. Misuro le
pressione, papà è da sempre un po’ ipocondriaco per cui lo sfigmomanometro è
sempre a portata di mano. 170/101 e il battito cardiaco è frenetico, aritmico.
Non ho dubbi, pur cosciente di cosa potrà significare l’esperienza del pronto
soccorso chiamo l’ambulanza. Il medico del 118 conferma aritmia e
fibrillazione, comincia la corsa verso il Fabrizio Spaziani. Arrivo dietro l’ambulanza, papà viene preso
in accettazione, fortunatamente la barella su cui è arrivato torna all’ambulanza,
significa che ci sono altre barelle disponibili
al pronto soccorso. “N.63 codice giallo, in attesa”, la condizione dell’anziano
genitore così viene codificata su un display che indica per ogni codice, rosso,
giallo, verde e bianco i pazienti in attesa e in visita. Sono le 16,57. I degenti
in visita sono 47, quelli in attesa 7
fra cui papà. Quel display per ora è l’unica fonte di informazione. Alle 17,45
ll n. 63 passa dalla colonna dei malati in attesa a quella dei malati in visita,
poco meno di un ora per essere visitato da un dottore. Il tempo trascorre
lento, il flusso degli arrivi è abbastanza
costante; un paio di donne incinte, qualche anziano lamentoso, una signora urlante
in preda ad una crisi di nevi,
fortunatamente i codici rossi sono solo tre, tutti già in osservazione.
Qualcuno esce con il foglietto di dimissioni, comincia anche il via vai dei
parenti in visita a degenti entrati in
pronto soccorso il giorno prima. Sono le 19,10 arrivano in rapida sequenza tre ambulanze da cui scendono due ragazze ed un
signore tutti immobilizzati da un collarino rigido, subito dopo una giovane zoppicante. E’ il risultato di un incidente accaduto
sul’autostrada nei pressi di Anagni. Se nella città dei Papi fosse stato attivo il pronto soccorso, la conseguenze di questo incidente non
sarebbero gravate su Frosinone. Una giovane accompagna il proprio compagno che
si tiene il braccio sbrindellato con un asciugamano. Vengono da Ceprano il
ragazzo stava mungendo una mucca in campagna quando l’animale, scivolando sulle
zampe posteriore gli crolla sul braccio. Altro codice giallo in attesa di
lastre. 19,30 squilla il cellulare. E’ mio padre che vorrebbe avvisarmi del fatto che è in attesa di essere
trasferito al reparto di cardiologia, ma la voce si perde, va e viene. Si
scopre che nell’ospedale Fabrizio Spaziani non c’è campo almeno fra due
cellulare che cercano di dialogare fra di loro nell’area del nosocomio. Così
papà ripete la comunicazione chiamando mia moglie che è a casa, e che da li mi
richiama rendendo comprensibile la comunicazione. Alle 19,40 cominciano ad arrivare i parenti
delle vittime dell’incidente sull’autostrada, che nel frattempo sono aumentati
di tre unità. Chi cerca una sorella, chi un figlio, chi un padre e chi…..la
propria vettura. Sembra che al pronto
soccorso di Frosinone arrivi di tutto, anche le macchine oltre che i cristiani.
Succede che a un tizio coinvolto nell’incidente, la polizia abbia rimosso la vettura
senza comunicargli presso quale meccanico o carrozzeria l’avrebbe ricoverata,
per cui il signore, allarmato ma incolume, si precipita al pronto soccorso per parlare
con qualche poliziotto che sia in grado di metterlo in contatto con chi gli ha
rimosso la macchina, incredibile. Sono
le 20,10 dalla guardiola del pronto soccorso non trapela nulla. Chiedo lumi all’ausiliaria
di guardia. Non ci sono vecchi in attesa di essere visitati per cui secondo lei
mio padre è al reparto. Gli comunico che questo già lo so, ma vorrei sapere
notizie dal reparto. Piccola consultazione al computer e viene fuori che mio
padre è stato ricoverato, perché deve ripetere gli esami del sangue a
mezzanotte e alle sei. Mi incazzo e non
poco! E’ possibile che nessuno si fosse degnato di avvisarmi! La signora mi
invita alla calma. Chiama il reparto per telefono le notizie cambiano ancora.
Il mo anziano genitore nonostante le cure
è ancora in fibrillazione atriale . Le analisi sono negative, ma bisogna
attendere che il cuore si stabilizzi. Prima di allora non si può decidere né per
le dimissioni né per il ricovero. Sono
ormai le 21,30 provo a tentare una telefonata. Papà mi risponde, ma non sente,
passa il cellulare ad un infermiera, che rendendosi conto dell’agitazione mia e
del mio anziano genitore, mi invita a raggiungerlo al reparto. Penserà lei a
farmi entrare. Giunto a cardiologia, l’infermiera
mi accoglie, e mi introduce nella stanza di mio padre, dopo avermi fatto
indossare delle calosce copri scarpe. Papà è abbastanza tranquillo. A fianco al
letto una macchina registra la frequenza cardiaca, sul tavolino tre
elettrocardiogrammi. Parlo con il
cardiologo il Dott. Savona. Il medico, molto gentile e scrupoloso mi spiega che
il cuore di papà e ancora instabile. Si
sta tentando di stabilizzarlo con la
terapia farmacologia . La cosa potrebbe riuscire nel giro di poche ore,
comunque nel caso in cui la fibrillazione dovesse permanere si dovrà
intervenire attraverso una stimolazione elettrica, intervento che non potrà
avvenire prima della mattina seguente. E’
chiaro che papà dovrà passare la notte in ospedale. Resto con lui fino alle 22,00
circa per fargli un po’ di compagnia , non ha mangiato ma è abbastanza tranquillo,
mi prega di portargli la colazione l’indomani
mattina. Alle 22,10, dopo più di 5 ore
passate nel ventre del Fabrizio Spaziani, mi accingo a tornare . In macchina la radio mi
ricorda che c’è Roma-Juve di coppa Italia , me ne ero completamente
dimenticato. Il radiocronista dell’emittente
romanista che trasmette la partita è incazzato nero. La juve sta mettendo in
piedi un catenaccio pazzesco e i nostri attaccanti non riescono a sfondare. E’
ancora zero a zero. Arrivo a casa,
passo da mia madre per tranquillizzarla. Giusto il tempo di godermi il gol di Gervinho
che ci dà la vittoria e sbatte fuori la Juve dalla coppa, di farmi una doccia,
mangiarmi un toast e subito cerco di addormentarmi pensando alla lotta che mi
aspetterà domani. Alle 7,00 sono a
cardiologia ho una borsa con qualche indumento di papà. Squilla il cellulare.
Mia moglie mi avvisa di aver ricevuto la telefonata di mio padre che dice di
essere stato trasferito al pronto soccorso in attesa di essere dimesso. Torno al pronto soccorso. Mi informo dall’ausiliaria di
turno. Mi conferma che papà è in attesa
di dimissioni. Chiedo allora di poter entrare a portargli i vestiti. Non è possibile stanno facendo le pulizie.
Passa mezz’ora. Le pulizie saranno finite, posso entrare? Chiedo. Lei può e entrare- mi dicono- ma il problema è che non sappiamo dove stia suo padre. Al computer risulta in pronto
soccorso ma noi non l’abbiamo visto. Sant’iddio questi si perdono i malati.
Entro imprecando. Lo scenario che si presenta è quello riportato da
innumerevoli fotografie. Malati gettati su barelle, lettini, disperati alla
ricerca di uno sguardo amico. Mi faccio tutto il corridoio, di mio padre neanche l’ombra. Ma che se lo son
persi davvero? Finalmente sento la sua
voce. Mi giro, sta in piedi parlando con il medico, ha l’aria stanca. Il
dottore ci spiega che la fibrillazione si è risolta, il quadro clinico è
stabile, ma è prassi trattenere il malato almeno per dodici ore dal momento del
ricovero al pronto soccorso. Significa che papà dovrebbe restare fino al
pomeriggio. Riteniamo una precauzione
prudenziale corretta. Dunque papà tornerà al reparto? “Ma che sciocchezza! Al reparto non c’è posto-
comunica il medico - suo padre – aggiunge - rimarrà in
osservazione qui al pronto soccorso”. “Ma come buttato su una barella?” Domando “See magari- risponde il medico- no
sulla poltroncina dove è rimasto seduto fino ad ora” Io e papà rimaniamo allibiti. Meglio tornare a
casa subito che rimanere in quella bolgia conveniamo. Papà firma e lo carico in macchina. Ma mentre
sto guidando verso casa comincia a venirmi qualche dubbio. Domando a papà: “Ma
tu non stavi a letto, stavi su una sedia quando sono arrivato?” La risposta è
affermativa. “Da quanto tempo?” Incalzo io. E’ allora che mio padre mi racconta i fatti: “Il
cuore si è stabilizzato a mezzanotte rendendo superfluo l’intervento di
elettrostimolazione, mi sono addormentato.
Alle quattro un dottore mi sveglia, gli dispiace ma gli serve il letto perché
sta per essere ricoverato un infartuato grave. Mi carica sulla carrozzina, mi
riporta al pronto soccorso e mi lascia su una sedia, letti non ce ne sono ”. “Fammi
capire papà – grido io indignato- tu sei rimasto dalle quattro di stamattina
fina a quando sono arrivato io, cioè alla 8,00 su una sedia
del pronto soccorso?” “Si Luciano – risponde lui – adesso sbrighiamoci a
tornare perché sono stanco e la schiena non mi regge” Dunque all’ospedale Fabrizio Spaziani di
Frosinone succede che un novantenne ricoverato per problemi cardiaci, con altre patologie legate alla tiroide e artrosi
diffusa, venga buttato giù dal letto alle quattro di mattina e lasciato su una
sedia in balia dei dolori di schiena, fino alle otto. Vorrei tornare indietro,
denunciare l’accaduto, ma papà mi supplica di lasciar stare e di portarlo
subito a case, è stanco, ha dolori alle ossa e ha fame. Giro la macchina verso casa, dallo specchietto
mi pare di scorgere un filo di fumo uscire da una caldaia dell’ospedale. Guardo meglio
quel fumo pare disegnare le forme di un angelo anziano. Si scorge l’aureola che sovrasta un viso
barbuto e scavato dalle rughe e le ali che si saldano su una schiena
gobba. E’ un segnale. Per poco mio padre
non è finito in balia di quell’angelo che insieme al demone spesso si occupa
degli ammalati del pronto soccorso. Varrà la pena raccontare questa storia al
ministro della salute in visita oggi alle 15,30 presso l’ospedale di Frosinone?
Penso di si. E’ per questo che con le associazioni saremo in sit-in ad
aspettare il ministro Lorenzin dalle ore
15,00 davanti al nosocomio.
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